Santo Domingo:      

aspettative e primi risultati

 

 

Erroneamente si parla di Santo Domingo come «incontro del CELAM» (sigla che indica solo il Consiglio Episcopale Latino Americano, cioè un organismo permanente a servizio degli episcopati latinoamericani). In realtà, il CELAM ha organizzato a Santo Domingo, dal 12 al 28 ottobre, quella che è stata la IV Conferenza generale dei vescovi cattolici dell'America Latina e dei Caraibi (le tre precedenti: Rio de Janeiro 1955, dove è stato creato il CELAM, Medellìn 1968, Puebla 1979).

 

A cosa è dovuta l'aspettativa suscitata da Santo Domingo? Sicuramente agli stimoli offerti dalla chiesa latinoamericana alla chiesa universale soprattutto negli ultimi 25 anni ed all'accresciuta sensibilità verso i rapporti Nord-Sud del mondo. Ma anche al fatto che lo stesso continente latinoamericano costituisce una specie di «concentrato» emblematico delle grandi sfide che l'umanità sta affrontando.

 

Infatti suonano più che mai attuali queste parole pronunciate dopo Puebla: «Che altro è oggi l'America Latina se non la prefigurazione della nuova società che già s'annuncia sul finire del secondo millennio? Le sue tensioni verso una nuova cultura, verso l'autonomia del proprio destino, verso la liberazione e verso l'integrazione continentale non sono forse le tensioni del mondo nuovo, dell'umanità più giusta e fraterna che tutti auspichiamo?» (à. Sorge).

 

La presenza del Papa per l'inaugurazione della Conferenza è stata un'ennesima conferma dell'importanza nella Chiesa del «ministero petrino» a servizio dell'unità. Non solo per i concetti da lui espressi - alcuni dei quali largamente riportati dai mezzi di comunicazione - e per l'incoraggiamento offerto ai vescovi, ma soprattutto per aver messo in rilievo e portato avanti delle esigenze e dei valori provenienti dalle varie tendenze presenti nell'America Latina, armonizzandole tra loro. E particolare significato ha avuto poi la sua proposta, inaspettata e molto gradita, di celebrare un incontro di rappresentanti degli episcopati di tutto il Continente americano «al fine di promuovere la cooperazione fra le diverse Chiese particolari  e in cui... vengano affrontati anche i problemi relativi alla giustizia e alla solidarietà fra tutte le Nazioni dell'America».

 

Inoltre, fuori dell'America Latina è poco conosciuto il fatto che già era stato decisivo un suo primo intervento durante la preparazione della Conferenza, quando ai due temi indicati dal CELAM, «una nuova evangelizzazione in una nuova cultura», il Papa ne aveva aggiunto un terzo, la «promozione umana», superando così i timori di coloro che vedevano nei primi due temi una manovra dell'ala «conservatrice» per distogliere l'attenzione dall'opzione preferenziale per i poveri spezzando la continuità con Medellìn e Puebla.

 

Dalle prime notizie avute si è confermato infatti che l'opzione evangelica per i poveri non solo è stata l'opzione pastorale più votata dalla Conferenza, ma tutto il capitolo sulla promozione umana è stato definito «la parte più alta del Documento finale»1.

 

Tra i tanti altri temi e opzioni pastorali, una delle novità è stata - come ha segnalato tra altri il vescovo brasiliano Ivo Lorscheiter - l'attenzione alle culture indigene e afroamericane in misura molto maggiore che nelle precedenti Conferenze. Non è questo un tema marginale, né costituisce soltanto una sorta di riparazione storica. Basti un solo dato: la popolazione india nell'America Latina è calcolata fra i 50 e 60 milioni, ed è stato osservato che il Brasile è il secondo «paese africano», giacché conta la seconda popolazione nera del mondo dopo la Nigeria.

 

Allo stesso tempo è stata sottolineata la necessità di affrontare profondamente l'inculturazione del vangelo nella cultura urbana (infatti una grande percentuale dei latinoamericani vive nelle grandi città) e della modernità che sta penetrando ovunque con le sue deformazioni e i suoi contributi positivi. Se in queste ultime decadi una domanda centrale nell'America Latina è stata «come poter dire al povero, che soffre ingiustamente, che Dio lo ama?», è naturale che oggi il Papa, nel suo discorso inaugurale, abbia formulato quest'altra domanda: «Come parlare di Dio in un mondo nel quale è presente un crescente processo di secolarizzazione?».

 

Sicuramente una delle grandi sfide per il futuro dell'America Latina sarà quella di capire che non si possono superare la povertà e le strutture sociali ingiuste senza tener conto delle culture presenti nel continente, e che allo stesso tempo non ci sarà vera inculturazione del vangelo se essa non tende alla liberazione da tutte le forme d'oppressione, sia economiche che culturali. Passare cioè da una visione che affronta in modo quasi parallelo e reciprocamente escludente i rapporti fede-povertà e fede-cultura, ad una considerazione più integrale ed articolata di fede-societB-cultura.

