Capolavori della creazione

Cristiano deriva da Cristo. Virgo - dice san Girolamo con una punta di umorismo polemico - deriva da Vir (l’Uomo, il Cristo), non da partus (dalla funzione generativa).

C’è una coerenza radicale nelle grandi menti che, per definire una realtà, non si curano troppo delle condizioni sociali generali e provvisorie in cui ci si trova a vivere, ma hanno lo sguardo rivolto alla situazione originaria della realtà stessa (protologia) e alla situazione finale cui è destinata (escatologia).

Non pare strano, allora, che i Padri della chiesa e i loro emuli, quando si sono trovati a parlare della verginità come valore rivelato da Gesù, si siano rifatti oltre che a Cristo, il nuovo Adamo, anche al primo Adamo così com’è stato creato da Dio, anteriormente quindi al peccato,oppure alla Vergine. Così che san Girolamo può scrivere con tutta semplicità che  «Cristo, vergine, e Maria, vergine, hanno inaugurato e consacrato lo stato verginale per ambedue i sessi» (Lett. 49, 21).

Nel secolo XII, il cistercense Isacco della Stella, spiega che «noi, dal fonte battesimale, rinasciamo tali e quali a Cristo nato dalla Vergine, e che rinasceremo alla vita futura nella stessa forma nella quale Cristo è uscito, rigenerato, dal sepolcro». E aggiunge: «È questa la condizione (status) per la quale l’uomo è stato creato; né sarà uomo completo finché non avrà quella perfezione» (Sermo 41, 4). Per spiegare poi questa possibile identità nostra con Cristo, in un altro sermone afferma: «Lo Spirito grazie al quale dal seno della Vergine è nato il Figlio dell’uomo, nostro capo, è quel medesimo Spirito che fa rinascere anche noi, dal fonte battesimale, figli di Dio, suo Corpo» (Sermo 42, 17). Corpo destinato evidentemente alla stessa condizione del Cristo risorto e glorificato, nel seno della Trinità, dove le uniche nozze sono con Dio.

Questo è l’inizio e la fine dell’essere umano nell’Idea di Dio. Che poi, storicamente, l’istituzione divina del matrimonio rappresenti sulla terra la socialità «a immagine e somiglianza» della vita trinitaria, è stato forse troppo taciuto, ma mai negato. Si tratta però di non ridurne né la figura, né il significato che Dio vi ha impresso, e cioè che sia l’amore a unire i coniugi, quell’amore che unisce - dice san Paolo - Cristo alla chiesa, ossia quell’amore sempre pronto a «dare la vita» per l’altro, perché esso solo «verginizza» effettivamente sia i vergini che lo stato matrimoniale. Persino un san Girolamo, accanito sostenitore della verginità, senza peli sulla lingua dice candidamente: «Piuttosto che essere superbo, un monaco avrebbe fatto molto meglio a sposarsi» (Sull’obbedienza).

Da questo, e da altri accenni dei Padri, si capisce come per essi la verginità vada intesa in senso globale: non solo come integrità fisica, ma come «semplicità» della persona che non è attaccata affettivamente né ai beni, né alle persone, né a se stessa, ossia come «libertà» piena. E che non sia facile conquistarla e mantenerla è logico: se Ambrogio definisce la verginità «sacerdozio di castità», Girolamo la paragona al martirio: «Il merito del martirio - scrive - non si attribuisce unicamente all’effusione del sangue; il servizio compiuto senza macchia da un’anima datasi a Dio è pur esso un martirio quotidiano» (Lett. 22).

«Ma chi mai dei santi - aggiunge - è stato incoronato senza combattimento?... (Ma) nulla è duro per chi ama, nessuno sforzo è eccessivo per chi aspira ad una meta... Grande è la fatica, certo, ma grande la ricompensa di essere come i martiri, come gli Apostoli, come Cristo» (ibid.).

Non sono elucubrazioni teologiche astratte. In duemila anni di storia della chiesa quel genere di vergini è sempre esistito, ammirati dal mondo come capolavori della creazione per bellezza, integrità e completezza umana, e Dio solo sa quale e quanta profusione di santità hanno immesso nel Corpo di Cristo. Ma sono esistiti pure, e forse soprattutto oggi, sposi verginizzati dall’amore: dall’amore a Dio prima di tutto, e da un amore «alla divina» per il coniuge; coniugi diventati per l’amore una sola carne e un solo spirito, coniugi liberi, non chiusi nella propria famiglia, ma aperti alle più svariate opere di risanamento sociale e alla missionarietà.

Silvano Cola