Nell’ascolto dei Padri alla riscoperta della verginità: un valore evangelico sempre attuale

 

Alcuni aspetti della verginità
nei Padri

di Silvano Cola

 

Se, anche per chiarire le problematiche attuali, si punta lo sguardo sui Padri della chiesa, non è soltanto per appoggiarsi a un argomento di autorità, ma perché quando fiorisce nell’umanità una realtà nuova - come è successo con la verginità nei primi secoli del cristianesimo - i più interessati a studiarne il fenomeno sono proprio i contemporanei: essi sono testimoni di un fatto e, vedendone i frutti, ne ricercano l’origine e il significato. Sono tanto più significative queste testimonianze dei Padri perché ci troviamo di fronte a dei giganti, non solo nella teologia e nella santità, ma anche nello sforzo di incarnare la fede nella loro cultura.

Un nuovo stile di vita

Che un concetto nuovo di verginità e una diffusa pratica di mantenersi vergini sia nata all’inizio del cristianesimo è un dato di fatto: i nuovi orizzonti aperti da Gesù e dagli Apostoli sul significato e sul fine della vita, la nuova antropologia che ne viene disegnata grazie alla comprensione che la persona umana è tanto più perfetta quanto più è libera da condizionamenti non indispensabili alla natura, la nuova coscienza che ognuno è personalmente amato da Dio al punto che Gesù ha dato la vita per ogni singolo individuo della collettività umana per liberarlo dalle inutili zavorre e riportarlo alla semplicità e alla integrità del proprio essere quale era stato concepito da Dio all’atto della creazione, ebbene, è difficile immaginare che questa apertura di orizzonti non provocasse, da quel momento in poi, un nuovo stile di vita.

Sant’Ambrogio dirà: «Chi potrà negare che sia venuto dal cielo questo genere di vita [la verginità], se sulla terra era pressoché sconosciuto prima che Dio vi discendesse per assumere la natura umana? Fu appunto quando la Vergine concepì nel suo grembo e il Verbo si fece carne perché la carne divenisse Dio... Fu quando il Figlio di Dio si fece uomo ... che questa vita di cielo si diffuse tra gli uomini e fiorì in ogni parte del mondo (...). La verginità è andata a cercare in cielo il modello da imitare sulla terra; ed era giusto che si cercasse in cielo la norma di vita, essa che in cielo si era trovata lo Sposo (...). Nel seno del Padre ha trovato il Verbo di Dio, e con la potenza del suo amore lo ha attirato a sé»1.

Rapporto sponsale con Dio

La nuova coscienza è questa: se è vero che la persona è per natura un essere relazionale e trova la massima conferma della propria identità nel rapporto sponsale, il tu di questo rapporto può essere non un partner umano, ma Dio stesso.

Un contemporaneo di sant’Ambrogio ma orientale, san Gregorio di Nissa, confessa quasi piangendo di aver conosciuto troppo tardi questa possibilità, dato che si era sposato, e dice: «Fortunati coloro che hanno ancora la possibilità di fare la scelta dei beni più alti e che non ne sono impediti come da un muro per essersi lasciati attirare in passato dalla vita di tutti. È proprio il caso mio, questo! (...) Oh, se fosse possibile, prima di farne l’esperienza, trarre profitto dall’esperienza di chi ci ha preceduto! Se, tanto per fare un’ipotesi, un uomo impegnato nel mondo potesse avere una conoscenza anticipata della realtà delle cose, quante, quante sarebbero le persone che pianterebbero il matrimonio per entrare nello stato di verginità!»2.

Risalendo alle origini, Gregorio ripensa allo stato primitivo dell’essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio, un tu, integro, in dialogo col suo Creatore. Dopo che il peccato ha diviso l’uomo, in che cosa può consistere la vita spirituale se non nel cercare di restaurare se stessi in quello stato? Non c’è altra strada che quella di «imitare la natura divina» ridiventando vergini, integri. È vero che la distanza tra la vita divina e la condizione umana è abissale, però la verginità rende l’uomo simile a Dio e gli permette non solo di vederlo, ma di diventare uno con lui: «Dio ha impresso nel vostro essere delle qualità simili alla sua propria natura (...), ma l’impronta divina è stata deturpata dal male che ha reso inutilizzabili per voi quelle qualità (...). Ma se con lo zelo della vostra condotta cancellate il sudiciume che ricopre il vostro cuore, in voi tornerà a splendere la bellezza creata a immagine di Dio. La divinità è purezza, libertà da tutte le passioni, assenza di ogni male. Se voi possedete queste qualità, Dio è in voi, realmente»3.

