Condivisione e comunione tra musulmani e cristiani

 

 

«Parole che hanno

un substrato universale»

a cura della Redazione

 

 

Un aspetto importante del convegno di musulmani amici del Movimento dei focolari, di cui si parla nell'articolo precedente, sono state le testimonianze sul loro incontro con il Movimento e quindi con i valori evangelici che essi ritengono di portata universale e applicabili alla loro vita di musulmani. Non potendo riportarle tutte per esteso, ne raccogliamo alcune a mo' di flash.

 

 

 

I primi contatti

 

Naturalmente una prima caratteristica che viene in luce è il loro incontro con persone del Movimento. Che cos'è che li ha toccati in questi incontri, al punto tale di voler continuare ed approfondire la conoscenza e l'amicizia?

«Un sacerdote che mi aveva aiutato molto nella mia ricerca personale di Dio - racconta Fatiha, una giovane dall'Algeria - un giorno mi ha detto: “Ti do l'indirizzo di un gruppo di ragazze che abitano insieme; c'è una libanese, un'italiana e due svizzere: credo che vi capirete”. Quando ho telefonato, mi stavo chiedendo quale dei quattro nomi mi avrebbe risposto, quando sento una voce gioiosa dall'altro capo del telefono. Era Hayat, la libanese. Con mia sorpresa ha incominciato a chiedere mie notizie, manifestando la sua gioia di conoscermi. Subito c'è stata sintonia ed abbiamo fissato un appuntamento. Quando le ho incontrate, non mi sembravano persone che vedevo per la prima volta, ma vecchie amiche con le quali avevo molte cose da condividere. C'era una sete d'Assoluto che ci univa senza che ci conoscessimo. Non appena avevo un momento libero andavo a trovarle e scoprivo ogni volta di più che l'ideale che ci univa aveva un'unica origine: la nostra fede in Dio.

«Mi hanno spiegato che appartenevano a un Movimento e mi hanno raccontato tutta la storia di questo Movimento sin da quando Chiara Lubich aveva deciso, tra le macerie della seconda guerra mondiale, di consacrare la propria vita all'Essenziale...

Il Focolare era diventato per me come una finestra aperta sul mondo, un mondo di fede e di unità, diverso da quello che mi toccava attraverso i giornali, la televisione e tutto ciò che costituiva le mie fonti di informazione fino a quel momento. Esiste fra loro una specie di filo d'oro che li rende tutti simili e irradianti la stessa fiamma interiore che può venire solo dalla fonte stessa della vita. E ciò non meraviglia, quando si sa che la loro vita di tutti i giorni è imperniata su un comandamento di Dio: “Che tutti siano uno”».

Mostafà, studente di bioelettronica a Firenze, ha comunicato cosa ha significato per lui l'incontro con persone del Movimento, con un'immagine cara al mondo arabo: il deserto. «Nel deserto sei indifeso, vulnerabile e spesso la tua salvezza dipende da uno sconosciuto (nella tradizione musulmana lo “sconosciuto” spesso indica una presenza dello Spirito di Dio). La salvezza viene da chi non conosco: lui mi può salvare». È lo spunto per dire come nel «deserto» di valori di un Paese occidentale egli abbia incontrato uno «sconosciuto» che non sperava di trovare. Partecipando ad una Mariapoli, infatti, ha sentito di essere in una «famiglia» piena di rispetto e di comprensione per lui e la sua religione ed ha provato come l'amore suscita amore e permette di capire gli altri. È rinata così in lui la speranza che un giorno ci potrà essere un mondo unito.

 

 

 

Spontaneamente coinvolti

 

Majeb, kurdo irakeno, architetto (sta facendo un dottorato di ricerca all'università di Padova), ha conosciuto 3 anni fa il Movimento Gen e si è ritrovato nei valori e nelle persone che ha incontrato, al punto di sentirsi spontaneamente coinvolto nella vita di questa grande famiglia. Ha sperimentato la solidarietà di giovani di ogni parte del mondo per la tragica situazione del suo popolo. Questo l'ha convinto che la convivenza dei due mondi, cristiano e musulmano, è non solo indispensabile, ma anche possibile nella pace e nel dialogo.

