Che cos’è un seminario? Un luogo, senza dubbio, dove ci si prepara al sacerdozio. Risposta sufficiente? Piuttosto no!

«L’identità profonda del seminario – scrive la Pastores dabo vobis – è di essere... una continuazione nella Chiesa della comunità apostolica, stretta intorno a Gesù, in ascolto della sua Parola...». Risposta che tocca il nervo di quello che decide oggi sulla riuscita o il fallimento della formazione sacerdotale.

«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni», aveva scritto nel 1975 Paolo VI nell’Evangelii Nuntiandi (n. 41). E i fatti gli danno ragione.

Testimoni, quindi, prima che maestri. Ovvero: vangeli viventi prima che presbiteri. E questo non solo per una questione di credibilità, ma anche per la solidità di una chiamata che altrimenti risulta sospesa nel vuoto.

Visto così, l’aspetto dello studio – per quanto importante – non è primario. Più fondamentale è «l’adesione al regno, cioè al “mondo nuovo’’, al nuovo stato di cose, alla nuova maniera di essere, di vivere, di vivere insieme che il vangelo inaugura» (E.N., n. 23). Adesione che non può essere soltanto teorica, ma che mira ai fatti: i mille e spesso piccolissimi fatti di ogni giorno.

Ed ecco la sfida: fare dei seminari luoghi in cui si respira, con tutta concretezza, l’alternativa, la novità del vangelo. E quindi posti di cui si possa dire: «venite e... vedrete».

Queste pagine vogliono essere un mezzo per aiutarsi reciprocamente in questo. Come è successo per Etienne del Benin.

«Nella cappella mi trovo nello stesso banco con due seminaristi che non hanno il breviario – racconta in una lettera –. Per cui mettevo a loro disposizione il mio. In realtà, avevo
ricevuto per la mia festa un secondo breviario e l’avevo sistemato nella mia libreria, senza mai pensare che potesse servire per qualcun altro. La lettura dell’esperienza di Oscar della Spagna, nel n. 3 del nostro notiziario, mi ha aperto lo spirito e il cuore, ed ho immediatamente fatto dono di quel breviario. Dentro di me è nata una grande gioia e mi sono sentito profondamente unito con tutti coloro che vivono questa vita nel quotidiano».

Non c’è dubbio, abbiamo tanto da donarci.

 

 

 

Vangeli viventi

È la testimonianza che apre la strada

Colombia. «Durante quest’anno il vescovo mi ha destinato alla pastorale per le vocazioni. Ho quindi il compito di visitare le varie comunità della diocesi. Un giorno, dopo aver fatto il viaggio in mezzo al fango, sono giunto ad un paese. Pensavo di poter svolgere incontri nei due licei, ma la cosa non era facile perché non ero conosciuto. Arrivato al secondo liceo, ho avuto il
permesso di parlare appena ad un gruppo. Assieme ai giovani, si è fermata anche la direttrice. Partendo dalla mia esperienza sul vangelo vissuto, ho parlato della chiamata che Dio rivolge a ciascuno. Dopo un po’ la direttrice ha lasciato la sala e quando ho terminato mi aspettava fuori. “Se vuole – mi ha detto –, può continuare. Le ho radunato altri due gruppi...’’». (J.C.)

«Ero diventato il capo dell’opposizione...»

Africa Occidentale. «Nel mio settore, ormai da più di un anno non c’è unità. A causa di ripetute incomprensioni con il responsabile, che sembrava non aver riguardo per nessuno e ci pareva un po’ autoritario, era diventato impossibile lavorare in pace insieme. Nessuno gli voleva dare retta, ed io ero diventato il “capo dell’opposizione’’ cui tutti facevano riferimento. Ma poi ho capito quale deve essere il mio vero ruolo: quello di creare l’unità nel nostro settore. Ho quindi cominciato a non criticare più il responsabile e ad ascoltarlo con gioia. Gli altri sono rimasti per un po’ esitanti, ma poi mi hanno seguito ed ora siamo felici di lavorare insieme e apprezziamo l’uno i talenti dell’altro. Vedendo Gesù nel prossimo, il fratello si “trasfigura’’. Me ne sono reso proprio conto». (F.M.)

