Dall'America Latina un metodo efficace di evangelizzazione degli adulti

 

 

Catechesi «familiare»

 

di Miguel Angel Blanco

 

 

Ci riferiamo ad un  metodo nato  in Cile più di due decenni fa ed oggi molto diffuso in America Latina: la catechesi in preparazione alla prima comunione dei fanciulli attraverso la famiglia. Essendo i genitori i primi responsabili per la fede dei figli, si presenta a loro settimanalmente per due anni la catechesi che essi poi possono trasmettere ai figli in famiglia,  in un clima di affetto e di spontaneità con un linguaggio comprensibile. Contemporaneamente ogni settimana c'è un incontro anche con i ragazzi in modo da completare e rafforzare ciò che i genitori hanno loro comunicato. È un metodo che sta dando molti frutti. Ce ne parla un parroco argentino della periferia di Buenos  Aires.

 

Realmente questo nuovo metodo è risultatointeressante, anche perché, partito dalla preoccupazione di educare nella fede i ragazzi, si è rivelato un efficace strumento anche per la catechesi degli adulti. Si spiega molto chiaramente ai genitori che essi non devono considerarsi degli insegnanti che trasmettono nozioni religiose, ma testimoni, con la parola e con l'esempio, delle realtà della fede.

Si tratta di un cammino sperimentato in molti luoghi e continuamente perfezionato in questi anni, che si è rivelato di grande utilità. La Conferenza Episcopale Cilena ha constatato, tra l'altro, che esso rinnova le famiglie, moltiplica le comunità ecclesiali di base, arricchisce la vita parrocchiale, porta sempre più uomini alla Chiesa e dà origine a tanti gruppi giovanili.

 

 

 

Fede e vita

 

Inoltre, come rileva una delle opere dove si descrive la metodologia ed i contenuti utilizzati, si sviluppa nei genitori e nei figli il gusto per la Bibbia, messa costantemente in rapporto con la vita concreta, si crea nei laici una visione postconciliare della fede e della Chiesa, si concepisce l'impegno sociale come frutto della sequela di Gesù, si passa dall'indifferenza o da una religiosità individualista, piuttosto passiva, fatalista e rituale, a una fede cristocentrica, costantemente interpellata dalla Parola di Dio e condivisa in comunità.

Forse l'aspetto più notevole è che, mentre prima nelle comunità parrocchiali in genere si producevano poche conversioni di adulti - contrariamente a quanto si verificava nelle prime comunità cristiane, dove «ogni giorno» si aggiungevano nuovi membri (cf At 2, 47) -, oggi solo nel Cile si calcola che circa 150.000 adulti partecipano ogni anno a questo tipo di catechesi e in tutta l'America Latina si formano con questo metodo molte migliaia di catechisti e di animatori, adulti e giovani.

Naturalmente la fecondità di ogni metodo dipende dalle persone che lo mettono in pratica. Nel nostro caso i frutti sono proporzionali soprattutto alla vita delle «coppie-guida» che fanno la catechesi ai genitori, e a quella di coloro, specie giovani, che fanno gli animatori degli incontri settimanali dei fanciulli. Come si vedrà dalle esperienze che trascriviamo, questa, come ogni tipo di catechesi, risulta molto più feconda nella misura che si sa accogliere le persone, si fa «famiglia» con loro e si trasmettono non solo dei concetti ma una vita e una sapienza evangeliche che trasformano tutta l'esistenza, personale e sociale.

 

 

 

L'unità come base

 

«Quando abbiamo cominciato con questo metodo, che chiamiamo “catechesi familiare”, nella nostra parrocchia, alla periferia di Buenos Aires, - sono Maribel e Marcial Miguez che parlano, una delle prime “coppie-guida” di quella parrocchia -, l'abbiamo fatto cercando di impregnare questa nuova attività con lo spirito dell'unità.

Animavamo i vari gruppi della catechesi insieme con persone appartenenti a diversi Movimenti ed Associazioni, per cui la prima priorità era cercare una profonda comunione con loro, stabilendo un rapporto di carità con ognuno, preparando insieme i temi e le celebrazioni, cercando che ogni cosa che si faceva fosse espressione di questa realtà fra noi. A volte magari posponendo le nostre proprie idee, i punti di vista, i gusti personali e le iniziative, convinti che è “meglio il meno perfetto in unità che il più perfetto in disunità”.

Nei riguardi della nostra stessa vita di coppia, capivamo che la prima preparazione agli incontri con le coppie che venivano alla catechesi era la nostra disponibilità quotidiana a dare la vita l'uno per l'altro come ci insegna Gesù nel vangelo.

Alle volte prima di andare a fare gli incontri, dovevamo superare delle difficoltà che c'erano state fra di noi, evitare discussioni, non far pesare la stanchezza, convinti che l'unità fra di noi doveva essere la base di ciò che avremmo detto e fatto. Nella misura in cui riuscivamo a vivere questo amore mutuo, avvertivamo anche con gli altri i frutti tipici dello Spirito: era Gesù presente fra noi che portava avanti gli incontri.

