Dal Sinodo europeo un contributo per la costruzione di un mondo unito

 

 

La nuova evangelizzazione e l'Europa

 

 

di Piero Coda

 

La presente lettura del Sinodo dei Vescovi per l'Europa, fatta da uno dei teologi che vi ha preso parte, oltre ad offrire numerosi spunti di valore, ha la caratteristica di situare le conclusioni sinodali in un contesto non solo europeo, ma universale, sullo sfondo dell'assemblea generale dell'episcopato latinoamericano a Santo Domingo e dell'assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, tenendo conto anche della frattura tra il Nord e il Sud del mondo.

Trattando del Sinodo dei Vescovi   per l'Europa, e in particolare della Dichiarazione finale che ne ha riassunto i lavori, mi soffermo soltanto sulla nuova evangelizzazione, e non su altri temi pur importanti e centrali di questa assemblea. Anche se bisogna dire che la nuova evangelizzazione rappresenta senza dubbio la chiave di lettura alla luce della quale vanno interpretati anche tutti gli altri temi.

 

 

 

1. Il Sinodo: evento dell'Amore trinitario

 

La definizione più bella di ciò che è stato questo Sinodo l'ha data, mi sembra, Giovanni Paolo II nella concelebrazione eucaristica di conclusione, quando ha detto che «il Sinodo è stato per noi una nuova spinta all'amore»1. Un'esperienza dell'«amore di Cristo che ci spinge» (2  Cor 5, 14), un essere coinvolti, cioè, in quella autocomunicazione dell'Amore di Dio per noi che è il significato ultimo e sempre nuovo della storia della salvezza, in cui l'Amore che sgorga dal seno del Padre ci è comunicato nel Figlio incarnato, crocifisso e risorto, attraverso l'effusione dello Spirito Santo nei nostri cuori e in mezzo a noi. Partendo da qui, diventando protagonisti - per grazia - di questo evento, noi insieme, come comunità, «siamo testimoni di Cristo che ci ha liberati» - secondo il titolo del Sinodo.

 

Chi è Dio e chi è l'uomo

Dunque, un'esperienza rinnovata dell'Amore del Dio Uno e Trino che ci è rivelato e comunicato in pienezza nella Pasqua di Cristo. È proprio essa, infatti - ha sottolineato il Papa nel discorso di chiusura, rifacendosi all'insegnamento conciliare - che non solo ci rivela chi è Dio ma anche chi è l'uomo (cf GS 22). Chi è Dio, perché ci mostra che egli è Amore infinito; chi è l'uomo, perché ci dice allo stesso tempo che egli è l'unica creatura che Dio ha voluto «per se stessa» (cf GS 24), tanto da inviare il suo Figlio nel mondo a manifestare il suo amore per ciascuno di noi «sino alla fine» (Gv 13, 1); ma anche che egli non può «ritrovarsi pienamente, se non attraverso un dono sincero di sé», perché creato e redento a immagine e somiglianza della vita trinitaria dell'Amore, dove Ciascuno dei Tre è se stesso nel dono totale di sé (cf GS 24).

Non si è trattato di un'esperienza soltanto teorica o di un'astratta riflessione teologica, ma, innanzi tutto, di un coinvolgimento di fede e di amore in questo che è il centrale e sempre nuovo evento della salvezza. Un'eco di questa profonda esperienza di koinonia ecclesiale vissuta nel corso del Sinodo - anche se, come è naturale, non senza difficoltà - è riconoscibile nel Proemio della Dichiarazione finale, là dove i Padri sinodali riassumono il significato della loro assemblea: «in quella concordia e reciproca comunione che scaturisce dalla vita stessa della Santissima Trinità, abbiamo potuto offrirci a vicenda quegli innumerevoli tesori di sapienza e di esperienza di cui Dio ha arricchito le nostre Chiese particolari, affinché ne facessero dono a tutte le altre nell'unica e universale Chiesa di Cristo. (...) Uniti nel nome di Cristo (cf Mt 18, 20) abbiamo pregato affinché potessimo ascoltare ciò che lo Spirito dice oggi alle Chiese d'Europa (cf Ap 2, 7. 11. 17)».

