Quali le strutture fondamentali perché una parrocchia sia comunità?

 

Consiglio Pastorale a servizio dell'unità

 

di Guido Bonino

 

È possibile che in una parrocchia nasca un Consiglio Pastorale capace di irradiare nel territorio un'autentica vita cristiana? E quali i principi fondamentali, secondo i quali esso dovrebbe configurarsi? Ed ancora: si potranno coordinare in una pastorale unitaria le forze vive dei vari movimenti e aggregazioni ecclesiali? Domande attuali, che ogni pastore si pone. Don Guido Bonino, da quando è parroco a Collegno-Leumann, nella prima periferia di Torino, ha cercato di vivere egli stesso in primo luogo la comunione con le persone più impegnate della sua comunità. I frutti della sua attività pastorale sembrano poter fornire un contributo concreto alla soluzione di questi problemi.

 

Attualmente  la  parrocchia  conta 11.500 abitanti, di cui solo il 10% frequenta la Messa domenicale. La popolazione è distribuita su un territorio diversificato: una zona, prevalentemente residenziale, è abitata da famiglie di origine piemontese; un'altra è caratterizzata da immigrati di origine meridionale; una terza alterna palazzi e piccole case in uno sviluppo poco armonico. La situazione territoriale ha richiesto due centri di culto, la chiesa parrocchiale e una succursale, e diversi luoghi per la catechesi dei bambini. Nel lavoro pastorale attualmente sono impegnati con me due diaconi permanenti, Giulio e Aldo Brunatto, e i membri del Consiglio Pastorale. Anni fa, quando fui nominato parroco mi resi conto che in questo contesto di differenze culturali accentuate e di difficoltà accresciute dalla conformazione stessa del territorio, il mio compito non sarebbe stato facile.

In quel periodo ebbi la possibilità di entrare in contatto col Movimento dei focolari e di apprezzarne la spiritualità. Mi impegnai a vivere una vita di unità con altri sacerdoti e con alcuni parrocchiani. Ben cosciente che «nessuno dà quello che non ha», capii che se volevo far fiorire una comunità dovevo vivere la comunione prima di tutto con gli altri sacerdoti e con coloro che più si impegnavano in parrocchia.

Sulla base di questa fraternità sacerdotale e mettendo in pratica il comandamento nuovo anche con i laici, è maturato pian piano un gruppo di persone seriamente disposte a dare il loro contributo per la vita della parrocchia.

 

C'è posto per tutti

Col tempo abbiamo costituito il Consiglio Pastorale parrocchiale. In esso sono rappresentati tutti i gruppi esistenti in parrocchia: quello della famiglia e della Caritas, degli anziani e dei giovani, gli animatori dell'oratorio e della liturgia, i catechisti e i responsabili per la preparazione dei fidanzati al matrimonio, i ministri straordinari dell'Eucarestia, la commissione economica, il rappresentante di un'associazione sportiva, il delegato dei chierichetti, il coordinatore della catechesi per la cresima. Ci sono inoltre i rappresentanti di due movimenti ecclesiali, quello dei focolari e del Rinnovamento nello Spirito, presenti in parrocchia e ben inseriti nella pastorale parrocchiale.

Scopo del Consiglio era e rimane quello di trasformare la parrocchia in una comunità viva, suscitando tra la gente rapporti di comunione fraterna, aiutando ad incarnare il vangelo in tutti gli aspetti concreti della vita, promuovendo il dialogo tra le diverse realtà esistenti nel territorio, impegnandosi in campo sociale; e tutto questo dentro un piano pastorale unitario.

L'idea fondamentale, condivisa man mano da tutti, è che è impossibile creare una mentalità di condivisione nella massa dei parrocchiani, se non c'è al centro un gruppo di persone che vivono già in comunione tra loro e a servizio degli altri. Il Consiglio deve essere nel suo piccolo l'immagine del cammino di insieme che tutta la parrocchia è chiamata a percorrere. Era perciò urgente curare innanzitutto la formazione dei membri del Consiglio.

 

Le linee per la formazione

Ma dove prendere delle linee di formazione efficaci e in cui tutti si ritrovassero anche se appartenenti a gruppi e a movimenti diversi?

