Cultura
di pace e di condivisione per l’unità sei popoli:
parte da Trento un’originale iniziativa tra i giovani studenti
Educarsi alla
mondialità
di
Enrico Pepe
È in atto nel
Triveneto, tra migliaia di giovani, una vasta iniziativa di educazione alla
mondialità giunta quest'anno alla sua quinta edizione. sorta silenziosamente ad
opera di un gruppo di insegnanti e di studenti che nel giugno del 1988 avevano
preso parte ad un convegno presso Castelgandolfo
(Roma), promosso dai Movimenti Umanità Nuova e Giovani per un Mondo Unito,
durante il quale è stato lanciato un «appello per l'unità dei popoli».
A
Trento il gruppo si è
riunito per concretizzare subito qualcosa, sapendo, per esperienza
diretta, che sono molti i giovani disponibili a collaborare per la creazione di
un mondo nuovo. Inventano così un programma che ha come titolo: «Una cultura di
pace per l'unità dei popoli».
Sensibilizzando
all'iniziativa i professori, le autorità scolastiche e soprattutto gli alunni,
nell'anno scolastico 1989-90, ben 6.000 studenti delle scuole superiori di
Trento vengono a conoscenza dell'iniziativa e la sottoscrivono durante appositi
stages organizzati per questo scopo.
Dalle
idee si passa subito ai fatti. «Abbiamo conosciuto più da vicino scrivono in un
volumetto in carta riciclata il dramma del popolo libanese... Ci hanno aiutato
in questo alcuni giovani di Beirut che da un po' di tempo vivono e lavorano qui
a Trento». Fra questi c'è Charli che, dopo aver
passato sette anni in quell'assurda guerra ed aver sperimentato sulla propria
pelle la prigionia e la tortura, è giunto a Trento per curarsi da una seria
malattia. Per lui è impossibile credere che gli uomini siano tutti fratelli:
«... mi hanno torturato; sono cattivi e non hanno l'amore nel cuore...».
comprensibile il suo risentimento, ma i suoi amici insistono: «Charli, noi vogliamo credere che il mondo unito è possibile
nonostante questo e vogliamo vivere e lavorare perché queste cose non accadano
più».
«...oggi lo chiamerei
fratello»
Qualcosa
cambia nel cuore di questo giovane, perché dopo alcuni mesi, parlando in una
manifestazione cittadina all'Auditorium di Trento, ha detto: «Se incontrassi
per strada uno di quelli che chiamavo nemico, oggi lo chiamerei fratello».
Si
stabilisce anche un ponte con i giovani di Ain Aar, un villaggio vicino a Beirut: «Le vostre lettere
scrivono i giovani libanesi, le vostre voci, i vostri pensieri ci hanno
profondamente commossi. straordinario sentirsi così uniti. Ci sentiamo
veramente parte di una grande famiglia sparsa nel mondo». Naturalmente tra
Trento e Beirut non c'è solo uno scambio di lettere, ma anche aiuti concreti
che permettono adozioni a distanza di bambini libanesi. Da allora il ponte Trento-Beirut non si è più interrotto.
L'esperienza si
allarga
Nell'anno
scolastico 1990-91 l'esperienza si allarga. Alcune scuole superiori di altre
città del Veneto, venute a conoscenza dell'esperienza trentina, decidono di
collegarsi anche grazie al «Progetto giovani '93» del Ministero della Pubblica
Istruzione, che sollecita insegnanti e studenti a promuovere iniziative in
questa direzione.
Sale
così a 10.000 il numero dei partecipanti alla seconda edizione di «Una cultura
di pace per l'unità dei popoli», estendendosi alle città di Verona, Vicenza,
Padova, Rovigo, Bassano, Cittadella, Treviso e Venezia.
