Nella fraternità si possono costruire ponti tra le chiese

 

Un segno di speranza

di József Pál

 

Un parroco di rito latino, cittadino romeno di etnia ungherese,  racconta come sacerdoti e pastori di diverse chiese vivono l’ecumenismo attraverso l’amore fraterno in un ambiente dove questo a volte potrebbe sembrare umanamente impossibile.

La situazione attuale

Da noi l’ecumenismo non è spontaneo. La situazione politica, dopo il cambio del 1989, non è ancora molto stabile. Ci sono tensioni tra le diverse etnie, per esempio, tra gli ungheresi, ai quali appartengo, e i romeni; inoltre siamo ancora condizionati dai fossati scavati lungo la nostra storia tra le confessioni religiose.

Soprattutto il rapporto tra la chiesa romena-ortodossa e quella greco-cattolica è abbastanza precario. Quest’ultima, alla fine della seconda guerra mondiale, fu dissolta per volere del regime comunista ed ora riemerge dalle catacombe e cerca di riordinare la vita delle sue comunità. La maggior parte delle messe sono celebrate fuori dei luoghi sacri, spesso all’aperto, perché molte delle loro chiese non sono state ancora restituite. Per questi ed altri motivi, tra il Patriarcato ortodosso di Bucarest e il Vaticano c’è una certa tensione, alimentata adesso anche dalla propaganda antiromana che si fa per la guerra in Bosnia, e infine, perché non si è ancora dimenticata l’onda di cattolicizzazione forzata che ci fu nel XVIII secolo.

Un fatto nuovo

Questo è l’ambiente in cui io vivo, ma mi è capitato un fatto nuovo  nel 1991, quando tre sacerdoti cattolici dal Centro Ecumenico di Ottmaring in Germania1 sono venuti a trovarmi nella mia parrocchia nella città di Resita. Durante la loro permanenza abbiamo visitato insieme una parte del mio Paese, soprattutto il Banat e la Transilvania, e abbiamo cercato anche di avere dei contatti ecumenici.

Una domenica abbiamo visitato il sacerdote ortodosso di Resita, col quale avevo già un rapporto amichevole. Dopo la messa egli ci ha invitati nella sua casa e, in un’atmosfera calorosa, abbiamo avuto occasione di conoscerci meglio. Nel pomeriggio, quando siamo andati per i vespri nella sua chiesa, ci ha portati nel santuario, dietro l’altare. Poi ha dato la possibilità di parlare davanti alla sua comunità ai tre preti dalla Germania sull’ecumenismo nel loro Paese e sul Centro Ecumenico. È nato così un dialogo aperto e amichevole. Si notava che il terreno era già preparato per una collaborazione ecumenica.

Pochi giorni dopo abbiamo visitato un convento femminile ortodosso. C’era lì una profonda avversione verso la chiesa cattolica, specialmente verso il papa, da parte di alcune religiose. Però il religioso che ci guidava, molto buono e aperto, aveva capito che l’ecumenismo deve essere preparato dalla via dell’amore. Solo se siamo pronti a «lavare i piedi» gli uni agli altri, troviamo la strada che ci porterà all’unità.

In un altro convento, ad Agapia nella Moldavia, una religiosa è stata molto felice quando ha sentito il nome del Centro Ecumenico di Ottmaring ed ha raccontato con entusiasmo alle altre religiose la sua visita in Germania.

L’esperienza continua

I miei contatti col sacerdote ortodosso sono continuati anche dopo che gli amici tedeschi sono partiti. Egli mi ha invitato ad un incontro con i giovani della sua parrocchia ed io ad uno con i miei giovani. Abbiamo approfittato di ogni festa delle nostre chiese per scambiarci le visite.

Nel marzo del 1992 è sorta una piccola iniziativa che si è rivelata piena di speranze. In occasione del mio onomastico ho invitato a cena il sacerdote ortodosso, il sacerdote greco-cattolico e quello riformato con le loro mogli. Erano presenti anche i miei cappellani. C’era in città una situazione un po’ delicata, perché il sacerdote greco-cattolico prima apparteneva alla chiesa ortodossa. Eppure il clima quella sera era così bello che tra lui e il parroco ortodosso non c’è stato alcun risentimento. E pensare che anche per la lingua siamo molto diversi, perché siamo romeni, ungheresi, un croato e un tedesco.

Durante quella cena è stato manifestato dai presenti il desiderio di incontrarci regolarmente ogni martedì in ciascuna delle nostre chiese e da allora ci siamo sempre riuniti prima in chiesa per una preghiera di mezz’ora e poi in casa per uno scambio vivo di esperienze, sempre in un’atmosfera fraterna.

Una vera fraternità

Quando uno di noi è stato trasferito a Timisoara, a 110 km, abbiamo notato che i nostri legami erano molto forti. Una volta al mese andiamo a Timisoara per mantenere il contatto con lui. Uno dei sacerdoti mi diceva che i nostri incontri regolari si svolgono proprio in una fase critica della sua vita perché, sentendosi solo, sperimenta il grande valore di questa convivenza fraterna.

Adesso altri sacerdoti vengono al nostro incontro tutti i martedì: un sacerdote greco-cattolico che lavora in un’altra città, il mio nuovo cappellano e un sacerdote anziano in pensione, che si sente molto bene fra noi. Qualche volta vengono anche altri sacerdoti romano-cattolici vicini e anche un sacerdote ortodosso.

La nostra piccola esperienza è per noi un segno di speranza, perché sperimentiamo come nell’amore reciproco si costruiscono ponti che fanno superare nuovi e vecchi fossati.

József Pál

 

1)   Cittadella ecumenica del Movimento dei focolari, dove da decenni convivono fraternamente cattolici ed evangelici luterani.