Risvolti sociali della spiritualità dell’unità: intervista a Mariele e Pino Quartana

 

Una spiritualità
intrinsecamente sociale

 

A cura della Redazione

 

 

In questa intervista vengono presentati, in modo conciso e aggiornato, gli impulsi sociali suscitati da un carisma del nostro tempo, e il tipo di azioni sociali sviluppate dal Movimento che da quel carisma è nato. Ce ne parlano Mariele e Pino Quartana, fra i responsabili del movimento internazionale Umanità Nuova, diramazione del Movimento dei focolari, del quale esprime appunto l’impegno sociale.

GEN’S: E’ riconosciuto che il Movimento dei focolari è caratterizzato da una profonda spiritualità. Come è presente in essa la dimensione sociale?

Mariele: Lo si coglie dai fatti. Già nei primissimi tempi, quando Dio stagliava questo carisma nella persona di Chiara Lubich, lei si muoveva per la città di Trento – durante la seconda grande guerra – per portare conforto ed aiuto ai tantissimi poveri, insieme alle prime ragazze che avevano fatto cerchio attorno a lei.

Una nota saliente di quel primo periodo è che ci si organizzava. Un taccuino sempre in tasca, ad appuntare necessità, a segnare indirizzi... Per poi cercare un lavoro, trovare una casa, fornire un’assistenza sanitaria adeguata.

Non si trattava di un’elemosina, di un aiuto economico sporadico. Mentre si comunicava con ardore la luminosa scoperta di un vangelo da viversi con radicalità,  ci si dava una meta: risolvere il problema sociale di Trento.

Una delle scoperte più significative di quel tempo: la magna charta della dottrina sociale cristiana l’ha proclamata Maria. Le parole del Magnificat si presentavano infatti piene di forza rivoluzionaria: «Depose i potenti dal trono ed esaltò gli umili. Colmò di beni gli affamati e rimandò a mani vuote i ricchi» (Lc 1, 52-53). E ciò pacificamente, senza violenza.

Il «Movimento dei poveri»

GEN’S: Quale posto occupano i poveri nel Movimento?

Pino: Per scoprirlo, mi paiono eloquenti questi pensieri di Chiara Lubich che risultano programmatici:

«Come attorno a Gesù appena nato vediamo poveri, come la cura dei poveri è stata una delle principali preoccupazioni della primitiva comunità cristiana, come molto spesso i santi hanno cominciato la loro ascesa a Dio andando ai poveri, così attorno ai primi palpiti di vita del nostro Movimento troviamo i poveri.

(...) Sempre – quando l’Opera si è diffusa nel mondo, dovunque vi fosse necessità, come nel Cameroun, nel Brasile e in Asia, o quando i gen, in altro contesto simile e diverso, dovevano rifare l’esperienza della prima generazione del Movimento – sempre i poveri sono stati con noi.

(...) Che mai e poi mai dimentichiamo che apparteniamo alla Chiesa dei poveri, che quindi il Movimento deve essere il Movimento dei poveri, tanto più che questo non è che cristianesimo. Alla fine della vita l’esame finale sarà su questo argomento»1.

 

GEN’S: Accanto alla povertà, esistono tanti altri mali ai quali il mondo spesso non sa dare una risposta...

Pino: Infatti. Si capisce come mai Dio abbia voluto donare questo carisma all’umanità nella nostra epoca: esso può rispondere alle grandi piaghe del mondo attuale.

Basterebbe leggere il messaggio di Chiara al Convegno sul tema Verso una nuova umanità, al Palaeur di Roma nel 1983, quando passa in rivista alcuni dei mali terribili dell’umanità (armamenti, guerre, terrorismo, droga, crisi del valore famiglia, divisioni, discriminazione della donna...), mostrando come i capisaldi della spiritualità dell’unità, se vissuti, possano offrire radicali soluzioni.

