In seminario
da veri fratelli

intervista a cinque seminaristi di GRANADA (Spagna)

Da Granada, in Spagna, la testimonianza di cinque seminaristi che vivono l’ideale dell’unità. Ponendo alla base un rapporto vero e profondo coi formatori, tra loro e con i loro compagni, inventano le più varie iniziative per incrementare lo spirito di famiglia in seminario.

M

anolo, come ti sei imbattuto in questo gruppo?

Manolo Morales: Tutto è cominciato in una parrocchia dove ho conosciuto un sacerdote e alcuni seminaristi che abitavano con lui. Sin dall’inizio ho colto qualcosa di speciale nel loro rapporto, un’unità che oltrepassava i miei schemi mentali e in cui veniva in rilievo la ricchezza di ciascuno proprio per la continua donazione di sé.

Da quel momento ho cercato di non perdere occasione per stare con loro. E così più volte, assieme ad altri amici, abbiamo trascorso il week-end con loro. Giocavamo, parlavamo, mangiavamo: tutto in un’atmosfera che annullava quelle barriere che esistono a volte fra sacerdote e giovani.

Da questa esperienza è scaturito in me un senso di libertà mai sperimentato e diventava quasi spontaneo per me vivere per l’altro. Col tempo ho scoperto che Gesù mi chiamava ad andare fino in fondo in questo amore, donandomi a lui nel sacerdozio.

Angel, puoi raccontarci di più di questa vita di famiglia tra voi?

Angel Moreno: Quello che ci sta a cuore prima di tutto è di tenere sempre viva la presenza di Gesù in mezzo a noi, promessa a coloro che sono riuniti nel suo amore. Per questo, come le prime focolarine, anche noi ci siamo guardati in faccia e ci siamo dichiarati di essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro.

Sentirci famiglia ci spinge a condividere pure i nostri beni. Ogni mese mettiamo in comune il nostro superfluo, ma anche i nostri bisogni e sperimentiamo la Provvidenza di Dio che si prende cura delle necessità di ognuno. Cerchiamo inoltre di vederci spesso per comunicarci le nostre esperienze del vangelo nella vita di ogni giorno; e approfittiamo di ogni occasione per farlo: andando all’università, negli spazi liberi della giornata, dopo cena. Sono momenti belli, intensi, dove Dio ci unisce di più; momenti che ci aiutano a santificarci insieme.

Durante le vacanze, anziché stare soltanto con i nostri familiari, cerchiamo di trascorrere qualche giorno insieme: o in montagna o al mare o a casa di un sacerdote. E puntualmente diventa sempre una vera scuola di vita, dove ciascuno pensa prima al riposo dell’altro che non al proprio e dove scopriamo che Gesù fra noi è l’unico che veramente ci «ricrea».

Ma non si corre in questo modo il rischio di diventare in seminario un gruppo a sé?

Jorge Nieto: Quella del seminario intero è la nostra prima comunità e quindi è lì che cerchiamo innanzi tutto di donarci, perché fra tutti regni sempre più uno spirito di famiglia.

Faccio qualche esempio. Ogni tanto in seminario c’è qualche ricorrenza da festeggiare. Ma presi come siamo dagli studi, dal tran tran quotidiano, queste feste stavano diventando un po’ superficiali e si preparavano piuttosto malvolentieri. Sentivamo di doverci impegnare per rendere più vivi questi momenti che sono in fondo un’occasione preziosa per scoprire e mettere in circolazione tanti doni che abbiamo. Ponendoci al servizio di tutti e con l’idea di far festa ad ognuno e a Gesù tra di noi, abbiamo incoraggiato quanti più seminaristi possibile a preparare scenette, canti, a decorare la sala... E abbiamo vissuto momenti di vera amicizia e fraternità, che ci hanno fatto dimenticare i pregiudizi e i tanti problemi che così facilmente si creano.

Un’altra iniziativa è stata quella del video-forum. Tutti si lamentavano della mancanza di opportunità per un vero scambio di idee. Allora uno di noi ha proposto di fissare una sera al trimestre per guardare insieme un film e farvi seguire un dibattito. L’idea ha riscontrato subito un’ottima eco. Per cui qualcuno ha procurato un film adatto, mentre altri hanno preparato caffè e dolci, ed è risultata una iniziativa veramente originale e nuova nella vita del seminario.

Vicente Rodriguez: Un momento delicato di ogni anno è l’arrivo dei nuovi seminaristi. Ricordando come noi stessi all’inizio ci eravamo sentiti un po’ spaesati, ci siamo messi ad aiutarli nella preparazione delle loro camere. Abbiamo pitturato con loro le stanze, cercato armadi, sedie, ecc. e così si è evitato che ciascuno si dovesse arrangiare da solo. Grazie a questo gesto, tanti si sono resi conto che in seminario li attendono dei fratelli che vogliono loro bene ed è nata un’amicizia profonda, che ha fatto iniziare con gioia la vita di seminario e ha spinto molti a prendersi a loro volta cura dei nuovi dell’anno dopo.

E i formatori che cosa pensano di tutto questo?

Francisco Campos: Il rettore era sempre molto contento, perché vedeva quanto lo spirito dell’unità contribuisce alla vita di comunione in seminario. Anzi, ci ha incoraggiati a vivere con radicalità e profondità questo carisma «del quale lo Spirito vi ha resi partecipi per la vostra santificazione e per il bene della Chiesa locale». Per le iniziative che abbiamo portato avanti in seminario ci siamo confrontati sempre in anticipo con lui ed egli ne è rimasto molto soddisfatto.

Da un anno e mezzo c’è un nuovo rettore. Inizialmente era perplesso per la nostra adesione ad un Movimento. Dopo qualche tempo però ci ha detto: «Voi siete focolarini, ma pienamente diocesani». Ci aveva visti lanciati a costruire in seminario una vera vita di famiglia e allora ci ha invitati a diffondere sempre più questo spirito di comunione nell’intera comunità.