A colloquio con Giuseppe Maria Zanghì,

sui fondamenti del dialogo inter-religioso e coi musulmani

 

Perché e come dialogare?

 

a cura di Enrique Cambón

 

 

Non per tutti sono chiare e ben fondate le motivazioni per cui ci si deve aprire al dialogo tra le religioni. Allo stesso tempo coloro che cercano il dialogo devono evitare il pericolo dell'ingenuità, avere coscienza della complessità delle situazioni e della serietà dei valori che sono in gioco. Per questo ci sembra possa risultare particolarmente utile quest'intervista con un esperto in materia, il filosofo e teologo Giuseppe Maria Zanghì, consultore del Pontificio Consiglio per il dialogo inter-religioso.

 

GEN'S: Dove trovano i cristiani il fondamento della validità e della necessità del dialogo tra le religioni?

Le ragioni e le realtà che fondano il dialogo tra le religioni sono tante. Le si trovano, numerose, nella Scrittura: «Lo Spirito soffia dove vuole» (Gv 3, 8), «Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tim 2, 4), Cristo è «Salvatore del mondo» (Gv 4, 42)... Ognuna di queste e tante altre affermazioni bibliche meriterebbero un lungo commento. Come si sa, i Padri dei primi secoli della Chiesa parlavano dei «semi del Verbo», di quei germi di verità (e che, come semi, devono essere fatti maturare), che sono presenti in tutti gli esseri umani, in ogni espressione autentica della religiosità, del pensiero, della vita dell'umanità. Il Concilio Vaticano II è una miniera di indicazioni su questi argomenti. Cito almeno un brano per tutti: «Non possiamo invocare Dio Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni fra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio» (NÆ 5). Ci sono poi a riguardo diversi documenti ufficiali della Chiesa cattolica e di altre Chiese cristiane e una notevole bibliografia.

Non potendo dilungarmi, accennerei almeno ad un'affermazione molto interessante del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica: «Dopo che l'unità del genere umano è stata spezzata dal peccato, Dio cerca prima di tutto di salvare l'umanità passando attraverso ciascuna delle sue parti. L'Alleanza con Noè dopo il diluvio (cf Gen 9, 9) esprime il principio dell'Economia divina verso le “nazioni”, ossia gli uomini riuniti in gruppi» (56). È importante che si riconosca che il patto con Noè non era con un singolo ma con i gruppi, con le etnie, con i popoli. È il fondamento chiarissimo di una rivalutazione dei grandi fenomeni religiosi, perché se l'alleanza fosse fatta solo con il singolo allora la costruzione religiosa che si organizza come culto, come credenza, rimarrebbe fuori dell'Alleanza. Invece è fatta con gli esseri umani in quanto gruppo, e siccome della vita di gruppo fa parte anche l'espressione religiosa allora è presa dentro anche quella, anch'essa rientra nel patto di Dio con l'umanità.

 

 

 

Nascita dell'Islam

 

GEN'S: In questo contesto, come vedi l'Islam?

 

Esso è un fenomeno che fa molto riflettere un cristiano. Tra l'altro, per il fatto che a differenza di altre grandi religioni precristiane, l'Islam è nato seicento anni dopo Gesù. Ed è nato da Muhammad, certamente un grande profeta, che all'inizio non pensava di mettersi in contrasto col cristianesimo (lo strappo avvenne solo quando egli si rese conto della sua diversità da ebrei e cristiani). Una delle sue mogli era cristiana copta, ed anche uno zio di Muhammad era cristiano. All'inizio il centro rituale della sua fede era Gerusalemme: lui e i suoi compagni pregavano orientati verso Gerusalemme. E l'episodio più profondo della sua vita spirituale, conosciuto come l'ascensione al cielo, è situato a Gerusalemme. In origine egli forse pensava di essere una sorta di riformatore, di restauratore, di fronte a deviazioni ebraiche e cristiane, della vera religione abramica. Poi si è scontrato sia col cristianesimo sia con l'ebraismo. Un frutto di questo, lo spostamento del centro a La Mecca.

