Identità e spiritualità del sacerdote

Un libro di Max Thurian

 

Tutte quelle caratteristiche che hanno costellato la vita di Max Thurian si riflettono in questo libro.

Prima di tutto la sua esperienza ecumenica. In una sua intervista a un giornale svizzero diceva che non bisogna sorprendersi se le chiese a livello ufficiale vadano più caute dei teologi che sono in prima linea nel dialogo ecumenico. Questi hanno in vista più specificamente i problemi che affrontano e l’esigenza di far crescere l’unità il più celermente possibile, mentre i responsabili delle chiese – concludeva Max Thurian – devono tener conto di molti altri elementi prima di assumere le novità come acquisizioni e di fare dei passi concreti. In quest’opera tuttavia potrebbe sembrare che sia lui a mettere in rilievo le difficoltà che rallentano: «Un ecumenismo della verità dovrà certamente mostrare le vere convergenze, ma senza trascurare o sottovalutare le reali divergenze che ancora sussistono» (p. 10). Eppure, questa esigenza di chiarezza dottrinale e onestà, oltre a mostrare la serietà dei valori che spesso sono in gioco, è un servizio all’ecumenismo nella misura in cui impedisce un’unione superficiale e fragile. Thurian è cosciente – come ha reiterato in tante occasioni, anche recentemente a motivo dell’enciclica di Giovanni Paolo II sull’ecumenismo – della necessità che carità e verità, apertura alle novità dello Spirito e ricerca di chiarezza e fondatezza dottrinali, camminino contemporaneamente e in scindibilmente assieme.

Un’altra caratteristica che viene in evidenza, in questo come in tutti i suoi scritti, è quel contatto immediato con la Parola di Dio tipico della tradizione protestante, unito alla ricerca della comprensione privilegiata della Parola che si riscontra nei primi quattro secoli del cristianesimo, «l’età d’oro dei Padri e dei Concili» (p. 13). Ciò fa provare un senso di freschezza e genuinità evangelica nel modo di portare avanti il discorso, al di là di obiezioni o punti di domanda che eventualmente si possono fare nei riguardi di singole affermazioni.

Un merito centrale dell’opera è costituito da un certo afflato contemplativo che la percorre, dove si avverte il «carisma di preghiera» tipico della comunità di Taizé, della quale Max Thurian è stato confondatore assieme a Roger Schutz. Si sente in queste pagine che le sue non sono disquisizioni teoriche. Difficilmente si possono leggere rimanendo indifferenti. Di fronte alla ricerca d’identità e di spiritualità dei sacerdoti, oggi, in un mondo che cambia e dove cresce la secolarizzazione, è un libro che fa crescere il desiderio di preghiera autentica, di donazione e servizio più radicati in Dio e in un amore profondo. Si sente nell’autore la certezza che una autentica vita di preghiera è decisiva «in un tempo in cui il sacerdozio ministeriale è chiamato ad un rinnovamento in quanto costituisce la sua specificità e ad un santo adattamento alle condizioni del mondo moderno» (p. 38).

Invano si attenderebbe da questo testo, nei riguardi del triplice ministero (vescovo-presbitero-diacono), un resoconto delle discussioni svolte in questi anni nelle e tra le chiese cristiane; chi voglia conoscere tali approfondimenti deve cercarli in buoni testi di esegesi biblica o di dialogo teologico in ambito ecumenico. Nemmeno si troverà quel tipo di riflessione sul ministero sacerdotale suscitata dalla tragica situazione sociale che si vive nel Terzo Mondo, e che è facile trovare ad esempio in certi teologi latinoamericani. Infatti, una regola elementare nell’approccio ad ogni testo, è quella di non pretendere ciò che l’autore non ha inteso o non poteva offrire.

Invece possono trovarsi nel suo testo ancora altri apporti. Ad esempio riguardo a due argomenti particolari:

1) Come affronta i tre ruoli che tradizionalmente vengono assegnati al ministero sacerdotale nella chiesa cattolica? Max Thurian, a questo riguardo, vuole rispondere a due grossi problemi che la tematica del ministero affronta oggi e che lui così descrive:

- da una parte il fatto che «la Riforma protestante ha conservato esclusivamente il munus profetico e la responsabilità pastorale, dimenticando del tutto il potere sacerdotale» (p. 9);

- dall’altra, da parte di tanti cattolici, «il risalto dato al ruolo profetico e alla funzione pastorale del ministero presbiterale rischia di sminuire il carattere sacerdotale... dove la celebrazione del Sacrificio eucaristico mantiene il suo posto fondamentale» (p. 12).

Per cui la sua preoccupazione in quest’opera è quella di affermare chiaramente il «potere» sacerdotale di celebrare i sacramenti e, in particolare, di consacrare e offrire il Sacrificio eucaristico.

Di fronte a tali chiare affermazioni qualcuno si domanderà senz’altro se la sua nuova appartenenza cattolica non stia portando Max Thurian a delle accentuazioni rigide e unilaterali. La lettura del testo può allontanare questo timore in due sensi. Primo per il modo sapiente con cui legge la Scrittura, i testi dei primi secoli e le radici ebraiche del culto cristiano. Secondo per il vigore e l’equilibrio con cui propone tutti e tre i ruoli del ministero: il sacerdote è chiamato a «una comunione e una configurazione a Cristo, Sacerdote, Profeta e Pastore... Non si può trascurare né privilegiare nessuno dei tre compiti del ministero» (pp. 8-9). «Il ministero cristiano non può essere vissuto nella sua piena verità che nell’equilibrio dei tre caratteri e servizi che lo costituiscono: profetico (proclamazione e insegnamento della Parola di Dio), sacerdotale (offerta della eucaristia, celebrazione liturgica e sacramentale, intercessione e contemplazione), pastorale (edificazione della chiesa e organizzazione dei suoi servizi)» (p. 12).

2) Molti sentiranno nel testo la mancanza di una trattazione più approfondita ed estesa dell’aspetto comunitario, essenziale teologicamente al ministero e così importante esistenzialmente per la fecondità e addirittura per la sopravvivenza dei sacerdoti e del loro ministero nel mondo attuale. Eppure, a ben vedere, anch’essa non manca nel testo. Si trovano infatti delle espressioni di questo tenore: il sacerdote «manifesta con la sua funzione l’autorità dello Spirito sui fedeli per farli crescere nella carità e per mantenere tra loro l’unità» (p. 19; sottolineatura mia).

L’aspetto comunitario non è preponderante, è vero, nella figura sacerdotale presentata da Max Thurian, ma non è del tutto assente. E non poteva essere diversamente, dal momento che l’autore è stato uno dei principali protagonisti di quell’avvenimento ecumenico costituito dal documento Battesimo, Eucaristia, Ministero, di Fede e Costituzione (organismo teologico del Consiglio Ecumenico delle Chiese), considerato il punto più alto di convergenza dottrinale finora raggiunto fra le chiese. Un aspetto centrale di tale documento è stato quello appunto di presentare il ministero come «centro focale dell’unità» (cf nn. 8, 13, 14, 20, 21, 23, 27, 29). Si tratta di una prospettiva che, rispettando la varietà dei carismi e ministeri nella chiesa, può aprirne di più feconde per il futuro.

E. C.

 

 

M. THURIAN, L’identità del sacerdote, Ed. Piemme, Casale Monferrato 1993, pp. 106, L. 15.000.