Un carisma ecumenico

Come si pone il Movimento dei focolari di fronte all’ecumenismo? Ultimamente Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, ha parlato ai membri del Movimento sul contributo vitale che essi possono dare, lasciandosi guidare dai disegni di Dio.

Una volta, trovandomi dal Santo Padre gli rivolsi questa domanda: «Come vede lei il nostro Movimento?». Lui mi rispose: «Come un Movimento ecumenico».

Penso abbia detto questo col significato più ampio della parola comprendente cioè, non solo l’unità dei cristiani, ma anche l’unità possibile con i fedeli di altre Religioni e pure, almeno sul piano umano, con chiunque sia di buona volontà.

È così: il nostro è un Movimento ecumenico. Il suo scopo, infatti, è l’attuazione del Testamento di Gesù: «Che tutti siano uno» (Gv 17, 21). Il carisma che l’ha fatto sorgere e lo anima è quello dell’unità. Un Movimento, dunque, nato non per volontà di uomo o di donna, ma per volere dello Spirito Santo, dispensatore di carismi.

In questi ultimi tempi mi viene da pensare ad un fatto. Dio ha mandato sulla terra un suo dono. Perché? Per un’Opera che egli ha escogitato e che noi – a cinquant’anni dalla sua nascita – possiamo dire di non conoscere ancora del tutto.

Nel grande fenomeno dell’ecumenismo, sviluppatosi in questi ultimi tempi nella Cristianità, ci siamo certamente anche noi. Ma per far che cosa? Per darvi un contributo. Quale? Grande, piccolo, determinante, basilare, di contorno...?  Non lo sappiamo. Però una cosa è certa: Dio lo sa.

Quand’egli ha suscitato quest’Opera sulla terra, conosceva molto bene a che cosa serviva e quale doveva essere il suo compito. A noi è stato manifestato finora, via via col tempo, solo un parziale disegno su di essa. E ringraziamo Dio che ci ha sempre suggerito di non fare noi programmi, ma di seguire solamente i suoi.

È noto un fatto.  Nel ‘50 un padre gesuita, conosciuta l’idea fondamentale del Movimento: l’unità, mi chiese: «Ma il vostro allora è un Movimento ecumenico?».  Al che, sapendo come esso avesse operato, fino allora, soltanto nel mondo cattolico, risposi: «No». Non immaginavo certo che poi avremmo conosciuto i primi pastori evangelici... Prova, questa mia ignoranza, che il disegno sull’Opera era solo in Cielo.

Spesse volte fra le domande, che mi rivolgono, ci sono quelle sull’ecumenismo.  Mi si chiede come stanno le cose in questo campo nel mondo, come stanno fra noi; cosa si prevede; quanto si dovrà attendere; cosa si deve fare per accelerare l’ora...

Che cosa si deve fare – questo vogliono sapere.

Dio ci ha posti in quest’Opera come su una navicella, che naviga sulle acque del tempo verso un porto a noi sconosciuto. Chi la sospinge non siamo noi. È lo Spirito Santo che col suo soffio divino ci indica le diverse tappe del viaggio da raggiungere.

Dapprima ci ha manifestato lo spirito che dobbiamo avere (la nostra spiritualità collettiva); poi i vari aspetti della nostra vita, fino all’economia di comunione, fino alla dottrina nostra...; poi l’ordinamento che necessitava a questa sua e nostra Opera (il Centro, le branche, ecc.) e gli orizzonti cui dovevamo guardare, per i quali lavorare: l’unità più serrata nella Chiesa cattolica, quella con gli altri cristiani, e così via.

Per ora conoscenze più in là non le abbiamo. Il Signore non ci ha dato nuove indicazioni. Che fare? Pensare noi – dopo tante lezioni che lui ci ha impartito – di aggiungere qualcosa al suo pensiero, alla sua volontà? No, di certo.

Il nostro dovere è star lì sulla navicella, nel luogo designatoci dalla Provvidenza, ben assicurati ai nostri posti, perché i flutti del mare del mondo non abbiano a risucchiarci. Star lì fermi e totalmente attivi alla volontà che Dio ha pensato da sempre per noi, perché la navicella non abbia scosse, ma cammini sicura verso quello che noi non conosciamo ma a cui crediamo, infinitamente bello, enormemente utile alla diffusione del Regno dell’unità sulla terra.

Star lì anche se noi non dovessimo vedere quell’ora (come i nostri Mariapoliti celesti1 non l’hanno vista con gli occhi del corpo), perché – dopo di noi – altri prenderanno il nostro posto e noi con loro possiamo ringraziare un giorno Dio d’averci fatti partecipi della costruzione di un’Opera sua sulla terra, estremamente vantaggiosa (perché sua) all’ecumenismo universale.

E allora? Non voler precedere Dio, non permettersi di suggerirgli qualcosa, non voler – presuntuosamente – accelerare le sue ore e i suoi tempi. Ma seguire Dio: in fretta: la navicella va.  E ben fermi e aggrappati all’attimo presente.

Riapprezzare quindi maggiormente, con grande amore, il posto che Dio ci ha assegnato e corrispondervi in pieno. Ché se non vedremo la meta di qua, la vedremo di Là. Di essa intanto ci consoli il suo nome: «Tutti uno».

Per esser certi di navigare bene, intanto, lasciamoci illuminare dalla Parola.

 

Chiara Lubich

 

(Da: «Mariapoli» 9/1995, pp. 2-4)

1) Sono chiamati così i membri del Movimento che sono partiti per l’altra vita.