 

Il Documento finale della Conferenza è stato consegnato al Papa per la sua approvazione e solo dopo di essa si avrà il testo definitivo per il suo studio ed applicazione. Ma intanto è stato reso pubblico il «Messaggio ai Popoli dell'America Latina e dei Caraibi» emesso dai vescovi a conclusione della Conferenza. Di esso trascriviamo alcuni paragrafi che indicano dei concetti fondamentali per il futuro della Chiesa in quel continente:

 

«Come espressione della nuova evangelizzazione ci impegniamo anche a lavorare per una promozione integrale del popolo latinoamericano e dei Caraibi, avendo come preoccupazione che i suoi principali destinatari siano i più poveri». (n. 31)

 

«Questo Messaggio desidera tracciare un'esplicita professione di fede in Gesù Cristo e nella sua Buona Novella.

 

In questo Gesù, “lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eò 13, 8), abbiamo la certezza di trovare ispirazione, luce e forza per un rinnovato spirito evangelizzatore.

 

In lui si trovano anche motivi e orientamenti per nuovi sforzi in vista dell'autentica promozione umana di quasi 500 milioni di latinoamericani.

 

È pure Lui chi ci aiuterà a infondere nei valori culturali propri della nostra gente il suo marchio cristiano, la sua identità, la ricchezza dell'unità nella varietà». (n. 44)

 

«Il patrimonio sociale e spirituale contenuto in queste quattro parole chiavi: riconciliazione, solidarietà, integrazione e comunione, si trasformino nella maggiore ricchezza dell'America Latina». (n. 47)

 

Uno degli aspetti del discorso inaugurale del Papa che aveva trovato vasta eco è stato, assieme alla sua richiesta di «un'autentica economia di comunione e di condivisione dei beni, sia sul piano internazionale che su quello nazionale»,  il suo impulso all'integrazione latinoamericana «che può notevolmente contribuire a superare i gravi problemi che oggi affliggono questo continente».

 

Spesso in America Latina si sente parlare con sfiducia di questa integrazione. «È inutile, si dice, mettere insieme le nostre povertà. Il grande problema è che siamo discriminati o ignorati da parte del mondo ricco...». Una delle persone partecipanti alla commissione di Santo Domingo dove si è trattato questo tema, rispondeva a questa obiezione che giustamente per quei due motivi è importante essere uniti: innanzitutto per mettere insieme non solo la nostra povertà ma anche il nostro potenziale, e poi per presentarci al mondo integrati economicamente, culturalmente e politicamente, appunto per poter avere più voce...

 

Com'è noto, oltre i vescovi latinoamericani hanno preso parte alla Conferenza rappresentanti della Curia Romana, sacerdoti e diaconi permanenti, religiosi e religiose, laici, osservatori di altre chiese cristiane, 19 periti, ecc. Fra essi, anche alcuni presidenti di altre Conferenze Episcopali, tra cui quello della Conferenza episcopale degli USA, il quale oltre a rispondere immediatamente alla proposta del Papa: «i vescovi degli USA parteciperemo con molto piacere in qualunque sforzo che dia più vitalità alla Chiesa in questo emisfero, qualunque incontro che promuova la giustizia e la solidarietà volute da Cristo», ha aggiunto: «Vi saluto da parte dei quasi 400 vescovi degli Stati Uniti. Questa vostra IV Conferenza è stata del massimo interesse per il nostro episcopato. La celebrazione nel nostro paese del V centenario dell'evangelizzazione del nuovo mondo è stata strettamente vincolata con quest'assemblea di Santo Domingo. Guardiamo con molto interesse ciò che voi fate qui, perché sappiamo che avrà un impatto nel nostro paese, come l'hanno avuto Medellìn e Puebla... Voglio anche offrirvi la nostra gratitudine. Per l'esempio che avete dato al mondo nella vostra evangelizzazione. Per la testimonianza di fedeltà al Signore in mezzo a situazioni di estrema difficoltà in campo politico, economico, culturale e pastorale. Grazie anche per i milioni di cattolici dei vostri paesi che partecipano nella vita delle Chiese locali degli USA: la loro presenza è stato un grande dono, che custodiremo come un tesoro, un dono che coltiveremo e al quale cercheremo di rispondere nel miglior modo possibile».

 

Un'altra presenza significativa era quella dei rappresentanti degli organismi continentali che radunano conferenze episcopali, tra cui il cardinal Martini, di Milano, nella sua qualità di presidente del Consiglio delle conferenze episcopali europee. In un suo intervento molto apprezzato ha detto tra l'altro che in Europa oggi si stanno vivendo momenti di grande difficoltà, perché non si riesce a coniugare valori come libertà e verità, pluralismo e unità. Così come nei primi tempi del cristianesimo - ha aggiunto - le giovani Chiese fondate da Paolo hanno aiutato la Chiesa di Gerusalemme, così noi del vecchio Continente aspettiamo da voi, dalla Chiesa latinoamericana, incoraggiamento e speranza per realizzare quella sintesi3.

E. C.