Farouk, medico ricercatore universitario, racconta così i suoi primi contatti: «Ho conosciuto il Movimento nel 1968 in Algeria e sono diventato un Gen. Eravamo una decina di giovani che condividevamo questo spirito, con la presenza molto amichevole di Gérard e di Ulisse, due focolarini, per i quali avevamo una grande ammirazione. Frequentavo il focolare in modo assiduo. Il gruppo che formavamo era talmente diverso dagli altri gruppi di giovani del quartiere che questi stessi ce lo facevano notare. Come agli altri giovani, anche a noi piaceva giocare e lo facevamo da veri amici, ma la cosa meravigliosa era quando dovevamo incontrarci dopo i giochi per scambiarci le esperienze. Ricordo che l'atmosfera diventava rapidamente serena, profonda, spirituale. Si creava immediatamente una concentrazione straordinaria che permetteva a ciascuno di noi di essere pronto ad ascoltare, ad accogliere l'altro, ad amare. Quello che colpiva nei focolarini erano la disponibilità ed il sorriso che rivelavano una vera felicità e una pace interiore.»

 

 

 

Un ritorno dopo molto tempo

 

Un aspetto rilevante dell'esperienza di Farouk è che, dopo quegli inizi, andando all'Università ad Orano, perdette i contatti con le persone del Movimento. Però quell'esperienza fatta gli aveva dato una sensibilità che lo portò a militare nel partito comunista (allora clandestino) e nei sindacati per poter essere a servizio dei compatrioti e soprattutto dei poveri. In quel periodo sacrificò tante cose: un anno di studio, vacanze... mentre la religione non era un problema poiché non gli appariva fondamentale per l'azione militante.

Con gli anni però, notò che la politica spesso non aiutava lo sviluppo completo delle persone: le ideologie prendevano frequentemente il sopravvento sui sentimenti più profondi e l'essere umano diventava schiavo degli obiettivi da raggiungere, diventava uno strumento. Ad un certo punto ruppe con quelle organizzazioni, accorgendosi che mentre centinaia di persone si sacrificavano, e alcune di esse arrivavano a pagare con la vita, altri cercavano solo il proprio tornaconto individuale.

Tutto quel tempo fu per Farouk una straordinaria lezione di vita. Scoprì da vicino la miseria e la sofferenza umana, costatando che le persone che soffrono avendo fede in Dio meno facilmente si lasciano prendere dal senso di fatalità, hanno una grande pace nell'anima, e sono capaci di donare solidarietà ed amore.

Tante domande gli si accavallavano. Aveva lasciato la preghiera rituale, ma aveva un grande bisogno di Dio. «Se dovevo ritornare a Dio - si domandava - come capire la contraddizione che esisteva tra il vissuto, la pratica religiosa ed il Corano? Siamo diventati un popolo di miscredenti o semplicemente di non praticanti? Queste domande mi sconvolgevano. Ero convinto che Dio aveva ragione e non poteva essere contro il progresso, la modernizzazione nel senso nobile del termine».

Allora ripensò al focolare (erano passati 21 anni!). Decise di riprendere i contatti, con la certezza che era quello il modo di vivere che sempre aveva cercato. Così racconta lui stesso il suo ritorno: «Il mio incontro con loro è stato straordinario. Dopo tanti anni, c'erano dei nuovi focolarini, persone che non conoscevo. Tra persone che s'incontrano per la prima volta il rapporto è generalmente difficile, ma non c'è stato niente di tutto questo. Al contrario, ho avuto l'impressione di non averli mai lasciati e che quelle persone nuove le conoscessi da sempre. Ho ritrovato la stessa disponibilità, la stessa serenità, la stessa gioia di vivere che avevo conosciuto tanto tempo prima. È stato per me una conferma della verità dell'ideale che avevo trovato fra loro».

 

 

 

La vita si trasforma

 

Un tratto comune a tutte le esperienze raccolte è il cambiamento che l'incontro con la vita del Movimento produce nelle persone. Così lo racconta ad esempio Mehmet, turco, da 19 anni in Germania: «Avevo una amica che era una gen. Spesse volte, quando tornava da incontri con le sue compagne, sentivo che lei era cambiata, era più contenta, più libera. Cosa c'era lì? Cosa faceva in quegli incontri? Un giorno scoprii un libro a casa sua che parlava della vita gen. L'aveva scritto Chiara. Lo lessi e rimasi affascinato. Questo libro mi apriva una nuova dimensione. Scoprii Dio-Amore e trovai la strada come vivere ogni attimo per Lui. In più mi ha illuminato e insegnato a dare quell'amore, che Dio ha per me, anche agli altri. Così a poco a poco tutta la mia vita cambiava.»

