Punto
di arrivo
e... di partenza
di Benno Schäffel e Joey zammit
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entir parlare di un
congresso,
se ti trovi tutto l’anno ad ascoltare lezioni, non è certo cosa
che ti strappa dalla sedia. Pensare a conferenze, discussioni e magari documenti
finali può suscitare piuttosto un senso di noia e di stanchezza. Eppure,
a rigor di termini, l’espressione «congresso» vuol dire ben
più...
Secondo l’etimologia latina (congredi), non indicherebbe soltanto un fuggitivo momento che si trascorre in un medesimo posto, ma un cammino insieme. E per il Congresso di seminaristi a Castel Gandolfo è stato proprio così.
«Che senso ha star assieme per qualche giorno, se poi si riparte più o meno come si è arrivati?», si erano detti i promotori di quest’iniziativa che, per la verità, si trovano sparsi un po’ dovunque nel mondo. Sono seminaristi che nell’ideale dell’unità, che è alla base del Movimento dei focolari, hanno trovato una fonte luminosa di ispirazione per il loro cammino verso il sacerdozio.
La loro avventura è iniziata nel ’68 quando – nella generale contestazione
– i seminari passavano un momento delicato. In quelle circostanze la
spiritualità dell’unità era un motivo non solo per
«resistere» in seminario, ma per starci fino in fondo e adoperarsi
a farne un punto di irradiazione della vita del vangelo. Nacque così,
nel più vasto Movimento dei focolari, il Movimento gens (generazione
nuova sacerdotale), che oggi è presente in
oltre 300 seminari maggiori ed ha già promosso altri due grandi incontri
di seminaristi, nel 1987 e nel 1989.
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a torniamo all’appuntamento del dicembre ’94. Tutti erano d’accordo che ci voleva qualcosa di più di un classico convegno. E questo «di più» – se ne era ben consci – era da attendersi tutto dalla «vita» che avrebbe preceduto i giorni a Castel Gandolfo.
Non c’è da nascondere che questo indirizzo di fondo veniva pure incontro ad un’ovvia necessità. Chi da Oltreoceano o dall’Est europeo si sarebbe potuto permettere con i propri mezzi di venire per quei quattro giorni a Roma? Era questa una sfida da non lasciarsi sfuggire per dare vita ad una comunione concreta a livello mondiale.
C’è stato per mesi un pullulare delle iniziative più varie: da piccole rinuncie – come quella dei seminaristi di una regione della Colombia che hanno deciso di mettere da parte i sei dollari che ciascuno paga mensilmente per il lavaggio dei vestiti e di fare da sè questo lavoro – ad una «impresa temporanea di traslochi» in Germania ed alla vendita di oltre 80.000 cartoline natalizie in mezza Europa.
La fantasia dell’amore non ha mancato
di rendere alquanto pittoresco il quadro: se in qualche posto del Sudamerica e dell’Africa hanno allevato chi una
mucca, chi una capra e chi dei polli, nelle Filippine i seminaristi hanno
inciso con sistemi professionali una cassetta audio con canti composti tutti da
loro. Completano la panoramica una microimpresa di ceramica, servizi bar in
qualche facoltà teologica, lotterie e pesche di beneficenza con premi
raccolti in una comunione del superfluo tra i seminaristi e i loro amici.
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n’esperienza particolare sono stati i sette campi di lavoro svoltisi durante l’estate in Svizzera, Germania, Italia. Da due a quattro settimane vi hanno lavorato 140 seminaristi da tutta l’Europa e non solo per mettere a disposizione il proprio guadagno, ma anche per vivere un’intensa esperienza di comunione.
È da annotare che, nell’attuale momento di recessione, pareva quasi impensabile trovare lavoro per oltre 100 persone, tant’è vero che l’impiegata dell’ufficio di collocamento di una città tedesca, venuta a sapere quanti posti di lavoro avevano rimediato i seminaristi, ha proposto loro – sebbene per scherzo – di sostituirla nel suo incarico.
Eppure un successo del genere non va
attribuito a particolare capacità manageriale, quanto piuttosto al
continuo e sorprendente intervento della Provvidenza che, nel caso qualcuno si
trovasse disoccupato, interveniva con doni in viveri, vestiario e soldi,
facendo da vera e propria «cassa di integrazione».