Un amore che va al di là di tutto

Repubblica Domenicana. «Mi si era spezzato un dente e ho dovuto subire un piccolo intervento chirurgico. In seguito usciva molto sangue dalla ferita. Per cui il medico mi ha detto di stare piuttosto a riposo. Solo che la mattina dopo mi è giunta la notizia che era morto il papà di un amico che era stato anch’egli seminarista. Non sapevo che fare. Ma il pensiero a Gesù in croce mi ha spinto a mettermi in viaggio per stare vicino al mio amico e alla sua famiglia. La famiglia è rimasta molto toccata da questo gesto e vi ha visto il segno di un amore che va al di là di tutto. Quando sono tornato a S. Domingo, il dentista mi ha detto con sorpresa: “Ma che cosa hai fatto per guarire così presto?’’». (R.R.)

In margine ad un torneo di calcio

Italia. «Per chi come noi è abituato a passare gran parte della giornata su una sedia, diventa importante un po’ di sport. E quindi mi sono iscritto ad un torneo di calcio organizzato all’interno del seminario. Ovviamente non sempre tutto va liscio. “Non siamo mica in cappella!’’, si sente magari rispondere quando un giocatore ha “sgambettato’’ non solo con i piedi ma anche a parole il suo avversario. Un giorno una pallonata sul naso ha messo k.o. un mio compagno di squadra. Non potevo
scaricarlo a bordo campo e continuare a
giocare mentre la fuoriuscita di sangue non si arrestava. “In lui c’è Gesù’’, mi dicevo. E senza pensarci molto l’ho accompagnato alla fontana più vicina per tamponare la ferita. Intanto la mia squadra è andata sotto di un goal e forse anche per colpa mia. Qualcuno, infatti, me lo ha fatto notare sgridandomi dal campo. Alcuni però, quando ho ripreso a giocare, mi si sono avvicinati e mi hanno detto: “Stai tranquillo, hai fatto bene!’’. Lo credo anch’io». (V.D.)

Offrire ospitalità ed amicizia

Irlanda. «Ho partecipato al Congresso dei seminaristi a Castel Gandolfo nel dicembre 1994, come parte della delegazione irlandese. Di ritorno in Irlanda mi sono chiesto come promuovere lo spirito dell’unità con la mia famiglia e in seminario. Durante l’agosto scorso il mio vescovo ha deciso di assumersi la formazione di un seminarista slovacco nel collegio di Maynooth e cercava una
famiglia in diocesi che accogliesse questo studente durante i momenti delle vacanze. Così la mia famiglia si è dichiarata disposta. Immaginate la mia sopresa quando il nostro seminarista slovacco mi ha raccontato che anch’egli aveva partecipato all’incontro a Castel Gandolfo! Ho capito allora che il mio modo di vivere lo spirito dell’unità era offrire ospitalità ed amicizia a questo
giovane». (D.O.)

 

 

Domande a Chiara Lubich

La Parola, al di sopra di tutto

uoi dirci concretamente come tu vivi la Parola di vita?

Voglio dirvi come l’abbiamo vissuta fin dai primi tempi del Movimento. Avevamo intuito, anche se vagamente, che cos’è la Parola di Dio, questo tesoro che noi abbiamo a disposizione e che non sappiamo renderci conto di quanto valga. Prendevamo una Parola e la volevamo assimilare. Avevamo di essa una grande stima un po’ come i primi cristiani i quali mettevano sullo stesso piano la Parola e l’Eucaristia. Mi ricordo che parlavamo allora della possibilità nostra di fare tre comunioni: la comunione con Gesù eucaristia, la comunione con la Parola di vita, la comunione col fratello.

L’esigenza della comunione con la Parola era una realtà fortissima. E questa esigenza era nata nel momento in cui Gesù mi aveva fatto capire di mettere i libri in soffitta, perché la verità che andavo cercando non era nei libri; la verità incarnata era Gesù e Lui sarebbe stato il mio maestro. Da quel momento abbiamo preso parola per parola per farla nostra e ogni parola la si distendeva su tutta la giornata, per poterci impregnare di essa perché diventasse carne della nostra carne, vita della nostra vita, in modo da acquistare un altro modo di vedere, un altro modo di sapere, un altro modo di amare.