È
l'anno di «Help Sahel»: il deserto che avanza. Attraverso una Organizzazione
non governativa dell'ONU (AMU- Azione Mondo Unito) gli studenti di tutte queste
scuole finanziano la costruzione di un pozzo nel Burkina
Faso, realizzato con la partecipazione attiva della
gente del posto e che permette ai suoi abitanti di poter attingere l'acqua,
mentre prima dovevano percorrere ben 28 chilometri al giorno per trovarla.
Sempre durante questo anno si sono lasciati coinvolgere da altre emergenze.
In
occasione della guerra del Golfo hanno accolto l'iniziativa del «Time-out», un
minuto di silenzio e di solidarietà che, per i credenti, si trasforma in
preghiera e, per tutti, in un momento di sintonia mondiale, segno di una
volontà di pace.
Dopo
la cessazione di questo conflitto è esplosa la violenta repressione contro i
curdi. I giovani delle scuole sono stati molto sensibili al loro grido di
dolore e sono sorte varie iniziative di solidarietà: raccolta di fondi,
manifestazioni e concerti musicali con la diffusione di centinaia di manifesti
«Kurdistan chiama Trento» per sensibilizzare politici e amministratori locali.
Quando
ci sono state poi le varie ondate di albanesi in Italia, i giovani hanno messo
in atto il principio di «amare la patria altrui come la propria» con aiuti per
trovare alloggi e posti di lavoro per gli albanesi rimasti in Italia, ma
soprattutto stanno portando avanti un lavoro di integrazione culturale ed umana
per farli sentire in casa senza rinunziare ai loro valori più autentici.
I
giovani sviluppano così la «cultura dell'accoglienza» non solo con gli
Albanesi, ma con tutti gli extra-comunitari. Una studentessa che aiuta i
genitori nella gestione di un bar ha raccontato: «Prima, quando entrava nel bar
un ragazzo africano, avvertivo un senso di disagio, ora lo sento come un
privilegio».
Cultura di pace
Con
l'anno scolastico 91-92, grazie al materiale didattico realizzato per il terzo
anno consecutivo col patrocinio di Regioni, Province, Comuni, Centri culturali,
ecc., nelle classi viene approfondito il significato dei grandi avvenimenti
dell'89 e dell'attuale difficile situazione di risalita dei paesi dell'Est
europeo.
Il
giornalista Giuseppe Garagnani prepara per i giovani
una scheda sull'argomento con quell'equilibrio che nasce da chi, lontano da
interessi particolari, usa come ottica privilegiata quella della fratellanza
universale.
È
così che dalle scuole è partita l'iniziativa della «Mega-spesa-Yu»
e già il 27 dicembre del '91 arrivava a Zagabria un Tir carico di alimentari.
Nel
frattempo altre città si collegano all'iniziativa trentina: Pordenone, Udine,
Gorizia, Trieste, finestre aperte sul dramma delle Repubbliche della ex-Yugoslavia, alle quali gli studenti di «Una cultura di
pace» inviano una mega-spesa di oltre 18 milioni di lire.
Nell'aprile
del '92, 600 studenti in rappresentanza di tutte le scuole che hanno preso a
cuore questa iniziativa si sono riuniti al teatro Goldoni di Venezia per tirare
le somme di quanto si è vissuto in tutte le classi e per lanciare l'iniziativa
di alcune borse di studio per l'Est europeo.
Cultura del dare
Nel
quarto anno (1992-93) si diffonde tra i giovani l'educazione ad una «cultura
del dare» in risposta alla «cultura del possedere per sé». Dopo un'analisi dei
mali che la cultura del possesso ha provocato nella nostra società fino alla
corruzione dilagante in campo politico e al consumismo che non risparmia
neanche le nostre famiglie più sane, si propone appunto la cultura del dare,
che risponde alle esigenze più intime e genuine di ogni essere umano di
qualsiasi latitudine.
Contemporaneamente
si portano avanti iniziative concrete di collaborazione con progetti di
sviluppo nel terzo mondo promossi dall'AMU. I cantieri aperti per l'impegno
fattivo degli studenti, degli insegnanti, del personale non docente ed anche
delle famiglie sono: Libano, Est europeo, ex-Jugoslavia,
Kurdistan, Argentina, Somalia. «tempo di dare» si legge in molte lingue in un
volantino distribuito a Natale in molte
scuole del Triveneto.
