Perché tutti siano UNO

Notizie dal mondo dei seminari - 3

 

Benin, Pakistan, Canadà, Brasile, Italia...  sono solo alcune delle nazioni dalle quali ci sono giunte notizie che testimoniano i riflessi del Congresso internazionale di seminaristi a Castel Gandolfo. Un ‘più’ di comunione attraversa la vita di seminari dall’estremo sud del Cile alla Lituania e a Taiwan. E si fa strada uno stile di vita più evangelico.

Sotto la spinta della Parola vissuta cambiano modi di pensare e di agire e si scopre la gioia del dono reciproco. «Mi era arrivato un frutto squisito – racconta un seminarista di El Salvador – e per un momento ho pensato di non mangiarlo finché ero in mezzo ai miei compagni. Ma immediatamente ho ‘reagito’ e l’ho condiviso con tutti». Fatto quasi identico in Germania, anche se in un contesto assai diverso: prendendo coscienza dell’importanza di rendere effettiva la comunione, un seminarista dà per la prima volta in prestito la sua autovettura che fino a quel momento
aveva gelosamente custodito per sé.

Sono episodi piccoli, ma che, nella loro concretezza, riflettono, come tasselli di un mosaico, quella che era l’ispirazione del Concilio Vaticano II ed insieme la forza d’urto della chiesa nei primi
secoli: la koinonia, comunione umano-divina che affonda le sue radici nella vita della SS. Trinità e ne fa il modello e la fonte dei rapporti fra i singoli e le comunità.

E da qui, una nuova cultura di vita: la cultura del dare cui dedichiamo queste prossime pagine.

Attraverso il cosiddetto «Fondo s. Giuseppe» la corrente di comunione che ne deriva trova da anni una sua espressione anche economica fra seminaristi del mondo intero. Con questo fondo,
in questo periodo abbiamo potuto aiutare, ad esempio, i seminaristi nel sud delle Filippine che vivono l’ideale dell’unità, per rimanere in contatto fra loro nonostante le distanze e la molteplicità delle isole. E ancora: abbiamo potuto creare i presupposti perché un seminarista del Libano, che aveva lasciato il seminario per assistere la sua famiglia, possa riprendere gli studi.

 

 

«Non è male desiderare di vivere meglio, ma è sbagliato lo stile di vita che si presume essere migliore, quando è orientato all’avere e non all’essere e vuole avere di più non per essere di più, ma per consumare l’esistenza in un godimento fine a se stesso. È necessario, perciò, adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti».

Giovanni Paolo II (Centesimus Annus, 36)

 

 

All’insegna della

CULTURA

DEL DARE

 

«L’avete fatto a me»

Bosnia. «Durante quest’estate ho lavorato
in Germania, nella cucina di una casa di ricovero, per guadagnare quanto occorre per lo studio e non gravare sulla mia famiglia. Assieme ad altri, lavorava con me una ragazza che rimaneva piuttosto emarginata perché tutti la trovavano un po’ antipatica. Anche per me non era facile accettarla così com’era. Ma ricordandomi che in lei vive Gesù e che egli, anzi, è morto per lei, mi sono impegnato a costruire un rapporto nuovo con lei. Un giorno ha avuto un incidente e ha dovuto farsi curare in ospedale. Mi sono allora fermato anche per il turno del pomeriggio e ho lavorato al posto suo. Alla sera ero stancomorto, ma felice». (Z.B.)

«Date e vi sarà dato»

Spagna. «All’inizio dell’anno in seminario avevo bisogno di un breviario. Sarebbe stata una spesa notevole e io in quel momento non avevo il denaro sufficiente. Ma ecco che grazie ad un seminarista amico ho ricevuto un breviario completamente nuovo e ne ho gioito moltissimo. C’era però un mio compagno che aveva bisogno anch’egli di un breviario e mi sembrava che per lui fosse più urgente averlo. Assieme ai compagni con cui vivo la spiritualità dell’unità ho deciso di regalargli quello che mi era arrivato in dono. Alcuni giorni dopo, durante un colloquio, il padre spirituale mi ha chiesto se avevo un breviario e io gli ho risposto di no. E allora egli mi ha consegnato tutti e quattro i volumi della Liturgia delle ore praticamente nuovi che un suo amico sacerdote gli aveva lasciato prima di trasferirsi all’estero». (O.M.)

«Cercate innanzi tutto il regno di Dio...»

Messico. «Durante l’incontro dei seminaristi extraeuropei a Roma, che ha fatto seguito al nostro Congresso, avevo con me 100 dollari che pensavo di usare per i libri che avrei dovuto comprare per il nuovo semestre. Vedevo però le necessità di tanti miei fratelli di altri Paesi. Ho tentennato molto sul cosa fare, e confesso che mi è costato non poco mettere in comune questa somma. Quando l’ho fatto, ho sperimentato una grande gioia, anche perché pure gli altri hanno donato il loro superfluo. E mi sono reso conto che era molto più quello che ricevevo di quello che davo, perché da quel momento in poi mi era più facile avvertire la presenza di Gesù fra di noi. Con mia sorpresa, appena tornato in Messico, ho trovato a casa una lettera di un mio amico che vive a Chicago e al quale avevo spedito una cartolina da Roma. Dentro la busta c’erano 100 dollari che egli mi ha mandato per le spese del viaggio. Sono proprio vere le parole di Gesù: ‘Cercate innanzi tutto il regno di Dio... e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù’!». (F.L.)

