La missione universale e la cooperazione tra le Chiese

 

Scambio di doni

 

di Sergio Buzzatti

 

«Le nostre comunità si mostrano concretamente sensibili ai problemi e alle esigenze delle missioni, verso cui orientano iniziative e aiuti di persone e di mezzi, per sostenere il servizio dei missionari. Occorre però fare un passo avanti e vivere questa apertura come una dimensione permanente dell'evangelizzazione e della testimonianza della carità...» (ETC  n. 36). Questo documento dell'episcopato italiano si è pronunciato egregiamente anche riguardo alle nostre Chiese nel campo missionario. Ce ne dà testimonianza il responsabile del Centro missionario della diocesi di Belluno-Feltre nel nord Italia.

 

«La  verità  cristiana  non  è  una  teoria astratta. È anzitutto la persona vivente del Signore Gesù (cf Gv 14, 6), che vive risorto in mezzo ai suoi (Mt 18, 20; Lc 24, 13-35)» (ETC n. 9). È proprio vero. Lo sperimento continuamente, lavorando al Centro missionario diocesano. Cominciai da solo e senza alcuna preparazione specifica circa venti anni fa. L'unica mia sicurezza allora era sapermi inviato dal vescovo e sentirmi sostenuto dalla spiritualità dell'unità attinta dal Movimento dei focolari.

In questo ventennio ho riscontrato continuamente la presenza e l'azione del Signore risorto.

Appena iniziai il mio lavoro restai scioccato nel constatare che quasi l'80% degli uomini nel mondo soffrono la povertà, che significa fame, sottonutrizione, malattie, analfabetismo... La domanda di aiuti da parte dei nostri missionari si faceva sempre più robusta, ma contemporaneamente anche la risposta da parte della gente era sempre adeguata. Mi colpivano certe «coincidenze» che si verificavano in campo economico.

 

La Provvidenza

Ricordo l'SOS di P. Gianni dal Cile: «Mi occorrono subito lire 6.250.000». Una parola, in quel tempo! Stavo per rispondere negativamente, quando entrò nel mio ufficio un operaio che, messo al corrente della cosa, mi disse di potermi venire incontro con un milione. Era l'equivalente della lapide da porre sulla tomba della moglie appena partita per il cielo. E aggiunse subito altre 50.000 lire. Ancora in quel pomeriggio un'altra persona versò 200.000 lire. Entro le ventiquattr'ore una signora mi comunicò che, avendo ricevuto cinque milioni dall'assicurazione, li destinava alle missioni. In brevissimo tempo potevo spedire al nostro missionario la cifra richiesta.

Poco dopo promisi, senza avere una lira, dieci milioni ad un vescovo indiano poverissimo. Erano passati appena due giorni ed entrava nel mio ufficio un signore. Mentre conversava, firmava un assegno e me lo offriva: «È per le missioni». Quando controllo la cifra rimango di stucco: sono esattamente dieci milioni.

È sorprendente il lievitare delle cifre segnate sul registro delle entrate: circa cento milioni al mese. Ma da dove vengono? Tenendo conto della piccolezza della diocesi, non può dipendere solo dalla nostra organizzazione, ma da un concorso di cause che la Provvidenza sa mettere in moto al momento opportuno.

La gente ha tanta sfiducia nell'amministrazione del denaro pubblico e qualcuno ci fa la domanda: «Ma questi soldi arriveranno ai poveri delle missioni?». E la risposta è sempre la stessa: «Neppure le spese della corrispondenza verranno sottratte dalla sua offerta». Infatti per le spese di manutenzione dell'Ufficio si organizzano altre iniziative. Ma ormai tutti sanno che i soldi che passano per le mani dei missionari sono sempre impiegati integralmente per il bene dei poveri: forse sono le uniche somme che, partendo dal primo mondo, non solo non si assottigliano e non si perdono per via, ma sono tutte utilizzate con oculatezza per il bene dei poveri.

I nostri vescovi hanno scritto: «Le sfide a cui tutti siamo chiamati a far fronte, ci richiamano alla mente una scena evangelica fra le più suggestive; quella della moltiplicazione dei pani...» (n. 1). È il miracolo a cui ho assistito in continuazione in questi venti anni.