Trasformare le strutture

GEN’S: Mai come oggi capiamo che non bastano assistenzialismo o aiuti a livello personale, pur necessari; si tratta di affrontare i fenomeni a livello globale, strutturale...

Mariele: Al riguardo qualcosa che si è capito fin dai primi tempi è che la carità deve giungere ad investire tutti gli aspetti concreti dell’esistenza.

Era perciò inevitabile arrivare ad affrontare il discorso delle strutture sociali. È diventato evidente – Chiara ce lo sottolineava con forza – che «dar da mangiare agli affamati», «da bere agli assetati», «vestire gli ignudi» lo si deve intendere, oggi, nel senso più ampio di animare con lo spirito cristiano l’industria, il commercio, l’agricoltura; «curare gli infermi, consolare gli afflitti» deve arrivare fino alla «cristianizzazione» della medicina e dell’assistenza; «ospitare i pellegrini» (che oggi sono i turisti, ma anche gli immigrati, i profughi, i nomadi...) equivale ad animare con lo spirito cristiano l’accoglienza, l’edilizia, il turismo, i trasporti; «insegnare agli ignoranti» diventa insufficiente se non si immette la carità nella scuola e nelle scienze; «ammonire i peccatori» implica il vivere la vita cristiana nella amministrazione della giustizia, nella magistratura...

Per un’umanità nuova

GEN’S: L’impegno sociale che sgorga dalla spiritualità del Movimento ha dato vita  ad una sua diramazione, «Umanità Nuova», che ha proprio come compito specifico l’agire in tutti gli ambiti della società. Com’è nato e cosa si prefigge?

Pino: L’inizio del movimento per un’Umanità Nuova risale alla nascita, all’interno del Movimento dei focolari, dei cosiddetti «volontari».

Era il 1956. I tragici fatti della rivoluzione ungherese portano alla morte o alla dispersione tanta gente che cercava e lottava per la libertà, che è costretta all’esilio, allontanata dai parenti e dalle proprie radici. Chiara Lubich, sotto lo stimolo di una frase del Papa: «Dio!... Risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, giustizia e libertà, nei parlamenti, nelle piazze, e nelle officine...», vede stagliarsi una nuova vocazione nel Movimento, tipicamente laica: i «volontari». «Volontari perché l’amore é libero – spiega –, capaci di edificare una società nuova, rinnovata dalla Buona Novella, una società che superi in bellezza e concretezza ogni altra società, ma che testimoni un nome solo: Dio».

Mariele: Tuttavia per capire Umanità Nuova in modo più profondo bisogna andare a ritroso, già al 1948, quando avviene un fatto importante: Chiara Lubich conosce Igino Giordani.

Dato che, oltre ad essere scrittore famoso ed uomo di cultura, Giordani è deputato al Parlamento italiano,  ciò assume un significato simbolico. La figura di Giordani, infatti, rappresenterà nella storia del Movimento l’apertura sull’umanità intera, l’incarnazione dell’ideale dell’unità, che lo anima, nella vita sociale.

Nel 1960 nasce il centro internazionale «S. Caterina» per raccogliere, in un fecondo confronto, diverse personalità impegnate in politica. Centro che successivamente si aprirà a ventaglio in altri bureaux per informare dei valori cristiani tutti i mondi che compongono la società.

Si lavora per «mondi»

GEN’S: Perché il termine «mondo»?

Mariele: Perché allude bene ad un recinto vasto che abbraccia, nella tensione all’unità, le più svariate realtà sociali e categorie di persone che si muovono insieme in un ambito della società.

Il mondo della sanità, per esempio: ed ecco infermieri, malati, medici, personale amministrativo, ecologisti, sportivi, convergere in iniziative comuni per la «salute pubblica». O il mondo dell’educazione e della scuola: ecco insegnanti, allievi, genitori, presidi, animatori di gruppi giovanili, pedagogisti muoversi insieme alla ricerca di una linea educativa, distillata dalla vita, che favorisca la crescita e la maturazione sia degli individui sia dell’intera società...

