Scuola Sacerdotale: il
pensiero dei vescovi
Formare i sacerdoti all'unità
a cura di Enrico Pepe
Più di 300 vescovi in
questi anni sono venuti a visitare la Scuola Sacerdotale. Alcuni di loro vi
sono anche rimasti per un breve periodo per approfondire la spiritualità
dell'unità. Rileggendo oggi le impressioni da loro rilasciate, ci sembra di
poter dire che la Scuola, sia in Italia che nelle Filippine, stia rispondendo
al bisogno della Chiesa di aggiornare
su nuove basi la formazione permanente del clero. Proponiamo ai nostri lettori
alcune di queste testimonianze, che per l'Opera di Maria sono state un
incoraggiamento a continuare in questo servizio di formare all'unità i
sacerdoti e i seminaristi che i vescovi ci inviano.
Esperienza profetica
Mons. Domenico Pecile,
vescovo di Latina: «Uno degli impegni che più sento come vescovo è cercare la
comunione tra i sacerdoti. Per questo motivo godo nel vedere voi... Noi siamo
organizzatissimi, ma l'organizzazione non converte nessuno. Bisogna vivere
quello in cui crediamo... Lo Spirito Santo non ha perso la fantasia, perché
l'esperienza che voi vivete qui, con molta semplicità, è profetica. Dovete
sostenerla con molta umiltà, perché, leggendola secondo lo Spirito, questa
meraviglia che succede qui è certamente un segno profetico nella Chiesa».
Una spiritualità per il sacerdote
oggi
Mons. Ugolino Cerasuolo,
vescovo di Loja, Ecuador: «I sacerdoti fanno tante cose, ma si avverte in loro
la mancanza di una spiritualità: questo è il nostro problema, il problema
attuale di tutti. Studiamo la teologia, ma la viviamo poco; parliamo di Dio
agli uomini, ma noi non lo conosciamo. Di questo sono preoccupato. L'invio di
due miei sacerdoti a questa Scuola è finalizzato a portare questa spiritualità
nella diocesi. Vivete sinceramente e con intensità questa esperienza. Sono
stato in tanti posti, ma nella vostra accoglienza ho sentito in modo
particolare qualcosa di “vero”. Si vede nei vostri occhi... Viviamo nell'amore
perché l'unità diventi presto una realtà. La vostra è una spiritualità di cui
il sacerdote oggi ha un bisogno urgente».
Mons. Ruben Di Monte,
vescovo di Avellaneda, Argentina: «È una grazia, la vostra esperienza, e va
sfruttata. Anche se non riuscite a capire tutto - come Maria che conservava
tutto nel suo cuore - col tempo anche voi capirete quale grazia è questa
Scuola: è il sigillo di tutta la vostra vita».
Un invito a conoscerla
Mons. Roberto Lopez, vescovo
di Armenia, Colombia: «In ogni tempo il Signore si serve di persone per
soddisfare i bisogni dell'umanità. Oggi si serve del Movimento dei focolari. La
realtà vissuta tra voi ha penetrato il mio cuore e il suo ricordo mi
accompagnerà per sempre... Sarei contento che tutti i vescovi conoscessero
questa esperienza, anzi dovrebbero conoscerla».
Mons. Sergio Goretti,
vescovo di Assisi: «Voi vivete una forte esperienza di carità concreta e di
unità fraterna... Sarebbe bello se fosse così fra tutti i sacerdoti».
Una nuova Pentecoste
Mons. Giovanni Locatelli,
vescovo di Vigevano, Italia: «Voi rincorrete un sogno: il sacerdote ministro
dell'amore. Questa è una nuova Pentecoste... Il dono più grande per me è quello
che ho visto qui. Vivendo sempre l'amore è come mettere sulla fronte un
cartello: “occupato”. Non possono entrare in noi altre cose, come gelosie,
invidie, perché tutto è pieno di amore».