 

I collaboratori

All'inizio è stata un'impresa difficile trovare persone adatte e volenterose per lavorare in questo settore nuovo della pastorale diocesana. Per alcuni anni ho tentato di tutto con le famiglie e con i giovani, ma invano. La risposta è venuta da dove non me l'attendevo: dalle persone anziane. Un gruppo di signore si occuparono delle prime spedizioni e fu proprio una signora anziana a darci una somma considerevole per organizzare meglio l'Ufficio missionario.

In un secondo tempo, però, cominciarono ad arrivare anche i giovani. Di questi una trentina — in tempi diversi — hanno chiesto ed ottenuto di svolgere il servizio civile sostitutivo di quello militare lavorando nel nostro Ufficio, secondo un accordo stipulato nel nostro Paese col Ministero della Difesa. Questa esperienza è stata una benedizione per tutta la nostra organizzazione missionaria e per varie iniziative diocesane, ma anche per i giovani stessi che hanno dato il meglio di se stessi per un anno intero ed hanno avuto la possibilità di acquisire una mentalità di solidarietà.

Per coordinare i lavori e le persone che arrivavano sempre più numerose è venuto ad aiutarmi un segretario con un servizio part-time. A contatto con la realtà che serviva, egli ha sentito la vocazione missionaria ed è entrato in una Congregazione religiosa. Io da un lato ne ho gioito, ma dall'altro non potevo non lamentarmi col Signore: «Quando tutto era così ben avviato, ecco mi ritrovo di nuovo solo».

La sua risposta non si fece attendere. Piergiorgio, un giovane ingegnere, dopo aver lavorato un certo tempo in Italia, era stato per sei anni in missione nell'Uganda e in quel periodo aveva formato un gruppo di amici dal significativo nome «insieme si può». Ora era rientrato in patria ed aveva chiesto di poter far parte del Centro missionario diocesano. Con il suo impegno sono sorti in breve tempo una trentina di gruppi missionari operanti all'interno delle parrocchie. Oggi sono diventati settanta. Sono laici seriamente impegnati con le missioni, legati tra loro da un ciclostilato mensile, che si riuniscono periodicamente e versano una quota individuale che destinano all'una o all'altra missione e a questo o quel progetto secondo le indicazioni del centro missionario.

Vedo realizzarsi, anche se in piccolo, quanto dice l'ETC al n. 36: «Le nostre comunità si mostrano concretamente sensibili ai problemi e alle esigenze delle missioni, verso cui orientano iniziative e aiuti di persone e di mezzi, per sostenere il servizio dei missionari».

Per strutturare la pastorale missionaria in modo più radicale e permanente ci è stato suggerito dagli organismi regionali di progettare e lavorare insieme con l'Ufficio catechistico, con quello liturgico e con la Caritas. Stiamo spianando la strada per arrivare a questa meta in modo che la dimensione missionaria diventi permanente in tutto il tessuto della comunità diocesana. Qualcosa già si è fatto nella linea della conoscenza e del rispetto dei programmi altrui e dei tempi riservati a ciascun organismo e siamo anche riusciti ad organizzare insieme qualche attività. Vale molto in questo campo coltivare la fraternità tra i responsabili dei vari settori e apprezzare e godere delle iniziative altrui come delle proprie. Tutto questo poi porta ad una semplificazione nel lavoro dei parroci nelle comunità parrocchiali.

 

Il rapporto con i missionari

Ma se questa collaborazione è per ora appena abbozzata, c'è un'altra realtà che ha consolidato il clima missionario in tutta la diocesi. È il rapporto personale con tutti i nostri che un giorno sono partiti dalla nostra comunità diocesana per aiutare altre Chiese più bisognose. Sono parroci, cappellani, religiosi, suore e laici. Essi sono stati contattati e si sentono ancora parte viva della comunità diocesana, dalla quale sono stati inviati ad assolvere un compito che è di tutti noi.

Leggiamo ancora nell'ETC n. 36: «Ai nostri fratelli e sorelle ... che svolgono la loro opera nel campo missionario va anzitutto la gratitudine e la vicinanza spirituale dell'intera comunità ecclesiale, insieme all'impegno di promuovere e sostenere fino in fondo la loro azione e all'apertura fiduciosa verso lo stimolo che essi rappresentano per una pastorale più dinamicamente missionaria».

