Amore che si fa storia nel cuore sell’esperienza cristiana

 

L'agápe è la «categoria sintetica» che costituisce la chiave di lettura del mistero cristiano e della storia dell'umanità nel suo cammino. Essa quindi dev'essere al centro di ogni riflessione teologica e di ogni attuazione storica del messaggio evangelico: questa l'idea che suscita la lettura dell'ultimo saggio di Piero Coda, L'agápe come grazia e libertà.

Per fondare questa tesi, cercando di far entrare il lettore in questa dinamica, l'autore percorre un preciso itinerario. Parte da un quadro storico, poi approfondisce l'esperienza biblica dell'amore di Dio e del prossimo nei suoi vari aspetti, esaminando successivamente (capp. 2-5) l'Antico Testamento, la prima lettera di Giovanni, il kérigma e la prassi del Gesù storico, la rilettura di Paolo e Giovanni e degli Atti. Conclude infine con un capitolo sostanzioso che considera la sfida attuale dell'agápe come «cuore della comunione e della missione della Chiesa», offrendo delle riflessioni preziose sull'identità della Chiesa e sulla nuova evangelizzazione.

Nei suoi rapporti attraverso la storia con l'umanità, Dio si mostra come Egli è, Amore-Agápe. Questa in sintesi l'esperienza del popolo di Israele. Questo l'evento di Cristo che esprime e comunica l'Agápe del Padre. Agápe diventa il «nome» di Dio (cf 1 Gv): del suo agire nella storia e, allo stesso tempo, essendo questo agire manifestazione del suo essere intimo  anche dell'Essere di Dio in se stesso. Ecco un circolo ermeneutico che sottostà a tutta la trattazione.

L'amore umano  penetrato sempre più dall'amore divino  dà la «terminologia» per poter esprimere l'amore di Dio. O con le parole dell'autore: «Da un lato la rivelazione dell'amore di Dio diventa progressivamente radice e fondamento dell'autentico rapporto dell'amore tra gli uomini, dilatando gli spazi e le prospettive; mentre, dall'altro, l'amore umano nella sua massima intensità diventa “grammatica” esistenziale per esprimere l'inaudita profondità e reciprocità tra Dio e il suo popolo» (p. 47).

L'assolutezza dell'amore di Dio nel kérigma di Gesù viene dischiuso come un rapporto di figliolanza con un Padre, a cui si può confidare tutta la propria esistenza. È però un Dio che prende sul serio l'agápe che si attualizza nella storia e nell'esperienza umana. «Gesù annuncia un Dio che fa rischiare, che vuole una risposta libera, adulta e matura di amore che passa attraverso l'assunzione in prima persona di responsabilità, nelle trame variegate e anche pericolose della storia» (p. 85). Un Dio cioè che non si fa strumentalizzare per il bisogno di una falsa sicurezza, che non è «paternalistico», ma che dà una legge di libertà. L'amore è chiamato a passare attraverso la prova, la fedeltà nella persecuzione e perfino l'esperienza dell'abbandono. Proprio come è stato per Gesù stesso. Ma è così che Dio fa crescere la capacità di un dono-di-sé maturo, sino a dare la vita.

La stessa nuova evangelizzazione, di cui tanto si parla oggi, non può essere altro che un'espressione di quell'agápe che diventa evento concreto nella storia. L'agápe, dal quale nasce la Chiesa, nel suo essere non è chiusura, ma è in sé comunicazione. «Mentre fonde in comunione e unità, l'agápe spinge alla missione, perché è di per sé apertura e traboccamento» (p. 142). Ed è la propria esperienza che viene testimoniata, annunciata e mostrata nel concreto modo di vivere. «Se Cristo “racconta”l'agápe del Padre nella forza dello Spirito, la comunità ecclesiale nella forza del medesimo Spirito “racconta”l'evento agápe del Cristo per farlo diventare in pienezza storia degli uomini» (p. 139). Avendo come presupposto e modello il rapporto d'amore fra il Padre e il Figlio, la reciprocità vissuta tra i discepoli è il segno della credibilità della fede cristiana: «Vides Trinitatem, si caritatem vides» (s. Agostino).

Ciò ha delle enormi conseguenze anche sociali. Trova qui il suo pieno significato l'opzione preferenziale per i poveri, perché la loro esistenza testimonia appunto la mancanza di rapporti trinitari fra gli esseri umani. L'autore, in questa chiave, fa delle osservazioni profonde e per certi versi originali su una comprensione della Chiesa come Chiesa dei poveri, come luogo dove i poveri stessi hanno voce, diventano protagonisti nella trasformazione del mondo in una società più a misura d'uomo, più d'accordo con il progetto di Dio. Da qui anche  a partire dalla prassi di Gesù e della comunità primitiva  la necessità di un'utopia che si fa storia nella forza dello Spirito e nella concretezza delle strutture di comunione.

Nel saggio di Coda troviamo in sintesi un'ispirazione profonda che può illuminare sia il campo della riflessione teologica, sia la pastorale e l'impegno sociale, affinché la Chiesa possa vivere la sua vocazione a diventare, in ogni sua espressione, immagine sempre più trasparente dell'agápe di Dio.

Bart Benats

 

 

PIERO CODA, L'agápe come grazia e libertà. Alla radice della teologia e prassi dei cristiani, Città Nuova ed.,  Roma  1994,  pp.  191, L. 22.000.