Nasce nella Repubblica Ceca una pastorale giovanile basata sulla comunione

 

Il volto giovane della Chiesa
in un paese dell'Est

 

a cura di Enrico Pepe

 

Tutto ebbe inizio in una parrocchia di montagna, Príchovice, ai confini con la Polonia, dove il regime comunista di Praga aveva relegato Mirek Simácek, un sacerdote troppo seguito dai giovani 1. Ma inutilmente, perché questi, prima in piccoli gruppi e poi sempre più numerosi, andavano in quel paesino sperduto tra i monti e vi passavano i fine settimana per «conoscere e vivere il vangelo».

 

 

Quando  cadde  il  muro  di  Berlino  e si cominciò a respirare un'aria di libertà, i giovani cechi non dovevano più divertirsi a depistare la polizia per potersi incontrare; compresero che era il momento di misurare le proprie forze per rivolgersi a tutti gli altri giovani del loro Paese. Innanzi tutto una gioiosa scoperta: già erano in parecchi e per lo più di diverse diocesi quelli che avevano sfidato la persecuzione in quegli anni. I vescovi, messi al corrente, non credevano ai loro occhi e diedero tutto l'appoggio perché l'esperienza di Príchovice si diffondesse in tutto il Paese.

 

Occorre un' «anima», ma quale?

Impiantare di colpo una pastorale giovanile a livello nazionale e diocesano non richiede solo una capacità organizzativa, ma soprattutto la capacità di dare ad essa un'«anima». Ora, cosa aveva attirato i giovani in tempo di persecuzione formandoli ad una vita coerente col vangelo? La risposta l'hanno data loro stessi: il vangelo vissuto, la vita di comunione tra di loro, il comandamento nuovo messo in pratica fino ad essere disposti a dare la vita gli uni per gli altri.

Con l'apertura all'Occidente c'è stato nell'Est un momento di euforia e i giovani hanno aperto gli occhi sul mondo dell'Ovest e spesso sono stati ammaliati dalle promesse del consumismo. In queste circostanze sarebbe stato opportuno offrire loro un modello di vita molto diverso, dove non si cerca la gioia nell'avere tante cose, ma che si basa nel porre la propria vita a servizio degli altri. Però, quale sarebbe stata la loro reazione?

Nell'autunno del '90 sono iniziati i primi incontri in varie diocesi con lo scopo di preparare la giornata mondiale dei giovani col Papa a Czestochowa. Coloro che durante la persecuzione si erano formati nell'esperienza di Príchovice ne sono stati gli animatori e nel '91 hanno portato a Czestochowa ben 8.000 giovani cechi e moravi. Non è stato però il numero che li ha resi entusiasti, quanto la constatazione di un metodo di lavoro che stava dando i suoi frutti. Lo ha così espresso uno di loro: «Abbiamo sentito e sperimentato che potevamo proporre questa vita agli altri giovani solo perché l'avevamo vissuta noi per primi».

 

La formazione degli animatori

Era dunque chiaro che, al di là degli entusiasmi suscitati dalle grandi manifestazioni di massa, certamente valide, bisognava puntare sulla formazione sistematica e continua di gruppi di giovani che potessero fare da animatori nelle diocesi. Questi, nella misura in cui fossero formati, sarebbero stati capaci di attirare e seguire tanti altri giovani. E così è avvenuto. Già durante l'estate hanno portato ben 4.000 giovani a Velerhad per un incontro di approfondimento della fede.

Ancora più interessante è stato il raduno di 500 animatori di tutte le diocesi morave e boeme. Rifacendosi all'incontro col Papa in Polonia e volendo preparare quello di Denver, avevano scelto la località di Olsztyn presso Czestochowa, invitando una rappresentanza di spagnoli, francesi, olandesi, croati, polacchi e russi. La settimana prima si sono ritrovati sul posto una settantina di ragazzi e ragazze per preparare l'abitazione, i servizi sanitari, la cucina, il palco, la musica, la decorazione, l'ufficio stampa, ecc. Una settimana di lavoro, ma non solo, perché ogni giorno mettevano a fuoco la propria vita con Dio e tra di loro e si muovevano in armonia, facendo ogni cosa in spirito di servizio. Una vera esperienza di come dovrebbero essere i rapporti nella società.

Alla fine hanno inviato un messaggio al Papa, dicendo, tra l'altro, che si incontravano per incoraggiarsi mutuamente e poi lanciarsi con la nuova evangelizzazione alla costruzione di un mondo dove regnasse la civiltà dell'amore.

Quando il 19 luglio '92 sono arrivati gli altri giovani, si sono sentiti subito a casa anche se i ragazzi dormivano per terra in un edificio ancora incompiuto e le ragazze sotto le tende: quello che contava era il clima di gioiosa fraternità che regnava fra tutti.

Il programma formativo non era costituito solo dai temi che si sarebbero svolti, ma dallo stile di vita di quelle giornate. I giovani dell'Est mostravano un profondo desiderio di conoscere i cardini del vangelo, l'unica forza che si era rivelata capace di opporsi all'asservimento dei sistemi totalitari nelle loro terre. Ogni giorno al mattino un vescovo esponeva loro un aspetto essenziale del cristianesimo, come Dio-Amore, il suo disegno sull'umanità, la legge dell'amore scambievole, il mistero della croce, il Risorto nella Chiesa. Questa presenza in tutta semplicità dei vescovi tra i giovani si è rivelata molto importante, perché molti di loro non avevano mai potuto avvicinarli prima a motivo della persecuzione. È nato così un bellissimo rapporto tra i giovani e i pastori delle loro diocesi.

