Attualità ecclesiale

 

 

Sinodo africano

Breve sintesi

 

Si è conclusa la fase romana del Sinodo africano, definito dal Papa un dono di Dio non solo per le Chiese africane e del Madagascar, ma anche per la Chiesa universale e per tutti i popoli. Il cardinal Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, tenta una breve sintesi di questo avvenimento ecclesiale.

 

L'Africa a Roma

Il primo punto essenziale che vorrei sottolineare è la grande gioia di aver avuto l'Africa qui a Roma, nel cuore della Chiesa universale. Abbiamo sperimentato insieme, nell'ascolto e nel dialogo, l'azione della grazia e la preghiera, la condivisione delle gioie e delle sofferenze, ma soprattutto la fede e il fervore, la speranza e l'amore condiviso. Posso dire che il nostro cuore ha veramente battuto al ritmo della Chiesa d'Africa.

Poi mi piace rilevare la presa di coscienza unanime e una vera concertazione, tra tante diversità, sull'inculturazione. Questo incontro africano — e questo mi ha dato tanta gioia — ha sottolineato ripetutamente che il vangelo deve divenire il cuore delle culture, affinché gli africani divengano profondamente cristiani. Il vangelo inculturato corrisponde ad una cultura evangelizzata, trasformata dall'accoglienza di questo dono meraviglioso che è la fede. Ad immagine della vergine Maria, il Verbo diventa carne in tutte le culture africane, cioè la sostanza delle culture africane: mistero di Natale e di Pasqua, miracolo della Pentecoste.

Grande importanza poi è stata data a tutti i problemi della giustizia e della pace. Direi che, essenzialmente, si tratta della proclamazione del fatto che Dio è il nostro Padre e che quindi siamo tutti fratelli, al di là di ogni differenza etnica.

 

Dialogo, famiglia, evangelizzazione

Quanto al dialogo si è molto battuto sulla reciprocità, fortemente sottolineata — è ovvio — nei confronti dell'Islam. Il fatto che ciascuno in Africa, come ovunque nel mondo, possa vivere liberamente la propria fede, professarla pubblicamente nel rispetto del prossimo, è la grande sfida dell'Africa.

Quanto alla famiglia i vescovi africani hanno fortemente insistito sul concetto — che mi sembra molto importante per tutte le comunità cristiane nel mondo — che la Chiesa è una famiglia, la famiglia dei figli di Dio. La Chiesa deve divenire una famiglia affinché le famiglie diventino Chiesa: luogo d'amore, dono della vita, partecipazione, dono di sé fino al sacrificio, intesa, gioia e pace.

Poi è risuonato l'appello all'evangelizzazione: una prima evangelizzazione ove non sia ancora avvenuta e una nuova evangelizzazione dove sia già stata portata la Parola di Dio. Il centro di questa evangelizzazione è il Cristo crocifisso, morto e risorto. Abbiamo riscoperto come questo annuncio del Cristo crocifisso, morto e risorto, risponda veramente all'anima africana e vada incontro alle sue aspirazioni più profonde, e sia fondamentale oggi per la donna e l'uomo africani, così spesso umiliati, oppressi e vittime di guerre e calamità.

Ovviamente tutto ciò richiede dei messaggeri. Grande importanza è stata dunque attribuita alla formazione dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, la necessaria presenza dei contemplativi. Ma l'accento maggiore è stato posto sui catechisti che sono l'ossatura dell'annuncio del vangelo in Africa.

Le scuole che trasmettono la fede e provvedono alla sua inculturazione in tutti gli ambiti del sapere, quindi i centri culturali cattolici, sono luoghi di creatività e di inventiva nel dialogo ed emanano il pensiero cristiano in ogni ambito: l'uomo, la donna, il lavoro, la famiglia, la società, la politica. Ciò arricchisce in maniera duratura la cultura africana con l'apporto cristiano.