Deve essere introdotta nei
seminari
Mons. Giovanni Marra,
Ordinario Militare per l'Italia: «Voi siete veramente al servizio della Chiesa.
Lavorate per la Chiesa universale... Questa esperienza è molto valida, ma non
deve limitarsi ad essere fatta qui... Ci sono tanti centri di spiritualità per
la formazione dei sacerdoti. Questa è un'esperienza che deve essere introdotta
nei seminari. Nella misura in cui tutta la Chiesa la riconoscerà valida - come
essa è - deve essere applicata alla formazione dei presbiteri... Certo, nei seminari
si cerca di preparare dottrinalmente e pastoralmente, ma manca qualcosa...
Dovrebbero venire qui i rettori dei seminari per conoscere questa esperienza e
poterla poi riprodurre. La vostra esperienza deve essere trapiantata nelle
strutture normali della Chiesa».
Fa bene al clero e a tutta
la diocesi
Mons. Charles Valois,
vescovo di Saint-Jérome, Canada, scrivendo ad un suo sacerdote presente alla
Scuola, dice: «Questo movimento di spiritualità e di apostolato laico arriva a
far vivere l'unità tra sacerdoti, seminaristi, famiglie, laici secondo la
preghiera sacerdotale di Gesù alla vigilia della sua morte: “Che tutti siano
uno come tu, Padre, sei in me ed io in te”. Io conto molto su questo anno di
tirocinio per una formazione solida nella spiritualità dell'unità che, oltre a
dare un arricchimento personale, dovrà riversare effetti benefici e abbondanti
su tutta la nostra diocesi».
Mons. Luciano Giovannetti,
vescovo di Fiesole: «La vostra è una spiritualità in funzione della formazione
dei sacerdoti diocesani».
Mons. Biagio Terrinoni,
vescovo emerito di Avezzano: «I sacerdoti dovrebbero avere una famiglia
sacerdotale che li sostenga, li aiuti e li porti avanti. Qui ho trovato questa
famiglia... Dico ai sacerdoti focolarini presenti nella mia diocesi di portare
questo spirito anche agli altri confratelli, perché la vostra è una
spiritualità che li può veramente aiutare».
Mons. Gabriel Kap-Sou Lee,
vescovo di Pusan, Corea: «L'unità fra sacerdoti è il problema di tutte le
diocesi. Questa Scuola non è utile solo per le nostre diocesi, ma lo è per
tutta la Chiesa».
Fa rivivere in terra la
vita trinitaria
Mons. Paulus Mea, vescovo di
Tarawa, Kiribati: «Non posso credere a quello che sperimento qui: sacerdoti e
seminaristi di tante nazionalità, di diverse culture ed età che vivono insieme
nell'amore e nell'unità! Non ho mai visto una cosa del genere. Se il cielo è
così, mi piacerebbe andarci per quello che ho visto qui. La cosa che mi ha
veramente colpito è l'amore, quell'amore che unisce persone diverse nella gioia
e nell'unità. Ho cercato di assorbire questo spirito. Ma mi sono domandato:
“Come è possibile che queste persone vivano così? Sotto ci deve essere un
segreto”. E dopo aver ascoltato le vostre conversazioni sono arrivato alla
conclusione che alla base della spiritualità del Movimento ci sono alcuni
principi.
