Come e cosa trasmettere ai giovani?
Alcune linee di pastorale giovanile, dedotte dall'esperienza

 

Non una regola che costringe
ma una proposta che affascina

 

di Adriano Vincenzi

 

Cosa sta cambiando e quali sono i tratti caratteristici che emergono nella gioventù? A quali valori i giovani si mostrano più sensibili? Quali domande si celano dietro i loro comportamenti e come proporre risposte autentiche ed appaganti? L'articolo cerca di offrire alcuni elementi essenziali, basati sull'esperienza dell'autore.

 

 

Quali giovani in quale società?

Il pianeta giovani rappresenta certamente un punto di riferimento significativo degli andamenti e delle possibili novità a livello sociale. Da un lato possiamo scorgere tutto ciò che la società trasmette ai giovani e che viene assimilato come l'aria che si respira. La società porta il timbro del mondo adulto: valori, modo di vivere, ideali sono offerti ai giovani che vengono ad assumere un iniziale ruolo passivo di fronte a queste proposte. Dall'altro è possibile scorgere anche gli elementi di novità legati al cambio generazionale: i giovani assumono un ruolo attivo dal momento che possono accettare o rifiutare ciò che è stato loro proposto e nello stesso tempo possono tentare vie nuove di realizzazione.

Per questa situazione tipica il giovane diventa un soggetto privilegiato di formazione intesa come possibilità di valutazione di ciò che gli viene offerto dalla società e dalle agenzie educative (famiglia, scuola, lavoro) e nello stesso tempo come accoglienza di ciò che la sua vita può esprimere come sviluppo e come consolidamento.

Se si volesse dare una «definizione temporale»  di  chi sono i giovani, bisognerebbe dire  che  sono considerati tali quelli racchiusi  nell'arco  di  età tra i 18 e i 30 anni. L'allargamento temporale della giovinezza è legato alle nuove situazioni sociali nelle quali si trovano i giovani: in generale si osserva il prolungamento della permanenza presso la famiglia di origine, dovuto sia agli impegni nello studio, sia alle difficoltà di un inserimento sociale che assicuri una discreta autonomia economica. Il tutto è favorito dal fatto che la permanenza nella famiglia d'origine è comoda ed i contrasti tra mondo adulto e mondo giovane  sono rimasti un ricordo di altre generazioni: il giovane a casa sta bene e gli stessi  genitori  non sono dispiaciuti di trovare  ulteriori  conferme del loro ruolo. La famiglia ha  ritrovato una centralità anche come luogo di rifugio e di protezione rispetto alla realtà esterna più  anonima  e  difficile da abitare.

In una società complessa che presenta varietà di modelli e di opzioni il giovane vive sulla propria pelle la frammentarietà e l'esigenza di comporre l'io al di fuori della frammentazione. Se a ciò si aggiunge la crisi istituzionale e dei valori si può cogliere l'approdo necessario alla soggettività.

 

Soggettività e disimpegno

Si vive una diffusa ricerca di senso e di significati che siano capaci di sostenere il soggetto che non può vivere lo smarrimento interiore. In alcuni casi la ricerca di senso assume risvolti regressivi o difensivi, che si muovono verso una chiusura nelle sicurezze acquisite, ed un disimpegno nei riguardi dell'elaborazione di una prospettiva che ha toni troppo sfumati per essere perseguita.

Nelle scelte quotidiane e nel segreto del soggetto si determinano gli stili di vita ed i modelli di comportamento che, essendo ristretti al soggetto, si muovono in una logica di autorafforzamento e di autoconvincimento.

Il soggetto rischia di essere il fulcro di tutta la realtà ed esprimendosi con un comportamento evidentemente individuale non può creare vaste aggregazioni: viene quindi oggettivamente a mancare il superamento dell'incertezza di fronte alla realtà, anche se il soggetto si percepisce sufficientemente avvolto nella certezza di sé stesso.

Leggendo i mutamenti sociali dell'ultimo trentennio si può costatare che oggi il giovane è indotto verso un soggettivismo difensivo. Negli anni sessanta l'industrializzazione e le migrazioni hanno creato una forte mobilità: i 2/3 degli italiani si è trovato a non appartenere più alla classe d'origine dei genitori. Lo sviluppo economico e l'istruzione hanno favorito il passaggio alla classe impiegatizia ed imprenditoriale. Dagli anni '80 in poi è diventato molto più probabile che chi nasce in una classe vi rimanga: si cambiano facilmente prestazioni, ma non lo status sociale.

In questo contesto sociale, affermato un certo benessere economico, si verifica una proliferazione di stili di vita diversi tra loro ma simili in quanto unico è il riferimento al soggetto.

