Notizie in breve

 

 

Monachesimo in Oriente e in Occidente – L’archimandrita Joseph Poustooutov del Patriarcato ortodosso di Mosca, delegato fraterno nell’ultimo sinodo dei vescovi a Roma ed esperto della vita consacrata, ha rilasciato questa intervista alla Radio vaticana: «Le radici del nostro monachesimo sono comuni, come le radici della nostra fede. Per tanti anni, per mille anni, siamo stati una sola chiesa, indivisa. Poi, con lo sviluppo di una diversa corrente di cristianesimo – occidentale e orientale – l’accento principale del monachesimo orientale, di tradizione bizantina e anche russa, è stato posto sulla vita spirituale. I monasteri della Russia sono diventati grandi centri di vita spirituale, con monaci illustri. Tutto il monachesimo orientale segue praticamente le Regole di San Basilio il Grande; ma noi monaci ortodossi – se così posso dire – abbiamo una predilezione per i monaci benedettini, perché con loro abbiamo radici comuni. Infatti San Benedetto ha ripreso molto dalle Regole di San Basilio. Il modo di condurre la vita nei monasteri russi e nei monasteri benedettini è molto simile: preghiera, lavoro intellettuale e lavori manuali. I nostri monasteri eseguono anche lavori manuali: vi sono grandi centri di arte per la pittura delle icone, per la copiatura di libri... In conclusione, posso dire che, a mio parere, la differenza principale consiste nel fatto che in Occidente è molto presente e molto forte la componente dell’attività sociale dei religiosi, mentre i nostri monaci si dedicano piuttosto alla vita spirituale e hanno quindi un maggiore influsso spirituale sui fedeli che si recano ai monasteri per la purificazione delle loro anime».

I 700 anni dei cattolici in Cina – Il 25 settembre scorso è stato celebrato a Taipei, Taiwan, il settecentesimo anniversario dell’arrivo in Cina del primo missionario cattolico, il francescano italiano Giovanni da Monte Corvino. A differenza di altri legati pontifici, egli giunse nel 1294 a Pechino in seguito ad un esplicito invito del Kublai Khan, figlio di quel Genghis Khan che fondò l’impero mongolo. Fu lui a portare il vangelo in quelle terre remote, ad erigere la prima chiesa, a creare il primo orfanotrofio, a tradurre in mongolo il Nuovo Testamento. Ordinato arcivescovo di Khanbaliq (Pechino) nel 1308, padre Giovanni morì vent’anni dopo, lasciando una comunità di 30 mila fedeli. Essa tuttavia fu dispersa quando, dopo appena qualche decennio, la dinastia Ming cacciò i mongoli e ne cancellò ogni traccia. Si dovette aspettare tre secoli perché, col gesuita Matteo Ricci, il cattolicesimo ritornasse in Cina. (Asia News, Ucan)

Ecumenismo – L’11 novembre 1994 il papa Giovanni Paolo II ed il patriarca della chiesa assira dell’Oriente, Mar Dinkha IV, hanno firmato in Vaticano una dichiarazione cristologica comune. La chiesa assira si distaccò dalle altre Chiese nel Concilio di Nicea, che proclamò Maria Theotokos, Madre di Dio. Nel Concilio di Nicea infatti la chiesa assira non accolse il titolo di Theotokos perchè non era in uso nella loro tradizione. Essi infatti preferivano la formula: «Maria, la madre di Cristo nostro Dio e salvatore». Oggi, dopo circa 1500 anni, si riconosce che non si trattava di una differenza nella fede ma di linguaggio; ecco cosa dice la Dichiarazione comune: «La chiesa assira dell’Oriente eleva le sue preghiere alla Vergine Maria quale Madre di Cristo nostro Dio e Salvatore. Alla luce di questa stessa fede, la tradizione cattolica si rivolge alla Vergine Maria quale Madre di Dio e anche quale Madre di Cristo. Noi riconosciamo la legittimità e l’esattezza di queste espressioni della stessa fede e rispettiamo la preferenza che ciascuna chiesa dà ad esse nella sua vita liturgica e nella sua pietà».