Il primo che ho potuto
sperimentare in questi quattro giorni è quello di avere Dio come Ideale della
vita... Quel Dio, che non è così lontano, perché dimora nell'amore; e l'amore
che il Padre e il Figlio condividono è lo Spirito Santo. Questa unità, questo
Amore che è nella Trinità, lo si vede riflesso nella vostra vita qui. Per me
prima la Trinità è parsa sempre un mistero impenetrabile che restava fuori di
me, difficile da raggiungere. Qui posso vederla in modo concreto, perché qui ci
sono persone che vivono insieme condividendo un'esperienza di vita
trinitaria... Questi quattro giorni vissuti qui sono stati come vivere in
Paradiso. Spero di portare con me il segreto di questa vita per condividerla
con la mia gente, con i miei sacerdoti e con tutti i fedeli della mia
diocesi... Noi, specialmente noi sacerdoti, siamo stati formati in un'altra
spiritualità: quella individualistica, che puoi non viverla, perché non si
vede... Io speravo di trovare prima o poi qualcosa di “vivibile” da qualche
parte. Sono riconoscente a Dio perché qui ho trovato la risposta alla mia
ricerca... La vostra è una spiritualità che può essere vissuta da tutti... Qui
è la svolta decisiva per la mia vita».
Mons. John Bosco Manat
Chuabsamai, vescovo di Ratchaburi, Tailandia: «Mi piacerebbe avere una comunità
come la vostra nella mia diocesi, persone come voi per creare una vera ed
autentica comunità. Sento che è importante informare i sacerdoti su questa
spiritualità. Ma non solo essi, anche noi vescovi abbiamo bisogno di una
formazione alla comunione. Dio ha aperto una via e dona la sua grazia... Il
Movimento è uno strumento attraverso il quale possiamo cambiare il mondo».
Mons. Joseph Cheng,
arcivescovo di TaVnan, Taiwan: «È molto importante questa esperienza,
soprattutto per i sacerdoti, perché interessa la vita comune che a loro manca.
Questa formazione alla convivenza può estendere la fraternità, il mutuo amore
come Gesù ha detto, affinché la gente riconosca che siamo suoi discepoli... Non
ho mai visto con i miei occhi ciò che oggi ho conosciuto qui. È una grazia di
Dio per i nostri giorni».
Crea la famiglia tra i
sacerdoti
Il card. Paul Poupard, Roma:
«Più vado avanti e più mi convinco che l'unità tra i sacerdoti è importante.
Penso alla prima generazione cristiana della quale i pagani dicevano: “Guarda
come si amano” e alle attuali vicende della Chiesa con delle difficoltà anche
all'interno del presbiterio... Vuol dire che qualcosa non va. Questa è una
ferita grave e finché non si farà di tutto per guarirla, rimarrà come un segno
nel fianco della Chiesa che ne paralizza la missione evangelizzatrice. La vita
di famiglia, che si realizza tra i sacerdoti grazie all'Ideale dell'unità, è
ciò di cui essi hanno bisogno oggi, perché non possono essere i “senza
famiglia”... Se i sacerdoti non vivono così, lavorano in modo controproducente.
Perciò questa Scuola è una meraviglia unica».
Mons. Maffeo Ducoli, vescovo
di Belluno, Italia: «Qui c'è un denominatore comune: amare senza misura e senza
confini. L'amore è desiderio di ogni cuore umano... Le nostre crisi dipendono
dalla mancanza di amore. La nostra vita è gioiosa quando viviamo questo grande
Ideale. Anche noi vescovi abbiamo bisogno di questo amore, specie per stare
vicino ai preti in difficoltà. Quando si è accanto a sacerdoti che amano così,
molte barriere cadono anche da parte del vescovo. Per demolirlo nei suoi
difetti lo si deve amare. Al contrario, irrigidirsi verso il vescovo è fargli
perdere la luce perché possa esprimere la volontà di Dio... L'Ideale non è solo
risposta ai tanti problemi personali, ma è anche la via del rinnovamento».
Mons. José Rafael Barquero
Arce, vescovo di Alajuela, Costa Rica: «Nel Sinodo sulla formazione del clero
si è parlato della necessità per i sacerdoti di far famiglia, di vivere in
comunità. Oggi tutto questo l'ho visto realizzato tra voi».