Al pomeriggio si dividevano in gruppi per un dialogo più personale, soprattutto per imparare a vivere nella fraternità vera, come nelle prime comunità cristiane.

Una giornata molto importante è stata quella del pellegrinaggio al santuario del Monte Chiaro, dove, durante la concelebrazione della Messa, l'arcivescovo di Praga manifestava la sua gioia nel constatare l'apertura dei giovani ai nuovi movimenti ecclesiali, che avevano creato per i giovani l'ambiente più adatto per assimilare i valori fondamentali del vangelo, così indispensabili per ricostruire il mondo su basi nuove.

 

I movimenti ecclesiali e i giovani

Conversando con il sacerdote Mirek Simácek, egli ci ricorda i tempi difficili degli inizi a Príchovice. «In quegli anni  ci dice  era stata la spiritualità del Movimento dei focolari che ci aveva dato la forza di affrontare qualsiasi difficoltà  spesso era in pericolo la stessa vita , pur di portare avanti la vita cristiana. Ora constato con gioia che questo spirito sta penetrando nelle strutture stesse della Chiesa, soprattutto nella pastorale giovanile, non per monopolizzarla, ma in spirito di servizio, dando ai giovani la possibilità di abbeverarsi alle fonti genuine del vangelo con una «tecnica» ormai comprovata, quella cioè di enuclearne i principi fondamentali per viverli insieme nel quotidiano.

Oggi tra questi giovani  continua Mirek  si è rafforzata la fede, molti di loro l'hanno comunicata ad altri, sono stati capaci di mostrare il volto giovane della Chiesa, hanno stabilito rapporti profondi coi loro vescovi e si sono sentiti corresponsabili nell'evangelizzazione. A Olsztyn c'era anche un gruppo di russi che hanno detto: “Qui siamo dodici, di una comunità di Mosca, e vorremmo al nostro ritorno far nascere altre dodici comunità giovanili<170>».

Il lavoro è continuato nelle diocesi. Nella domenica delle Palme del '93 ben 10.000 giovani della Repubblica Ceca si sono ritrovati insieme attorno ai loro vescovi. Una rappresentanza di 50 persone è andata alla giornata di Denver, mentre negli stessi giorni gli altri si sono ritrovati nel famoso santuario di Velehrad. Tra Denver e Velehrad in quei giorni i giovani hanno stabilito un collegamento continuo via fax per vivere in piena sintonia.

Anche questo incontro nazionale a Velehrad è stato preceduto da una settimana di convivenza di 300 animatori provenienti da tutte le diocesi, sempre con lo stesso metodo: gli animatori si impegnano a vivere per primi l'amore fraterno affinché gli altri giovani, arrivando, trovino la Chiesa viva. E proprio tra questi animatori si sono raccolti i frutti più belli: sono nate vocazioni alla vita consacrata e al sacerdozio, si è ravvivata la vita di molte comunità giovanili, si sono approfonditi i rapporti con i vescovi e col Papa.

A Denver i giovani della Repubblica Ceca durante un forum hanno donato la loro esperienza: durante i 40 anni nei quali molte diocesi del loro Paese erano vissute senza vescovi, i loro genitori e poi loro stessi avevano avuto modo di apprezzare la necessità del servizio episcopale e la preziosità di un legame concreto con la Chiesa universale.

 

Centri diocesani e interdiocesani

Adesso per la pastorale giovanile ogni diocesi ha un centro e tutti i centri diocesani sono collegati tra di loro attraverso uno statuto approvato dalla Conferenza episcopale in modo che ogni gruppo possa andare in profondità nel lavoro di formazione e nello stesso tempo non perda i rapporti con gli altri a livello nazionale e internazionale.

Riflettendo su come è nata la vita tra i giovani, si è sentita la necessità di mantenere in vita l'esperienza di Príchovice e di moltiplicarla. A questo scopo stanno sorgendo dei «centri interdiocesani di vita», costituiti ognuno da una piccola comunità di giovani che, insieme ad un sacerdote dotato di una certa esperienza nella vita d'unità, si impegnano a vivere insieme il vangelo per accogliere tutti i giovani che vogliono fare questa stessa esperienza per un periodo di tempo che va da un fine settimana ad un periodo di tempo più lungo, secondo le possibilità di ognuno.

A Príchovice hanno costruito a questo scopo una nuova casa collegata con l'antica abitazione e l'hanno chiamata simbolicamente «Crocevia» e le hanno dato come motto: «Dove due o più sono uniti nel mio none, io sono in mezzo a loro», per significare che è il punto di incontro di molte strade (le diverse diocesi che vi fanno capo) e che lì si va per fare un'esperienza di Chiesa.

Altri due centri simili sono pure in funzione rispettivamente a Orlické e a Praga. Nel primo sono passati, nel '93, ben 3.000 giovani e nel secondo 2.000.

C'è da rimanere sorpresi di questo sviluppo se si pensa che i giovani di questi paesi vengono fuori da un ambiente che per decenni è stato bombardato sistematicamente dalla propaganda atea che ha lasciato in molti profonde tracce di indifferentismo.

«È sintomatico anche  ci fa notare Mirek  che quasi tutti i sacerdoti scelti dai vescovi per accompagnare questi centri di vita aderiscono a movimenti ecclesiali o sono salesiani. I vescovi ritengono che le loro spiritualità siano particolarmente adatte per portare i giovani ad un'autentica esperienza di Chiesa, capace di affrontare le sfide dell'umanità di oggi».

 

a cura di Enrico Pepe