Nell’esperienza di ogni giorno, vengono in grande rilievo, come elemento fondamentale di tali mondi, le «cellule d’ambiente». Sono composte da due, tre, quattro persone che si trovano a lavorare nello stesso posto; una scuola, un ospedale, un ufficio, una fabbrica, un parlamento... Forti della promessa di Cristo: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro», vogliono meritare, per la continua mutua carità, la Sua presenza.

Sono convinte infatti che questa presenza di Cristo possa suggerire le linee da seguire, i passi da fare, e coinvolgere altri nelle azioni.

La stessa attenzione a muoversi a corpo si verifica fuori dai luoghi di lavoro, nei gruppi di iniziativa sociale, di volontariato, che suscitano opere di Umanità Nuova.

Si sono delineati otto grandi mondi, ciascuno dei quali comprende numerosi ambiti di intervento. Si parla di  «economia e lavoro»; di «rapporti fra gruppi e culture»; di «etica sociale, diritto e giustizia»; di «sanità»; di «armonia sociale e arte»; di «scuola ed educazione»; di «comunicazione sociale»; di «politica e pubblica amministrazione».

Grandi incontri e strutture portanti

GEN’S: Come siete arrivati all’oggi di Umanità Nuova?

Pino: Dal 1968, ogni anno, si sono svolti a Roma, dove è il centro del Movimento, uno o più convegni internazionali per affrontare le varie realtà sociali. Tutti i fenomeni sociali, che si affacciano alla ribalta della storia, sono stati letti secondo l’ottica dell’unità del corpo sociale. Lo scambio di esperienze e la riflessione comune hanno edificato e portato avanti. Si sono messe a fuoco le prime fondamentali idee-forza che, diffuse e incarnate nelle varie culture, hanno suscitato vita nuova e più matura. Infatti le persone, tornate nelle varie nazioni, di fronte ai problemi che via via si presentavano e alle realtà socio-economico-politiche più diverse, si sono collegate fra loro, hanno assunto posizioni e avviato iniziative, per rinnovare le strutture o inventarne di nuove, con la volontà della più ampia apertura verso tutti.

La presenza di Umanità Nuova si fa man mano più incisiva anche nelle istituzioni. Nel 1987 – insieme alla sua versione giovanile Giovani per un Mondo Unito – ottiene il riconoscimento dall’ONU come organizzazione non governativa ed entra a far parte dell’ECOSOC (Consiglio economico sociale) delle Nazioni Unite. I rappresentanti di Umanità Nuova nelle sedi di New York, Ginevra e Vienna si adoperano, da allora, a farne passare i principali messaggi.

 

GEN’S: Quali sono le strutture portanti del movimento Umanità Nuova?

Negli anni 70 si é formata una segreteria centrale per il movimento Umanità Nuova, subito apertasi in una cinquantina di segreterie locali, in tutti i continenti. Ora sono 68. Le segreterie costituiscono un organo vitale, di servizio, che favorisce la raccolta, facilita la circolazione della vita, coordina le iniziative e garantisce la coerenza con lo spirito animatore.

Accanto alla segreteria centrale è nato un altro tipo di struttura, più attento alla vita «esterna» di Umanità Nuova: il bureau. Ce n’è uno per ogni «mondo» di Umanità Nuova. Il primo è stato quello dell’economia e lavoro, fondato in occasione del congresso internazionale «Il lavoro e l’economia oggi nella visione cristiana», del giugno ‘84. Ad esso sono seguiti tutti gli altri. Tali bureaux vengono via via costituiti anche a livello locale: per gruppi di nazioni di una stessa area, o per nazione o per regione.

Azioni internazionali

GEN’S: Avete lanciato anche diverse operazioni ad ampio respiro internazionale...