Dona la dimensione
universale della Chiesa
Mons. Antoine Torbey,
vescovo di Lattaquié dei Maroniti, Siria: «Se nel futuro avrò la possibilità di
mandare i sacerdoti della mia diocesi a vivere quest'esperienza della Scuola,
non mancherò di farlo. Parto con dentro tanta speranza per il futuro della
Chiesa. In questo Movimento trovo una delle correnti spirituali di cui la
Chiesa ha un gran bisogno per arrivare alla comprensione, al rispetto, alla
comunione di vita non solo tra i cristiani ma anche con i non-cristiani. Quando
questi sono con noi e si sentono accettati con cuore aperto e si rendono conto
che condividiamo con loro, senza risentimenti e con generosità, tutte le nostre
ricchezze, allora anch'essi si sentono dei nostri. In questa Scuola voi
sacerdoti imparate ad avere una dimensione universale della Chiesa».
Il card. Aloisio
Lorscheider, arcivescovo di Fortaleza, Brasile, di ritorno da Loppiano dopo
aver visitato per la prima volta la cittadella e la Scuola ha detto: «Ho potuto
vedere come la Chiesa può vivere oggi nel mondo. Tutta la comunità ecclesiale
unita al suo interno: perché abbiamo visto i laici, le famiglie, i giovani, le
ragazze, i sacerdoti formare una grande famiglia, aiutarsi l'un l'altro. È
un'esperienza concreta di vita cristiana (che il Movimento fa) in un mondo che
noi chiamiamo secolarizzato».
Mons. Luigi Bommarito,
arcivescovo di Catania, Italia: «Sarebbe bene che tutti i seminaristi prima di
essere ordinati sacerdoti facessero la vostra esperienza. La piaga della Chiesa
è la divisione, la disunità. Voi preparate la Chiesa del futuro».
Mons. Pietro Giachetti,
vescovo di Pinerolo, Italia: «La vostra spiritualità profondamente evangelica è
una spiritualità non da studiare semplicemente, ma da vivere. La vostra è
un'esperienza di vita, è una Scuola di vita. Qui si avverte un cambiamento di
mentalità. Come possiamo noi annunciare la Parola di Dio, se non ne facciamo
l'esperienza in prima persona? Credo che la vostra decisione di venire qui sia
dovuta alla scelta fondamentale di voler essere cristiani prima di tutto...
Dobbiamo portare questo fermento di unità nelle nostre diocesi. Se ci
convertiamo, diventiamo costruttori di unità. La vostra spiritualità non
sottolinea solo un aspetto importante del vangelo, ma va alla radice, a ciò che
costituisce il messaggio di Gesù. Cosa porto con me? L'accoglienza di questo
dono dell'unità senza il quale la Chiesa non può svolgere la sua missione, non
è credibile... Il mio augurio è che questi passi fatti qui possiate continuare
a viverli in seminario, perché esso sia animato dai valori di questa vita e
dalla presenza di Gesù in mezzo e diventi così segno leggibile di quello che è
la Chiesa».
È utile ai vescovi e al
presbiterio diocesano
Mons. Armando Gianni,
vescovo di Bouar, Repubblica Centrafricana: «Quando questa vita faceva i primi
passi nella mia diocesi, io stavo a guardare senza compromettermi. Poi mi sono
accorto che i sacerdoti che vi si erano impegnati non trasmettevano parole, ma
davano la vita. Ho visto una trasformazione nelle parrocchie ed anche nel
seminario. Ricordando tutto questo, mi viene in mente che nel Sinodo sui laici
un vescovo disse che sarebbe bene che i vescovi non fossero solo dei giudici
che stanno a vedere quello che accade nella Chiesa, ma si lasciassero
coinvolgere anche loro nell'azione dello Spirito. Penso che questa visita mi ha
dato un'ulteriore spinta a lasciarmi coinvolgere».