«Da quando ho incontrato il Movimento - dice Sheherazad - ho sentito in me dei cambiamenti. Prima rimproveravo spesso a mio marito la sua ingenuità, perché non aveva pregiudizi verso nessuno. Mentre io, appena incontravo una persona, dalla prima impressione capivo se accettarla o rifiutarla. Da quando ho incontrato questo spirito, ho soprattutto imparato a conoscere l'altro, ad ascoltarlo. Questa spinta ad amare per primo mi ha fatto scoprire che si può amare ogni persona nonostante le differenze che possono esserci. Sul piano familiare ero convinta, di non aver bisogno di nessuno all'infuori di mio marito e dei miei figli, e consideravo i beni materiali fondamentali, visto che le relazioni sociali sono fondate su una gerarchia materialista piuttosto che su valori umani. Con l'ideale ho imparato ad aprirmi verso gli altri e ho capito che l'aspetto materiale della vita non può in nessun caso essere fine a se stesso.»

Dopo essere andato ad una Mariapoli, un giovane musulmano, Souad, sentiva che lì c'era qualcosa d'importante, ma «non sapeva come usarlo». Oggi ha capito che «Il nostro ideale è vivere l'unità. L'unità per me è condividere ogni cosa fatta con amore. Ho imparato anche a parlare della mia vita quotidiana e delle mie esperienze. Per esempio, prima brontolavo spesso quando i miei genitori mi chiedevano di fare qualcosa. Oggi lo faccio volentieri, con comprensione e amore.»

Nella stessa linea e con la stessa concretezza, Nadir: «Per me questa vita che ho trovato tra i focolarini è qualcosa di molto forte e di molto attraente, perché impariamo a vivere l'unità, a fare tutto per amore, a lavorare per amore, a giocare per amore, a lavare i piatti per amore.»

 

 

 

«Questa luce ha rivelato noi a noi stessi»

 

Forse ciò che di più originale si trova nelle loro esperienze è il fatto che riscontrano nella propria fede islamica, nel Corano, quei valori evangelici che hanno visto vissuti dai focolarini, e questo dà fondamento e nuova spinta alla loro vita. «Qui - si riferiva all'incontro degli amici musulmani del Movimento - c'è una luce che rivela noi a noi stessi» diceva, ad esempio, Mohammed della Somalia.

Così si esprimeva invece Farouk: «Devo dire che il Movimento, essendo nato in una comunità cristiana, ci può portare a credere che queste persone sono venute per convertirci. Ma dopo un po' ci si accorge che non è vero... Tuttavia, i concetti che loro trasmettono, anche se sono di origine cristiana, hanno un substrato universale. A questo riguardo, la cosa che trovo più bella è il concetto di Chiara: “nuovo” (città nuova, famiglie nuove, umanità nuova...), che collego a “Dio è Amore”. Questo mi sembra così profondo e così giusto, che mi sono chiesto se si possa applicare alla nostra religione. Volendolo fare mi sono reso conto fino a che punto è possibile vivere con Dio, avvicinarsi a Lui. Mi sono rimesso a leggere il Corano e scopro giorno dopo giorno che è possibile vivere in un altro modo con Dio, perché il Corano lo permette per quel poco che noi siamo convinti che Dio è Amore. Sono persuaso che questa è per noi la via da seguire.»

«Avvertivo - aggiunge da parte sua Mehmet - che i focolarini vivevano coscientemente e con una grande gioia la loro fede. Il loro modo di vivere il Vangelo parola per parola mi ha fatto riflettere anche sulla mia propria fede. E ho cominciato a leggere alcuni commenti sul Corano, a studiare l'Islam all'università e ad andare nuovamente e regolarmente alla moschea per fare le mie preghiere. Ma in fondo queste non sono state delle cose nuove. Quello che proprio è cambiato è il mio modo di vedere ed attuare la mia fede. Perché ho cominciato a leggere, capire e vivere la mia religione dal punto di vista che Dio è Amore. Tutto quello che Dio vuole e permette è amore per me. E la nostra vita comunitaria mi ha mostrato che l'unità sulla base dell'amore, fra persone di varie fedi, è possibile. Allora, se è possibile fra noi, mi sono chiesto perché non dovrebbe essere possibile in tutto il mondo?».

