Dalla Gran Bretagna: un
vescovo anglicano alla Scuola Sacerdotale
Un dono di Dio per tutti
a cura di Alessandro Lateo
John Dennis, anglicano,
vescovo della diocesi di St. Edmundsbury e di Ipswich, in Gran Bretagna, ha
partecipato molte volte agl'incontri ecumenici per vescovi amici del Movimento
dei focolari al Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Roma). Quest'anno ha voluto
trascorrere tre settimane alla Scuola Sacerdotale. Gli abbiamo rivolto alcune
domande.
GEN'S: Sappiamo che lei accompagna
con molto interesse il
cammino ecumenico delle Chiese. Ci può dire qualcosa al riguardo?
Credo che il nostro secolo e
il prossimo saranno ricordati come quelli della piena comunione fra Chiese
cristiane. Non si potrà continuare nella divisione. Intanto abbiamo già
imparato che tutti i battezzati siamo ugualmente cristiani: ed è una grande
lezione. Poi abbiamo anche capito che Dio è Amore e abbiamo riscoperto le
parole del suo Figlio: «Che tutti siano uno». Ormai è impossibile evangelizzare
il mondo, annunziare a tutti che Dio è Amore e che l'amore è l'unica via per
risolvere i problemi dell'umanità, se noi cristiani non superiamo le nostre
divisioni.
D'altra parte non si possono
ignorare i segni dei tempi. Uno di essi è certamente il fatto che tutti oggi
sono colpiti da queste verità e sentono il bisogno dell'unità. Cento anni fa
nessuno avrebbe parlato così. Penso proprio che il Signore, attraverso il suo
Spirito, ci stia conducendo, in maniera dolce ma decisa, sulla via della piena
comunione.
Ci sono già tanti esempi di
comprensione ecumenica tra le Chiese nella collaborazione in campo sociale e
nella promozione dei dialoghi teologici. Dobbiamo portare avanti le nostre
teologie per capirci meglio, per scoprire il significato che ogni Chiesa
attribuisce a determinate espressioni teologiche e poter parlare un giorno lo
stesso linguaggio. Questo lavoro deve continuare, ma da solo non basta. Abbiamo
bisogno del contributo dei carismi.
Movimento dei focolari ed
ecumenismo
GEN'S: In quest'ottica,
che apporto può dare, secondo lei, il Movimento dei focolari?
Sono molte le forze vive
nelle Chiese che lavorano per un sano ecumenismo, tra le quali c'è il Movimento
dei focolari. Io ritengo che esso sia un dono stupendo di Dio, perché lo stesso
dialogo teologico in atto nelle Chiese e tutti gli altri tentativi per vedere
come mettere insieme i sistemi strutturali delle varie Chiese non approderanno
a nulla senza il concorso della cosidetta base, senza la «recezione», senza
l'amore. Ora anche il Movimento dei focolari ha messo alla base del cammino
ecumenico l'amore.
D'altronde basta vedere cosa
succede - ed io l'ho visto più volte e l'ho constatato anche in questa Scuola -,
quando dei cristiani di diverse Chiese mettono la carità alla base della loro
convivenza: non misconoscono le differenze, ma anche non le esasperano, anzi
scoprono in esse un volto di Cristo crocifisso che grida il suo abbandono e si
impegnano maggiormente a risanare la piaga secolare della divisione. Vedo che
ormai sono migliaia le persone che, vivendo il carisma del Movimento, si
muovono in questa linea non solo nella Chiesa cattolica romana, ma anche nelle
altre Chiese.
Certo, il cammino sarà lungo
e l'unità non si fa dal mattino alla sera. Nel 1943, quando nacque il
Movimento, chi avrebbe potuto pensare al suo straordinario sviluppo ecumenico
che noi oggi ammiriamo? Dove saremo fra altri cinquant'anni?
Se penso alla mia Chiesa,
devo dire che il carisma del Movimento aiuta molto gli anglicani che lo
conoscono e lo vivono, e questi, a loro volta, influiscono su molti altri,
perché questo carisma, essendo una via dell'amore, cresce e si diffonde da se
stesso.
Insieme verso l'unità
GEN'S: Lei ha voluto
trascorrere un periodo di tempo alla Scuola Sacerdotale. Cosa è stato per lei
questo soggiorno?
È stata un'esperienza forte
e gioiosa, un piccolo pezzo di Paradiso, dove l'amore di Gesù tra noi era
palpabile. Il Signore in questi giorni mi ha detto molte cose e, circa il mio
lavoro in diocesi, sento che devo vivere una vita nuova.
Ricordo alcuni punti che
maggiormente mi hanno colpito.
Innanzitutto dentro di me si
è fatta unità tra la mia funzione di vescovo e la mia persona, superando così
il pericolo di giocare solo un ruolo, senza impegnarmi in prima persona nel
vivere questo carisma.
Un altro fatto importante mi
è capitato una sera, mentre assistevo alla Messa. Normalmente io celebravo
l'Eucarestia per i fedeli anglicani che si trovano a Loppiano; poi, quando mi
era possibile assistevo anche alla Messa celebrata dai sacerdoti cattolici
romani della Scuola. Una sera, al momento della comunione, mentre tutti
andavano a ricevere Gesù ed io restavo, come al solito, al mio posto, ho
provato un grande dolore e mi sono sentito abbandonato ed escluso. Capivo che
ci sono delle norme della Chiesa Cattolica Romana che bisogna rispettare, ma io
provavo un dolore così forte da farmi credere di non poter rimanere più alla
Scuola. Pensavo: come mai mi succede questo, se ieri era normale assistere alla
Messa senza ricevere l'Eucarestia? Capivo allora che in quei giorni era
cresciuta tra tutti noi l'unità nella carità e, di conseguenza, era normale
sentire un dolore più grande per la non piena comunione. Per me era un segno
che, se siamo uniti nella carità di Cristo, saremo spinti a camminare più
speditamente verso la piena unità.
In questi giorni, inoltre,
ho avuto modo di riflettere sulla missione di Chiara Lubich. Nella mia
responsabilità di vescovo della Chiesa devo dire - e ne sono profondamente
convinto - che Chiara è uno strumento straordinario nelle mani di Dio Come san
Francesco d'Assisi con la sua vita ripropose la Parola evangelica della povertà
nella cultura del suo tempo, così Chiara nella cultura del nostro tempo ripete
al mondo la Parola: Dio è Amore!
Con Maria, madre del
Signore
Dei tanti doni ricevuti alla
Scuola il più importante riguarda Maria.
A causa della Riforma, la
Chiesa d'Inghilterra è stata sempre un po' sospettosa, non di Maria, madre del
Signore o della sua posizione privilegiata nella storia della salvezza, ma del
modo con cui certi cattolici romani esprimono l'amore verso di lei.
Alla Scuola ho cercato di
vedere Maria con gli occhi dei fratelli cattolici con cui convivevo e l'ho
trovata molto arricchente. Ho tanto da
meditare, perché ho visto Maria più vicina al Signore in cielo. Sono molto
grato per questo.
Concludendo vorrei dire che
in questi giorni passati a Loppiano Dio ha lavorato dentro di me. Ho capito che
non solo la mia nascita a questa vita, ma anche la mia morte sarà un dono da
ricevere con gioia dalle mani di Dio. Questa luce non mi è venuta dalle parole
di qualcuno, ma attraverso l'amore di Dio che si rivela nella vita ordinaria di
questa Scuola.
Alessandro Lateo