Mons. Alberto Setele,
vescovo di Inhambane, vicepresidente della Conferenza Episcopale Mozambicana, è
rimasto molto colpito dalla vita di comunione che si vive a Loppiano e si è
chiesto: «Quelli che ci guardano, come vedono la nostra collegialitè? Oggi
senza unità è impossibile portare avanti il messaggio del vangelo, perché
nessuno può evangelizzare per proprio conto, senza l'unità».
Mons. Juan de Dios Pueblos,
eletto vescovo di Kidapawan, Filippine, mentre si trovava ancora alla Scuola:
«Mai nella mia vita ho vissuto e sentito la presenza di Dio come in questo
luogo. Sì, è vero, sono nato cattolico, ho cercato di essere il seminarista
esemplare, ma quanto ho vissuto prima non è niente a confronto dell'esperienza
fatta qui. Una cosa notevole ho imparato alla Scuola. Tutte le maschere che avevo
prima, tutte le cose sofisticate che ho provato nella mia vita, tutta la
strategia di difesa di cui prima mi servivo, tutta la mia esperienza passata
sono un niente di fronte al modo semplice di vivere qui, dove posso lasciarmi
lavorare da Dio, dove mi sento membro di una famiglia, dove si ama il fratello
non per quello che è umanamente, ma perché egli è Gesù accanto a me».
Mons. Joseph Kesenga
Wandangakongu, vescovo di Molegbe, Zaire: «L'incontro con voi mi ha
incoraggiato e confortato. Noi vescovi abbiamo bisogno di questa esperienza.
Quello che ho vissuto qui lo dirò a quanti incontrerb».
Mons. Fanoko Kpodzro,
vescovo di Atakpam, Togo: «È un'esperienza unica perché si impara a vivere in
fraternità e a trovare la compenetrazione delle varie esperienze e culture».
Mons. Lawrence Thienchai
Samanchit, vescovo di Chanthaburi, Thailandia: «Voi fate un bel lavoro. Voi
lavorate per la Chiesa. Questa è la spiritualità del sacerdote di oggi».
Mons. Ferdinand Fonseca,
vescovo ausiliare di Bombay, India: «È stata una bella esperienza l'essere
stato in questa comunità di sacerdoti diocesani. Qui ho visto che si vivono i
valori del vangelo. Ho imparato cosa significa per me il vivere tali valori. È
un momento di grazia per me. Prego che una comunità come questa si propaghi in
tutte le diocesi del mondo».
Mons. Thomas Little,
arcivescovo di Melbourne, Australia: «Qui ho avuto l'occasione di fare
l'esperienza della comunità vera. I sacerdoti che hanno partecipato a questa
Scuola sanno vivere e costruire la comunità con i vescovi e gli altri
sacerdoti».
Un vescovo coreano: « Qui
c'è un modello di seminario per la Chiesa di oggi e il principio del
rinnovamento per la società».
La Scuola di Tagaytay è una grande benedizione
per l'Asia
Il card. Sin di Manila, in
un incontro con Toni Weber, gli diceva: «Per me è veramente chiaro che per i
sacerdoti diocesani non esiste altra spiritualità che questa dell'unità. Andate
avanti: voi siete in linea col mio pensiero e con quello della Chiesa». E
riferendosi alla Scuola nel suo paese: «Questa Scuola è una grande benedizione.
Cosa posso fare per voi?». Durante una festa del seminario interdiocesano di S.
Tomas di Manila ha detto a tutti: «Non abbiamo tanto bisogno di sacerdoti
intellettuali, ma di sacerdoti santi che diano una testimonianza di vita. C'è a
Tagaytay una Scuola di formazione spirituale, dove anche i diaconi, prima
dell'ordinazione sacerdotale, possono passare un periodo di esperienza
spirituale».