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utto ciò era già occasione di aprire la propria anima ai bisogni del mondo intero e di sentire fratello chi vive a migliaia di chilometri di distanza, mettendo in atto uno scambio di talenti e beni e scoprendo la gioia del dare.
Evidentemente, per potersi ritrovare a Roma,
non bastava affrontare le spese, ma ci voleva soprattutto tanta preghiera e
l’impegno di tradurre in pratica il vangelo nel proprio ambiente,
affinché la preparazione di questo appuntamento poggiasse su basi
sicure. Era entusiasmante vedere come a poco a poco giungessero
dalle parti più varie del mondo le esperienze e testimonianze dei
seminaristi, e come si preparassero anche contributi artistici per far dono di
sé e della propria cultura.
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on soltanto un congresso, dunque, ma una «vita» che da Castel Gandolfo è ripartita con nuovo slancio per coinvolgere tanti nell’avventura dell’unità. Chiudiamo con il commento di due autisti di un pullman tedesco: «Questo vostro modo di stare insieme non ci ha lasciati indifferenti. Ci siamo trovati benissimo. Ed anche noi abbiamo avuto tanti incontri molto belli con gli altri autisti. Aspettiamo con gioia l’occasione di portarvi ancora a Roma».
«Insieme tutto è possibile»
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er contribuire a questo Congresso, avevamo pensato di lavorare nella
raccolta dei pomodori. Dopo tanti tentativi abbiamo dovuto lasciar perdere
questo progetto. Fortunatamente un’altra strada si è aperta e ci
sono stati offerti alcuni locali parrocchiali in una stazione turistica.
Abbiamo pensato allora di mettere a frutto i nostri talenti in cucina e di
realizzare una sagra gastronomica. Difficoltà burocratiche non
permettono di portare ad esecuzione neppure questo progetto. Che fare? Non
vogliamo arrenderci e nasce l’idea di dar vita ad una pesca di
beneficenza, alla quale, in seguito, si aggiunge l’animazione di
un’estate ragazzi.
Fiorisce tra noi una vita
evangelica: richiede fatica, ma aumenta la gioia. Una vita che a poco a poco
irradia nella parrocchia. «Ma chi prepara da mangiare? Chi lava?»,
chiede la gente. La nostra risposta è sempre la stessa: «Insieme
tutto è possibile!». E loro stanno al gioco, per
cui tanti nostri pasti sono costituiti esclusivamente dai loro doni.
Alla fine, il contributo economico
che abbiamo potuto dare per il Congresso supera ogni più rosea
previsione; ma ciò che rimane soprattutto è la forte esperienza
d’unità e di vita del vangelo, che è stata per noi uno
stupendo trampolino di lancio.
alcuni seminaristi
del Nord-Italia
«Una
via che vorremmo percorrere anche noi»
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iviamo in un Paese che è passato attraverso tante vicende,
momenti gloriosi e momenti di decadenza. Ma lungo tutta la storia ha conservato
la sua speranza e la sua fede, risorgendo sempre a vita nuova. Attualmente
però viviamo una crisi molto grave; una crisi che non è solo
economica o politica, ma è una crisi dello spirito e degli ideali, una
crisi dell’identità della persona.
Raccontiamo tutto ciò,
perché
possiate comprendere meglio il nostro rapporto con il Movimento dei focolari.
Quando nell’estate del 1992 abbiamo partecipato per la prima volta ad un
campo di lavoro nella cittadella ecumenica di Ottmaring,
in Germania, ci siamo imbattuti in una realtà completamente diversa da
quella che conoscevamo. Eravamo più di 40 studenti di teologia di
nazioni differenti ed anche di diverse confessioni cristiane che lavoravano
durante un mese per guadagnare soldi non soltanto per sé, ma anche per
altri. Innanzi tutto cercavamo di vivere con grande concretezza l’amore
reciproco.
Eravamo immersi in
un’autentica comunità cristiana, animata da un’unità
come fino allora non l’avevamo mai sperimentata e vedevamo che questo
è il mondo vero per il quale vale la pena vivere; un mondo senza
inimicizia ed oppressione, nel quale ciascuno si pone al servizio
dell’altro. È questa l’unica via che ci dona speranza e che
vorremmo percorrere insieme a voi, affinché
sempre più persone nel nostro Paese e nel mondo intero possano scoprire
questo stile di vita.
Deltscho e Todor
studenti ortodossi della Bulgaria