Verginità e Trinità

Anzi, la verginità è in qualche modo la deificazione dell’uomo: «Non si può fare miglior elogio della verginità se non mostrando che essa deifica, per così dire, coloro che partecipano ai suoi puri misteri, al punto di farli comunicare alla gloria di Dio, il solo veramente santo e immacolato, ammettendoli nella propria familiarità grazie alla purezza e alla incorruttibilità»4.

La verginità ha dunque origine dalla Trinità e si vive nella Trinità, legata com’è alla generazione del Figlio da parte del Padre, portata come dono agli uomini dal Verbo che viene nel mondo allo stesso modo con cui è generato dal Padre, ossia verginalmente, da una Vergine. È così che nel cristiano la verginità produce effetti analoghi a quelli verificatisi «in Maria, l’Immacolata, quando tutta la pienezza della divinità che era nel Cristo risplendette in lei (...). Gesù non viene più con la sua presenza fisica, ma vive spiritualmente in noi e, con sé, ci porta il Padre»5.

Che questo ideale di vita caratterizzato dalla verginità almeno spirituale venga proposto a tutti i cristiani, anche sposati, come esigenza di perfezione, è chiaro. Ma il Nisseno e gli altri Padri vedono chiaramente che chi sceglie, sempre per dono di Dio, la verginità anche corporale astenendosi dal matrimonio, imitando Gesù e Maria, ritrova l’integrità originaria nella quale l’uomo è stato creato o, come dice il santo vescovo di Nissa, la condizione «del primo uomo nella sua prima vita»6.

Integrità della persona

Questo concetto di integrità che assicura anche all’essere umano la massima libertà da ogni condizionamento, sembra essere una costante nel pensiero dei Padri.

Per san Cipriano è solo la virtù della pazienza che può difendere «la sacra integrità delle vergini, la faticosa castità delle vedove, negli sposati la reciproca carità»7.

Sant’Agostino dice che se anche i santi padri e le sante madri che sono sposati possono generare figli non spinti da libidine ma dalla ragione8 o piuttosto seguendo la spinta di una «tranquillissima carità»9, «sono solo i celibi e i vergini che conservano le membra in una eminente integrità»10, per cui può affermare: «Cosa buona è la castità coniugale, ma migliore l’integrità verginale»11, perché «le vergini sposano il più bello tra i figli dell’uomo per avere una più ampia fecondità spirituale senza perdere l’integrità corporale»12.

Ambrogio, confrontando l’umanità prima e dopo Cristo, dice che prima «questo mondo puzzava perché immondo per ogni genere di impurità, mentre ora spira dovunque una soave castità, il profumo della fede, il fiore della integrità»13. E i santi sacerdoti «devono oggi predicare la castità e far risplendere nella luce di Dio i molti esempi di integrità verginale»14. E con una frase scultorea dice: «Cristo è l’Uomo, sua moglie la Chiesa; moglie per l’amore, ma vergine per la sua integrità»15. E ancora esclama: «Modello e principio della nostra integrità è Cristo, che ha insegnato alle vergini di non stare a sognare unioni con maschi, bensì di consacrare l’integrità spirituale e fisica non ad un marito ma allo Spirito Santo»16. Scrive all’imperatore Valentiniano: «(Di’ ai tuoi) che aprano gli occhi e osservino questa casta schiera, un popolo di persone integre, questa assemblea di vergini»17. In un’altra lettera scrive: «La verginità è un orto fecondo, dal momento che porta molti buoni frutti; è un orto chiuso, circondato da ogni lato dal recinto della castità; è una fonte sigillata, poiché la verginità è fonte e origine della pudicizia, la quale custodisce intatti i segni dell’integrità. In questa fonte risplende l’immagine di Dio, perché corpo puro e casta semplicità stanno bene insieme»18. E finisce col dire che «Cristo ha scelto per sé lo speciale dono della verginità e si è manifestato integro, la stessa integrità che aveva scelto per sua Madre»19.

Aponio, commentando il Cantico dei Cantici, osserva che «alla bellezza di Cristo molto contribuiscono le membra che conservano in sé la fede e una integra castità»20; «Il genere umano, corrotto, viene riportato alla sua integrità verginale»21; «Perché ambedue i sessi non si lasciano infiammare dagli esempi di integrità e castità di Cristo e della vergine Maria? (...). Gesù per la salvezza degli uomini è venuto attraverso una Vergine, e ha sparso in tutto il mondo i fiori dell’integrità e della castità»22. La verginità è chiamata «sacramento dell’integrità», «strada certamente ardua, per cui il Signore non l’ha inserita nei precetti, ma l’ha santamente consigliata per bocca di Paolo, portavoce di Cristo»23.