L'ex nunzio apostolico delle
Filippine, mons Torpigliani, parlando ai 90 partecipanti al Congresso Gens a
Tagaytay, ha detto: «Mi congratulo che seguite la spiritualità del Movimento
dei focolari che vi aiuta ad essere sacerdoti perfetti. Voi siete la speranza
della Chiesa del domani nelle Filippine». Un giorno mentre faceva visita alla
Scuola, Toni gli aveva spiegato come svolgiamo il nostro servizio fra i
sacerdoti e i seminaristi (per es. con ritiri, visite nei seminari, ecc.)
cercando di scoprire quelli che Gesù chiama ad essere «moltiplicatori» di
questa vita, per creare con loro un rapporto permanente, profondo, un forte
legame d'unità. Era molto contento, sembrava quasi commosso, e diceva:
«Veramente voi fate un bel servizio alla Chiesa!».
Scuola di Tagaytay una
speranza per gli asiatici
I formatori dei seminari nei
loro convegni nazionali ad Iloilo, e sopratutto i direttori spirituali a
Tagaytay, constatando che c'è una forte ricerca d'una vita comunitaria fra i
sacerdoti diocesani asiatici, hanno trovato nella nostra esperienza una
risposta concreta: «In voi c'è la speranza della vita per i sacerdoti, una vita
di comunione spirituale e materiale, una rivoluzione nelle Chiese dell'Asia».
Nel dicembre dell'84
nell'isola di Mindanao, mons. Mabutas, arcivescovo di Davao e allora presidente
della Conferenza Episcopale Filippina, ci diceva: «Ci vuole un vostro centro
per noi qui nel Mindanao... Siamo troppo lontani da Manila e poi siamo poveri».
Alla fine di un ritiro tenuto da uno dei nostri sacerdoti di Tagaytay nella sua
diocesi a tutti i sacerdoti - egli stesso era presente assieme al suo ausiliare
- ha detto: «Da quando sono diventato vescovo di Davao questa è la prima volta
che vedo realizzato il mio sogno di un presbiterio unito. Solo in questo ritiro
siamo stati capaci di parlare sul rapporto fra il vescovo e i sacerdoti e fra i
sacerdoti stessi...».
Il vescovo della diocesi di
Mati, sempre nel Mindanao, mons. Alo, vorrebbe che tutti i seminaristi
andassero alla Scuoladi Tagaytay, perché: «Solo la spiritualità dell'unità -
diceva - può salvare l'unità della Chiesa nel Mindanao».
Utilissima per la
formazione dei futuri presbiteri
Il vescovo Gaudencio Rosales
di Malaybalay, Filippine, incaricato dalla conferenza episcopale per la
formazione nei seminari, ci ha incoraggiati ad andare avanti nel nostro
servizio. Durante un incontro nazionale per i direttori spirituali a Tagaytay
aveva detto a Toni Weber: «Non c'è vera vita cristiana senza rapporti
trinitari». E portava un esempio: «Adesso qui attorno al tavolo viviamo la vita
della Trinità: mentre Toni Weber parlava egli era il “Padre” per tutti noi e ci
dava la vita; noi eravamo i suoi figli e il legame fra noi era la carità, lo
Spirito Santo. In questo momento sono io il “Padre” e voi siete i miei figli.
Questa realtà vissuta fra noi qui può essere vissuta fra molti. E vivendo
questa vita trinitaria siamo a casa in tutte le culture. Andate avanti».
Mons. CariZo, vescovo
emerito di Borongan, Filippine, mentre era segretario della Conferenza
Episcopale Filippina, ci ha confidato che, secondo lui, «la Scuola è un posto
privilegiato, dove ai sacerdoti e ai seminaristi si dà una formazione veramente
all'altezza dei tempi».
Nel gennaio '90, durante la
riunione della Conferenza Episcopale Filippina, i vescovi hanno parlato molto
sulla formazione dei sacerdoti e dei seminaristi ed hanno indicato la Scuola di
Tagaytay come una casa di formazione che sta dando molti frutti, anche perché
tanti sacerdoti, dopo aver fatto la Scuola, lavorano nei seminari come
formatori.
Enrico Pepe