Per tracciare tali linee e per cercare di far emergere un profilo di comunità locale ci siamo messi in ascolto della voce della Chiesa che, «edificata sul fondamento degli apostoli e dei profeti» (Ef  2, 20), parla sia attraverso il suo magistero che attraverso i suoi carismi.

Sapevo, anche per esperienza personale, che tutti i movimenti ecclesiali hanno linee di formazione che si ispirano al vangelo e quindi, in linea di principio, valide per tutti i cristiani; non tutti i parrocchiani, però, si sentono a loro agio nelle strutture dei movimenti. Bisognava quindi saper valorizzare quanto questi offrono alla comunità cristiana come esperienza e come riscoperta dei valori evangelici, e presentarlo, poi, con il linguaggio del magistero della Chiesa. In questo modo i membri del Consiglio si sono formati ad una mentalità aperta, capace di accogliere e valorizzare tutte le forze vive presenti nel territorio.

È stata sottolineata l'importanza della parrocchia per tutti, non solo perché di fatto una grande percentuale di persone fa in essa l'unica esperienza di Chiesa ed è quindi un punto di riferimento insostituibile e primario, ma anche perché ha in sé la capacità di generare un modello, un bozzetto di umanità illuminata e guidata dal vangelo: «una strategia —  come ha detto Giovanni Paolo II — per rifare il tessuto della comunità cristiana come condizione per rifare il tessuto della società» 1.

Anche Paolo VI mette in luce il compito della parrocchia di essere, per la sua vita di comunione, una città sul monte a cui tutti possano guardare, «meraviglia sociale di bellezza e di valore umano grandissimi» 2, ed afferma che «nessuna forma della società moderna, pur tanto progredita, può avvicinarsi al concetto di fratellanza, di famiglia, di unità, di fusione di anime e di cuori, espresso dalla vita parrocchiale» 3.

Il Consiglio Pastorale per due anni si è riunito ogni quaranta-cinquanta giorni, esclusi i mesi estivi, e ha svolto un programma diviso in due parti: un'ora dedicata alla conoscenza dei documenti della Chiesa che si riferiscono alla parrocchia e un'altra ora alla trattazione di scelte pastorali concrete.

Gli argomenti fondamentali riguardanti la formazione sono stati:

— necessità di una visione di insieme per un cammino parrocchiale;

— la parrocchia nel magistero della Chiesa;

— importanza specifica della parrocchia;

— come nasce e si sviluppa una comunità cristiana;

— la carità come tessuto della vita ecclesiale;

— articolazioni e settori che caratterizzano la vitalità della comunità.

Gli argomenti sono stati raccolti in un volumetto dattiloscritto che è servito per i ritiri di inizio d'anno e quindi per passare questi principi nella vita dei vari gruppi e, tramite loro, informarne il vissuto di tutta la parrocchia.

 

Come nasce e si sviluppa una comunità parrocchiale?

Nel rispondere a questa domanda, abbiamo enucleato alcuni punti basilari.

Il fondamento della comunità cristiana è la Parola di Dio. La parrocchia come comunità non scaturisce da uno sforzo organizzativo, pur sempre necessario, ma nasce quando un gruppo di persone, attratte dalla Parola, la mettono in pratica e ne comunicano tra di loro i frutti. Innumerevoli sono le indicazioni del magistero in questo senso; cito solo Giovanni Paolo II: «Fatevi costruttori di comunità nelle quali, sull'esempio delle prime comunità, vive ed agisce la Parola» 4.

Il centro della vita parrocchiale è l'Eucaristia. Già nel Concilio si legge: «Non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della santa Eucaristia, dalla quale quindi deve prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità» 5. I vescovi italiani commentano: «È l'Eucarestia che plasma la comunità e ne accresce il potenziale di amore» 6.

La comunità cristiana trova nel vescovo e nel parroco, suo rappresentante, il punto di convergenza. «Occorre stringersi insieme unendo le forze in una gara di comprensione reciproca e di amore sincero, che faccia convergere tutti intorno al pastore comune, il vescovo diocesano e colui che lo rappresenta nella comunità parrocchiale, il parroco» 7.