San Zeno di Verona esclama: «Fate vostro il segno della salvezza! Alla corruzione (di Eva) è seguita l’integrità (di Maria); al parto è seguita la verginità!»24.

Pietro Crisologo: «Dio e l’integrità (della Vergine) formano una società celeste; la verginità unita a Cristo è perfetta virtù»25.

Eusebio Gallicano: «Cosa c’è di incredibile se Cristo è nato dalla Vergine, se l’Integrità  è venuta dall’integrità?»26.

Fulgenzio di Ruspe dà finalmente una definizione della verginità: «La consacrazione  a Dio nell’integrità fisica e con un cuore vergine, mantenuta con l’aiuto e la protezione divina: questo è propriamente la verginità. Chi ce l’ha, mostra di possedere la virtù veramente perfetta», stando però attenti a «custodire, assieme alla integrità fisica, l’umiltà»27.

 

Verginità non disgiunta dalla fecondità, perché «sono più numerosi i figli dell’abbandonata di colei che ha marito»28. In realtà, l’esempio delle sante e dei santi asceti, vergini, ha trascinato dietro a sé miriadi di figli.

Condizione di libertà

Strettamente legato al tema della integrità è quello della libertà. La verginità è condizione di libertà.

È difficile non pensare che nei primi secoli del cristianesimo la verginità sia stata vista anche come una forma di autorealizzazione personale soprattutto da parte delle donne. Basta sentire Novaziano: «Che altro è la verginità se non, e unicamente, libertà? Non ha un marito che la domini (...). La verginità è libertà da ogni attaccamento, non ha impegni né nel matrimonio né col mondo né con figli»29. Gli fa eco san Girolamo che dice, questa volta ai mariti: «(Siete) schiavi della moglie»30. E riferendosi a esempi vivi esclama: «Cos’è mai quel bisogno che fa disprezzare il vincolo coniugale per anelare alla libertà della verginità?»31. E Tertulliano, che distingue la prima verginità che si ha alla nascita, dalla seconda che si ha nella rinascita del battesimo, dice che «la prima verginità è gioiosa, perché non si conosce ancora del tutto quello da cui desidererai liberarti; la seconda è frutto di virtù, perché ti fa disprezzare ciò di cui conosci così bene la violenza»32.

Sant’Ambrogio: «La libertà che ti dà la verginità per Dio è grande: anche assediata da schiere di persecutori che mettono in pericolo la tua integrità e la stessa vita, non ha cedimenti»33. E con un tocco psicologico dice che «se uno è coscientemente vergine, l’espressione del suo volto è più libera, né gli è pesante portare il giogo di Cristo se lo consideri un ornamento del tuo capo e non un peso»34.

Aponio aggiunge un altro tocco: «Quando la verginità è amata, si ha lo spirito della sapienza di Dio, e dove c’è lo Spirito di Dio si parla liberamente, e dove c’è questa libertà non esiste alcun condizionamento di coscienza non pura»35.

Per Eusebio Gallicano la nostra libertà, oltre a consistere nella religiosità e nella giustizia delle opere, sta nella purezza verginale. È soprattutto quest’ultima che il demonio insidia, perché sa che è un tesoro prezioso.

San Bernardo dirà che «la verginità offre tre doni: uno spirito libero, una sicurezza gioiosa, un amore solido»; e sarà lui il primo ad affermare chiaramente che, chi ha perso per propria colpa la visione di Dio e quindi la libertà, la dignità e la beatitudine, potrà ricuperarle seguendo il consiglio evangelico: «rinnegando se stesso, ossia rinunciando alla propria volontà, recupererà la libertà; accettando la propria croce, ossia crocifiggendo la sua carne con i vizi e la concupiscenza, può rientrare nella società degli angeli attraverso una vita di purezza; seguendo Cristo, ossia imitando la sua passione, può recuperare la visione chiara di Dio»36.

La piena maturità della persona

Ho toccato due semplici temi riguardanti la verginità: l’integrità del corpo e dello spirito, e la libertà che ne deriva e l’accompagna. Com’è evidente, non si tratta soltanto di valori spirituali: esse hanno una indiscutibile rilevanza antropologica e psicologica. Se si pensa all’integrità come «totale presenza a se stessi», nel senso ciceroniano, e «padronanza di sé» nel senso di libertà da condizionamenti dei sensi sia  interiori che esteriori, non rimossi bensì coscienti, è facile capire che con esse si raggiunge la piena maturità  della persona umana, ossia lo sviluppo nella sua totalità; con esse non si recupera soltanto la visione di Dio, ma si ha una lucidità psichica che fa vedere persone, avvenimenti e cose dall’Uno perché l’uno si è raggiunto in se stessi e, con l’integrità dell’uno, si acquisisce uno stato di coscienza superiore grazie all’armonizzazione di tutte le facoltà.

