Appuntamento
con la sfida dell’unità

di Joel R. CASTILLO

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 dicembre 1994. È una mattina diversa da tutte le altre. Nella grande sala del Centro Mariapoli di Castel Gandolfo risuonano gli applausi dei 900 seminaristi, mentre dal palco si annunciano i loro paesi di provenienza. 71 nazioni, cinque continenti: dall’Australia all’Irlanda, dalla Tailandia all’Egitto, Iraq, Canada, Bolivia, Tanzania, Bosnia-Erzegovina, Cile... Sotto le cuffie si illuminano i volti dei partecipanti ed i loro occhi dicono la gioia di respirare a pieni polmoni un soffio di chiesa universale.

Da fuori Europa sono presenti in 124, grazie ad un’originale comunione di beni a livello mondiale. Significativa anche la folta presenza di seminaristi dell’Est europeo: più di 300. E ancora: una cinquantina di formatori, 15 studenti di teologia delle altre confessioni cristiane e un buon numero di giovani orientati al sacerdozio. Altri non hanno potuto partecipare ma si sono resi presenti attraverso messaggi: è il caso di seminaristi del Medio Oriente e soprattutto del Sud-est asiatico dove si sarebbero riuniti da lì a poco in 150 di varie nazioni Oriente, in occasione dell’incontro del Papa con i giovani a Manila. «Siamo con voi – fanno sapere – e preghiamo perché lo Spirito Santo faccia di questi giorni un’esperienza di Pentecoste».

Una lettera, con le firme di una quarantina di partecipanti della Campania e della Puglia, giunta a pochi giorni dalla fine del Congresso, suona come la risposta a questo augurio dei seminaristi dell’Asia: «Questi giorni hanno permesso di realizzare un evento dello Spirito: l’unità fra le lingue, le razze, le culture. Abbiamo sentito la profonda verità della famiglia soprannaturale. Ora ci sentiamo impegnati a vivere e a costruire anche noi l’unità ‘‘perchè tutti siano uno’’».

N

on sono solo i numeri o i paesi di provenienza a rendere possibile un’esperienza del genere. È qualcosa di più. E nel giorno d’apertura – sulla scia del tema del congresso: «UNO perché tutti siano UNO» – si parte proprio da questo punto: l’unità. Una sfida? Una proposta? No: una vita e tutti i presenti sono invitati ad esserne i protagonisti!

Le parole dell’apostolo: «Non c’è più giudeo né greco... poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 28) aprono l’avventura di questi giorni a Castel Gandolfo. Infatti, questo è il primo passo da fare: oltrepassare ogni barriera di cultura o di lingua o di altro ancora per riconoscere in sé e negli altri lo stesso Gesù. L’effetto è immediato, liberante. «Ho cominciato a sentire il mondo come una grande famiglia», assicura un partecipante del Venezuela.

Ci sono tra i presenti quattro seminaristi del Burundi: due Hutu e due Tutsi. Ma al congresso la contrapposizione di queste due etnie non si è fatta minimamente sentire. C’era una realtà più forte: la presenza del Risorto che faceva di tutti Uno. E di conseguenza: un’atmosfera di famiglia permea tutti, sin dalle prime ore. Per cui uno studente di teologia evangelico della Germania, alla domanda se questo incontro non è per lui un po’ troppo seminaristico e cattolico, risponde senza esitare: «No, mi sento a casa».

A

 celebrare la Messa di apertura è il card. Pio Laghi, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica. Poi per tutti e quattro i giorni si avvicendano sul palco momenti forti di spiritualità, approfondimenti teologici, testimonianze di vita di seminaristi e sacerdoti, momenti di dialogo e contributi artistici. E al centro sono sempre due punti cardini della spiritualità sacerdotale che sono anche punti-chiave della spiritualità dei Focolari: la preghiera di Gesù per l’unità e la sua offerta in croce come via per realizzarla.

Toccante la chiarezza e la profondità delle risposte che Chiara Lubich, fondatrice e presidente del Movimento dei focolari, ha dato alle domande dei seminaristi giuntele dalle più varie parti del mondo. Esse sottolineano con efficacia la necessità di passare da una spiritualità a prevalenza individuale ad una spiritualità profondamente comunitaria, come risposta agli urgenti problemi della Chiesa e del mondo di oggi.

E poi, l’indimenticabile incontro con Giovanni Paolo II, nel cortile del palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Da vero padre, il papa non manca di far centro nei cuori dei 900 convenuti quando, improvvisando a braccio il suo saluto, parla della chiamata del seminarista come vocazione a «vivere insieme, vivere fuori famiglia, senza famiglia a causa del celibato, ma vivere per gli altri, nella famiglia più larga».

P

er i presenti queste parole sono ben più di una bella teoria. Dai posti più vari, molti hanno portato quanto di superfluo hanno trovato nei loro armadi, per metterlo a disposizione di chi poteva averne bisogno. Ed ecco che in un angolo del Centro Mariapoli nasce un’originale negozio, nel quale si possono acquistare maglioni, libri, orologi, penne a prezzo puramente simbolico.

Ma il successo ancora più grande lo riscontra il «fondo di solidarietà», gestito dalla sola «legge» della comunione, per cui ciascuno paga per quei giorni quello che può: o più o meno della quota indicativa. Alla fine si chiude con i conti in pareggio.

Durante il giorno, i congressisti assiepano le scale, il palco, i tavoli nella hall e nella sala da pranzo per spontanei colloqui e incontri di gruppo. Ad un tratto si scopre quanto ciascuno ha da comunicare. E nel dono di sé si ritrova se stessi.

N

on meraviglia che un’esperienza così abbia toccato il cuore di chi, orientato al sacerdozio, è venuto qui per «vedere». «I miei ideali si sono realizzati più di quello che io pensavo – dice uno di loro –. Amare profondamente ciascuno è la strada per arrivare all’unità».

E non meno contenti sono stati i formatori. «Vorrei riempire una bottiglia dell’atmosfera che c’è qui tra noi e portarla con me in Terra Santa», ha esclamato il rettore del seminario di Gerusalemme ed ha invitato tutti a rendergli visita qualora venissero a trovarsi in quella regione. E il rettore del seminario di Koumi nel Burkina Faso gli ha fatto da eco: «Qui ho sperimentato veramente la chiesa-famiglia».

Q

uattro giorni ricchissimi che hanno aperto nei cuori di tanti una pista luminosa. Pieni di gioia i partecipanti sono tornati nei loro paesi con un’esperienza da far fruttare ora sul posto: UNO perchè tutti siano UNO.