Le due Chiese oggi si riconoscono sorelle e desiderano camminare verso la piena unione. Per questo hanno stabilito di costituire un comitato misto per il dialogo teologico e di dare inizio ad una collaborazione pastorale nel campo della catechesi e della formazione dei futuri sacerdoti.

La chiesa cattolica in India – Gli ultimi dati statistici confermano la crescita della chiesa cattolica in India, anche se in misura inferiore ad altre religioni. È soprattutto aumentato il numero delle suore, che sono oggi 66.645, rispetto alle 62.283 della precedente rilevazione. In aumento anche i preti diocesani (8.812 invece di 8.621), mentre in lieve flessione sono i preti religiosi (oggi 6.403). Le diocesi sono 126, con un aumento di 4. Di esse 102 sono di rito latino, 21 di rito siromalabarico e 3 di rito siro-malankarico. Permangono le incertezze sul numero totale dei cattolici, che ufficialmente sono meno di 15 milioni, mentre in realtà sarebbero circa il doppio: ciò è dovuto al fatto che molti convertiti appartenenti alle caste più basse non denunciano la loro religione, per non perdere i privilegi concessi a hindù e buddisti. (Asia News, Apic).

Primo convegno asiatico di laici cattolici – 60 delegati di 14 paesi si sono incontrati dal 4 al 9 settembre a Suwon (Corea del sud) per il primo convegno dei laici dell’Asia. Nell’incontro i partecipanti hanno focalizzato la loro attenzione soprattutto sui temi della famiglia, dell’ambiente di lavoro e del dialogo con le altre fedi.

Nel messaggio a chiusura dei lavori, si invitano i laici ad «ascoltare la voce dei giovani» e ad «ascoltare la voce dei poveri, soprattutto quelli sottoposti a sfruttamento, delle donne e dei bambini lavoratori».

I testi delle diverse delegazioni delle chiese locali hanno mostrato la grande varietà di sfide che queste incontrano nel continente: la grande povertà ma anche l’eccessiva ricchezza, le minacce per la vita rurale e le incognite dell’urbanizzazione sfrenata, i rischi del passaggio di diverse società da una fase pre-industriale ad un’industrializzazione forzata. In questa situazione i laici identificano alcuni fattori (ingiustizia sociale, razzismo, analfabetismo, conflitti armati, lavoro minorile e sfruttamento delle donne) che richiedono una pronta risposta e testimonianza cristiana. Durante il convegno è stata pure sottolineata l’importanza di conoscere ed apprezzare la ricchezza delle altre fedi presenti in Asia. Nelle discussioni si sono cercate vie per superare la diffidenza reciproca e sviluppare costruttivi rapporti di collaborazione sui temi sociali. (Asia News, Ucan).

«Tertio Millennio adveniente» e i protestantiLa lettera di Giovanni Paolo II per il «Giubileo» del 2000 ha suscitato dei commenti positivi anche in ambito protestante. Sintomatiche le dichiarazioni del teologo Paolo Ricca (decano della facoltà valdese di teologia e membro del Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia), pubblicate nel bollettino dell’agenzia stampa evangelica italiana. «Questa lettera – dice – contiene alcune piacevoli sorprese, in particolare quattro. 1) La volontà di voltar pagina, di rinnovarsi in profondità... 2) Il cambiamento comincia dalla ammissione e confessione dei propri peccati... 3) La visione di una chiesa che “al termine del II millennio” è diventata nuovamente (come nei primi secoli) “chiesa dei martiri”, la cui testimonianza “è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti”, aggiungendo che questo ecumenismo “è forse il più convincente”. 4) La volontà di dare alla celebrazione del Giubileo un carattere il più possibile ecumenico, raggiungendo “intese ecumeniche nella (sua) preparazione e realizzazione”. Il pontefice preannuncia un “significativo incontro pancristiano” che dovrà essere “proposto correttamente e preparato con cura, in atteggiamento di fraterna collaborazione con i cristiani di altre Confessioni”». Dopo aver espresso che ci sono pure diverse cose che non possono essere accolte da un’ottica evangelica, il prof. Ricca ha tuttavia concluso: «questa è per molti aspetti una lettera invitante, che merita non solo attenzione, ma anche una risposta cordiale». (NEV)