L'accoglienza disinteressata fa fiorire anche il dialogo

 

 

«Ho visto con occhi diversi i cristiani»

 

di Mario Cocuzzoli

 

 

Presentiamo un'esperienza di accoglienza di immigrati extracomunitari, che è stata organizzata dalle parrocchie di un decanato della bassa milanese. Significativo il rapporto istauratosi coi musulmani. Un clima di profondo rispetto ed amore ha reso loro possibile, a contatto con i cristiani, la scoperta di nuovi valori e un dialogo sincero ed arricchente.

 

Forse ricorderete - poiché ha destato vasta eco nel nostro Paese ed all'estero - che nel 1986 ha avuto luogo nella nostra diocesi di Milano il convegno diocesano «Farsi prossimo».
Volendo concretizzare almeno qualche «gesto» simbolico e profetico e avendo a disposizione una piccola cascina da ristrutturare, ci siamo accordati con tutte le parrocchie del nostro decanato nel preparare una casa per una pronta accoglienza di «prossimi» in difficoltà.

Gli si è dato il nome «Casa di Betania», perché ci ricordi la casa di Marta, Maria e Lazzaro, dove Gesù veniva accolto, e anche perché ci richiami gli atteggiamenti di Marta e di Maria: azione e contemplazione, servizio e ascolto.

In questi cinque anni di vita sono state ospitate e poi aiutate a trovare lavoro e casa 210 persone, provenienti da 24 nazioni, ognuna con delle realtà sociali e religiose molto diverse (russi, albanesi, argentini, colombiani, algerini, tunisini, marocchini...), in prevalenza musulmani. La casa non è servita solo per dare ospitalità a persone in grave bisogno, ma anche per suscitare uno spirito di apertura sociale nelle nostre comunità e sensibilizzare le famiglie a una disponibilità ad accogliere ed aiutare fratelli in difficoltà.

Buona parte degli animatori della Casa sono impegnati nel Movimento parrocchiale. Essi, oltre a donarsi ai fratelli, cercano di vivere per prima cosa l'unità fra loro, giacché lo scopo fondamentale dell'iniziativa vuole essere quello di contribuire a realizzare l'ideale di un mondo unito.

Il gruppo dei volontari ed amici della Casa - che fanno parte di un'Associazione giuridicamente costituita -, si ritrovano ogni primo mercoledì per approfondire una «Parola di vita», cioè un brano biblico da vivere durante tutto il mese. Ciò aiuta a non cadere in un attivismo vuoto ma a mantenere la linea di vita evangelica con cui si vuol portare avanti la Casa.

Mentre nel primo periodo si è riusciti a farla funzionare grazie ad una famiglia che ha fatto due anni preziosi di volontariato come responsabile della casa, in seguito si è passati ad un maggior coinvolgimento dei volontari che si assumono diversi compiti: fanno turni di servizio e sensibilizzano la popolazione con locandine, con giornate, con telefonate e «passa-parola».     

                                                                                             

                                                                                             

        

Fratelli musulmani

 

Ci sarebbe tanto da raccontare, sia sulle difficoltà, sia sui frutti notevoli raccolti in questi anni. Significativo, ad esempio, come rimangono colpite certe persone atee, dal fatto che dei credenti cattolici, senza pretendere nulla e senza chiedere conto della loro condizione di non credenti, li accolgano con amore. Valentina, una giovane sposa bulgara ospitata per due mesi col marito, diceva: «Mi meraviglia la vostra accoglienza, la gratuità, la gioia. Ho scoperto una Chiesa tutta diversa da come mi era stata presentata a scuola. Mi sembra una favola avere incontrato persone come voi».

Un aspetto che è venuto sempre più in luce è stato il rapporto con gli ospiti di religione islamica.

Sempre si è cercato, ad esempio, di rispettarli e di aiutarli a vivere il loro mese di Ramadan (con il digiuno severo che implica), avendo più elasticità nell'orario della cena comunitaria e del sonno. Latif, del Marocco, diceva: «Mi sono sentito subito in famiglia con i ventun ospiti di varie nazionalità e religione. La sera che in casa abbiamo parlato del Ramadan e della Quaresima, e la sera della festa di fine Ramadan, sono state importanti per me e per i miei amici musulmani».

A Natale come a Pasqua i ventidue ospiti sono stati accolti a pranzo nelle famiglie della parrocchia. In un incontro prenatalizio con anche molti ex-ospiti, sono stati molto graditi i canti, le testimonianze, il regalo con i saluti personalizzati per ciascuno (erano state tessute delle sciarpe per loro).

Ma in quest'ultimo anno si è intensificato, preceduto da questo dialogo della vita, anche il dialogo inter-religioso.

 

 

 

Dialogo a partire dalla vita

 

Si è scelto di leggere insieme il libro Parola che si fa vita, con commenti della Scrittura di Chiara Lubich e testimonianze di tutto il mondo. Insieme ai battezzati ed ai non battezzati, vogliono partecipare anche parecchi musulmani che dicono: «Anche da noi Ramadan non è solo digiuno, ma è anche più preghiera e lettura del Corano».

Nasce così il desiderio di leggere brani del Vangelo e del Corano cercando di vedere insieme come vivere le Parole ascoltate in un clima di stima e di amore.

Per formarci meglio, l'anno scorso diversi animatori hanno partecipato a tre incontri su storia, cultura, pilastri e vita dell'Islam.

In questo clima abbiamo potuto dire che per noi Gesù non è solo un Profeta, ma Dio fatto uomo, venuto per essere luce per tutti, principio di unità; e che se tutte le religioni parlano di amore, la novità del cristianesimo sta nell'amarci come Gesù ci ha amati.

A loro volta alcuni dei musulmani sono venuti a Pavia a vedere il complesso musicale «Gen Verde», e sono stati molto contenti nel sentire quelle canzoni che parlano di rapporti nuovi e di pace dei popoli.

Latif e Mohamed sono andati a Loppiano, la cittadella del Movimento dei focolari la cui vita è tutta impostata sul Vangelo e l'amore reciproco. Recentemente, Mohamed ci diceva: «Io conoscevo l'Occidente, ma non il cristianesimo. Adesso ho iniziato a guardare con occhi diversi i cristiani. In questi giorni mi ha colpito il perdono, l'accoglienza, la gioia che ho visto in loro. Non sono ancora capace di vivere così, però ho incominciato anch'io a vivere meglio sul lavoro e in casa. È cresciuta un'amicizia più sincera, più rispettosa, più disponibile al servizio».

 

Mario Cocuzzoli