Poco a poco nel gruppo tutti abbiamo imparato ad ascoltare, a capirci, a volerci bene, a non pronunziare dei giudizi negativi, a vivere l'uno per l'altro. Così preparare il luogo dell'incontro, renderlo il più possibile armonioso, offrire la sedia migliore a chi arrivava dopo di noi, fare qualche fotocopia perché a nessuno mancasse lo scritto che utilizzavamo: tutto serviva per alimentare l'amore scambievole».

 

 

 

Comunione dei beni

 

«Le circostanze offrivano poi tante occasioni di crescere in questo tipo di rapporto. Per esempio un giorno è arrivata una donna del gruppo, madre di una famiglia molto povera, sconvolta perché i ladri le avevano rubato tutto in casa. Quella settimana stavamo scoprendo la comunione dei beni descritta negli Atti degli Apostoli, ed abbiamo capito che Gesù ci dava subito la possibilità di metterla in pratica. Siamo riusciti a raccogliere dei vestiti, dei materassi, qualche altro mobile, una bombola di gas, una porta...

Nel nostro contesto sociale la povertà è di casa, per cui è normale affrontare urgenze immediate in questo campo, come quando siamo venuti a conoscenza dell'angoscia di un papà che da tempo era senza lavoro. La preoccupazione di condividere con lui gli alimenti (solo i poveri sanno quanto ciò può essere importante in certe circostanze) e di aiutarlo a cercare lavoro, gli hanno fatto scoprire un Dio che è Amore ed egli ha fatto dei passi importanti nella sua vita, aprendosi al dialogo con sua moglie e con i figli. Egli stesso si stupiva della pace che aveva trovato e che gli stessi colleghi gli facevano notare.

Per approfondire questa vita ormai avviata è stato importante l'aver partecipato insieme alla “Mariapoli”, convivenza dove si sperimenta per alcuni giorni come sarebbe la società se fosse impostata sugli insegnamenti evangelici. Ovviamente il primo ostacolo era la difficoltà economica. Ci siamo dati da fare in tutti i modi per trovare i mezzi, sia come gruppo, organizzando, ad esempio, una partita di calcio con vendita di torte e di bibite, sia a livello personale sfruttando ogni occasione. Quando è arrivato il momento della partenza mancavano ancora dei soldi, ma siamo andati lo stesso confidando nella Provvidenza. Infatti, al nostro ritorno, un familiare di uno del gruppo, che nulla sapeva della nostra difficoltà, ci ha consegnato una busta con dei soldi per condividere con noi una somma che inaspettatamente aveva ricevuto. Conteneva esattamente la quantità di denaro che ci mancava per coprire le spese del gruppo».

 

 

 

Riconciliazione e impegno concreto                                                                                          

                                                                                                                                            

«In questi anni ci è successo più volte che uno dei due genitori - soprattutto l'uomo - accompagnasse l'altro all'incontro ma non partecipasse, rimanendo magari ad attenderlo fuori. Uno di questi cominciò a entrar dentro dopo un anno ma soltanto negli ultimi 5 minuti. Poi si è fermato sempre di più, prima passivamente, come uno che guarda dall'esterno, finché nel secondo anno è diventato molto attivo nel gruppo, manifestando in diversi modi la sua riconoscenza a tutti perché avevano saputo rispettarlo e attenderlo.

Uno degli effetti tipici di questa catechesi è il miglioramento delle situazioni familiari difficili: crescono l'amore e la comunicazione tra i coniugi e con i figli, dopo anni di inimicizia avvengono riconciliazioni tra parenti, si guariscono piaghe e traumi di vario tipo.

Notiamo inoltre che, mentre aumenta l'impegno di vivere in funzione degli altri, si sviluppa spontaneamente nelle persone il bisogno della preghiera e dell'unione con Dio, che si esprime in modo personale e comunitario. È un'esperienza permanente il riavvicinamento dei membri del gruppo ai sacramenti, soprattutto a quelli della riconciliazione e dell'Eucaristia. Cadono così le barriere che li tenevano lontani dalla Chiesa ed essa è sentita parte integrante della loro vita, vicina ai loro bisogni ed esigenze.

In questi anni, partendo dalla vita evangelica dei diversi gruppi, tanti hanno trovato un inserimento concreto e permanente nella comunità cristiana: diventando guide ed animatori nella stessa catechesi familiare o integrandosi nelle diverse attività parrocchiali o diventando membri e dirigenti dei vari movimenti ecclesiali».