La concentrazione sull'io intesa in senso esclusivo è portatrice di angoscia, brucia una gran quantità di energie, impegna in uno sforzo che non può non stancare. per questo che alcune volte si vive l'impressione di giovani stanchi, non abilitati alla lotta e quasi arresi di fronte alla forza degli avvenimenti sociali.

 

Dietro ogni comportamento si nasconde una domanda

Bisogna cogliere l'importanza del fatto che prima di un comportamento esiste una domanda. Gli appunti di lettura sociale soprascritti possono essere letti come una domanda di realizzazione, un tentativo di cogliere un senso tra i mille indicatori che promettono approdi alla felicità.

I giovani hanno da fare molte domande che hanno bisogno di un ascolto particolarmente attento.

La domanda è sempre fatta a qualcuno, quindi presuppone, o chiede, o può creare, un rapporto. Mi sembra di constatare che l'adulto è spesso interpellato dal giovane sul che cosa fare o sul come fare. I giovani si interrogano su molte problematiche che vanno da quale tipo di scuola scegliere, alla ricerca di un autentico rapporto di amicizia, ad una dichiarazione di interesse su una qualsiasi cosa che nasconde spesso una soggettiva interpretazione non sicura di alcuni fatti dell'esistenza sperimentati sulla propria pelle.

La domanda del giovane chiede innanzitutto un interlocutore che sa ascoltare, perché è capace di voler bene.

Prima di essere preoccupati di che risposta dare è necessario definire il modo con il quale si ascolta chi ci interpella. Questa modalità dell'amore facilita lo spazio di comprensione e crea l'ambiente di accoglienza della possibile risposta.

È vero che i giovani parlano spesso tra di loro e che ciò che dicono tra coetanei ha una buona rilevanza, ma è altrettanto vero che vivono l'esigenza, soprattutto per le cose ritenute più importanti, di avere un punto di riferimento in un adulto. Nella mia esperienza con i giovani ho costatato spesso il loro bisogno di far domande, perché hanno il desiderio di sapere come la penso sui più svariati argomenti.

Un aspetto particolarmente significativo riguarda il senso della vita, il significato delle azioni quotidiane, la valutazione di alcuni comportamenti.

La domanda fondamentale sul senso della vita, ad un osservatore esterno della realtà giovanile, può sembrare il corredo tipico dei giovani più riflessivi. Ritengo invece che sia una domanda comune che però viene fatta in tempi non definibili a priori, che emerge in momenti non codificabili in anticipo. Quando viene posta come elemento di riflessione da un adulto che si rivolge al giovane nell'intento di farlo riflettere, normalmente non sortisce il risultato sperato perché viene avvertita come una forzatura, come un voler far riflettere e quindi l'artificialità della modalità propositiva rende nulla la possibilità di dialogo.

 

Non maestri ma testimoni

Non ci si può presentare ai giovani come maestri che sanno già tutto, che non hanno niente da imparare ma solo da trasmettere una verità che certamente sarà «per il loro bene». Con i giovani non ci si può limitare a parlare, bisogna vivere con loro, esperimentare la condivisione magari anche solo di un frammento di vita.

Oggi gli insegnamenti anche morali e la proposta di modelli di vita sono difficilmente comprensibili quando ciò che viene detto non ha un legame di testimonianza e di verificabilità in chi lo propone. Occorrono testimoni.

La domanda morale c'è nel cuore dei giovani, la sua formulazione richiede un ascolto sincero, la condivisione di ciò che un giovane vive e la credibilità di chi ascolta.

Le domande possono essere fatte quando si trova una persona a cui farle; dato che sono domande importanti non si fanno al primo che si trova per strada, ma ad una persona che non può essere estranea e che si comporta in modo tale da essere credibile.

Il problema morale nei giovani pone domande sulla significatività dell'adulto.

Tutto ciò che ho soprascritto mi sembra la via di soluzione al soggettivismo morale: è più facile confrontarsi che porre solo a se stessi i problemi. Diventare l'unico punto di riferimento per se stessi è normalmente un arretramento difensivo dopo tentativi falliti di aperture.

Il primo compito da risolvere per affrontare il problema morale è creare lo spazio perché le domande possano essere poste. Naturalmente il problema morale non si risolve e non si esaurisce nella relazione intersoggettiva, ma trova in essa una possibilità di espressione.

 

Dio affascina perché non è una «regola»

Quando la ricerca del bene è autentica, la proposta da fare è proporre l'unico bene: Dio.

