a cura della segreteria internazionale del movimento gens

 

Una nuova rubrica su Gen’s. È frutto del congresso internazionale che ha riunito dal 29 dicembre ’94 al 1 gennaio ’95 al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Roma) 914 partecipanti: formatori, seminaristi e futuri ministri di altre chiese, provenienti da 71 nazioni.

UNO perché tutti siano UNO è stato il tema di quell’incontro. E non solo il tema, ma la straordinaria realtà che ha sperimentato chi vi ha partecipato.

«Questo Congresso – ha scritto un gruppo di 40 seminaristi del Sud Italia – ha permesso di realizzare un evento dello Spirito: l’unità fra le lingue, le razze, le culture. Abbiamo sentito la profonda verità della famiglia soprannaturale». E un altro gruppo del nord Italia: «Più che i singoli interventi, ha parlato il clima di unità, l’incredibile stile di famiglia tra i 900 partecipanti».

Il 30 dicembre sera – festa della S. Famiglia – il Papa ha voluto incontrare i congressisti nel cortile della sua casa a Castel Gandolfo. «La vocazione seminaristica – ha detto loro – non è vocazione solitaria, eremitica, è vocazione per vivere insieme».

Vivere insieme con un’anima spalancata sul mondo intero: questa è stata la realtà dei giorni a Castel Gandolfo. Un’esperienza di grande luce e di profonda felicità, frutto dell’incontro con un carisma dei nostri giorni: quello dell’unità.

«Un vuoto nel mio cuore si è riempito», ha detto più di qualcuno. E, con non meno sincerità, qualcun altro: «Mi sono reso conto di essere stato tanto individualista. Bisognava fare 800 km di andata e altrettanti di ritorno per ‘incontrare’ i seminaristi del mio seminario».

Per chi ha vissuto quest’avvenimento non c’era dubbio: giorni così devono farsi vita nel quotidiano. Da qui il proposito di impegnarsi perché il proprio seminario sia sempre più – come dice il Concilio – «una famiglia tale da tradurre in pratica la preghiera del Signore ‘Che siano uno’» (OT 5). E il desiderio di aiutarsi a vicenda in quest’impresa, continuando a mettere in comune – come a Castel Gandolfo – idealità ed esperienze.

Queste pagine, che saranno tradotte nelle principali lingue, vogliono porsi al servizio di tale prospettiva di comunione.

 

 

Obiettivo:
UNITA’

Come continuare a vivere quello che insieme abbiamo sperimentato? Così ci siamo chiesti verso la fine dell’incontro a Castel Gandolfo. E ci siamo proposti di diffondere nei seminari e attorno, in mille maniere, l’amore scambievole.

–  ritrovandoci fra di noi per rinnovare l’unità e per scambiarci le esperienze del vangelo vissuto;

–  mettendo i nostri formatori al corrente di quanto stiamo vivendo e muovendoci sempre in profondo accordo con loro;

–  ponendoci al servizio di tutti nei modi più vari.

Nel frattempo in molti posti ci si è rivisti, spesso anche con altri che non hanno potuto venire a Roma, e soprattutto ci si è buttati ad essere in maniera concreta costruttori d’unità nel proprio ambiente.

La sfida del primo passo

Italia. «Un giorno chiedo ed ottengo la disponibilità dell’auto del seminario per un impegno in parrocchia. Poco prima di partire vengo a sapere che un altro seminarista vorrebbe usarla. Gli spiego che già dal mattino l’avevo chiesta, ma lui ci rimane male. Avverto che il rapporto si è incrinato e mi rendo conto che devo fare di tutto per ristabilire l’unità. Torno da lui e gli dico che sento il suo problema come mio e che sono felice di prendere il treno per dargli l’auto. Lui resta colpito e il rapporto torna sereno. Con mia sorpresa decide di prendere la vespa e mi ‘costringe’ ad utilizzare l’auto» (P.S.).