Nel 1987 abbiamo raccolto in una pubblicazione di 300 pagine, «Dalle nostre sorgenti», i dati anagrafici di 140 missionari, la loro foto, la parrocchia di origine, la missione dove operano e qualche loro scritto. Si è rivelato uno strumento utile per far conoscere i missionari alle loro comunità di origine e per svegliare in queste l'interesse per loro. Alcuni di questi erano partiti già da molti anni ed avevano perso i contatti con la diocesi e spesso anche con le loro parrocchie.

Da allora si sono intensificati i rapporti epistolari, le visite alle loro missioni da parte del Centro missionario o di qualche parroco, si sono realizzati progetti di aiuto ed è cresciuto tra tutti un clima di fraternità.

Il settimanale diocesano, che entra nella gran parte delle nostre famiglie, ha avuto un ruolo importante nell'animazione missionaria in diocesi. Un altro contributo particolarmente interessante è stato dato dai sacerdoti diocesani partiti per le missioni. In diocesi attualmente sono 11: due sono rientrati e nove sono ancora sul campo: sei nel Nordest del Brasile, uno tra gli indios dell'Ecuador, due tra i Baoulé del centro della Costa d'Avorio.

I primi erano partiti negli anni '60 quasi alla chetichella, col solo permesso del vescovo ma senza la partecipazione della comunità diocesana. Col passar degli anni e col cambiamento del clima sociale, la gente si è sentita coinvolta nelle loro partenze ed essi sono stati sempre più conosciuti, seguiti ed aiutati, ma soprattutto sono stati visti come nostri rappresentanti presso le Chiese sorelle. Si è anche capito che «non dobbiamo lasciarci frenare dalle difficoltà che provengono dalla diminuzione del numero complessivo dei sacerdoti, religiosi, religiose. Confidiamo piuttosto nella promessa del Signore: “Date e vi sarà dato”...» (n. 36).

Negli anni '70 il clero e in parte anche il laicato sono stati coinvolti da parte della diocesi nell'apertura di una missione in Costa d'Avorio. Da venticinque anni vi lavorano due nostri sacerdoti a cui, quest'anno, si sono aggiunti due laici.

 

Date e vi sarà dato

«In questo spirito di autentica cattolicità... deve maturare in tutti i cristiani la consapevolezza che, mentre le Chiese giovani abbisognano della forza di quelle antiche, queste a loro volta hanno bisogno della testimonianza e della spinta delle più giovani, in modo che le singole Chiese attingano dalle ricchezze delle altre Chiese» (n. 36).

Questo lo costatiamo sempre quando ritornano i nostri missionari o quando siamo visitati dai vescovi delle giovani Chiese dell'Africa, dell'America Latina o dell'Oriente (specialmente dall'India e dal martoriato Vietnam). La freschezza di vita evangelica di quelle comunità cristiane che sembrano così vicine a quanto si legge negli Atti degli Apostoli, ravviva la fede delle nostre comunità.

Si sta rivelando positiva anche l'esperienza di inviare in queste chiese sorelle, per un certo periodo, dei seminaristi teologi. Essi non solo hanno un contatto diretto con realtà differenti, ma hanno la possibilità di provare la solidità della propria vocazione.

La promessa del Signore: «Date e vi sarà dato» ha trovato un curioso riscontro nel seguente episodio. Nel '90 si dovevano sostituire ambedue i sacerdoti nostri operanti in Africa. Nella nostra diocesi già una trentina di parrocchie, anche se piccole, erano prive di parroco. Dove prendere i due sacerdoti di cui avevamo bisogno? Il vescovo, parlando familiarmente, aveva detto che in cambio di due sacerdoti in missione il Signore ci avrebbe dovuto mandare quattro giovani già pronti per iniziare lo studio della teologia. Poco dopo aver destinato per l'Africa i due sacerdoti, quattro giovani chiesero di iniziare la teologia. A loro si aggiungeva un'altra vocazione: un giovane di seconda liceo.

Nella nostra piccola esperienza ci sembra di poter confermare le parole del Papa nella Redemptoris Missio: «Nella storia della Chiesa la spinta missionaria è sempre stata segno di vitalità, come la sua diminuzione è segno di una crisi di fede... La missione infatti rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola» (n. 2).

Sergio Buzzatti