Paternità divina e fratellanza umana

Per concludere vorrei sottolineare un ultimo punto. In mezzo a tante brutte notizie riguardanti l'Africa, non dobbiamo stancarci di ripetere l'essenziale, come ha fatto con forza questo Sinodo. La buona novella per tutti i popoli dell'Africa e del Madagascar è che Dio è nostro Padre e ci ama e noi siamo tutti fratelli, e lo Spirito di Gesù ci aiuta ad amarci come Egli ci ama.

 

P. P.

 

 

 

Colpisce nel messaggio finale dei vescovi africani il suo contenuto ben radicato sia nella Parola di Dio che nelle culture dei loro popoli, e il linguaggio accessibile a tutti, senza per questo nulla perdere in profondità.

L'appello iniziale è un grido di speranza rivolto alla Chiesa africana: «In questo stesso momento — dicono i vescovi — in cui tanti odi fraticidi provocati da interessi politici lacerano i nostri popoli, nel momento in cui il peso del debito internazionale o della svalutazione li schiaccia, noi, (...) vogliamo pronunciare una parola di speranza e di conforto nei tuoi confronti, Famiglia di Dio che sei in Africa: Cristo nostra Speranza è vivo, noi vivremo!».

Questo tema della Chiesa vista come Famiglia di Dio è ricorrente in tutto il documento e risponde alle esigenze più profonde dei popoli africani, la cui civiltà è tutta incentrata nei rapporti di tipo famigliare.

 

L'evangelizzazione come annuncio

La missione primaria della Chiesa in Africa resta l'evangelizzazione. Essa ha avuto un impulso straordinario in questi ultimi due secoli ad opera dei missionari europei, i quali «meritano — dice il documento — elogio e gratitudine. Hanno sofferto molto, affrontato la vita scomoda, la fame, la sete, la malattia, la certezza di una vita molto breve, la morte, per darci ciò che avevano di più caro: Gesù Cristo».

Attualmente i cattolici in Africa sono 95 milioni, cioè il 14% della popolazione. «Da ciò consegue che il primo annuncio conserva la sua urgenza e la sua necessità». E tale compito spetta ormai agli africani che hanno ricevuto il dono della fede e sono adulti nella Chiesa. Essi hanno la capacità di far fare ai loro fratelli che ancora non hanno ricevuto il vangelo «un'esperienza sconvolgente e entusiasmante di Gesù Cristo che chiama e trascina al suo seguito in un'avventura di fede».

La spinta missionaria, però, non si deve arrestare all'interno del proprio Continente, perché «la certezza di aver scoperto in Gesù, la gemma preziosa del regno di Dio, opera una trasformazione che comporta una vita nuova; essa provoca uno strappo, destabilizza e immette sul cammino della missione verso l'esterno fino ai confini del mondo».

La Chiesa africana dunque è adulta e guarda in avanti. È iniziata per lei una nuova fase che «richiede iniziativa storica e creatività».

 

L'inculturazione

L'evangelizzazione, infatti, non può ridursi al solo annuncio, ma deve passare all'inculturazione, in modo che la Buona Novella penetri «fino alle radici delle nostre culture».

Per far questo occorrono dei santi: «Quando il Verbo assume la nostra natura, la purifica e la dota del suo attributo fondamentale e più bello, ossia la santità. Quando si stabilisce, risveglia tutte le energie della prima creazione che la cultura esprime e le investe della sua potenza di redenzione».

Purtroppo «la cultura che dava la sua identità al nostro popolo è in crisi profonda..., è come stritolata nella morsa di una storia impietosa», e allora, «si facciano avanti dei profeti che parlino a nome di Dio della speranza per la creazione di una nuova identità».

Questa dunque la base indispensabile per poter coltivare con frutto i vari campi dell'inculturazione: la teologia, la liturgia, la catechesi, la pastorale, il diritto, la politica, l'antropologia, i mezzi di comunicazione, ecc.

