Dialogo con i lettori

 

«Quando andavo in chiesa solo raramente, il parroco e i suoi collaboratori mi rispettavano; adesso che ho iniziato un cammino di fede in un movimento ecclesiale, mi guardano con perplessità... Io, in un certo senso, li capisco, perché dovrò prima provare che la mia conversione è sincera e duratura e ci vorrà tempo. Quello che invece non mi aspettavo è l'atteggiamento non incoraggiante del parroco, non tanto verso la mia persona quanto verso i movimenti ecclesiali in genere. A volte gli sfuggono frasi come questa: “I movimenti possono essere utili nelle parrocchie che non hanno una pastorale ben organizzata..., altrimenti disturbano...”. È mai possibile che un movimento che mi ha ridato la fede possa essere di ostacolo alla vita cristiana della parrocchia?»

 (Antonio M.  Mantova)

 

 

La difficoltà di accogliere il nuovo

 

Tempo fa è venuto a trovarmi un collega e, vedendomi lavorare al computer, ha sgranato gli occhi e mi ha detto che egli preferisce scrivere con la sua Olivetti di quarant'anni fa e che mai metterà le mani su strumenti così complicati. L'ho invitato a sedersi e a scrivere come se fosse davanti alla sua macchina. L'ha fatto con la circospezione di chi ha paura di provocare un disastro... Nel frattempo il video si era spento. Quando avendo toccato il primo tasto gli si è illuminato lo schermo, ha avuto un soprassalto, si è alzato dalla sedia e non ha voluto più toccare la tastiera!

Mi si perdoni il paragone, ma per molti pastori i movimenti ecclesiali sono dei complicati strumenti spirituali nuovi, di cui essi conoscono a mala pena l'esistenza ma che non hanno avuto l'opportunità di imparare ad usare né in seminario, né dopo e, per questo, preferiscono non averli e, se per caso qualcuno li porta in parrocchia, preferiscono ignorarli.

Noi sacerdoti di una certa età  ma succede anche con altri più giovani  siamo stati educati ad un certo stile pastorale e la nostra esperienza nel rapporto con le aggregazioni laicali, fino a pochi decenni fa, non andava oltre determinate associazioni, come l'Azione cattolica, i Terzi Ordini, le Confraternite.

È vero che il Vaticano II ci ha spalancato nuovi orizzonti, invitandoci a valorizzare l'apporto dei laici e noi teoricamente ne siamo convinti. Quando però ci troviamo operativamente di fronte al nuovo, spesso non sappiamo come muoverci.

C'è poi un altro elemento che complica la nostra azione pastorale. Nel passato le parrocchie erano i luoghi naturali di raccolta per tutti i credenti sotto la guida del parroco. Oggi siamo diventati cittadini del mondo e tanti cristiani hanno perso il contatto vitale con le loro parrocchie e le organizzazioni laicali del passato non li attirano.

Forse per questo lo Spirito ha suscitato nuove forme di associazione, e nuove spiritualità. Ma questi movimenti ecclesiali non si organizzano in genere su basi parrocchiali o diocesane, perché hanno un respiro più universale. Come raccordarsi allora con le parrocchie? Siamo, noi parroci e i movimenti ecclesiali, preparati a collaborare per portare avanti una pastorale comune con respiro universale, affidando ad ogni movimento quella parte che più corrisponde al suo particolare carisma? Per far questo è necessario da ambo le parti un'esperienza di autentica comunione.

Dobbiamo riconoscere che finora noi sacerdoti stiamo dando i primi timidi passi in questa direzione. Troviamo tante difficoltà persino per armonizzare l'azione di più parroci di una stessa zona; è dei nostri giorni il tentativo di costituire unità pastorali con più sacerdoti che agiscano in sintonia su uno stesso territorio; non tutte le parrocchie sono riuscite a far funzionare un consiglio pastorale parrocchiale con persone che siano veri consiglieri e non solo meri esecutori.

Quanto ai movimenti ecclesiali essi hanno al loro interno una maggiore esperienza di comunità, ma a volte manca la conoscenza della parrocchia come presenza sempre attuale della Chiesa nel territorio, presenza che non può essere sostituita da nessuna aggregazione laicale. Per alcuni l'entusiasmo tipico dei neofiti fa vedere il proprio movimento come un qualcosa che dà pienezza di vita e fa sottovalutare questa struttura tradizionale della Chiesa.

Certamente i movimenti ecclesiali hanno una loro freschezza evangelica con la riscoperta affascinante della sequela di Gesù; la parrocchia, però, ha un'esperienza secolare nell'accogliere tutti e nel donare a tutti la possibilità di un cammino essenziale di fede, anche se a volte lo si fa più lentamente, perché la parrocchia, come fa notare Adrianne von Speyr parlando della Chiesa-istituzione in genere, «non può presentarsi al Signore solo con quelli che corrono più svelti, ma deve prendersi cura di tutto il gregge affidatole, anche di coloro che sono lenti e tiepidi». È necessario allora uno scambio di doni tra carisma e istituzione, tra movimenti e parrocchia.

In linea di principi sono stati fatti tanti passi in questo senso attraverso diversi documenti. Ne ricordiamo solo due: la Christifideles laici  e Le aggregazioni laicali nella Chiesa della commissione episcopale italiana per il laicato. Essi mettono in rilievo il dono provvidenziale che sono gli autentici movimenti ecclesiali per tutti i cristiani di oggi. Ora si tratta di passare all'azione, ma per questo bisogna conoscersi, dialogare e costruire insieme.

In un dialogo sereno i pastori coglieranno più facilmente i doni dello Spirito presenti nei movimenti e li valorizzeranno per il bene di tutta la comunità; i movimenti a loro volta riconosceranno il valore inestimabile del ministero e offriranno con gioia quei servizi in cui si sentono particolarmente competenti.

In questo senso è in atto in alcune diocesi e parrocchie un'esperienza che sta dando i suoi frutti. Ci sono vescovi e parroci che hanno accolto nei rispettivi consigli pastorali i rappresentanti di tutte le aggregazioni presenti nel territorio per elaborare insieme piani pastorali che rispondano ai bisogni oggettivi del posto, lasciando ad ogni movimento la libertà di scegliere il campo d'azione secondo il proprio carisma e in piena sintonia con i pastori che devono armonizzare l'insieme.

E. P.