 

Scambio di doni, svuotamento di sé

Lo «scambio dei doni» vissuto nei giorni del Sinodo, quello scambio dei doni che - come ha sottolineato mons. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga e segretario speciale dell'assemblea assieme a mons. Karl Lehmann, presidente della Conferenza Episcopale Tedesca - richiede lo «svuotamento di sé» secondo la misura della kenosi di Cristo (cf Fil 2, 7), per ascoltare il dono del fratello e per comunicargli il proprio dono, è stato un vivere come Chiesa d'Europa il mistero della vita di comunione trinitaria, per attingere luce e forza per il compito della nuova evangelizzazione, nelle mutate situazioni del nostro continente.

È su questo sfondo che vanno lette le indicazioni emerse nel corso dei lavori, e poi riassunte nella Dichiarazione finale. Esse toccano, rispettivamente - per ciò che ci interessa - il contesto culturale, il significato, il centro, le vie e alcune componenti essenziali della nuova evangelizzazione.

 

 

 

2. Contesto culturale europeo e nuova evangelizzazione

 

Circa il contesto culturale dell'Europa contemporanea, la Dichiarazione finale del Sinodo fa poche ma essenziali affermazioni (cf nn. 1 e 2). Il punto di partenza che viene sottolineato - in linea soprattutto con la costituzione conciliare Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo e con il Sinodo straordinario del 1985, a vent'anni dal Concilio - concerne la necessità, resa particolarmente evidente e urgente dai noti avvenimenti del 1989, di una lettura della situazione presente per coglierne il significato. Si tratta non di una lettura semplicemente sociologica o storico-politica, e perciò in qualche maniera previa o estrinseca alla lettura di fede, ma di una necessaria opera di discernimento teologico. «Alla luce della fede e sotto la guida dello Spirito Santo - affermano i vescovi - vogliamo discernere in quest'ora i veri segni della presenza e del disegno di Dio. Per i cristiani in questi eventi si è manifestato un autentico kairós della storia della salvezza e una grande sfida a continuare l'opera rinnovatrice di Dio, dal quale in ultima istanza dipendono i destini delle nazioni» (n. 1).

Da questa lettura della situazione storica attuale dell'Europa, connessa in particolare con il crollo dei regimi comunisti, emergono sinteticamente due elementi fondamentali.

 

Re-imparare a respirare con i due polmoni

Innanzi tutto, il fatto che - in modo imprevisto - è terminato (con decisive ripercussioni su scala mondiale) un periodo della storia europea caratterizzato dalla divisione tra Est e Ovest, ovvero tra due regimi ideologici e politico-economici contrapposti. Tutto ciò implica la necessità, non solo culturale e politica, ma anche spirituale e religiosa, di abbracciare da questo momento l'Europa come un'entità unica, seppure complessa e diversificata. Per la Chiesa, ciò significa in particolare - secondo l'espressione di Giovanni Paolo II - re-imparare a respirare con i suoi «due polmoni», ragionando e operando con categorie di respiro autenticamente europeo. Connesso con questo ritrovamento dell'unità europea - almeno a livello ideale - è l'impegno a pensare e a progettare il futuro dell'Europa in rapporto al destino comune dell'umanità, nella prospettiva globale di un mondo unito. In questo senso - e certamente questa è stata una delle preoccupazioni fondamentali del Sinodo - il crollo della divisione tra Est e Ovest non deve diventare l'alibi per un ripiegamento dell'Europa su se stessa, ma il presupposto per affrontare con decisione e lucidità la ben più grave frattura tra Nord e Sud del mondo.

 

Restituire all'uomo la sua umanità integra

Il secondo elemento fondamentale che risulta dal discernimento teologico dell'attuale situazione politico-culturale europea concerne il significato dell'intera parabola del pensiero europeo, sia nella sua forma marxista, sia in quella liberale-capitalista. La ragione fondamentale che è all'origine del crollo dei regimi totalitari dell'Europa centro-orientale è infatti essenzialmente di «carattere antropologico» (CA 13). È una concezione riduttiva dell'uomo, in definitiva, che sta alla base dell'enorme fallimento storico dell'ideologia marxista: «da un'antropologia distorta e riduttiva - affermano i vescovi - non potevano non conseguire un'economia e una politica profondamente ingiuste e contro la persona umana, e per questo destinate inevitabilmente al fallimento» (n. 1).

Qualcosa di simile - anche se in una forma più sottile e forse meno immediatamente percepibile - è dato di vedere anche nella situazione socio-culturale dei paesi democratici dell'Europa occidentale. In essi, infatti, «si diffondono una mentalità e dei comportamenti che privilegiano in modo esclusivo la soddisfazione dei propri desideri immediati e degli interessi economici, con una falsa assolutizzazione della libertà del singolo e con la rinuncia a confrontarsi con una verità e con valori che vadano al di là del proprio orizzonte individuale o di gruppo» (n. 1).