 

Una Chiesa in dialogo

Se la Chiesa è una famiglia, la prima esigenza è il dialogo intraecclesiale e interreligioso. Dialogare dunque con le religioni tradizionali, con gli altri fratelli cristiani, con i mussulmani, ma soprattutto essere dialogo all'interno delle Chiese africane.

«Il Sinodo ha messo in luce che siete la Famiglia di Dio..., quella che manifesta davanti al mondo lo Spirito che il Figlio ha rimesso al Padre affinché sia la Comunione fra tutti... Gesù è venuto a raggiungere  ognuno sul cammino culturale dove l'hanno lasciato i suoi avi. Cammina con lui per spiegargli le sue tradizioni e costumi e rivelargli che sono sue prefigurazioni lontane ma sicure, di lui, Novello Adamo, il primogenito della moltitudine dei fratelli che noi siamo».

 

Trasformare la società

Purtroppo la cattiveria umana, il desiderio sfrenato della ricchezza, la gelosia e la menzogna hanno trascinato la famiglia umana alla guerra e «alla divisione del mondo in un primo, secondo, terzo e quarto mondo, a preferire il denaro alla vita di un fratello». Ma noi cristiani «siamo della famiglia di Dio: ecco la Buona Novella! Uno stesso sangue circola nelle nostre vene ed è il sangue di Gesù Cristo; uno stesso Spirito ci anima ed è lo Spirito Santo».

Affinché la Chiesa in Africa abbia la forza di influire nella società, c'è bisogno dell'impegno di tutti: dei sacerdoti che vivano in comunione tra loro e coi vescovi, delle famiglie che siano realmente piccole Chiese domestiche, impegnate nella trasformazione della città dell'uomo, e dei religiosi e delle religiose che siano capaci di «donare ospitalità culturale al Cristo casto, povero e obbediente, venuto non per distruggere, ma per adempiere».

 

Le comunità ecclesiali di base

I vescovi riservano un'attenzione speciale alle comunità ecclesiali di base: «La Chiesa-Famiglia di Dio presuppone la creazione di piccole comunità a misura umana, delle comunità ecclesiali vive o comunità ecclesiali di base. In comunità simili che sono cellule di Chiesa-Famiglia, si è formati a vivere concretamente e autenticamente l'esperienza della fratellanza.

In esse regnano la gratuità, la solidarietà, un destino comune: ognuno vi è motivato a costituire la Famiglia di Dio, famiglia interamente aperta al mondo e che non esclude assolutamente nessuno. Comunità simili saranno il mezzo migliore per lottare contro l'etnocentrismo all'interno della Chiesa stessa e, più ampiamente, nelle nostre nazioni.»

 

La giustizia e la pace

In un Continente attraversato «da incertezze e da confusione, da sconvolgimenti e da soprassalti..., il Sinodo reclama maggiore giustizia fra Nord e Sud. Si cessi di renderci ridicoli e insignificanti sullo scacchiere del mondo dopo aver provocato e mantenuto uno squilibrio strutturale, conservando ingiusti i termini dello scambio».

Nello stesso tempo che i vescovi rifiutano lo status di «incapaci e assistiti» dato ai loro popoli, non nascondono le colpe proprie e quelle dei loro capi politici. Questi per essersi arricchiti indebitamente e a danno dei propri fratelli; le Chiese per non aver fatto quanto potevano e dovevano nella formazione di laici alla vita civica nel senso cristiano della politica e dell'economia.

Nell'ultima parte del Messaggio il Sinodo rivolge una serie di appelli.

 

Ai fratelli e sorelle cristiani del Nord

Si chiedono tre cose fondamentali: l'embargo delle armi «ai gruppi avversari che si scontrano in Africa»; «la cancellazione, se non di tutto, almeno di una quota sostanziale, del debito» e contemporaneamente «l'esigenza di un più equo assetto economico internazionale».

Le Chiese africane, per quanto concerne la loro economia, vogliono  mettersi all'opera «da subito per raggiungere l'autosostentamento finanziario» con  un'autogestione trasparente e uno stile di vita semplice, pur rimanendo in comunione, anche nel campo economico, con le Chiese sorelle del Nord.