Un esempio che trascina

Cameroun. «In un incontro all’inizio dell’anno, ci siamo proposti di amare più concretamente i nostri compagni. Così ho deciso di saltare alle volte la colazione
per aiutare durante quel tempo l’incaricato per le pulizie della casa. Ad un certo punto mi sono reso conto che potevo andare ancora oltre. L’occasione si è presentata durante alcuni giorni più liberi. Cogliendo il momento opportuno, ho pulito le camere di una ventina di miei compagni. Molti
sono rimasti toccati e vari hanno cominciato ad imitare questo spirito di aiuto reciproco» (A.S.).

«Lei è il primo seminarista a farmi visita»

Francia. Nel seminario di Metz in alcuni hanno iniziato a visitare sacerdoti che sono soli. Un giorno Pierre è andato a trovare un prete anziano che vive in seminario. Dopo essersi interessato della sua salute, si è fermato con lui a vedere un documentario tedesco. Benché, a causa della lingua, non ha potuto capire gran che, è stata una bella occasione per costruire un rapporto con quel sacerdote. Quando il film era finito, Pierre pensava di congedarsi. Ma ecco che il sacerdote ha cominciato a raccontare di sé. Ed alla fine gli ha detto: «Grazie di essere venuto. Lei è il primo seminarista a farmi visita».

«Comunione di beni»

Repubblica Ceca. Ispirandosi alla comunione di beni vissuta a Castel Gandolfo, alcuni studenti del seminario di Praga hanno messo in comune tra loro cose superflue. Diversi oggetti di valore sono stati destinati così a chi veramente ne aveva necessità. Quanto è avanzato lo hanno offerto a altri seminaristi che vivevano nel bisogno i quali, sorpresi, hanno cominciato a porre domande sull’origine di questo nuovo modo di fare.

Talenti da valorizzare

Germania. Nel seminario a Münster è consuetudine fare una festa di carnevale. Ma non sempre è un momento partecipato. Tanto è vero che l’anno scorso molti si erano ritirati subito dopo la cena e la festa era stata piuttosto un fallimento. É stata un’occasione per Rainer di darsi da fare. Già settimane prima ha preso contatto con l’uno o l’altro seminarista. Ed in effetti molti hanno messo a frutto i loro talenti. Alla fine si erano preparati 13 contributi: un programma di tre ore che ha trovato un’ottima eco.

Nuova intesa tra rettore e seminaristi

Filippine. «A causa di una situazione di tensione fra i seminaristi e il
rettore – racconta Bot – c’era in seminario un’atmosfera diffusa di sospetto e di malcontento. E nessuno era disposto a fare qualcosa. Volendo essere fermento d’unità, sono andato dai miei compagni ed ho chiesto loro se erano disposti a riprendere il dialogo col rettore. Alla loro risposta affermativa, mi sono fatto coraggio ed ho proposto al rettore di fare un incontro con la comunità. Ristabilita la comunicazione, è tornata la pace e ci rendevamo conto di quanto avevamo bisogno l’uno dell’altro».

L’incontro con un soldato

Colombia. «Sull’ ultimo tratto del viaggio di ritorno dal Congresso, l’esercito ci ha fermati per perquisirci, una cosa che avviene di frequente nella nostra terra. Quando toccava a me, mi sono detto: ‘In quel soldato vive Gesù e posso amarlo’ e quindi gli ho sorriso. Stupito e contento il soldato mi ha detto: ‘grazie’ e mi ha fatto passare avanti senza alcuna perquisizione» (H.F.).

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“É buona cosa che voi siete qui in Castel Gandolfo, che siete venuti in questo cortile, perché ‘focolare’ dice una cosa molto semplice e molto profonda. Dice che c’è un insieme. Allora la vocazione seminaristica non è vocazione solitaria, eremitica, è vocazione per vivere insieme. Vivere fuori famiglia, senza famiglia a causa del celibato, ma vivere per gli altri, nella famiglia più larga. E io penso che la spiritualità focolarina vi prepara molto bene a questa vocazione, che è vostra.”

 

Giovanni Paolo II  30.12.94

 

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Domande a Chiara Lubich

Che cos’è l’unità?