In questo mese, per esempio, abbiamo come Parola di vita: «non si può amare Dio che non si vede, se non si ama il fratello che si vede».

Adesso, come trent’anni fa, io la vivo così: dalla mattina alla sera, qualsiasi cosa faccia, sia che abbia un fratello vicino sia che sia sola, io faccio tutto in vista del fratello: se scrivo, lo faccio per il fratello; se prego, metto l’intenzione di farlo per il fratello; se mangio, dico a Gesù: mi sostengo perché devo servire il fratello; se dormo cerco di farlo nel modo migliore perché dopo possa servire meglio il fratello: tutto è in funzione del servire i fratelli, dell’amare i fratelli.

La Parola di vita deve essere sempre al di sopra di ogni altro nostro interesse. I dolori, le gioie che ci passono dentro, debbono diventare in certo modo secondari, servono per essere vissuti secondo la Parola, l’importante è vivere la Parola.

Adesso, per esempio, è gioioso per me stare con voi, ma non è questo il mio fine, il mio fine è amare Gesù in voi. Può darsi che poi andando a casa, l’incontro con un fratello mi faccia trovare un dolore; il dolore lo sento, ma l’importante è amare il fratello in quel dolore.

(a un gruppo di seminaristi, dicembre ’74)

 

Incontri ’96

In cammino
voi avete già scelto? Per l’estate 96, ovviamente!

Eccovi un quadro delle prenotazioni che ci sono finora pervenute per gli incontri internazionali di seminaristi a fine agosto / inizio settembre in quattro «cittadelle» del Movimento dei Focolari:

·         A Loppiano nei pressi di Firenze
(25-31 agosto): spagnoli, portoghesi, francesi,
maltesi, ungheresi e, naturalmente, italiani di varie regioni.

·         Nella Mariapoli «Faro» a Krizevci in
Croazia (26 agosto - 1 settembre): cechi,
slovacchi, rumeni, bulgari, sloveni,
croati, serbi, piemontesi, liguri, trentini e veneti.

·         Nella Mariapoli «Vita» a Rotselaar in
Belgio (31 agosto - 6 settembre): svizzeri, polacchi, belgi, alcuni italiani...

·         Nella cittadella ecumenica di Ottmaring in Germania (1-7 settembre): tedeschi e austriaci.

Dopo Pasqua in ogni cittadella si ritroveranno alcuni seminaristi per preparare sul posto i vari incontri.

E intanto nelle varie nazioni e regioni ci si dà da fare: c’è chi sta organizzando un campo di lavoro per guadagnare i soldi necessari per il  viaggio e il soggiorno, chi sta già pensando a prenotare un pullman e chi prepara e vende icone per aiutare i seminaristi delle nazioni meno benestanti.

A proposito di necessità economiche. Speriamo che nascano ancora altre iniziative per mettere in atto fra noi, anche per questa occasione, una comunione di beni e poter rispondere così alle richieste di aiuto che ci stanno giungendo.

Ma la vera preparazione, ci sembra, si svolge soprattutto nel quotidiano. Siamo convinti, infatti, che questi incontri saranno tanto più arricchenti quanto più avremo da raccontare agli altri dei tanti modi di essere costruttori d’unità nei nostri ambienti.

Dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest

In varie parti del mondo si sta pensando ad una vera e propria ripetizione del Congresso di seminaristi svoltosi alla fine del 94 a Castel Gandolfo.

Problema maggiore: le enormi distanze. Ma i nostri amici prendono le cose con filosofia. E preparano le loro iniziative con lungo respiro.

Così sono previsti Congressi di seminaristi: per tutte le Filippine nel maggio 96; per tutto il Brasile nel dicembre 96; per la Colombia e l’Ecuador dopo la Pasqua del 97; per l’Africa Occidentale (Costa d’Avorio, Burkina Faso, Togo, Benin, Ghana, Mali...) nel 97; per la Polonia e nazioni circostanti nel 97 in data ancora da stabilire.