 

I mass media

I vescovi riconoscono l'importanza di questo settore sempre più dominante e determinante nella società a livello mondiale e sentono «il dovere di promuovere la creatività», di rimboccarsi le maniche, perché «fin quando resteremo dei consumatori in questo campo, corriamo il rischio di cambiare cultura senza volerlo, e anche senza saperlo».

 

Ai seminari e alle università

L'Africa attualmente ha una grande ricchezza di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. I seminari e i noviziati sono invitati a non disperdere questo dono di Dio, dando ai candidati al sacerdozio e alla vita consacrata una formazione integrale: «Se non metterete le vostre capacità intellettuali al servizio di una vita santa, produrrete per la Chiesa dei sacerdoti-funzionari che non doneranno al mondo la sola realtà che esso si aspetta da loro: Dio.

In questo settore anche le scuole e le università hanno il dovere di santificare le intelligenze e sviluppare "con il suo aiuto i criteri razionali per un'inculturazione di lunga durata e di vasta portata».

 

Ai teologi

I Padri sinodali riconoscono il contributo che essi hanno dato: «Il Sinodo sa che senza l'esercizio coscienzioso e devoto della vostra funzione, gli sarebbe venuto a mancare qualcosa di essenziale». Ma i teologi africani hanno ancora un grande compito da svolgere in questo momento storico, quello di lavorare, pur nella distinzione dei ruoli, in sintonia con i pastori, affinché tutta la ricchezza dottrinale venuta in rilievo nel Sinodo venga approfondita.

 

Alle donne

È conosciuta la situazione di inferiorità in cui si trova la donna in Africa. Il Sinodo rivendica, oltre ad un'adeguata formazione per la loro missione di spose e di madri, l'apertura «a tutte le carriere sociali dalle quali la società tradizionale e quella moderna tendono ad escluderle senza motivo».

 

Riuscirà la Chiesa dei popoli africani a prendere in mano il proprio destino e a incarnare il vangelo nelle radici stesse delle sue varie culture? In questo Sinodo i suoi vescovi hanno dato segni chiari di essere all'altezza dei gravi compiti che li attendono

 

E. P.

 

 

Un ritorno alla magia

Nota della Conferenza episcopale toscana

 

Si pensava che maghi, chiromanti, chiaroveggenti, occultisti, cartomanti, astrologi abitassero nel Terzo Mondo o nel Medioevo, invece sono di casa ormai anche in Europa che vanta duemila anni di cristianesimo.

 

 

La diffusione

 

Nella sola Italia si calcola che ci siano 25 mila operatori della magia e che un italiano su cinque si rivolge a loro per superare le difficoltà della vita. E non si tratta di persone povere e senza cultura, ma di gente che ha studiato e può disporre, perché una seduta si paga da 50 a 400 mila lire.

 

In un mondo dove è invalsa la cultura della pillola, rimedio immediato per ogni piccolo disturbo, si pensa di risolvere con un colpo di bacchetta magica anche i drammi dell'amore, del lavoro, della salute e dei rapporti umani in generale.

Alle soglie del duemila, quando l'intelligenza umana ha sviluppato una tecnologia che spesso ci lascia attoniti, come mai tanti si rivolgono al mondo irrazionale dell'occultismo?

È la domanda a cui hanno cercato di rispondere i vescovi della Toscana con una Nota Pastorale: A proposito di magia e di demonologia.

«Il fenomeno ci preoccupa — dicono i vescovi — sia come indice di una grave situazione di smarrimento esistenziale, sia per i presupposti di pensiero ed i comportamenti pratici che suppone» (n. 1).

