Ecumenismo: collaborazione tra cattolici e metodisti.

 

Dal dialogo all'azione comune

 

di Calogero Milazzo e Franco Muscato

 

Non è sempre facile porre in atto un confronto sereno e rispettoso fra gruppi di Chiese diverse; ancor meno dar vita ad una comune testimonianza di fede nel campo dell'azione sociale. L'esperienza che riportiamo mostra che un tale dialogo è non solo possibile, ma anche operante, come sta avvenendo in Sicilia tra alcuni cattolici e metodisti.

 

«La reciproca  conoscenza,  il  rispetto
delle ricchezze di fede e di vita delle diverse Chiese, la preghiera comune, la collaborazione nei diversi campi del servizio agli uomini, sono forme di dialogo che vanno sostenute e incrementate...». Così leggiamo al n. 33 degli Orientamenti pastorali della CEI Evangelizzazione e testimonianza della carità 1. In realtà sono ben note le difficoltà che s'incontrano per instaurare, nell'attuale configurazione delle Chiese in Italia, un rapporto di vero dialogo ecumenico oltre che di comune intesa e testimonianza. Difficoltà e problemi di rapporto, anche per l'esigua minoranza delle Chiese e comunità non cattoliche che, non di rado, temono di essere assorbite, o non ben comprese, dai cattolici in netta maggioranza.

Di certo, l'ecumenismo non s'improvvisa, né si può inventare dal nulla. Esso, piuttosto, è il frutto di una diuturna e sofferta tensione all'unità nelle Chiese. E se è vero che tutti i cristiani devono adoperarsi per la riconciliazione e la piena comune-unione, è altrettanto vero che essi necessitano di una forza spirituale capace di abbattere barriere e pregiudizi inveterati. Per questo l'attività ecumenica sarà fruttuosa se radicata soprattutto nello Spirito. La forza di specifici carismi concessi da Dio in vista dell'unità, alla fine, si rivela determinante, se non addirittura indispensabile.

L'esperienza ecumenica delle Chiese, insegna che per fare ecumenismo ci vuole un preciso metodo: la capacità di dialogare. Una tale forma di dialogo, può portare a mettersi insieme per dare testimonianza di comune servizio ai più poveri e bisognosi della società.

 

Insieme a servizio degli ultimi

Prendiamo l'esempio di Scicli, un piccolo centro nel profondo Sud della Sicilia, ricco della presenza di sempre più numerosi extra-comunitari. Paese tradizionalmente cattolico, da molti anni è anche sede di una piccola e viva comunità metodista che, con l'arrivo nel 1989 di un giovane e aperto pastore americano, John Hobbins, si è decisamente impegnata nel dialogo ecumenico con le altre realtà locali cattoliche. Tra queste, un gruppo di giovani e di persone adulte che vivono la spiritualità del Movimento dei focolari. I focolarini — come sono normalmente chiamati anche in Sicilia — chiedono ai fratelli metodisti una certa collaborazione per raccogliere fondi da inviare in Armenia, in occasione del devastante terremoto del 1989. In una successiva occasione, i metodisti pregano i focolarini di aiutarli nell'organizzazione di un concerto da loro proposto. Nasce una profonda amicizia e una stima reciproca tra i due gruppi.

«Una domenica mattina — racconta Maurizio  —, dopo il culto, portiamo un dono al pastore John e ci troviamo seduti a parlare, quasi senza accorgerci, di ecumenismo. La gioia di avere scoperto la possibilità di lavorare insieme ci fa costatare che per noi è già iniziato un vero e proprio cammino ecumenico fondato sulla reciproca stima e sull'amore scambievole».

Da questa unità di desiderio e di tensione spirituale scaturisce l'esigenza di un'ulteriore concretizzazione pratica d'unità a livello sociale. In città ci sono molti immigrati Nord-africani: Senegalesi e Marocchini che lavorano come venditori ambulanti, e Tunisini che sono impiegati come braccianti nella serricoltura. Alcuni non hanno la possibilità di avere un pasto caldo neanche una volta alla settimana. La decisione di progettare e sostenere un servizio mensa da parte di cattolici e metodisti rafforza quell'unità già sperimentata.

«A turno — ci racconta Armando — facciamo la spesa, cuciniamo, serviamo a tavola e consumiamo i pasti con loro. Tra una battuta e l'altra nei momenti del pasto, vediamo crollare pregiudizi e luoghi comuni. Il clima di amore scambievole e di servizio reciproco risolve subito una grave divisione tra senegalesi e marocchini, i quali, all'inizio volevano pranzare in stanze diverse...».

Intanto coloro che partecipano a questa «unità operativa» cattolica e metodista vengono a conoscere i gravi problemi di alloggio e di inserimento nel territorio in cui si trovano i lavoratori tunisini. Per incontrarli, si pensa di organizzare, insieme agli amici senegalesi e marocchini una «festa dei popoli», alla quale prendono parte più di una quarantina di emigrati. Con loro si valutano le necessità più urgenti e dopo diversi contatti e incontri si può avviare un servizio di ambulatorio medico e una prima ricerca di alloggi e di lavoro.