Cosa può significare nel disegno di Dio, che questa religione sia dilagata, spazzando via il cristianesimo da tanti luoghi dove c'era una grande tradizione cristiana, come la Turchia, l'Egitto, il Maghreb, dov'erano sorte figure della taglia di Agostino e dei Cappadoci, di un Cirillo Alessandrino?

Io personalmente mi do una risposta - che non so quanto valga -: Il Verbo di Dio nella sua prima venuta è apparso nel nascondimento della sua umanità: vederlo e riconoscerlo come la Parola di Dio è un dono di Dio. Quindi, mi chiedo, non sarà l'Islam appunto la testimonianza della forma kenotica con la quale è venuto il Cristo, forma kenotica che ha fatto possibile che dopo di lui ci possa essere un profeta che fondi una religione a valore universale, con ciò testimoniando che in Gesù il Verbo è venuto nel nascondimento della carne? Rimane, cioè, lo spazio per altre forme di espressione religiosa che, se il Verbo fosse venuto nella potenza della gloria, non sarebbero state possibili.

Gesù è risorto: la Chiesa è la testimone e la presenza del Risorto nella storia. Però anche lì, chiaramente, in forma kenotica, non in tutta evidenza, nascosta nell'umano con tutte le sue deficienze e debolezze. Il Risorto per essere contemplato suppone o il miracolo del Tabor - e sono grazie eccezionali - o che la Chiesa accetti la croce sino in fondo e si apra nella reciprocità dell'amore in cui si rivela in luce la vita cristiana.

Dio non parla attraverso teorie, parla a fatti. Il Verbo è venuto in una carne di peccato e di debolezza, tanto è vero che molti ebrei non l'hanno accolto. Così, ci sono dei fenomeni religiosi che non si possono non dire autentici e che pure sembrano negare Gesù; ma più che negarlo, non stanno evidenziando l'aspetto kenotico dell'incarnazione del Figlio di Dio?

 

 

 

Valore delle religioni

 

GEN'S: Hai parlato di «fenomeni religiosi autentici», e infatti nei tuoi scritti permanentemente tieni presenti - e dialoghi con loro - i grandi amatori di Dio delle varie religioni. Questo non è comune nei teologi cristiani. Trovi in quegli appassionati dell'Assoluto un vero rapporto con Dio, dei veri valori?

 

Alcuni teologi pensano che i fenomeni pur autenticamente spirituali che si danno nelle varie religioni appartengano soltanto al livello di una «mistica naturale». L'unico caso dove magari riconoscono un'esperienza soprannaturale, per l'Islam, è in Al-Hallaj, che dai musulmani «ortodossi» è stato martirizzato. Ma perché devo pensare che solo in lui si trova autentica mistica, e non in tanti altri come - per rimanere in ambito musulmano - Rumi, Bistami, Ibn Arabi, ecc.? Non è un ragionamento a priori che non tiene conto dei fatti, come osservava M. Journet?

Altri dicono che la mistica musulmana è un fenomeno estraneo all'Islam, introdotta attraverso il rapporto che esso ha avuto col monachesimo cristiano. Altri rispondono - secondo me a ragione, anche se non si possono negare gli influssi cristiani -, che la mistica islamica è nata sul terreno islamico stesso, nutrita di Corano e della imitazione della vita del Profeta, e non è affatto una realtà «esterna».

Ora, se questa religione, come altre, ha prodotto degli uomini e delle donne di Dio, chi sono io per negare l'autenticità di questi fatti? Di fronte a questi amanti di Dio, non posso non vedere nelle religioni un campo dove Dio lavora. Non posso negare che Dio agisce provvidenzialmente, e in maniera divina, nei vari universi religiosi.

