Uno scambio significativo di
doni
tra la Germania Orientale e
alcuni paesi dell'ex-Unione Sovietica
La gioia del dare
di Paul Christian
Mentre politici,
economisti ed altri esperti a livello mondiale sono alle prese con i gravi
problemi venuti a galla dopo la caduta del comunismo, non può mancare lo sforzo
di tessere nel quotidiano una rete di solidarietà, da persona a persona, da
comunità a comunità. Alcuni cristiani della Germania Orientale, coinvolgendo
nella loro iniziativa tante persone di buona volontà - alcune di esse
provenienti dall'ex-partito comunista - hanno dato vita ad un'esperienza
significativa in questo senso. Ce la racconta Paul Christian, parroco di una
città vicino a Lipsia.
Nella nostra
regione, la Germania Orientale,
dopo la riunificazione, tante fabbriche sono state chiuse, perché tecnicamente
superate e quindi commercialmente non più competitive, provocando una
disoccupazione che in alcune città arriva al 40%. La popolazione, dopo il primo
entusiasmo, ora vive nello scoraggiamento e nella sfiducia e non sono rari i
casi di disperazione e di rivolta.
La fede, che potrebbe
suscitare risorse umane impensate anche in situazioni così difficili, è
radicata solo in una piccola minoranza. Infatti il 70% non ha nessun contatto
con le Chiese cristiane e da circa 20 anni solo il 5% dei bambini viene
battezzato (2,5% nella Chiesa cattolica e 2,5% nelle Chiese evangeliche).
L'indifferentismo religioso e lo stesso ateismo qui erano di casa prima ancora
che vi mettesse piede il comunismo.
In questo contesto, venendo
a conoscenza dell'iniziativa del Movimento dei focolari di promuovere nel mondo
la «cultura del dare», ci siamo chiesti se questa non sarebbe una delle strade
offerte da Dio per far rivivere valori evangelici nella coscienza della nostra
società secolarizzata.
Condividere con chi ha
meno
Abbiamo lanciato timidamente
una prima iniziativa in occasione del Natale scorso. D'accordo con alcuni
nostri amici del Movimento dei focolari, residenti a Mosca, abbiamo organizzato
una raccolta di doni per i bambini di Mosca, motivandola col fatto che se la
nostra situazione economica è difficile, quella dei paesi dell'ex-Unione
Sovietica è ancora più allarmante. Abbiamo avuto l'appoggio della stampa e
degli altri mezzi di comunicazione, tante ditte hanno voluto collaborare, ma
soprattutto le famiglie, i giovani e i bambini nelle scuole elementari e
materne si sono mobilitati in una gara di generosità riempiendo i luoghi di
raccolta, generalmente presso le chiese cattoliche o evangeliche, da noi
indicate. Un giorno sono venuti due giovani genitori col loro bambino di tre
anni che donava un bellissimo giocattolo e ci dicevano: «È molto importante che
nostro figlio impari fin da piccolo a condividere con chi ha di meno».
Col materiale raccolto - 100
metri cubi di roba e 16.000 marchi - abbiamo preparato dei pacchi
personalizzati da distribuire alle famiglie di Mosca. Per questo lavoro non
indifferente si sono uniti a noi spontaneamente tanti collaboratori offrendo
gratuitamente tempo e competenza.
Quando siamo giunti a Mosca
col primo carico, i nostri amici avevano già organizzato la distribuzione.
Venendo a contatto con noi, i russi ci ponevano delle domande: «Come mai avete
pensato a noi? Appartenete anche voi alla Chiesa ortodossa?». Le nostre
risposte li lasciavano ancora più stupiti.
Nella distribuzione abbiamo
coinvolto anche alcuni ragazzi del posto. Una notte uno di loro è entrato nel
magazzino ed ha rubato qualche pacco. Il giorno dopo i suoi compagni lo hanno
convinto non solo a restituirlo, ma a rimanere con noi per aiutarci nella
distribuzione. A sera gli abbiamo fatto scegliere quello di cui aveva bisogno.
Era felice!
A questa prima esperienza ne
sono seguite altre, sempre più organizzate, che hanno coinvolto anche
istituzioni statali e organizzazioni ecumeniche. Nella seconda operazione sono
stati raccolti 300 metri cubi di pacchi contenenti alimenti, vestiti e articoli
sanitari. I donatori avevano la possibilità di mettere in ogni pacco il proprio
indirizzo con una lettera in lingua russa, nella quale tra l'altro si diceva:
«Vediamo sempre più chiaramente che noi, popoli dell'Europa, possiamo e
dobbiamo crescere uniti. Questo avverrà più facilmente se ci scambiamo dei
doni. Noi stimiamo moltissimo la vostra letteratura antica e moderna e
apprezziamo la vostra musica e i vostri canti. Sappiamo anche della vostra
ospitalità generosa, nonostante le ristrettezze in cui vivete. Possiamo
imparare molto da voi e vorremmo che questo scambio di doni diventi sempre più
intenso».