Alla radice sia dell'ideologia marxista che della permissiva ideologia laicista in Occidente - ora dilagante anche all'Est - vi è dunque in fondo una riduttiva concezione antropologica, derivante in ultima analisi dal disgiungere la «causa dell'uomo» dalla «causa di Dio». Ed è forse per questo che - come è emerso ripetutamente nel Sinodo - si manifesta oggi in Europa la forte richiesta di una nuova esperienza religiosa capace di restituire all'uomo la sua integra umanità, al di là del crollo delle ideologie (per ciò che concerne il marxismo) o della loro intrinseca e sempre più evidente, almeno a livello etico, «debolezza» (per ciò che concerne il laicismo occidentale).

 

Riattingendo forze dalle radici cristiane dell'Europa

È in questo preciso contesto culturale che - sottolinea con incisività la Dichiarazione finale - «tutta l'Europa si trova oggi di fronte alla sfida d'una nuova scelta di Dio» (n. 1). Ma non di un Dio qualunque, bensì di quel Dio che ci è rivelato in Cristo, e con la sua rivelazione ha impresso un sigillo incancellabile alla storia culturale dell'Europa. Riscoprire e rivitalizzare le «radici cristiane» dell'Europa non è dunque un compito che interessa soltanto o principalmente la Chiesa - nella sua essenziale missione evangelizzatrice -, ma la cultura europea in quanto tale, senza per questo misconoscerne la complessità ed anche la pluralità di origini e di fonti ispiratrici (cf ibid.). In questa lettura d'indole teologica della situazione culturale europea odierna, il Sinodo sull'Europa si trova in perfetta sintonia con quanto hanno affermato ultimamente alcuni lucidi intellettuali di estrazione laica, come ad esempio, in Italia, Massimo Cacciari. Quest'ultimo non ha esitato a dire che l'Europa può ritrovare respiro per il suo futuro, nel concerto delle grandi culture dell'umanità, soltanto riattingendo proprio alle sue radici cristiane, e ritrovando in esse le energie e le idealità capaci di farle superare le grandi impasses che caratterizzano il momento attuale, ma che costituiscono senza dubbio come l'esplodere di alcuni grandi nodi culturali e spirituali che segnano la modernità e, in fondo, l'intero itinerario della vicenda europea.

 

La Chiesa impegnata a rievangelizzarsi per evangelizzare

Dunque, in una parola, è il contesto socio-culturale stesso dell'Europa di oggi che invoca quella che ormai siamo abituati a chiamare una «nuova evangelizzazione». Ma ciò significa per la Chiesa due realtà fondamentali, che rappresentano un'importante ed anzi essenziale presa di coscienza: da un lato, che la storia della cultura europea, di tutta la cultura europea, ivi compresa la parabola della modernità, è in qualche maniera eredità della cultura cristiana stessa, e dunque dev'essere sentita non come esterna alla Chiesa ma assunta come propria; e, dall'altro, che la Chiesa stessa deve di nuovo evangelizzarsi, rimettersi in ascolto della Parola di Cristo, non solo perché non è del tutto estranea alle difficoltà e alle impasses della cultura europea in questi due millenni di storia, ma anche perché solo a partire dall'ascolto nuovo di questa Parola può essere all'altezza dello storico compito che oggi l'attende, per sé e per l'Europa, nel contesto planetario del nostro tempo. «L'Europa - sottolineano i vescovi - non deve oggi semplicemente fare appello alla sua precedente eredità cristiana: occorre infatti che sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell'incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo» (n. 2).

 

 

 

3. Il significato della nuova evangelizzazione

 

È in questo preciso contesto, culturale ed ecclesiale allo stesso tempo, che va collocato il significato preciso della nuova evangelizzazione. Secondo l'intenzione del Papa e dei Padri sinodali la nuova evangelizzazione va infatti vista come un impegno che scaturisce dalle opere grandi e nuove che Dio stesso ha operato e sta operando nel nostro tempo. Per i cristiani - scrive il Sinodo - negli eventi straordinari degli ultimi anni «si è manifestato un autentico kairós della storia della salvezza e una grande sfida a continuare l'opera rinnovatrice di Dio» (n. 1). La nuova evangelizzazione nasce certamente dal mandato missionario del Cristo risorto, ma riceve oggi nuovo impulso dalla presenza del suo Spirito anche in ciò che sta accadendo in mezzo a noi.