Pino: Sì. Per esempio, in un altro congresso internazionale dell’88 – «Una cultura di pace per l’unità dei popoli» – gruppi di adulti, giovani e ragazzi di tutto il mondo manifestano che, dove ci si educa ad una cultura dell’unità, è sempre possibile la convivenza pacifica e feconda. A conclusione si lancia un «Appello per l’unità dei popoli», elaborato con la verifica delle varie aree culturali del mondo.

Durante lo scorrere dell’anno successivo il documento viene presentato da piccole delegazioni a organismi, enti nazionali e internazionali, e diffuso capillarmente dappertutto.

A questo punto viene naturale dare l’avvio anche ad altre vaste «operazioni» a carattere mondiale.

L’«operazione Libano», fra le prime. I nostri, che vivono in questa terra, presentano, accorati, il problema gravissimo del proprio Paese: il popolo libanese, che ha come caratteristica principale la convivenza pacifica di etnie e gruppi religiosi diversi, é minacciato nella sua identità e sopravvivenza.

Viene redatto un nuovo appello, che possa incidere davvero  a favore della pace nel Libano. Ancora piccoli drappelli di persone di Umanità Nuova e Giovani per un Mondo Unito presentano questo documento, nelle rispettive nazioni, alle ambasciate dei paesi maggiormente interessati al problema. Tanti capi di stato (fra cui il presidente degli Stati Uniti, i reali di Spagna, il re di Giordania...), ministri degli Esteri (fra cui quello di Israele, del Canada...) e ambasciatori rispondono con parole di consenso, solidarietà e incoraggiamento.

Più tardi partono, per situazioni e problemi diversi, altre operazioni. Una volta ci si muove per le popolazioni della Romania; un’altra per quelle di Panama; un’altra ancora per quelle dell’area saheliana.

Gli interventi diretti sul posto, a volte con il trasferimento volontario di interi nuclei familiari, rendono più efficaci le iniziative.

Nel 1991, in conseguenza della caduta del muro di Berlino e del crollo dei regimi comunisti nell’Est Europeo, parte l’operazione rivolta a questi Paesi, soprattutto l’ex Iugoslavia e la Russia. I consistenti fondi raccolti, i numerosi container e autotreni partiti con aiuti materiali, i gesti di solidarietà, il sostegno morale e spirituale risultano, come sempre, anche un’ottima occasione per un incontro fra realtà e culture diverse, per intessere rapporti profondi.

Economia di comunione
e inculturazione

GEN’S: Che programmi avete in corso in questo momento?

Mariele: Adesso il movimento Umanità Nuova è impegnato seriamente – con la risposta vivace della base, ma anche a livello di esperti – negli ultimi due progetti, nati nel ‘91 e nel ‘92 in occasione di due viaggi di Chiara Lubich: uno in Brasile, l’altro in Africa. Il primo va sotto il nome di «Economia di comunione». Da due anni si studia e si lavora per realizzarlo in tutto il mondo2.

Il secondo si riferisce all’«inculturazione»3. I suoi orizzonti sono molto vasti. Ormai in quasi tutte le nazioni c’è almeno un gruppo di donne, uomini, giovani e ragazzi che hanno una meta precisa: scavare nell’intimo della storia della propria gente, individuarne la vera identità – si potrebbe dire la personalità collettiva – con tutte le sue doti migliori, da portare in dono per la vita di un’ unica famiglia umana sparsa per il mondo. Già si sono aperte delle scuole per una seria preparazione sull’argomento.

Come la famiglia così la società

GEN’S: Quali le prospettive per l’immediato futuro? Sappiamo che Chiara Lubich ha proposto un vero e proprio programma sociale con il suo messaggio sulla famiglia come «modello» della società. Cosa esso significa per la vostra azione e la vostra riflessione?

