editoriale

 

Evangelium vitae:
un inno all’uomo

 

L’ultima enciclica di Giovanni Paolo II non mi è sembrata, prima di tutto, una presa di posizione contro gli odierni cultori della morte, quanto una meditazione teologica così semplice, luminosa e avvincente che mi veniva da considerarla, mentre la leggevo, un vademecum che ogni uomo dovrebbe tenere in tasca come guida pratica per sapersi regolare in ogni rapporto sociale.

La stessa introduzione, del resto, mette in evidenza che si tratta del vangelo dell’amore di Dio per l’uomo, del vangelo della dignità della persona e, infine, del vangelo della vita come un unico e indivisibile vangelo. Ed è effettivamente una summa di testi scritturistici che, messi così assieme, risultano un moderno Cantico dei Cantici, appassionante: l’amore di Dio per questa creatura fatta a propria immagine e somiglianza e per la quale si è sbilanciato per primo, in Gesù, a dare la sua vita.

Quando penso, come dice san Paolo, che Dio fa tendere ogni cosa al bene di quelli che lo amano, perché mi ha chiamato in base al suo progetto di salvezza, e che da sempre mi ha conosciuto e amato, e da sempre mi ha destinato a essere simile al Figlio suo, non posso non commuovermi e nello stesso tempo sentire che io non mi appartengo perché tutto ho ricevuto come dono d’amore personale e che sarebbe offendere l’amore buttare il dono. E quando sento che Dio da sempre aveva preso per me questa decisione: mi ha chiamato, mi ha accolto come suo, e mi fa partecipare alla sua gloria (Rm 8, 28-30), o ancora che prima della creazione del mondo Dio mi ha scelto... (Ef 1, 4), mi è impossibile non sentirmi come partner suo.

E quando sento, inoltre, che nel suo disegno d’amore sono coinvolti tutti gli uomini perché Gesù sia il primogenito tra molti fratelli, allora non posso più parlare al singolare, ma al plurale; e comincio a vedere nei prossimi altrettanti doni d’amore, assimilati, per questo, nella grazia, a quello che Dio è per me; per cui sarebbe far torto al Padre anche solo trattarli da strumenti, da inferiori, da ostacolo ai miei interessi e alle mie comodità, non dico poi spegnere in essi il soffio vitale, quel soffio che è lo Spirito del Padre. Soffio di vita che indubbiamente è presente sia dal momento del concepimento, sia nell’ultima espirazione dell’uomo che passa all’altra vita.

Parafrasando l’inizio del vangelo di Giovanni uno psicologo ha azzardato a scrivere: «in principio era la Vita, e la Vita era in Dio, e Dio era la Vita...». E la vita è relazione. La vita è comunione. Interrompere la comunione, ossia la vita, non può essere che suicidio e omicidio. O meglio: chi attenta alla vita dell’uomo, in qualche modo attenta a Dio stesso. La solidarietà tra gli uomini è anzitutto solidarietà per la vita di ognuno. Occorre dunque passare da una mentalità individualistica a una mentalità comunitaria, e sviluppare quella «robusta spiritualità di comunione» di cui ha parlato il papa nel discorso rivolto a un gruppo di vescovi amici del Movimento dei focolari.

L’amore per l’uomo, la comunione tra gli uomini, è il vangelo della Vita.

S. C.