Dio ha un fascino almeno come tutto ciò che di veramente bello troviamo nella vita: i giovani hanno un feeling particolare con la bellezza; la stessa cosa si verifica per Dio.

Dio affascina perché non è una regola: è Dio. Con Lui è possibile un'esperienza unica perché non è disturbato dal nostro negativo, anzi l'ha cercato esprimendo la sua preferenza per i peccatori. Dio sembra attratto dal negativo per trasformarlo: ha inviato suo Figlio per liberare l'essere umano dalla negatività del male. Dio non è una proposta esclusiva per i giusti, ma per tutti: la condizione di partenza di chi si rivolge a Lui non pone nessuna pregiudiziale per incontrarlo.

La prima proposta da rivolgere ad un giovane è la scelta di Dio. L'ascolto profondo permette la liberazione dei desideri del cuore; tra questi certamente, magari inizialmente nascosto e confuso, c'è il desiderio di Dio.

Ogni discorso sul bene o sulle possibili cose buone senza questa scelta rischia di essere fuori luogo e fuorviante e approda facilmente a sterili discorsi.

Scegliere Dio trova la sua forma concreta nella scoperta di essere amati da Lui e nella risposta che vogliamo dare al Suo Amore.

È constatabile una particolare sensibilità del giovane all'Amore che Dio ha per ogni persona. La prima caratteristica di un possibile discorso morale diventa non l'impegno ma l'accoglienza.

Toccati dall'amore s'incomincia a vedere perché l'amore è luce; tutto ciò che prima sembrava un impegno diventa la possibilità di una modalità di essere dono. L'amore con le sue caratteristiche di radicalità e di totalitarietà diventa la misura di ciò che il cuore avverte ma che spesso non è in grado di esprimere. Si prova la gioia di essere amati e di amare, è vivo il desiderio di dare sempre di più e si avverte che Dio è l'unico che può saziare il nostro infinito desiderio di bellezza e di felicità.

Per l'esperienza che ho con i giovani, posso affermare che una volta toccato dall'amore, il giovane non solo non misura ciò che dà, ma freme nel desiderio di dare sempre di più. Si commetterebbe un errore se non si tenesse presente anche la fragilità, l'incostanza, la perenne possibilità di rivolgersi narcisisticamente verso se stessi, però il peccato non ha mai annullato la salvezza e nell'amore di Dio si ritrova quella rigenerazione che, nonostante le infedeltà, rinfranca il rapporto con Dio.

 

La strada dell'amore

L'amore crea la situazione per cui il giovane non è più rivolto esclusivamente verso di sé, ma fa di Dio l'interlocutore privilegiato.

A questo punto diventa naturale incontrare giovani che cominciano a chiedersi che cosa piace a Gesù senza problemi di espropriazione e senza vedere intaccata la propria soggettività in quanto hanno sperimentato che dell'Amore possono fidarsi tranquillamente.

Mi capita spesso di sentire giovani che mi dicono: «Voglio scegliere l'indirizzo universitario per rispondere meglio all'amore». Per essi l'amore diventa criterio di scelta della facoltà. Soprattutto investe la qualità del quotidiano e l'impegno prende la forma delle piccole cose che fanno tutti: studiare, preparare le tesi, lavorare, gestire il tempo, giocare, fare le vacanze, affrontare difficoltà, essere sconfitti. Quando tutto è pervaso dal comandamento nuovo, si gode della qualità e la si vuole.

Il discorso cristiano diventa la possibilità della qualità dell'esistenza. Non ho trovato nessun giovane che non gradisca il discorso della qualità della vita. E il vangelo contiene, appunto, la forma possibile della bellezza, della gioia e della qualità della vita.

Quando si intraprende questa via si stabilisce un circolo virtuoso per cui ogni azione vissuta nell'amore contiene in sé anche un incentivo per proseguire, perché il bene fa bene innanzitutto a chi lo compie.

Certamente non sono mai da sottovalutare anche le difficoltà di questo cammino. Più forte però di ogni difficoltà e delle stesse cadute è la grazia, la presenza dello Spirito Santo operante in noi. La proposta di scegliere Dio e vivere tendendo alla perfezione dell'amore trova la sua forza originaria non in chi propone, né in chi s'impegna, ma solo nella forza di Dio. Questo permette di superare gli ostacoli che una lettura solo socio-psicologica presenta quando si legge la situazione giovanile.

 

Condivisione e propositività

Cambiamento interiore, quindi, e dei modi di agire. Accenno a due di questi ultimi: la condivisione e la propositività.