 

Un centro italo-islamico

«Man mano che si intrecciano i rapporti — ci dice Maurizio — ci rendiamo conto che si sono ravvivati tanti scambi e sono crollati tanti muri: tra cattolici della stessa città, tra cristiani di Chiese diverse, tra cristiani e musulmani... Ci sembra una ricchezza da far fruttare. Nasce l'idea di un possibile Centro italo-islamico in cui ritrovarci insieme per conoscerci di più e arricchirci l'uno della cultura dell'altro. Questo centro è in fase di realizzazione... In alcuni dei nostri amici musulmani nasce il nostro stesso sogno: vedere il mondo unito senza barriere etniche, religiose o economiche».

L'effetto di questa esperienza emblematica non solo è un arricchimento reciproco — umano e spirituale  — , ma ci dona la concreta possibilità di un dialogo interreligioso. Proprio come auspica ancora il documento dei vescovi italiani:

«Il dialogo tra le religioni ha un'importanza preminente perché conduce all'amore e al rispetto reciproco, elimina, o almeno diminuisce, i pregiudizi tra i seguaci delle diverse religioni e promuove l'unità e l'amicizia tra i popoli» (n. 34) 2. In una parola, come è detto più oltre, occorre favorire «l'avvicinamento, la stima e il dialogo ... (nonché) la collaborazione in molti campi come quello della pace, della giustizia, dei diritti umani, della salvaguardia del creato» (ibid.).

Tutto ciò è reso possibile dalla messa in pratica del comandamento nuovo di Gesù. Il testo di Gv 13, 34-35: «Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi...», quando è realmente vissuto, risulta a favore dell'ecumenismo, vuoi in quanto dialogo, vuoi in quanto testimonianza comune. È ciò che ha voluto sottolineare lo stesso pastore metodista: «... Insieme stiamo vedendo realizzarsi la promessa di Cristo per cui, se due fratelli si mettono d'accordo per chiedere qualcosa ciò sarà loro accordato dal Padre celeste (cf Mt 18, 15-21). Un'intesa di fondo, una rete di amicizie, uno scambio autentico a partire dal dono dell'unità che abbiamo in Cristo, ha reso possibile un servizio e una condivisione comune».

Formazione all'ecumenismo

Alcune persone del Movimento dei focolari hanno cercato di trasmettere questo clima di condivisione e di accoglienza reciproca nei rapporti con vari gruppi e movimenti impegnati nella formazione ecumenica nelle diocesi siciliane. Già da alcuni anni, a livello di commissioni diocesane e di singoli incaricati dei contatti con metodisti, battisti e valdesi della zona, si era lavorato in questa direzione. L'esigenza di una profonda fraternità e comunione è, poi, emersa nettamente quando si è voluto dare positiva risposta alla richiesta di una formazione all'ecumenismo all'interno alla Chiesa cattolica locale. L'occasione si è presentata con il 2° Corso di Formazione Ecumenica, organizzato a Caltanissetta dall'Ufficio della Conferenza episcopale siciliana per l'ecumenismo e il dialogo.

Si è trattato di un non trascurabile evento per le Chiese di Sicilia, non solo per il positivo esito organizzativo, ma soprattutto per lo stile di rapporti veramente ecumenici che si è riuscito a creare. Il tema aveva di mira la conoscenza della teologia mistica della Chiesa d'Oriente, in riferimento ai sacramenti dell'iniziazione cristiana 3. Un'autorevole corsista ha potuto constatare che «bisogna riconoscere che in Sicilia si cura l'ecumenismo di tipo prevalentemente teologico, e l'ecumenismo concreto e positivo dei movimenti ecclesiali che mette in azione tutta la Chiesa locale».

La diocesi ospitante ha colto l'importanza ecclesiale di tale avvenimento preparandosi con una certa animazione e sensibilizzazione a vari livelli (parrocchie, gruppi, movimenti ecclesiali, ecc.). Il coinvolgimento di tanta parte del Popolo di Dio anche in altre diocesi — per questa finalità sono state contattate capillarmente una ventina tra radio e TV locali più seguite su tutto il territorio siciliano e consegnati brevi comunicati stampa ai rispettivi giornali, quotidiani e settimanali — ha contribuito  per la sua parte ad un così significativo momento di profonda comunione ecclesiale. Né va trascurata la fraterna e gratuita ospitalità riservata ad alcune decine di partecipanti nelle famiglie, negli istituti religiosi, oltre che nel seminario vescovile.

Il corso intendeva offrire anzitutto a catechisti e ad operatori pastorali delle Chiese di Sicilia (sacerdoti, religiose, insegnanti di religione e studenti di teologia) una conoscenza diretta della tradizione ortodossa. Tra i partecipanti, che hanno toccato una punta massima di oltre 350 persone, si è creato un profondo clima di ascolto e di reciproca donazione.

 

C. Milazzo e F. Muscato