 

GEN'S: Tanti guardano all'Islam con diffidenza e timore per il futuro. Si segnala ad esempio il fatto che mentre i cristiani stanno cercando in tanti modi di accogliere fraternamente e di aiutare i musulmani che emigrano in Europa, ci sono dei Paesi musulmani dove c'è discriminazione o addirittura persecuzione o «guerra sotterranea» per cacciare via i cristiani...

 

Penso che se noi seguaci delle due religioni fossimo veramente all'altezza dei nostri maestri, noi di Gesù loro di Muhammad, non si darebbe quello che vediamo oggi e ciò che è successo nella storia. Ma siccome siamo dei poveri uomini, allora quando questi grandi messaggi, accolti, in psicologie che non sono all'altezza umana e spirituale dei fondatori, provocano quel che provocano, un attaccamento fanatico a un punto a il rigetto dell'altro. E non è questo che intendeva Gesù né, penso, Muhammad.

Il cristianesimo ha, poi, una sua storia, nella quale è maturato - e matura - il «genio» religioso di Gesù, unico. Dove il reale si apre nei suoi vari e distinti piani di esistenza ed è, nello stesso tempo, raccolto nell'unità del Figlio di Dio incarnato.

La caratteristica tipica del «fenomeno religioso» cristiano si trova nella nascita, nel cuore del mondo, della Chiesa, icona del Regno. Questo conduce ad una complessità di articolazioni tra Chiesa, Mondo e Regno, che non è facile capire fuori della vita cristiana.

Per questo il dialogo diventa importante, se esso è il passare della luce cristiana, fatta carne nella Chiesa-comunione, nella parola dialogante in umiltà e verità.

 

 

 

Temi del dialogo

 

GEN'S: È noto il patrimonio comune tra Islam e cristianesimo: l'esistenza e unicità di Dio, Creatore e Misericordioso, la fede in un destino eterno dopo la morte e la risurrezione, la comune certezza che Dio ha mandato dei Profeti e ci ha rivelato la sua Parola attraverso Libri sacri... Inoltre ci sono tanti valori di cui possiamo dare comune testimonianza, come la fraternità, l'ospitalità, l'uguaglianza fra uomo e donna pur nella diversità di funzioni e missioni, l'importanza dell'adorazione e della preghiera, l'obbedienza alla volontà di Dio, e tanti altri. Quali divergenze, invece, pensi sia più urgente approfondire attraverso il dialogo?

 

Una prima difficoltà si trova nel diverso concetto che abbiamo di Parola di Dio: mentre per i cristiani la Parola di Dio è Gesù Verbo Incarnato, testimoniato dalla Scrittura, per l'Islam la Parola di Dio è il Corano, che è stato dettato a Muhammad con la lingua che Dio parla in Paradiso, l'arabo, senza che ciò abbia significato una «incarnazione» della Parola di Dio. Quindi mentre i cristiani leggono la Bibbia come Parola di Dio, però tenendo conto di tutta la realtà umana di essa, per i musulmani è più difficile una lettura «critica» del Corano, poiché la Parola di Dio nel rivelarsi non si è «fatta» parola umana!.

Nella concezione giudaico-cristiana della rivelazione, la Scrittura, pur normativa perché contiene pienamente la Parola di Dio, è calata nella storia della salvezza, e va capita sempre più profondamente, perché Dio e il suo disegno sono sempre più ricchi di ciò che può esprimersi attraverso parole ed espressioni umane.

Per capire i musulmani bisogna che i cristiani pensiamo a ciò che è per noi Gesù. Noi riconosciamo Gesù uomo-Dio. Dobbiamo cercare di approfondire sempre meglio cosa ciò significa, ma quella verità non si nega poiché è la base del cristianesimo. Per i musulmani se si tocca il Corano è come per noi cristiani toccare il mistero di Cristo. Certo, noi cristiani stiamo sempre più scoprendo la reale umanità del Verbo incarnato. Potrà l'Islam capire la dimensione umana, storica, della Parola di Dio? Esistono già nell'Islam tentativi di esegesi «moderna», senza rinnegare quanto di valido c'è nel patrimonio tradizionale, ma siamo ancora a difficili e controversi inizi.