Una comunità parrocchiale è vera Chiesa quando si realizza in essa la presenza di Gesù in mezzo ai suoi, quando, cioè, si mettono le condizioni per cui il Cristo può rendere attuale la sua promessa: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, ivi sono io in mezzo a loro» (Mt 18, 20).

Paolo VI, parlando alla parrocchia romana di «Santa Maria Consolatrice», il 17 marzo 1974 aveva detto: «Sono i fedeli insieme perché iscritti sul libro dell'anagrafe o sul registro dei battesimi? Sono aggregati solo perché si trovano la domenica ad ascoltare la Messa, senza conoscersi, facendo magari di gomito gli uni contro gli altri? Se così è, la Chiesa non risulta, in quel caso, compaginata; il cemento che di tutti deve formare la reale, organica unità, non è ancora operante. Sono uniti i fedeli nell'amore, nella carità di Cristo? Di certo questa è una parrocchia vitale; qui c'è la vera Chiesa, giacché è rigoglioso, allora, il fenomeno divino-umano che perpetua la presenza di Cristo fra noi» 8.

 

La pedagogia di una vita «a corpo»

Mentre si mettevano queste basi formative essenziali abbiamo dovuto portare avanti la vita concreta della parrocchia. Se è vero che la vita della Chiesa, come dice il Concilio, è un riflesso sulla terra della vita trinitaria, ciò vale anche per la parrocchia, chiamata, a cominciare da noi del consiglio, ad essere un'icona della vita delle tre Divine Persone. Perché ciò sia possibile, tutte le nostre attività devono essere animate dalla carità, una carità capace di articolarsi in quegli aspetti concreti che coinvolgono tutte le attività umane.

La ricerca di questi aspetti ci ha dato modo non solo di delineare un volto nuovo di parrocchia, ma di scoprire anche la pedagogia di una vita a corpo. Paolo VI invocava la necessità di «una pedagogia, di una formazione che ci abitui ad agire come parti, come cellule, come figli e fratelli di questa comunione ecclesiale» 9.

1. In questa pedagogia il primo passo concreto è la comunione dei beni spirituali e materiali. Quando cresce l'amore fraterno i membri del Consiglio — e tramite loro anche altri parrocchiani — sentono il bisogno di dare il proprio contributo di talenti e di beni anche materiali. Questo ha suscitato, fra sacerdote, diaconi e laici, un nuovo tipo di rapporto che valorizza la funzione di ciascuno e aumenta la collaborazione di tutti; ha favorito anche il passaggio dalla mentalità dell'offerta a quella della condivisione; ha aiutato i movimenti e i gruppi presenti in parrocchia a conoscersi meglio, ad apprezzarsi e a collaborare di più in parrocchia. Con questa nuova mentalità vengono ora affrontati e risolti i problemi concreti come la conduzione degli affari economici, il significato e la destinazione delle offerte nella Messa, le varie collaborazioni richieste dal gruppo della Caritas, le raccolte della «Fraternità» nella quaresima e nelle altre giornate... fino al sostentamento del clero e ai lasciti testamentari a favore della parrocchia o di altri enti caritativi.

2. Un altro aspetto della carità vissuta si concretizza nella testimonianza e nell'annuncio del vangelo. Sotto questa luce vengono vissuti i contatti personali quotidiani, l'accoglienza di coloro che chiedono un sacramento, le visite alle famiglie e persino le attività sportive, ricreative ed artistiche e le feste religiose e popolari. Dal Consiglio quest'anno è partita l'iniziativa di costituire dei gruppi di famiglie che, accogliendosi a vicenda nelle loro case, riflettono sulla Parola di Dio e se ne comunicano le esperienze. È una vera evangelizzazione a domicilio e già 45 gruppi sono all'opera.

3. La carità poi forma alla spiritualità e alla preghiera e porta ad identificare la propria vita personale e di gruppo con quella di Gesù. Si esorta alla lectio divina personale e in gruppo, alla partecipazione all'Eucarestia domenicale, si valorizzano le tradizionali devozioni popolari, come il rosario, la via crucis, i pellegrinaggi, cercando di liberarle dall'intimismo e riportandole al loro significato genuino. Una santità, dunque, popolare che accoglie tutti e porta a Dio, usando non mezzi straordinari e ricercati, ma facendo sì che quelli comuni portino ad una vita più evangelica.