E ancora Fatiha: «Direi che l'ideale vissuto dal Movimento dei focolari, dall'angolazione dell'unità e dell'amore reciproco, è la testimonianza dell'unicità del messaggio divino. Il Profeta ha detto: “I musulmani sono come le membra di un solo corpo; se uno di essi è malato è tutto il corpo che ne risente”. “Che tutti siano uno” ha detto Gesù. Non siamo allora tutti portatori dello stesso messaggio di unità? Evidentemente Dio vuole che lo serviamo solo con l'amore, perché è il solo modo che ci permette di realizzare quest'unità, di ritrovarci e di fonderci in Lui.»

 

 

 

Impegno nel Movimento

 

Un altro aspetto notevole è il fatto che non nasce soltanto una vita nuova e una stima del Movimento, ma un rapporto anche in qualche modo «strutturale» con esso.

Alcuni colgono la grande portata storica del carisma dell'unità: «Chiara, consacrando la sua vita al servizio di questo ideale, ha creato una scuola, una grande scuola moderna, specializzata nell'arte di “farsi uno”con il proprio prossimo, per essere uno con Dio» (Fatiha).

Tanti si fanno diffusori dell'Ideale trovato, come Rabia, del Marocco, la quale racconta che quando ha ascoltato Chiara per la prima volta ha avuto l'impressione di essersi svegliata da un lungo sonno. Si è accorta che le sue parole erano come una «spinta magica» a far riaffiorare verità sepolte nel profondo del cuore. Ed ora ha «il desiderio di avere la sua stessa carica per poter trasmettere a tutti e dovunque questo ideale!».

Altri, come il già citato Mehmet, sentono addirittura la vocazione a consacrare totalmente la propria vita a Dio come fanno i focolarini, pur rimanendo nella propria religione: «Una volta ho avuto la possibilità di vivere con circa 50 altri giovani di tutto il mondo per tre settimane nella cittadella di Loppiano, vicino a Firenze. In questa scuola di vita comunitaria ho visto un bozzetto del mondo unito fra uomini di diverse razze, culture e religioni. Ma la cosa più bella è che ho trovato un rapporto personale con Chiara. È stata lei che mi ha dato tutta questa vita. In lei ho scoperto un'altra vera madre. Mi ha dato questa luce, mi ha fatto essere fedele alla mia propria fede e mi ha portato avanti sulla via verso un mondo unito, amando il prossimo con la sicurezza che Dio è Amore e che tutti siamo fratelli e sorelle... Ho trovato una tale bellezza nel vivere per Dio assieme agli altri e ho sentito una tale presenza permanente dell'amore di Dio, che mi ha toccato nel più profondo della mia anima ed evocato dentro di me il grande desiderio di dare tutta la mia vita a Dio.»

 

 

 

«Il mondo nuovo è possibile»

 

Significative e piene di speranza queste parole con le quali vogliamo concludere, pronunciate da Ghaleb, figlio dello Cheik Abbas (già responsabile della moschea di Parigi), dopo la sua partecipazione all'incontro di Castelgandolfo: «Il recente incontro dei Focolari con i musulmani può essere considerato, senza nessuna esagerazione, come un segno annunciatore di un'era nuova tanto attesa, tanto sperata. È stato un momento in cui uomini e donne di buona volontà animati da una fede incrollabile nel loro grande ideale, un ideale di amore e di pace, hanno vissuto, ciascuno al proprio livello, una straordinaria esperienza spirituale. Una esperienza ricca, densa e intensa. È stata una scuola formidabile di abnegazione e di rinuncia a sé stessi.

Questi uomini e queste donne, mossi da una motivazione interiore, hanno potuto unirsi nell'amore e nella fratellanza, pur dando prova di discernimento e di lucidità, per aiutarsi d'ora in poi reciprocamente nella giustizia e nella lealtà e per ritrovarsi a livello intellettuale, nella ricerca della verità. Sono coscienti che, nonostante tutto, il loro unico aiuto, la loro unica risorsa, la loro unica salvezza risiede nella essenza delle essenze, il solo Dio unico, Dio Amore, Clemente e Misericordioso, unico fondamento dell'uguaglianza e della fraternità tra gli uomini. Così il mondo nuovo è arrivato: in esso la natura umana non sarà più corrotta né avvilita e i concetti di amore, di giustizia e di lealtà non saranno più parole vuote».

 

La Redazione