In vista del Congresso «UNO perché tutti siano UNO», seminaristi di tutto il mondo hanno inviato domande a Chiara Lubich. Iniziamo qui la pubblicazione delle risposte.

Tu sei la fondatrice di un movimento per l’unità. Cos’è per te l’unità? E come possiamo contribuire, noi che siamo in seminario, alla realizzazione di questa causa nel mondo?

L’unità è l’oggetto della preghiera sacerdotale di Gesù: quindi il supremo desiderio di lui; è – come affermò Paolo VI – il riassunto, la sintesi, il vertice del vangelo; è la vita trinitaria in terra; è la più forte testimonianza al mondo: lo dice Gesù stesso: «Che siano uno, affinché il mondo creda»; è un segno dei tempi perché, nonostante le divisioni, gli scontri, le guerre, il mondo tende all’unità.

Lo dice, nel mondo cristiano, lo Spirito Santo, che spinge le varie chiese e comunità ecclesiali all’unificazione dopo secoli di indifferentismo e di lotta. Lo dicono i papi, come Paolo VI, la cui dottrina è intrisa di quest’idea dell’unità. E Giovanni Paolo II, con i suoi viaggi in tutto il mondo, il Concilio Vaticano II, i cui documenti tornano ripetutamente su quest’idea. Lo ha detto conseguentemente l’istituzione di Consigli pontifici per l’unità fra i cristiani, per il dialogo con le altre religioni e con tutti gli uomini di buona volontà.

Lo dice il Consiglio ecumenico delle chiese. Dicono questa tensione persino ideologie che noi non possiamo condividere. Lo dicono enti e organizzazioni internazionali; così come favoriscono l’unità i moderni mezzi di comunicazione.

Cos’è l’unità per me? L’ho scoperto un giorno quando ho scritto nel ’47: «Oh! L’unità, l’unità! Che divina bellezza! Non abbiamo parole umane per dire che cosa sia! É Gesù». In una lettera del ’48 si legge ancora: «L’unità! Ma chi potrà azzardarsi a parlare di essa? É ineffabile come Dio! Si sente, si vede, si gode ma... è ineffabile! Tutti godono della sua presenza, tutti soffrono della sua assenza. É pace, gaudio, amore, ardore, clima di eroismo, di somma generosità. É Gesù fra noi!».

L’unità è effetto dell’amore e dell’amore reciproco: uno scatto di qualità; è l’attuazione della Parola: «Dove due o tre sono uniti nel mio nome, ivi sono io in mezzo a loro». É dunque una presenza di Cristo nel mondo: quella della comunità. Voi potete contribuire ad essa vivendola, cominciando da voi come abbiamo cominciato noi: amando i poveri, tutti, attuandola fra noi, nella comunità.

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Congresso in Asia

Solo ad una settimana dal Congresso internazionale a Castel Gandolfo si è ripetuto a Tagaytay nei pressi di Manila (Filippine) il congresso «Uno perchè tutti siano Uno», con la partecipazione di 116 seminaristi e 5 formatori di 12 nazioni diverse. L’incontro è servito anche come preparazione alla Giornata mondiale dei giovani con il Papa.

«Tutti siamo stati profondamente commossi», ha scritto al ritorno il gruppo numeroso di formatori e seminaristi di Taiwan. «Abbiamo sentito il vostro amore grande e generoso che viene unicamente dal cuore di Gesù Cristo. Perciò vogliamo dare un segno di riconoscenza e non venire meno a quelle sante speranze che voi riponete in noi: cominciare concretamente ad amarci gli uni gli altri».

Sono intervenuti con auguri e parole incoraggianti diversi vescovi fra cui Mons. Anthony Lobo della Comissione per l’Educazione cattolica della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia e l’arcivescovo Ti-Kang di Taipei che ha detto ai seminaristi: «Se aprite i vostri occhi, i vostri cuori e vivete con impegno l’amore reciproco, scoprirete una spiritualità meravigliosa, non solo per questi giorni ma per tutta la vostra vita». Ed ha aggiunto: «Siete la nostra gioia e la nostra speranza».