 

Le cause

Continuamente martellati da una propaganda che fa rincorrere, come in un miraggio, un progresso materiale all'infinito, assicurando la liberazione da ogni dolore e la piena felicità su questa terra, dopo la caduta del mito illuminista del progresso e il crollo delle ideologie populiste e borghesi (n. 3), ci ritroviamo disillusi ed oppressi dai mali antichi e moderni. Incapaci di affrontare sacrifici e lotte a lungo termine, non credendo nei valori che vanno oltre il piacere immediato e sensibile, tanti sono diventati vittime della magia e dell'occultismo.

«Il fenomeno della magia — così la Nota al n. 4 — si presenta, peraltro, particolarmente diversificato e complesso: si va da forme generiche di superstizione a pratiche magiche di diverso livello, dalla divinazione allo spiritismo fino a gruppi e sette sataniche che organizzano riunioni e messe nere. La sua attuale espansione costituisce un segnale allarmante per il nostro tempo. Come ha giustamente osservato il card. J. Ratzinger: “La cultura atea dell'occidente moderno vive ancora grazie alla libertà dalla paura dei demoni portata dal cristianesimo. Ma se questa luce redentrice del Cristo dovesse spegnersi, pur con tutta la sua sapienza e con tutta la sua tecnologia, il mondo ricadrebbe nel terrore e nella disperazione. Ci sono segni di questo ritorno di forze oscure, mentre crescono nel mondo secolarizzato i culti satanici”».

La Nota esorta a non sottovalutare, come semplici superstizioni, queste pratiche, perché accanto a «gruppi esoterici e occultisti di antica origine o di recente nascita... non mancano neppure gruppi in cui si verificano abusi di carattere sessuale, con conseguenze preoccupanti per le persone coinvolte sia a livello morale che psichico» (n. 9).

 

Urge evangelizzare

Forse non è superfluo ricordare l'incompatibilità tra magia e fede. I vescovi fanno presente che «il cristiano non può accettare che la sua vita sia dominata da forze occulte manipolabili a piacimento con riti magici o che il suo futuro sia scritto in anticipo nei movimenti stellari o in altre forme di presagio» (n. 12).

A conclusione della Nota, i vescovi scrivono: «La ricerca del magico nelle sue diverse forme deriva da un bisogno di significati e di risposte che la società odierna non è in grado di dare, specie nel quadro di una crescente situazione di insicurezza e di fragilità. Il ricorso alla magia e alle singole pratiche di divinazione diventa conseguentemente una compensazione al vuoto esistenziale che caratterizza la precarietà del nostro tempo. È entro questo vuoto — riguardante gli stessi cristiani che non hanno maturato una fede adulta — che si pone l'urgenza di un annuncio autentico ed entusiasmante del vangelo» (n. 19).

 

Poi, rivolgendosi a tutti coloro che hanno una responsabilità nella formazione cristiana delle coscienze, danno tre suggerimenti particolarmente importanti:

— «Gli operatori pastorali, adeguatamente formati, svolgano ai vari livelli un'opera intelligente di evangelizzazione che prevenga i fedeli e li illumini di fronte ai pericoli di un errato concetto di cristianesimo, sviluppando al massimo la dimensione positiva e la ricchezza dell'annuncio evangelico in ordine alle aspirazioni e alle domande del mondo di oggi;

— i sacerdoti, in particolare, sia nell'omelia domenicale che nell'esercizio del loro ministero di confessione e di direzione spirituale, mettano in guardia i fedeli dal pericolo di una ricerca smodata dello straordinario nella fede e da una immatura comprensione del senso della demonologia nell'insieme gerarchico delle verità della fede;

— particolare attenzione sia posta alla tendenza di alcuni a lasciarsi attrarre da apparizioni private e fenomeni carismatici di dubbia provenienza: si ricordi che eventuali  manifestazioni del Signore, della Vergine Maria e dei santi, non rientrano nelle verità fondamentali della fede e che comunque esse devono essere valutate con estrema prudenza; tali esperienze conservano un carattere privato e non è mai consentito enfatizzare o farle diventare un sostitutivo dei contenuti autentici del Credo» (n. 21).

 

E. P.