Dal Sud Africa: una via per risolvere i problemi di convivenza razziale

 

 

Per superare ogni forma di apartheid

 

 

di Gerhard Hattingh

 

Gerhard Hattingh, 42 anni, sudafricano di Johannesburg, ordinato sacerdote nel 1986, professore di liturgia nel seminario maggiore nazionale e incaricato per il programma religioso alla radio televisione del suo paese. Attualmente  sta passando un anno alla Scuola «Vinea mea», dove sta facendo alcune scoperte.

 

Penso  che  il  nome  «Vinea mea»  dato  da Chiara a questa Scuola è ben indovinato, perché qui i sacerdoti possono essere potati e preparati per produrre frutti abbondanti. Almeno per me è proprio così. Il mio atteggiamento autonomo, la mia ostinazione nel voler fare le cose secondo il mio punto di vista e anche un po' di pessimismo nel classificare come «negative» le esperienze fatte nel corso frenetico di questi anni: tutto questo qui alla Scuola viene «potato» inesorabilmente, anche se con tanto amore.

 

 

 

Un cambiamento di mentalità

 

In Sud Africa ero professore in seminario ed ero io a determinare cosa bisognava fare; qui lavoro in lavanderia e il responsabile è un seminarista. Di colpo mi accorgo che qui l'accento non è sul «lavoro», ma sull'amore. Ho imparato a vedere Gesù in quel seminarista, stendendo i vestiti sulle corde ghiacciate o risciacquando le magliette sportive. Ho dovuto morire al mio modo di vedere e di fare per farmi uno con lui. E questo avviene ogni volta che laviamo i vestiti, ogni volta che decidiamo insieme sul da farsi. ll risultato è un amicizia veramente cristiana che si  riflette nella nostra gioia e nell'armonia che esiste nel nostro ambiente di lavoro.

Sono arrivato alla Scuola con la mia cultura di sudafricano bianco, con le mie idee e i miei talenti. E così sono arrivati anche gli altri... Trasformare la nostra convivenza in regno di Dio non è cosa facile; riesco a dare il mio contributo se, pur offrendo le mie idee su come lavare i piatti o dove andare per una passeggiata o come preparare il pranzo, sono poi pronto anche a mettermi da parte per accettare i suggerimenti degli altri. Da cose così semplici impariamo a vivere l'unità, a rievangelizzare i nostri rapporti.

Spesso, come si può intuire, mi sono incontrato con la croce, ma qui più che la croce si impara a riconoscere in ogni piccolo o grande dolore un incontro con Gesù crocifisso e abbandonato, che ha riassunto e valorizzato in sé tutte le nostre disavventure e amarezze. Ho sperimentato che dirgli di sì in questi momenti mi libera da me stesso e mi fa ritrovare l'unità interiore con Dio e l'unità anche con i miei fratelli. È un'autentica avventura, mai sperimentata prima: tu abbracci un dolore e ti ritrovi subito nella gioia e testimoni agli altri che Gesù è risorto! Questa è la sapienza che sto imparando in questa Scuola. Queste esperienze mi portano a vivere il vangelo concretamente e mi rendo conto che quel che importa non è ciò che sei o da dove vieni, ma piuttosto il prendere coscienza che Dio ama tutti e ognuno immensamente.

Approfondendo il pensiero di Chiara, ho sentito il bisogno di tuffarmi nel centro del mio essere, quello che Dio ha posto nel mio intimo, ma che avevo sepolto sotto gli strati del comportamento erudito, dietro le mura dell'indifferenza e dell'indipendenza costruite con il passare degli anni; ho voluto così strappare la maschera del mio status e abbandonare ogni sciocca autodifesa del mio io. Mi sono sentito invitato ad essere veramente me stesso, senza la paura di essere rigettato o condannato, semplicemente perché vedo che anche gli altri qui stanno seguendo il vero Dio, lasciando da parte l'idolo del proprio io.

In questa Scuola mi sono immerso nel carisma di Chiara, nel carisma dell'unità e per mezzo di lei ho riscoperto, come per incanto, la divina maternità della Chiesa. Sì, oggi io amo di più la Chiesa e la sento madre. Forse ho intuito anche qualcosa di grande su Maria ai piedi della croce, quando nella desolazione ha contribuito alla nascita della Chiesa. Ho imparato a vedere Maria come madre e modello per noi sacerdoti, perché lei ci fa capire come offrire Cristo al Padre con tutto il nostro essere.

 

 

 

Una gocciolina nella Chiesa

 

In questo periodo abbiamo avuto la possibilità di visitare alcuni luoghi particolarmente significativi come Loreto, Trento, Roma ed Assisi ed in ognuno di essi ho potuto cogliere delle grazie speciali.