4. L'amore fa valorizzare la vita fisica e la natura. In quest'ottica si vedono tutte le espressioni della vita dalla nascita fino al tramonto ed anche la povertà in tutte quelle forme in cui oggi si presenta. Il Consiglio Pastorale quest'anno ha tracciato linee concrete per l'accoglienza e il dialogo con i terzomondiali.

5. Abbiamo constatato che spesso nelle nostre parrocchie non è curato l'aspetto dell'armonia e della bellezza, dando così l'impressione che nel cristianesimo ci sia qualcosa di tetro, mentre Dio non è solo verità ma è anche bellezza. La comunità parrocchiale, sia nel comporsi organicamente a corpo, sia nelle singole persone deve riflettere questa armonia. Il Consiglio Pastorale ha preso coscienza di questo ed è riuscito tramite gli artisti del Centro Ave di Loppiano (Firenze) a trasformare ciò che inizialmente era un salone-teatro in una chiesa dignitosa, che dà il senso dell'accoglienza e dove si prega volentieri.

6. Un aspetto in genere ben sviluppato nelle parrocchie è quello della catechesi. Lo è anche da noi, ma con un'accentuazione caratteristica, come ci ha fatto notare il vicario episcopale della nostra zona: «Il taglio (da voi dato) è essenziale e vitale: è l'amore che educa alla sapienza e allo studio. Mi pare molto indovinato presentare il cammino di fede come itinerario sapienziale». In alcuni ha destato meraviglia e gioia scoprire che tutti possiamo partecipare alla sapienza che Dio dona quando ci mettiamo alla scuola del vangelo.

7. Ma la caratteristica che in qualche modo riassume questo cammino di fede è l'impegno per l'unità: essere un cuor solo e un'anima sola, santificarsi insieme, vivere a corpo, tutto spinge alla partecipazione, alla comunicazione e quindi all'unità. Qui si innervano tutti i vari problemi di dialogo all'interno delle famiglie e della parrocchia: dalla segreteria parrocchiale alle bacheche, dal tabellone mensile alla collaborazione su scala diocesana, alle catene telefoniche per comunicare notizie, fino all'archivio parrocchiale, e tutto in un clima di gioiosa collaborazione.

 

Consiglio Pastorale: nucleo che vive per l'unità

Dopo due anni di cammino in questo itinerario di formazione è venuto in visita pastorale il vescovo diocesano, il cardinale Saldarini. Intrattenendosi a lungo col Consiglio Pastorale ha detto: «Ritrovo qui a livello di consapevolezza ciò che a me sta molto a cuore. Innanzitutto questa attenzione alla formazione spirituale. Ho scorso un pochino questo volumetto 10 ed ho visto che davvero c'è un approfondimento del mistero e della realtà della parrocchia cristiana molto serio; dimostra appunto la preparazione, l'attenzione a una formazione profonda, convinta, fondata, motivata... Non posso non rilevare positivamente e quindi incoraggiare che il Consiglio Pastorale sia l'immagine — qui lo dite in maniera molto bella — della parrocchia e perciò il nucleo che si preoccupa dell'unità della comunità. Io penso davvero che questo vostro modo di vedere il Consiglio Pastorale è perfetto, perché esso deve in qualche modo offrire a tutti la possibilità di vivere in unità che non è uniformità o appiattimento, ma convergenza nell'uno di tutte le ricchezze che il Signore suscita...».

Dopo la visita pastorale il cardinale ha inviato una lettera a tutta la parrocchia. Ne riporto un tratto significativo: «La celebrazione eucaristica — nella chiesa che, per essere nata con la semplice prospettiva di essere un salone succursale, è stata trasformata e arredata con gusto e dignità — mi ha fatto incontrare un'assemblea veramente orante e concorde, che in qualche modo ricalcava l'immagine della prima comunità cristiana descrittaci da Luca negli Atti degli apostoli (2, 42): “Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”».

Ecco qualcosa, dunque, di ciò che lo Spirito ha operato in questi anni in mezzo a noi; forse il Consiglio Pastorale ha indovinato la strada; ma l'importante ora è di non fermarci perché è ancora lungo il cammino che ci resta da fare.

Guido Bonino