Un'economia di
comunione
Il
nuovo anno scolastico, 1993-94, trova i giovani impegnati ad approfondire un
aspetto della cultura di pace, quello dell'economia.
«Siamo
arrivati così scrivono al quinto anno della nostra iniziativa. Negli anni
scorsi ci sono stati momenti di dialogo, occasioni di incontro con ragazzi e
giovani di Paesi, culture e lingue diverse. Col contributo di ciascuno sono
stati realizzati progetti, si è formata una rete di solidarietà che collega
l'Italia con paesi degli altri continenti. E quest'anno?».
I
giovani continuano la loro avventura che, come si è visto, ha sempre un duplice
aspetto: aprire orizzonti nuovi nel campo della conoscenza e mettere subito in
pratica i principi assimilati attraverso le più varie iniziative.
Quest'anno
dunque si approfondisce l'economia di comunione. Il prof. Benedetto Gui,
docente di economia politica dell'Università di Venezia, ha preparato per loro
una scheda che, dopo aver analizzato le cause del mancato sviluppo nel Terzo
Mondo, volge uno sguardo al futuro. E qui si inserisce la proposta di una
«economia di comunione», una proposta che consiste nel far nascere delle
aziende dove una parte degli utili viene destinata a fini sociali. Si tratta
dicono di una svolta storica: non più la solidarietà del singolo o di un gruppo
soltanto, ma un'economia solidale che investe sia l'attività lavorativa che la
struttura base dell'economia moderna: l'impresa.
Essa
«viene orientata sempre dal libretto in carta riciclata n. 5 a mettere in
comune liberamente una parte delle risorse. La grande novità consiste nella
libera destinazione dei beni per fini sociali: gli imprenditori, ma anche il
piccolo azionariato, potranno optare per l'economia di comunione maturandola
quale libera scelta. Logicamente tali imprese saranno costituite da uomini e
donne capaci di usare la categoria della solidarietà, capaci di pensare e agire
al sociale, specialmente nei confronti della fascia più povera del mondo. In
questo nuovo modello di economia sembra trovare risposta anche l'esigenza di
integrare la proprietà privata con l'universale destinazione dei beni della
terra».
E
ne fanno subito esperienza secondo le loro possibilità. Così quattro giovani,
diplomati all'Istituto alberghiero, hanno deciso di aprire insieme una
pasticceria a Treviso e una parte degli utili va all'economia di comunione. A
Mestre altri giovani che avevano l'hobby dell'elettronica, si sono costituiti
in società che fornisce servizi in audio, voci, luci per spettacoli e altre
manifestazioni all'insegna dell'economia di comunione.
Sono
mini-realizzazioni, ma utilissime quali piccoli laboratori dove i giovani
possono sperimentare la validità dei principi.
Quali
saranno in futuro i frutti di questa «Cultura di pace per l'unità dei popoli»?
Bisognerà attendere, ma già fin d'ora una cosa è certa: l'esperienza fa presa
sui giovani, li coinvolge a migliaia e sta diffondendosi non solo in altre
regioni italiane, come la Toscana e il Lazio, ma anche in diverse nazioni
europee ed extraeuropee. Si intravvede la possibilità di estendere progetti
analoghi alle scuole di ogni ordine e grado fino alle Università.
L'attualità
della tematica e la sua universalità hanno spinto il movimento Umanità Nuova
sempre in collaborazione con i Giovani per un mondo unito e con l'AMU ad
organizzare, nel prossimo mese di aprile nel Centro Mariapoli
di Castelgandolfo, un altro convegno internazionale
indirizzato questa volta a professori e studenti delle scuole superiori, dove
verrà affrontato il tema: «Educazione alla mondialità».
Enrico Pepe