 

 

 

Conversioni

 

«Noi siamo una di quelle famiglie - raccontano Susanna ed Omar Zazzerini - che, dopo aver partecipato a questa catechesi, siamo diventati a nostra volta una delle “coppie-guida”. Quando siamo andati in parrocchia per fare l'iscrizione dei nostri figli alla catechesi per la prima comunione, ci hanno detto che c'era un sistema nuovo: noi stessi ci saremmo trovati insieme ad altre coppie di genitori per poi trasmettere la catechesi ai nostri figli. Senza cogliere completamente cosa ciò significasse, abbiamo accettato. Nella misura che si andava avanti ci accorgevamo quanto bene ci facevano gli incontri del gruppo. Anzi, attendevamo con ansia il giorno dell'incontro e non mancavamo mai. Poco a poco la nostra vita è cambiata».

«Io, anche se sensibile alla vita di Dio - dice Omar - non conoscevo tante cose. Ad esempio non sapevo pregare. Lì mi sono accorto di aver trovato delle persone che possedevano un “carisma” speciale, che avevano un “ideale” di vita, e queste due parole risuonavano continuamente dentro di me anche se non capivo fino in fondo di cosa si trattava. E finalmente anch'io, che ero andato solo per mio figlio, ho fatto la mia prima comunione a 35 anni. È stato uno dei passi più importanti della mia vita».

«La fede - è Susanna che parla - condivisa con mio marito e i miei figli è stata una grazia che non si può spiegare a parole. Tante cose sono cambiate nella nostra famiglia. Però una grazia in più l'abbiamo avuta quando tre anni fa ci hanno chiesto di fare da “guide” di uno dei gruppi di genitori. Questo richiedeva da parte nostra di dare agli altri qualcosa di tutto quello che avevamo ricevuto. In realtà avevamo tanta paura e insicurezza. A farci capire che dovevamo lanciarci è stata una conversazione su video di C. Lubich nella quale ella dice che tutti siamo chiamati a lavorare per l'unità, basta aderire a Dio con tutta la nostra volontà e dare la vita per gli altri. Allora ci siamo detti che questo potevamo farlo. Potevamo amare quei genitori che, come avevamo fatto noi all'inizio, si avvicinavano alla parrocchia con timore. Dopo Egli avrebbe pensato ad aiutarci, a mettere nella nostra bocca le parole adeguate, e pian piano saremmo cresciuti con l'aiuto del parroco e di coloro che erano più avanti di noi. Infatti sono state moltissime le gioie e le esperienze positive avute in questo tempo».

 

 

 

I ragazzi

 

Sentiamo brevemente ancora due persone che, facendo da animatori negli incontri settimanali dei bambini, completano la catechesi che i genitori fanno a casa: Mercedes, sposata da 19 anni con tre figli, e Silvina di 25 anni.                                                                                               

«C'è stato un momento in cui eravamo in crisi con il nostro gruppo di ragazzi. Gli incontri non funzionavano. Abbiamo messo la cosa in comune con gli altri responsabili e col parroco. Questi ci ha detto di non preoccuparci eccessivamente, ma di cercar di cogliere cosa Dio ci voleva dire attraverso questa difficoltà: se dovevamo cambiare qualcosa in noi; se potevamo inventare qualche iniziativa nuova per superare questo momento. Dialogando si è trovata una linea: cambiare il giorno dell'incontro e, al posto della domenica, trovarci coi ragazzi il giovedì, concludendo l'incontro con una Messa dove loro potessero partecipare, diventandone protagonisti. Il giovedì seguente il parroco, nell'omelia, raccontò ai ragazzi delle esperienze sue personali sul vangelo, molto semplici ma molto belle, ed invitò i ragazzi a fare lo stesso durante la settimana, lasciando loro una frase evangelica da vivere.

La settimana seguente noi due ed anche alcuni dei ragazzi abbiamo raccontato come avevamo vissuto quello che ci eravamo proposto. Dopo alcune settimane, anche gli altri hanno seguito l'esempio. Non solo, ma pian piano si sono aggiunti anche dei genitori che partecipavano attivamente con i loro figli, al punto che quella celebrazione eucaristica è diventata il momento più atteso della settimana, ogni volta una festa.

Arrivato il momento della prima comunione dei ragazzi, c'era un tale rapporto tra tutti che si è resa necessaria una preparazione diversa di quella degli anni precedenti. Spontaneamente, senza che nessuno glielo chiedesse, i genitori si sono offerti per preparare la chiesa (pulizie, fiori, ecc.), ma soprattutto si avvertiva che si era creata la “famiglia” fra tutti: c'era collaborazione, comunione di beni (si prestavano dei vestiti, si condividevano le spese secondo le possibilità di ognuno), si è potuto vedere insieme tutti i particolari in armonia, perché ciò che più importava non erano le cose esteriori ma la fraternità, l'unità fra tutti.

Il riflesso di tutto questo si è notato nelle persone che hanno assistito alla cerimonia. Diversi ci raccontavano che i loro familiari ed amici venuti per la prima volta commentavano: “In questa parrocchia c'è pace, c'è luce”».

 

Miguel Angel Blanco