Contro la corrente

della società dei consumi

Colombia. «Volevo comprarmi un paio di pantaloni, ma ho sentito la spinta di mettere in comune questa necessità con la mia famiglia, cosa che in passato non avevo mai fatto. All’inizio tutti sono rimasti sorpresi, ma pian piano ciascuno ha espresso il suo parere. Alla fine eravamo concordi di non comprarli. Vedendo ciò, mio fratello si è accorto che anche lui stava per fare una spesa superflua e altrettanto è successo a mia sorella. Eravamo contenti di essere riusciti a non lasciarci prendere dalla mentalità della società dei consumi e ci siamo sentiti più famiglia». (C.A.)

«Egli non aveva dove posare il capo»

Brasile. «Di ritorno dal Congresso di seminaristi a Roma ho saputo che mi sarei dovuto trasferire in un altro seminario. Recandomi in quella che sarebbe stata la mia stanza, mi sono accorto che non vi si trovava niente se non un letto. Fu uno choc per me che amavo sempre aver le mie cose ben ordinate. E il dolore fu ancora maggiore quando mi resi conto che gli altri compagni avevano tutto il necessario. In quel momento mi sono ricordato che avevo scelto Gesù in croce e che egli non aveva dove posare il capo. Dopo che per molti giorni ho abbracciato con amore questa situazione, ormai è arrivato tutto l’occorrente e per me è stato il centuplo promesso da Gesù a coloro che pospongono ogni cosa per lui». (P.A.)

«Reagire»

Italia. «Sono andato dal barbiere per tagliarmi i capelli. Mentre attendevo il mio turno sono entrati due bambini con la loro mamma. Ben presto, non sapendo cosa fare, hanno cominciato a sfogliare dei giornali ‘per adulti’. Ero convinto che la mamma o qualche altro sarebbe intervenuto ma, con mia sorpresa, tutti sono rimasti perfettamente tranquilli. Capivo che dovevo fare qualcosa ma non sapevo cosa. E poi cosa avrebbero pensato gli altri dato che per loro era tutto normale? Ma l’idea di reagire contro l’indifferenza per amore dell’altro mi ha fatto superare ogni paura: mi sono ricordato di un gioco e l’ho proposto ai due bambini. Dopo alcuni istanti di esitazione hanno risposto con entusiasmo e abbiamo iniziato a giocare insieme. Il clima freddo e silenzioso si è sciolto. La mamma, all’inizio un po’ sorpresa, ha lasciato che io continuassi, soddisfatta. Quando è venuto il mio turno il barbiere mi ha ringraziato ed abbiamo iniziato a parlare di varie cose. I bambini, scherzando e ridendo, hanno continuato a giocare tenendomi sempre aggiornato dei risultati». (P.S.)

 

 

Domande a Chiara Lubich

Si ha ciò che si dà

Siamo vissuti in Russia per 70 anni con l’idea del collettivismo, cercando di costruire una società comunista. Ora molti pensano che l’unità sia un appiattimento dell’individuo all’interno della collettività. Come posso io spiegare a loro che l’unità porta invece alla piena realizzazione della persona?

Porta a questo, perché la vera unità è quella che è fatta ad immagine della SS. Trinità. Noi abbiamo un Dio solo in Tre Persone distinte, diversissime l’una dall’altra: il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, il Padre e il Figlio non sono lo Spirito Santo.

Quindi l’unità, la vera unità, quella per cui Gesù ha pregato il Padre: «Che tutti siano uno come io e te», ti dà di realizzare te stesso. È il contrario di quello che si può pensare.

E come si realizza l’unità? Con l’amore. Più tu dai, più ti realizzi, più sei tu; perché si ha ciò che si dà; ciò che si dà ci fa essere. E noi saremo, se vivremo l’unità, l’uno diversissimo dall’altro, con personalità diversissime l’uno dall’altro eppure tutti uno in Cristo Gesù.

E così le nostre nazioni, quando saranno unite, quando veramente si amerà la patria altrui come la propria, avranno le loro caratteristiche meravigliose, potenziate dall’unità, e saranno tutte uno, la famiglia, la grande famiglia dei figli di Dio.

(Ai giovani del Genfest ’95, Roma, 20.5.95)

Come sacrificarci per gli altri senza perdere il senso di chi siamo noi stessi come persona? E come avere la necessaria cura di se stessi senza diventare egoisti?

Non occorre tanto pensare a se stessi. Gesù non ha mai detto: salva la tua personalità.

Guarda la Trinità e come si comportano quelle tre Persone: il Padre è proprio tale – e salva quindi la proprio personalità – perché è in relazione al Figlio; così il Figlio; così lo Spirito Santo.

Ama dunque te stesso come gli altri.

(Ai seminaristi, Castel Gandolfo, 29.12.94)