La visita a Loreto mi ha aiutato ad entrare nel mistero dell'annunciazione e a ripetere il mio «sì» alla volontà di Dio su di me. La visita a Trento e a Tonadico - luoghi molto importanti nella storia del Movimento - è stata l'occasione per immergermi e quasi toccare con mano la Trinità, riflettendo sulla luce che Chiara ha ricevuto da Dio nei primi tempi del Movimento. È stata un'esperienza molto profonda per tutti. Abbiamo ricevuto una nuova comprensione sul significato dell'«essere», dell'essere vero, dell'essere vuoti per essere l'altro, per essere pieni di Dio.

Ho preso parte anche ad un incontro internazionale di sacerdoti focolarini al Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Roma), dove ho constatato che la Scuola dei sacerdoti è innestata in una grande e stupenda Opera di Dio e questa, a sua volta, è parte integrante della grande famiglia della Chiesa. In tale clima ho rivisto la mia ordinazione sacerdotale nel suo significato più pieno di totale consacrazione a Dio e di servizio incondizionato ai fratelli.

In questo mi ha aiutato l'esperienza in lavanderia. Mentre lavavo una calza sporca che diventava pulita e poi si asciugava, pensavo: «Ecco, anche l'ultima gocciolina deve sparire nel nulla per fare compiutamente il suo lavoro». Voglio essere anch'io questa gocciolina nella Chiesa!

 

 

 

Loppiano: Chiesa viva

 

Il Movimento mi ha fatto fare una profonda esperienza di Chiesa nella cittadella di Loppiano. Quando con tutti gli abitanti della città ci ritroviamo insieme la domenica per accogliere i numerosi visitatori o quando ci riuniamo per ascoltare un aggiornamento, avverto sempre i frutti dell'unità: si attualizza la vita stessa della Chiesa, il suo essere più profondo, perché Gesù è veramente presente tra questi concittadini che hanno scelto come regola di vita l'amore fraterno.

Loppiano appartiene al vero essere della Chiesa, perché è un'entità  animata dall'amore di Dio, che esplode in una reciprocità evangelica che sa di divino e, allo stesso tempo, è di una semplicità umana sorprendente. L'ho potuto constatare ogni volta che mi sono incontrato con l'amicizia di Tom dell'Australia, con la gioia delicata di Vittoria dell'Uganda, con l'abbondanza di energia di Marco di Genova, con la serietà di Pietro della Svezia: tutti, nelle normali attività di ogni giorno, ti mostrano la realtà del paradiso in terra.

Un giorno ho fatto una passeggiata nel cimiterino di Loppiano. Lì c'è un senso di Chiesa che oltrepassa i limiti del tempo e dello spazio. Mi sono sentito inserito in quel Popolo di Dio che abbraccia tutti i tempi: da quelli che per primi hanno camminato sulla terra e che hanno avvertito il divino, a quelli che verranno nel prossimo millennio. Mi sembrava di contemplare la Chiesa che, come Maria, teneva stretta al suo seno tutta l'umanità in un abbraccio magnanimo d'amore, icona cosmica divinizzata.

 

 

 

«Innamorato di Dio»

 

Avevo sempre affermato che volevo essere sacerdote per poter amare il maggior numero possibile di persone e nel migliore dei modi. Ora la mia scelta è per Dio in se stesso: egli è l'ideale della mia vita. Per Lui amerò ogni uomo, anzi in ogni uomo amerò Lui. Ho potuto fare questa opzione radicale per Dio perché qui, essendo libero dalla parrocchia e da altre responsabilità pastorali, ho potuto dedicarmi a Lui in modo nuovo, come fosse per la prima volta, donandomi completamente nel meditare, nel lavorare, nel mangiare, nel camminare, nel dormire. La novità, però, è che l'ho fatto per la prima volta e coscientemente insieme ai miei fratelli. Se la mia musica non ti piace, qual'è la volontà di Dio per noi in questo momento? Se voglio dormire, ma tu hai bisogno di parlare, qual'è la volontà di Dio per noi ora? Se desidero scrivere una lettera, ma tu hai bisogno di qualcuno che ti accompagni a fare la spesa, qual'è la volontà di Dio per noi adesso?

Capisco che dopo questa esperienza non devo volgermi indietro, non devo tornare a credere nella mia importanza e nel mio attivismo per far emergere il «signore io». Sono costretto dall'amore ad entrare nel cuore del fratello, perché  il vero Dio che sta nei cieli lo trovo nel rapporto con l'uomo fatto a sua immagine. Voglio abbandonare la ricerca di riconoscimenti, non posso più farmi guidare dal sentimento di simpatia o antipatia e non posso più dominare sugli altri. Ho capito per esperienza che il vero amore è un riflesso dell'amore trinitario, sempre puro, senza interesse, fuori di sé.

