Il vangelo della carità

 

«Evangelizzazione e testimonianza della carità», il testo di orientamenti pastorali proposti dai vescovi italiani alle loro Chiese per gli anni '90, conserva intatta, a tre anni dalla pubblicazione, la sua carica di innovazione e di profezia. Don Pino Colombo, per anni preside della Facoltà teologica dell'Italia settentrionale, ha di recente notato, ad esempio, che esso esprime un obiettivo «certamente ambizioso, comportante non solo un rinnovamento ma una vera e propria riforma della pastorale». E questo perché — a mio avviso — al loro cuore vi è precisamente la carità, parola anzi evento sintesi del vangelo di Gesù Cristo. Già Agostino, nel De doctrina christiana, sottolineava: «Chiunque crede di aver capito le divine Scritture o una qualsiasi parte delle medesime, se mediante tale comprensione non riesce a innalzare l'edificio di questa duplice carità, di Dio e del prossimo, non le ha ancora capite» 1. E ciò vale per la vita del singolo cristiano, ma ancor più per quella della comunità. Di qui, anche, la rilevanza al di là dei confini italiani di questo testo, se è vero — e diversamente non potrebbe essere — che la carità sta al centro della nuova evangelizzazione.

Di questa vitalità propulsiva ne sono testimonianza, nonostante una certa lentezza di assimilazione e una residua tendenza al particolarismo che si riscontra nelle Chiese locali, la varietà e fecondità della sua recezione, sia sotto il profilo del dibattito teologico che sotto quello della prassi ecclesiale. Per il primo aspetto basti solo pensare, per stare alle cose più recenti, ai due congressi promossi rispettivamente dalla Facoltà teologica di Milano 2 e da quella del Laterano di Roma 3; ma anche, con taglio più pastorale, al seminario di studio voluto dalla CEI e dalla Caritas a Frascati, in maggio, con la qualificata rappresentanza di tutti gli Istituti teologici della penisola, e alla settimana di aggiornamento del COP, sempre in sinergia con la Caritas, in giugno a Pescara 4. I nodi che vengono in sempre maggiore rilievo sono — sul piano teoretico — quello del rapporto «pericoretico» tra verità e carità (e, di conseguenza, tra evangelizzazione e testimonianza dell'amore); sul piano ecclesiologico-pastorale, quello del corretto modo di intendere il significato originale della Chiesa come sacramento della carità, evitando il rischio di ridurre la Chiesa a una «funzionalità» assistenziale nel tessuto complesso della società postindustriale (secondo le note analisi sociologiche di T. Parsons e di N. Luhmann) e illuminandone la profondità di evento dell'amore trinitario tra gli uomini; sul piano socio-politico, quello di ripensare il ruolo dei credenti — come singoli e come associati — dentro la situazione di rilevante cambiamento che conoscono oggi l'Italia e il mondo sviluppato. Il cantiere è vasto e impegnativo. E il Convegno ecclesiale di Palermo — previsto per il novembre del '95 — sta ormai alle porte e può diventare una tappa storica per il cammino delle nostre Chiese.

Pure sotto il profilo delle esperienze e delle sperimentazioni pastorali si è fatto molto. Anche se non mi sembra sia stata colta a sufficienza una novità metodologica che i vescovi hanno inteso introdurre nella proposta di questi orientamenti. Nella loro elaborazione essi dicono di aver «ascoltato le attese e i suggerimenti di numerosi fra voi: sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche, responsabili di associazioni e movimenti» (n. 2). E in conclusione esprimono il desiderio che «il frutto delle riflessioni, delle esperienze e delle opere del vangelo della carità rifluisca dalle varie diocesi e realtà ecclesiali in sede nazionale, perché siano possibili un arricchimento reciproco tra le nostre Chiese, una verifica del cammino compiuto e dell'aderenza delle proposte alle diverse situazioni, un discernimento meglio fondato delle ulteriori tappe e indicazioni» (n. 53). Il «vangelo della carità» — in altre parole — non richiama solo all'inscindibile nesso tra annuncio del vangelo e sua verificabilità nella prassi di amore, ma anche a uno scambio — nell'amore — dei doni dello Spirito e dei suoi frutti operosi tra le Chiese e le varie componenti del Popolo di Dio.

Fino agli anni '90, quelle nuove realtà ecclesiali che denominiamo per comodità «associazioni e movimenti» — di fatto — sono state un po' al margine della prospettiva pastorale «progettata» in Italia. Nonostante la loro consistenza e la loro peraltro riconosciuta efficacia ed incisività. Non è un caso che — come ha avuto occasione di notare L. Accattoli 5 — nello spirito che anima gli orientamenti di questo decennio vada invece riconosciuta anche una loro specifica impronta.

La raccolta di riflessioni, esperienze e testimonianze ispirate dalla spiritualità e dalla prassi del Movimento dei focolari, proposta da «Gen's» in questo numero vuole essere una piccola risposta all'invito dei vescovi, una verifica della fecondità di ETC e — perché no? — un iniziale contributo al Convegno di Palermo 6.

 

Piero Coda