«Guida» al
dialogo con i musulmani
del Cardinal
Martini
In poche pagine, una conferenza del
card. Martini che costituisce un vero e proprio «vademecum» per i cristiani sul
modo di vedere l'Islam e rapportarsi quotidianamente con i musulmani.
Dal punto di vista civile, afferma,
occorre passare dall'accoglienza all'integrazione sociale perché
«un'accoglienza senza regole non si trasformi in dolorosi conflitti» come ha
segnalato la Commissione Iustitia et Pax della CEI. Ma connesso a questo
è il problema della possibilità di un dialogo inter-religioso.
Le domande a cui si tenta di
rispondere in questo piccolo «trattato», sviluppando la riflessione iniziata
nel Concilio Vaticano II e ripresa da Giovanni Paolo II, sono queste quattro:
1. Che cosa dobbiamo pensare
oggi noi cristiani dell'Islam come religione? Si tratta di una fede che
avendo grandi valori religiosi e morali ha certamente aiutato centinaia di
milioni di persone a rendere a Dio un culto sincero e insieme a praticare la
giustizia. In un mondo occidentale che perde il senso dei valori assoluti e non
riesce più in particolare ad agganciarli a un Dio Signore di tutto, la
testimonianza del primato di Dio su ogni cosa e della sua esigenza di giustizia
ci fa comprendere i valori che l'Islam ha portato con sé. Il dialogo con i
musulmani sarà per noi un'occasione per riflettere sulla loro forte esperienza
religiosa che tutto finalizza alla riconsegna a Dio di un mondo a lui
sottomesso.
2. Quale dialogo e in genere
quale rapporto sul piano religioso è possibile oggi in Europa tra cristianesimo
e Islam? C'è un dialogo «ufficiale», fra competenti. Ma qui si parla di
quel dialogo che si svolge quotidianamente a contatto coi i musulmani che si
incontrano tutti i giorni. E allora?
- Accogliere sì, ma dando ai
musulmani il senso dello spessore religioso che pervade la nostra accoglienza.
Farlo in una lingua «comprensibile» a loro che spesso sarà quella del servizio
concreto. Sfatare a poco a poco il pregiudizio in essi radicato che i non
musulmani sono di fatto non credenti.
- Data la loro abitudine a vedere
legate religione e società e anche in forza dell'esperienza delle crociate,
essi tendono a identificare l'occidente col cristianesimo e a comprendere sotto
una sola condanna i vizi dell'occidente e le colpe dei cristiani. Far cogliere
loro che anche noi cristiani siamo critici e prendiamo le distanze dal
consumismo, l'indifferentismo e il degrado morale.
3. L'Islam in Europa sarà
anch'esso secolarizzato entrando quindi in una nuova fase della sua
acculturazione europea? Per adesso non sembra aver avvertito in maniera
preoccupante la scossa derivante dai principi della modernità. Prevalgono poi
in questo momento le tendenze fondamentaliste che cercano di appropriarsi dei
risultati tecnici, ma staccandoli dalle loro premesse culturali occidentali con
la volontà di risolvere, nella linea della tradizione antica, tutti i problemi
politici o sociali per mezzo della religione.
Dobbiamo adoperarci affinché i
musulmani riescano a cogliere il significato e il valore della distinzione tra
religione e società, fede e civiltà, Islam politico e fede musulmana.
4. La Chiesa dovrà rinunciare a
offrire il vangelo ai seguaci dell'Islam? Oltre a dialogare e lavorare
insieme per la pace, la solidarietà e la giustizia, non si deve rinunciare ad
annunciare il vangelo ai musulmani. Ciò che conterà sarà lo stile, il modo,
fatto di rispetto, amore, testimonianza della gioia delle Beatitudini.
Al tempo di s. Ambrogio, conclude
il Card. Martini, la via ordinaria per la quale i non cristiani venivano a
conoscenza del cristianesimo era la frequenza libera alla predicazione, aperta
a tutti, i colloqui con il vescovo e specialmente il contatto con i cristiani e
la loro condotta esemplare. Ambrogio poneva la sua cura nel far progredire la
comunità cristiana come tale; per mezzo di essa, e non con un ministero
organizzato, avveniva l'influsso sui non cristiani.
G. D. F.
Card. C. M. MARTINI, Noi e l'Islam. Dall'accoglienza al dialogo, Centro Ambrosiano, Milano 1990, pp. 38.