Tanti hanno risposto con
bellissime lettere, creando legami tra famiglie tedesche e russe, e lo stesso
Patriarcato di Mosca ha inviato un caloroso ringraziamento.
Un momento difficile
Finora nella distribuzione
degli aiuti abbiamo cercato di muoverci sempre con molta discrezione,
conoscendo la preoccupazione delle autorità della Chiesa ortodossa, la quale
non vuole che la nostra presenza diventi motivo di proselitismo. Non abbiamo
mai fatto distinzioni a motivo dell'appartenenza alle varie chiese, anzi
abbiamo cercato di coinvolgere in questa azione anche i parroci e i fedeli
ortodossi della varie città. Il metropolita di Ufa - che è medico - ci ha
chiesto ed ha ricevuto tanto materiale riguardante questo settore e persino dei
filtri per l'acqua di cui un ospedale della sua città aveva estremo bisogno. Un
metropolita di Mosca ha combinato la consegna di alcuni carichi direttamente a
parrocchie ortodosse che si incaricano per la distribuzione tra i loro fedeli.
Si stringono legami
d'amicizia
I carichi si sono
moltiplicati: quattro a Mosca, altri quattro a Chernigow, due a Cheljabinsk
negli Urali, uno a Ufa pure negli Urali, un altro a Radomyachl nell'Ucraina e
due a Vilnius. Sono stati trasportati viveri, vestiti, scarpe, attrezzi
sanitari, macchine edili, autocarri, automobili usate e relativi pezzi di
ricambio.
A Vilnius abbiamo scaricato
le macchine e gli attrezzi sanitari presso un ospedale di 300 bambini ammalati
di tubercolosi. Uno di loro ha scritto in una letterina: «Vi ringrazio non solo
per quello che ci avete donato, ma soprattutto per la gioia che avete portato
tra noi. Chi sa che un giorno anche noi potremo aiutare qualche sconosciuto e
allora ci ricorderemo di voi».
In un'altra occasione, un
ragazzo di 13 anni, Vita Yodyte, ha scritto: «Siamo diventati più sani e più
buoni, perché abbiamo sentito il vostro calore. Parleremo spesso di voi, gente
così cara, che si è scomodata per portarci tanti bei doni».
E Rasa, una sua coetanea,
piena di gioia per aver ricevuto un pullover: «È così bello che ho paura di
toccarlo. Qualche volta penso che voi ci avete amato come se foste i nostri
genitori».
«Date e vi sarà dato»
Man mano che queste
operazioni andavano avanti ci rendevamo conto che le nostre operazioni non
erano solo un donare ma anche un ricevere.
All'inizio i nostri
collaboratori nella raccolta, nel trasporto e nella distribuzione erano
soprattutto persone delle nostre comunità cristiane, ma poi tanti altri si sono
offerti spontaneamente. Per esempio, quattro uomini che nel periodo comunista
erano stati «poliziotti del popolo». Uno di questi è ancora oggi continuamente
all'opera insieme a sua moglie e, conoscendo bene la lingua russa, si è offerto
per i trasporti, coinvolgendo i suoi colleghi come autisti. Da questa coppia è
nata l'idea di coinvolgere il mondo della scuola, che ha dato grandi frutti non
solo per il materiale raccolto, ma anche per la forza educativa di questa
iniziativa presso i giovani.
Intere scuole - alunni,
professori e direttori - si sono mobilitati nella raccolta dei doni. Ogni
ragazzo, poi, dava qualcosa di suo: giocattoli, cioccolata..., spesso
accompagnando il dono con una lettera personale. Un insegnante di russo,
proveniente dall'Ucraina, ha riempito, in collaborazione col parroco cattolico
di Erfurt, ben 20 camions. Grazie al loro interessamento, un negozio ha donato
una tonnellata di sapone e un carcere 300 coperte.
Tre ex-poliziotti, che ci
avevano aiutato come autisti nel trasporto in alcuni paesi sovietici, hanno
assistito con le loro mogli ad uno spettacolo del Gen Verde1 in Germania ed
hanno colto la motivazione profonda che è alla base dei nostri rapporti, cioè
la fratellanza universale che ha le sue radici nella paternità di Dio.
L'esperienza che i mariti avevano fatto nei nostri viaggi in Russia era stata
una preparazione per questa scoperta rivoluzionaria.