Giovanni Cassiano, fondatore di monasteri e formatore di monaci al tempo di san Girolamo e sant’Agostino, riassumendo il pensiero dei Padri precedenti, scrive che «per una perfetta purezza verginale non è sufficiente l’integrità del corpo: occorre anche quella dello spirito»37, e che «è certo possibile trovare una persona integra senza che abbia il dono della scienza, ma impossibile possedere la scienza spirituale senza una integrità verginale»38.

Un altro monaco e formatore di monaci del tempo di san Bernardo, Isacco della Stella, fa comprendere meglio di quale integrità si tratti e come è più facile raggiungerla: «Per il fatto - dice - che abbiamo fatto professione di castità rinunciando a moglie e figli, che viviamo in comunità senza possedere nulla personalmente, che tutti quanti ubbidiamo a uno solo e da lui ci aspettiamo il necessario, non viviamo forse nello stile dei santi Apostoli e di quella primitiva Chiesa di Gerusalemme nella quale (i cristiani) oltre ad avere tutto in comune erano anche un cuore solo e un’anima sola?»39.

L’anelito alle vette più alte

Ho riportato soprattutto passi riguardanti la verginità, tralasciando ogni problematica nei confronti della santità matrimoniale o della casta vedovanza. È chiaro, comunque, che la verginità spirituale la possono vivere anche gli sposati e i vedovi, ritrovando in essa sia integrità personale che libertà. La chiesa è una, e tutti rientrano nella sua santità perché tutti sono membra di Cristo.

Ma mi piace terminare con un brano di Giovanni di Ford che sintetizza, in epoca medievale, il pensiero dei Padri: «Il tempio di Dio è santo, e mi riferisco a tutta quanta la chiesa dei santi che vivono sia nello stato coniugale, sia nello stato di vedovanza o in quello di castità verginale. Ma di questo tempio la parte più interiore o, per così dire, il ‘sancta sanctorum’ è occupato da coloro che, liberi per la loro purezza da legami coniugali, anelano alle più alte vette della verginità».40

Silvano Cola

 

 

1)    SANT’AMBROGIO, De virginibus, 1, 3.

2)    SAN GREGORIO DI NISSA, De virginitate, 3.

3)    MG 44, 1263 B.

4)    SAN GREGORIO DI NISSA, De Virginitate,
 1, 1-2; 256 s.

5)    Ibid., 2.

6)    Ibid., 12, 4. 4; 416 s.

7)    SAN CIPRIANO, De bono patientiae, 20.

8)     SANT’AGOSTINO, Contra Faustum, 29, 4.

 9)   Id., De gratia Christi et de peccato originali, 2, 35.

10)            Id., Contra Faustum, 29, 4.

11)            Id., Sermo 354.

12)            Id., Epist., 188, 1.

13)            SANT’AMBROGIO, Expos. psalmi 118, 1, 5.

14)            Id., De patriarchis, 3, 12.

15)            Id., Expos. Ev. sec. Lucam, 8.

16)            Id., De fide, 3, 7.

17)            Id., Epistulae, L. 10, Ep. 73, 12.

18)            Id., Epist. extra collect. traditae, 14, 36.

19)            Ibid., 15, 3.

20)            APONIO, In Cantic. expositio, 8.

21)            Ibid., 1.

22)            Ibid., 3; 6.

23)            Ibid., 7.

24)            SAN ZENO DI VERONA, Tractatus, 1, 3.

25)            SAN PIETRO CRISOLOGO, Sermo 146.

26)            EUSEBIO GALLICANO, Collectio homil., 9.

27)            FULGENZIO DI RUSPE, Epist., 3, 11.30.

28)            Is 54, 1.

29)            NOVAZIANO, De bono pudicitiae, 7.

30)            SAN GIROLAMO, Ad Iovinianum, 1, 11.

31)            Ibid., 1, 12.

32)            TERTULLIANO, De exortat. castitatis, 1.

33)            SANT’AMBROGIO, Epist. Libro 2,7,38.

34)            ID., Expos. psalmi 118, 3, 6.

35)            APONIO, In Cant. expos., 6.

36)            SAN BERNARDO, Sermones de diversis, vol. 6, 1.

37)            GIOVANNI CASSIANO, Collatio 12, 2.

38)            Id., De Instit. coenobiorum, 6, 18.

39)            ISACCO DELLA STELLA, Sermo 50, 20.

40)            GIOVANNI DI FORD, Sermo 52.