Un altro grande tema è il rapporto tra religione e società civile. Come abbiamo accennato nella risposta precedente, nell'ambito cristiano si è acquisita fortemente la coscienza dell'autonomia delle realtà terrene e della non totale coincidenza della Chiesa con il Regno di Dio. Nell'Islam si dà invece una sorta d'identificazione tra fatto religioso e realtà storica, per cui la Parola del Corano diventa legislazione civile, legislazione penale, ecc. Come ha scritto il vescovo cattolico di Orano, P. L. Claverie, «facciamo fatica a capire ciò che a noi sembra a volte come un nesso inaccettabile fra ambito religioso e ambito politico o sociale.   

La confusione dei piani ci preoccupa. Temiamo il totalitarismo religioso, per esservi pure noi troppo spesso caduti».

 

 

 

La difficoltà maggiore: la Trinità

 

GEN'S: Comunque la divergenza più nota tra cristiani e musulmani rimane la Trinità...

 

Effettivamente. È secondo me l'aspetto fondamentale: i cristiani, a causa della Trinità, appaiono ai musulmani dei politeisti. Un grande intellettuale occidentale proveniente dal marxismo, ha dichiarato di convertirsi all'Islam perché la dottrina cristiana della Trinità gli sembrava troppo difficile...!

E dico che si tratta della questione fondamentale perché qui si trova lo specifico della «religione» cristiana, la nozione di un «Assoluto Unitrino», mentre per il genio greco, indù, cinese, musulmano, l'Assoluto è l'Uno.

Credo che Dio stia offrendo alla stessa teologia cristiana la possibilità di fare dei grandi approfondimenti in questo campo. Perché, in fondo, la teologia cristiana quando ha parlato di «essere» ha pensato sempre all'«Essere è». Ed è giusto. Gesù dice di sé: «Prima che Abramo fosse, IO SONO». Però dice anche: «Il Padre e io SIAMO UNO». Lo scandalo, il «nuovo» cristiano, è l'Assoluto che Gesù ci presenta in quel «siamo». Il suo «sono» è la Trinità. Questa novità del cristianesimo è una sfida al modo di pensare dell'uomo.

Il cristianesimo è la rivelazione compiuta che l'Uno fa di sé. E l'Uno dice: l'Uno siamo. La portata e le conseguenze immense per il pensiero, per la vita, per i rapporti interpersonali, per le strutture sociali, di questa realtà, siamo lontani ancora dall'averla capito noi cristiani: tanto meno possiamo farla capire agli altri.

Con frequenza noi cristiani ci muoviamo di fatto concependo l'Assoluto ancora in modo precristiano. Dico spesso che attraverso la secolarizzazione e l'ateismo l'Occidente sta passando la sua «notte oscura» epocale. Ma che cosa sono le «notti»? Sono la penetrazione che Dio fa in noi nella Parola, per trasformare tutto, dunque anche le nostre categorie mentali. Per me la storia della cultura dell'Occidente è la storia di una «notte» nella quale il pensiero dell'uomo occidentale si misura con la novità dell'Assoluto cristiano. La Trinità «combatte» con l'umanità, per farsi accogliere da essa e per accoglierla in Sé. Per condurre il pensiero a pensare il Dio vero, che è Amore.

È questa la risposta che la cultura, il pensiero e la vita cristiana è chiamata a dare, anche all'Islam. Ma lo si potrà dare soltanto attraverso una profonda esperienza. Occorre una vita per trovare Dio, non è una questione di libri e di discussioni. Allora vedremo delle cose meravigliose, perché la Trinità crocifigge sì l'intelligenza, ma la crocifigge per aprirla, arricchendola, su orizzonti impensati.

 

Enrique Cambón