Il primo riguarda la costatazione che il giovane viene condotto fuori dall'isolamento e portato, quasi senza accorgersene, alla condivisione del suo nuovo modo di agire con altri. Praticamente l'impegno nel vivere il vangelo favorisce la comunione tra le persone, l'aiuto reciproco, la condivisione delle gioie e delle difficoltà. Ciò che rende duraturo questo aspetto è il fatto che non nasce da un semplice bisogno di amicizia ma è uno dei frutti dell'Amore.

A sua volta, poiché «dove c'è carità e amore lì c'è Dio», i fratelli riuniti si trovano rafforzati e ricondotti, qualora fosse necessario, al punto d'origine del loro comportamento: Dio.

Il secondo aspetto riguarda il fatto che i giovani stessi diventano promotori presso i loro coetanei del loro modo significativo di vivere.

Un esempio concreto di ciò l'ho avuto in questi giorni. Sto seguendo da tempo un gruppo di giovani di un'età compresa tra i 20 e i 30 anni. Alcuni di loro hanno fatto pervenire a loro amici, in occasione dell'inizio del nuovo anno sociale, lo scritto sotto riportato.

 

«La vita? Un'incredibile avventura!»

«Settembre... Dopo l'entusiasmo ed il sole estivo, è un tuffo nella vita di ogni giorno, con la sua concretezza ed intensità. Dopo i campeggi, le vacanze, è come ritrovarsi a camminare su di un sentiero di montagna dopo aver fatto un tratto in funivia, con un'allegra compagnia: ti ritrovi più in alto, a dover salire con le tue gambe, misurando il passo a seconda delle forze, dell'esperienza e delle difficoltà del cammino, a capire e decidere dove andare, a scegliere, ad ogni bivio, qual è quello che porta alla cima. Nessuno lo fa per te: puoi decidere di fermarti o andare avanti, di lasciarti condurre da chi ti passa accanto o ascoltare, ad occhi aperti, cogliendo le tracce poste proprio per te da Qualcuno che, con un Amore misteriosamente grande, ha segnato per ogni essere umano un sentiero.

E allora è il tempo del coraggio, del rischio, a volte. Tempo di ritrovare ancora una volta quel Sì, tutto detto un giorno all'Amore per sentirlo entrare sempre più profondamente nel cuore ad ogni attimo che viviamo, concretamente, con intensità, per l'altro. il tempo di scegliere ancora di vivere sempre più immersi nella realtà di ogni giorno e nello stesso tempo lasciare, con il silenzioso stupore ed il cuore semplice di un bimbo, che il cuore diventi sempre più pieno di quella fiducia e Sapienza che fiorisce quando ti accorgi che, comunque tu sia, quali che siano le circostanze esterne, Qualcuno continuamente, in mille modi diversi, sussurra il suo Ti amo ad un cuore che si apre a Lui per ritrovarsi.

E allora ti ritrovi a “giocarti per giocare”, nella fatica e nella gioia, perché è sempre possibile, così come siamo, essere dono d'Amore.

Su quel sentiero, fonte di fatica e meraviglia, puoi incrociare lo sguardo di chi ti cammina accanto. E, nel condividere il “sì” detto un giorno all'Amore, puoi ritrovarti “in cordata”, scoprirti e scoprire e, senza parole, accorgerti che il tendere la mano nei passaggi difficili ti fa trovare altre mani da stringere, per non fermarsi e superarli insieme.

Dal sentire anche i limiti di questo camminare insieme, nell'incontrarsi con la diversità dell'altro che pure ha scelto come te di donarsi tutto all'Amore, nasce la scoperta che il compagno di cordata essenziale è solo ed esclusivamente Gesù, l'unico nel quale tutto il nostro essere si può ritrovare sempre, l'unico con il quale ci è possibile continuamente trasformarci perché il nostro Amore sia sempre più totale e grande!

Solo scoprendo sempre di più questo Dio come unico altro essenziale, ogni persona che incontri o con la quale condividi il cammino è possibilità di donarsi in modo sempre più splendido!

Ritrovarsi nella quotidianità può essere allora occasione di scoprire sempre di più quell'Altro che è Dio, nel silenzio, nella solitudine o insieme. Con la tensione a non fermarsi perché, avendolo da tempo come compagno, non rischi di diventare presenza abituale, solita, scontata, ma ci sia possibile coglierne la novità ogni giorno!

Vivere e riprendere a salire, a volte anche da soli, con le proprie forze il sentiero, diventa allora una sfida, una continua scoperta, una fortissima, incredibile avventura!».

Anche per quanto riguarda le situazioni considerate più difficili da accettare dai giovani, l'ancoramento a Dio e la vicinanza dei coetanei portano a scelte coraggiose.

Adriano Vincenzi