Pino: Il messaggio di Chiara al Familyfest è una sfida importante di fronte alla cultura attuale del Nord del mondo perchè ha l’ardire di riproporre oggi, nella presente confusione dei valori, il modello cristiano della famiglia. Con essa, rifondata però su un amore rinnovato e attinto coscientemente alla fonte trinitaria, viene riproposta la continuità fra persona, famiglia e società, che nella cultura marxista da un lato e in  quella liberal-radicale dall’altro, si é interrotta; continuità fondamentale, secondo noi, per il comporsi di una società armonica, a misura d’uomo. Il luogo dove l’essere umano impara e si esercita a stare insieme agli altri, ad aprirsi, ad essere creativo, ad edificare la società, è la famiglia. E’ in essa che impara a camminare, che impara a parlare, a muoversi, è qui che assorbe la linfa dell’amore che la famiglia fa circolare al suo interno.

Se si distrugge questa cellula, anche la società verrà meno; se invece la si aiuta a realizzarsi nella pienezza del suo disegno, la società può permearsi di questi valori e fondarsi su di essi. Aderire a questo messaggio di Chiara per noi significa trovare la continuità fra il vivere la famiglia e costruire il sociale; in questo la persona si ritrova unificata. E significa anche un impegno particolare di tutto il Movimento Umanità Nuova a far passare questi valori nei vari settori del sociale per contribuire a far sì che questa affascinante utopia, di fare dell’umanità una famiglia, non resti un sogno ma rappresenti una meta in futuro raggiungibile.

Azione sociale permeata di divino

GEN’S: Per concludere: una grossa sfida per ogni cristiano che si lancia nel sociale è come riuscire a mantenersi coerente alle proprie convinzioni religiose e ad incarnarle nelle proprie azioni. Nella vostra esperienza, quale rapporto c’è tra Dio e l’impegno sociale?

Pino: Tutto dipende dall’atteggiamento con cui ci si muove. Abbiamo imparato e cerchiamo sempre di radicare il nostro amore al prossimo nell’amore a Dio, di far scaturire l’uno dall’altro4.

E’ questa una realtà fondamentale. Nella nostra epoca abbiamo assistito ad un esperimento senza precedenti: il tentativo di costruire una società senza Dio; esperimento che ha coinvolto centinaia di milioni di uomini. Abbiamo visto poi il crollo della maggioranza di quei regimi; ma dall’altra parte abbiamo visto strutturarsi un mondo che parla di Dio, che afferma la libertà religiosa, che ha chiese, cerimonie religiose, ma che in realtà non ha fondato le sue leggi, la sua economia, la sua politica... su Dio.

Allora cosa vuol essere Umanità Nuova? Un contributo a riportare Dio nella società. Ritessere i rapporti sociali, trasformare la vita della società, ristrutturandola su Dio. Ma quale Dio? Quel Dio che si manifesta nell’evangelico rapporto d’amore reciproco.

Umanità Nuova è fatta per portare questo amore nella vita e nelle strutture sociali. Un amore né predicato né misticheggiante, ma che nasce dalla contemplazione di Cristo in mezzo a noi e dall’essere radicati in Gesù crocifisso e abbandonato: quella è la  misura che gl’impedisce di diventare un’illusione.

Ecco allora cos’è Umanità Nuova: Gesù che manifesta la sua presenza fra gli uomini e piano piano genera un’umanità e quindi una società nuova. L’inversione di tendenza dell’umanità parte da noi, da ognuno di noi...

La Redazione

 

1)   C. LUBICH, Dio è vicino. Scritti spirituali/4, Roma 1981, 186-189.

2)   Su questa iniziativa, cf. E. CAMBÓN (a cura di), Per un’economia di comunione. Un’intervista a Pasquale Foresi, in: Gen’s, 21 (1991), 197-200; anche il numero, integralmente dedicato al tema, di Nuova Umanità, 80-81 (1992).

3)   Cf. Città Nuova, 36 (1992), 27-33.

4)   Cf. C. LUBICH, Tutti uno. Scritti spirituali/3, Roma 1979, 83 ss.