Dialogo con i lettori

«O

ggi si parla tanto del prete, ma lo si fa normalmente interrogando gli stessi presbiteri, magari con varie competenze in campo teologico. Ma cosa pensano i laici dei loro pastori? Come li vedono? Come li vorrebbero? Credo che dovremmo consultarli ed ascoltarli di più...».

(don Tanino Garfì, Buccheri – Sicilia)

Non eroi solitari, ma uomini di comunione

Seguendo il suo suggerimento, abbiamo passato la domanda al prof. Tommaso Sorgi, un laico ecclesialmente impegnato, padre di famiglia e sociologo, già parlamentare e professore universitario.

Non pretendo dare una risposta esauriente, ma dirò solo qualcosa che ho in cuore, e che spero possa essere utile sia ai sacerdoti che a noi laici.

Noi, in genere, siamo verso di loro in atteggiamento di chiedere, esigere, piuttosto che di dare qualcosa. Troppo facilmente esigiamo che il prete sia un esperto di tutto: non solo di teologia, di santità e di ecclesiologia, ma anche di cultura e di scienze dell’uomo, e addossiamo sulle sue spalle tutta la formazione dei laici; spesso anche per l’incarnazione del vangelo nel mondo, non ci muoviamo se non abbiamo da lui una forte sollecitazione.

Aspettarsi tutto dal sacerdote significa avere un’immagine di chiesa troppo clerocentrica e scaricarsi delle responsabilità che invece un laicato maturo deve saper assumere, sia dentro la comunione ecclesiale che nel vivo delle realtà terrene.

Non bisogna dimenticare che il sacerdote, oltre ad essere un ministro è anche un uomo, dotato per certe cose più che per altre, che può e deve fare anche scelte di specializzazione, e che ha diritto di aspettarsi un contributo sul piano umano da parte dei laici. Sacerdoti e laici sono chiamati a dare un loro specifico apporto alla comunità, a continuare insieme nel mondo la mediazione di Cristo, senza che gli uni o gli altri abbiano complessi di superiorità o di inferiorità.

Però non si deve dimenticare che il prete ha ricevuto con l’ordinazione una grazia speciale, diversa da quella del sacerdozio comune dei fedeli; è una grazia di meravigliosa grandezza, per cui egli solo può svolgere compiti essenziali nella chiesa: l’Annuncio, l’Eucaristia, la Riconciliazione, in attuazione continua del divino disegno di redenzione.

Si rende un’ingiustizia al sacerdote, lo si laicizza, quando gli si chiede troppo impegno in attività sociali pur sante (ma che sono proprie dell’indole secolare dei laici) e gli si sottrae troppo di quel tempo e di quelle energie ch’egli deve consacrare a ciò che gli è più specifico. Non lo possiamo ridurre ad un animatore sociale.

Non lo vedrei tanto come eroe solitario che si affanna nel voler risolvere gli innumerevoli problemi che gli girano attorno, quanto come uomo della comunione.

La nostra attesa di comunione sta in questo: che la vita dei sacerdoti sia una testimonianza di unità prima di tutto fra di loro e poi anche con noi laici; che ci sia in loro la gioia di dare e l’umiltà di accettare la comunione con i laici, non solo sul piano operativo pastorale, ma anche, negli opportuni modi e con laici di comprovata maturità, sul piano spirituale personale.

In questo modo la comunità cristiana – che certamente è un dato sociologico, ma anche molto di più – può offrire con efficacia al mondo la sua specificità di luogo teologico, realizzantesi con la presenza del Risorto tra i credenti («Dove sono due o tre riuniti nel mio nome...», Mt 18, 20), oltre che nelle ricchezze sacramentali e nelle forme istituzionali.

Non è il sacerdote da solo o il laico da solo che fa crescere la chiesa, ma tutti i fedeli – laici e preti – uniti tra loro e nella comunione con i propri vescovi. Hanno bisogno gli uni degli altri e devono camminare insieme, se vogliono incidere sul mondo. La loro unità vissuta è il segno che identifica i discepoli di Cristo e testimonia che egli viene dal Padre.

Ma perché ciò avvenga, quale è la parte che possiamo fare noi laici?

Noi, come san Francesco d’Assisi, dobbiamo nutrire una profonda venerazione per il ministero sacerdotale e verso la stessa persona dei sacerdoti. Riguarda anche loro la parola del Cristo: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me» (Lc 10, 16). In più: dobbiamo sentirci anche noi responsabili della loro santificazione, a cui possiamo contribuire con la preghiera, col nostro vivere, con rapporti autenticamente evangelici verso di loro, ed anche con l’offrire per essi nostri personali sacrifici e rinunzie. Ho conosciuto dei coniugi che vivevano periodi di continenza proprio per sostenere – nella comunione del Corpo mistico – la castità delle e dei vergini, e in particolare dei sacerdoti.

Se giustamente esigiamo che i sacerdoti siano a servizio della comunità, è giusto anche agire noi laici, in una dimensione mariana, per mettere il nostro sacerdozio regale a servizio del loro sacerdozio ministeriale e fare da sfondo, sì che essi possano trovare e sentire continuamente e con sicurezza la loro vera identità.

Rientra fra i nostri compiti ecclesiali essere disponibili ad accompagnare il prete con la vita e con la parola, fin dai suoi anni di seminario, nella comunione piena e continua delle nostre esperienze e competenze umane, dei nostri beni materiali ed anche delle nostre scoperte di Dio.

Nel Sinodo di alcuni anni fa sulla formazione dei sacerdoti, i vescovi hanno parlato della formazione iniziale e di quella permanente del clero. Penso che il contributo di fondo da parte di noi laici a tale formazione possa consistere nello stabilire con i preti quel rapporto di carità che fa scattare la presenza di Gesù anche tra un laico e un sacerdote, con un preciso patto di amore scambievole, pronti a dare ciascuno la vita per l’altro. Il sacerdote è già impegnato a darla per noi laici, col suo consacrarsi per noi: «scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini» (Ebr 5, 1). E per noi ogni giorno, offrendo il Cristo in sacrificio sull’altare, offre anche se stesso, sull’altare e nella sua vita (questo è, direi, il senso completo del suo ministero sacrificale).

Anche per noi laici sarà una gioia dare la  nostra vita per lui, a piccole o grandi dosi, in tutte le occasioni di azione ecclesiale e rapporto personale che il Signore Dio ci concederà di sperimentare a fianco di ogni sacerdote. Così ci sosterremo vicendevolmente nella tensione alla santità e costruiremo insieme una chiesa credibile per il mondo d’oggi.

Tommaso Sorgi