 

 

 

Oltre l'apartheid

 

Tornerò al mio paese che è pieno di tensioni, dove il potere politico ed economico dettano il destino delle persone e il loro stile di vita. I bianchi hanno il potere, finanziario e legale - anche se la situazione sta cambiando col recente referendum. Al tempo della colonizzazione c'è stata poca comprensione e accoglienza delle culture indigene: i neri erano considerati pagani e barbari. Ora c'è in me un desiderio ardente di capire, di inculturare il messaggio del vangelo nella loro vita. Questo coincide con il desiderio sincero della maggioranza dei sudafricani che vogliono entrare nell'epoca del computer e nel terzo millennio come concittadini di una stessa nazione. Ma per far questo è necessaria in tutti, bianchi e neri, una conversione dei cuori.

I neri guardano con sospetto qualsiasi fenomeno occidentale, perché temono la dominazione e lo sfruttamento capitalista. L'educazione che ricevono rimane inferiore a quella data ai bianchi. Le loro città restano «povere»; anche se possono muoversi e vivere dovunque ed hanno diritto a comprare le terre precedentemente riservate solo ai bianchi, essi non hanno i soldi per farlo. La situazione è molto complessa e alimenta il sospetto e la sfiducia nei bianchi.

Anche i bianchi avanzano le loro riserve. La storia dello Zaire, del Mozambico e del Kenia fanno temere il caos, la rivoluzione e la guerra. Se questo accadesse anche in Sud Africa i bianchi non avrebbero nessun posto dove fuggire, perché essi si considerano africani come si considerano americani i discendenti degli immigrati europei nel nord America.

Bisogna trovare una soluzione equa e il tempo non può aspettare. Chi costruirà il nuovo Sud Africa? Chi farà questo miracolo? Soltanto un sincero rinnegamento di sé e il distacco da ogni rivendicazione nazionalistica possono farci superare la piaga dell'apartheid per sostituirla con la gioia della fraternità.

Da quando i focolarini e le focolarine sono venuti in Sud Africa, hanno iniziato questo lavoro nelle scuole, negli ospedali, nell'organizzazione delle Mariapoli annuali, nelle parrocchie, seminando l'amore e incoraggiando l'integrazione tra le razze. Adesso tocca a noi sudafricani credere in questo carisma e metterci all'opera per sviluppare la nostra storia nella linea della comunione.

Nella Chiesa cattolica del nostro paese i 33 vescovi non sono più esclusivamente religiosi europei, ma anche sudafricani. Ultimamente la Chiesa ha lanciato un programma pastorale nazionale dove essa si pone come una «comunità che serve l'umanità». I simpatizzanti del Movimento dei focolari sono stati coinvolti nella compilazione stessa del programma, che parte dalla base scritturistica «che tutti siano uno». La speranza ora di poterlo realizzare sta nella garanzia che Gesù è con noi sempre, fino alla fine dei tempi, Egli che ha promesso di essere presente dove due o tre sono riuniti nel suo nome.

È un programma pastorale entusiasmante che può realmente contribuire alla costruzione del nuovo Sud Africa ed è una pista importante per inculturare il vangelo nel nostro ambiente.

 

 

 

Radio e televisione

 

Uno dei miei lavori più impegnativi è quello di conduttore dei programmi della Chiesa cattolica presso la South African Broadcasting Corporation (la società radiofonica del Sud Africa). Tutti i testi, preparati in collaborazione con il Movimento, portano questo spirito di unità e sono molto graditi al pubblico. Una signora protestante ha chiesto la trascrizione di uno testo che avevo trasmesso per radio sul «seguire Maria attraverso le Scritture, come modello di perfezione», perché lei dirige un'organizzazione di mamme ed ha trovato in questo scritto un modo per aiutarle a vivere bene il cristianesimo.

Ho presentato anche una serie di trasmissioni su sette aspetti concreti della vita cristiana, dall'economia alla visione unitaria del mondo. La preside di una Scuola e i suoi 400 studenti hanno seguito le trasmissioni e  hanno cominciato a vivere secondo questa visione evangelica della vita. Erano così contenti dei risultati, che mi hanno invitato a parlare a tutti per saperne di più. Non avendo io il tempo, è andata una focolarina e per tutti è stato come l'inizio di una nuova evangelizzazione.

Una signora, dopo aver sentito il «gioco del rosso», dove spiegavo come vivere un'economia basata sulla comunione, mi ha telefonato per dirmi che finalmente  era riuscita a liberarsi dei beni della sua mamma morta e che ora non era più arrabbiata con Dio per la sua solitudine.

Lavoro anche per la televisione. Sono rappresentante della Chiesa cattolica in una commissione responsabile della preparazione e della scelta dei  programmi religiosi. Dobbiamo consigliare, suggerire, promuovere e giudicare i contenuti dei programmi. Ci sono tanti frutti, specialmente nel campo ecumenico, perché la spiritualità del Movimento apre strade concrete in unità con i responsabili delle Chiese.

 

Gerhard Hattingh