È sorto anche un gruppo di
collaboratrici formato da donne molto impegnate prima nel partito comunista. Un
giorno si presentarono in cinque: «Siamo disoccupate e vorremmo sfruttare bene
il nostro tempo... La nostra ditta viene sciolta e vuol buttare nell'immondizia
tante scarpe e tanti vestiti nuovi e costosissimi. Noi siamo disposte ad
imballarli e a donarli per la Russia». Si misero subito all'opera e ad ogni
fine settimana telefonavano: «Trenta pacchi sono già pronti; venite a
prenderli». Dopo un incontro la leader del gruppo ha detto: «Spesso in
quest'ultimo tempo ho sperimentato che la gioia che si dona agli altri ritorna
centuplicata nel mio cuore. Ma per riuscire ad amare così gli altri è
necessario ritrovarci spesso insieme per riprendere coraggio, perché fare il
bene non è sempre facile».
A volte succedono anche
fatti sorprendenti e imprevedibili. Un giorno ha telefonato un signore: «Se vi
è utile, posso offrirvi una Moscvitch (un'automobile russa)». Restai un po'
scettico, pensando che si trattasse di un rottame di cui volesse disfarsi, ma
volli andare a vederla. Quale non fu la mia sorpresa quando mi trovai davanti ad
una macchina in buono stato con tre motori di ricambio, tre radiatori nuovi,
due cambi anch'essi nuovi e tanti altri pezzi di ricambio. Quando andammo a
ritirare tutto questo materiale che in Russia vale oro, il donatore mi disse
con tutta semplicità: «Stiamo facendo qualcosa che aiuta non solo chi riceve ma
anche chi dà». Ora la macchina è già in azione in una parrocchia nella regione
degli Urali.
La scoperta della
paternità di Dio
In queste attività sia in
Germania che nei viaggi verso i paesi sovietici hanno preso parte tante persone
che avevano perso o non avevano mai avuto contatti con la Chiesa. Per loro è
stato come scoprire un mondo nuovo, dove si vive una nuova legge, e
riacquistare fiducia e impegnare la propria vita in qualcosa di grande.
Per un trasporto aereo
gratuito a Radomyschl in Ucraina si erano offerti alcuni ufficiali dell'Armata
Rossa, ma all'ultimo momento, quando i camions erano arrivati all'aeroporto,
venne loro negato il permesso di atterrare in terra ucraina. Altri ufficiali avrebbero
potuto farlo, ma volevano 80.000 marchi. Alla fine avevano accettato di farlo
per 20.000. Non avendo noi una tale somma, ci siamo rivolti ad alcune
organizzazioni caritative. La provvidenza ci veniva subito incontro, suscitando
nei nostri collaboratori, lontani dalla Chiesa, un senso di stupore e di
ammirazione. Sperimentavano che l'amore fraterno tra cristiani mette in moto la
provvidenza e non nascondevano la sensazione di toccare con mano che Dio
esiste.
Durante il viaggio in
Lituania abbiamo avuto la lieta sorpresa di essere ospiti, durante una fermata
a Niepokalanow, presso il convento di Padre Kolbe, dove vive fratel Hieronymus,
uno dei 20 francescani che offrirono la loro vita in cambio di quella di Kolbe.
Vale la pena conoscere questo religioso che con una serenità impressionante
conserva ancora vivo il ricordo tragico di quel periodo.
Uno dei nostri autisti,
ex-poliziotto comunista, alle cinque del mattino si era alzato ed era andato a
preparare il camion. Era il mese di febbraio e il freddo era gelido. Gli si
avvicina fratel Hieronymus, lo saluta e poi rientra nel convento per riapparire
poco dopo con una tazza di tè caldo. Questo piccolo gesto di attenzione toccò
il cuore del «poliziotto» molto più che una dotta predica.
Nel primo viaggio a
Chernigow le autorità del posto ci mostrarono un cimitero di soldati tedeschi
con circa 300 tombe. Su ognuna di esse c'è scolpito un numero, mentre tutto
intorno al campo corre una siepe. I nostri autisti con l'aiuto della gente del
posto hanno eretto una croce con sopra questa scritta: Christós woskres =
Cristo è risorto! Poi con le lacrime agli occhi hanno deposto una ghirlanda di
fiori ai piedi della croce e un altro fiore su ogni singola tomba. Ora il
personale dell'ospedale, che ha ricevuto gran parte dei nostri pacchi-dono, ha
voluto prendesi cura del cimitero.
Ritornando verso la Germania
mi risuonavano nell'anima le parole di Violeta Benelyte, una giovane lituana di
sedici anni: «I giocattoli, i vestiti, le scarpe che abbiamo ricevuto sono
segni indelebili di amicizia; sono fili invisibili, luminosi e delicati, che
rivelano l'esistenza tra voi di quella realtà incantevole che è l'amore».
Troppe volte nel passato i
conquistatori occidentali hanno calpestato le strade dei paesi sovietici con
spirito di dominio incontrando sui loro passi la morte. Forse è arrivato il
momento di ripercorrerle con spirito di umiltà per scoprire i tesori a noi
ancora nascosti di questi popoli fratelli e per costruire con loro rapporti di
autentica comunione.
Paul Christian