Proprio per questo, la nuova evangelizzazione non guarda soltanto o primariamente al passato, ma è aperta al presente e al futuro.

 

 «Evangelizzazione attenta alle novità dello Spirito»

La novità della nuova evangelizzazione va perciò vista sotto due profili. Da un lato - scrivono i Padri sinodali - «di proposito si chiama nuova evangelizzazione perché lo Spirito Santo rende sempre nuova la Parola di Dio e sollecita continuamente gli uomini nel loro intimo». Anzi, nella Messa d'inizio, Giovanni Paolo II sottolineava che «lo Spirito del Signore Risorto non ha terminato di rivelare» le ricchezze inesauribili della Parola di Dio. Dunque, la nuova evangelizzazione richiede capacità di ascolto e di sintonizzazione su ciò che lo Spirito Santo vuole oggi farci comprendere della Parola di vita che Cristo ci ha donato una volta per sempre. In questo senso, è essenziale per le nostre Chiese, l'attenzione ai carismi di comprensione e di attuazione del vangelo che lo Spirito suscita oggi nella Chiesa - come sottolineano anche i Padri sinodali al n. 5 della Dichiarazione.

 

Evangelizzazione aperta a tutte le culture

D'altro lato, questa evangelizzazione è nuova «perché non è legata immutabilmente a una determinata civiltà in quanto il vangelo di Gesù Cristo può risplendere in tutte le culture» (n. 3). L'evangelizzazione dev'essere capace di innestare la novità del vangelo di Cristo in ogni epoca storica, rispondendo a tutte le sfide e a tutte le domande degli uomini di ogni tempo.

In una parola: la nuova evangelizzazione è tale se diventa un'evangelizzazione nuova - come ha sottolineato il card. Martini -, e cioè se sa coniugare in modo nuovo nell'esistenza dei credenti e delle culture la novità della Parola con la novità della storia, nell'ascolto della voce dello Spirito Santo, nella docilità ai suoi impulsi e nell'autentico servizio degli uomini.

 

 

 

4. Il centro della nuova evangelizzazione

 

Riguardo al centro della nuova evangelizzazione - nel senso di quella «concentrazione» della fede e del kerigma cristiano di cui oggi si avverte l'urgente necessità -, le parole del Sinodo sono molto chiare e interpellanti. «Il centro di questa evangelizzazione - si afferma - è: “Dio ti ama, Cristo è venuto per te!”. Se la Chiesa predica questo Dio, non parla di un Dio ignoto, ma del Dio che ci ha amati a tal punto che il Figlio suo si è fatto carne per noi. È il Dio che si avvicina a noi, che si comunica a noi, che si fa uno con noi, vero “Emmanuele” (cf Mt 1, 23)» (n. 3).

 

Incontro vitale con Cristo

Al centro della nuova evangelizzazione non vi può essere se non la persona di Gesù Cristo, rivelazione definitiva dell'amore di Dio per l'uomo. Non basta dunque - come ha sottolineato la Redemptoris missio - annunciare i valori evangelici, separandoli in qualche modo da Cristo: si pensi, da un lato, a una concezione troppo appiattita in senso «orizzontale» della presenza del cristianesimo nella storia e, dall'altro, al dissolvimento della specificità e della singolarità cristiana nei nuovi movimenti religiosi e nelle spinte sincretistiche e gnosticheggianti verso una «rinascita del sacro» nel mondo secolarizzato. Occorre annunciare Cristo. La fede cristiana nasce soltanto là dove l'uomo di oggi incontrandosi con la persona di Cristo integralmente annunciata e testimoniata nella vita dei credenti, può esclamare con meraviglia e gratitudine: «e noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi» (1 Gv 4, 16).

 

Nella sua Chiesa

D'altra parte - precisa ancora la Dichiarazione finale - l'evangelizzazione tende per natura sua all'edificazione della Chiesa, «che inizia a sorgere attraverso la predicazione della Parola e i sacramenti dell'iniziazione» (n. 3). Cristo infatti è predicato e pienamente accolto nella fede solo là dove nasce la Chiesa, che è il corpo di Cristo, Cristo che si realizza «interamente in tutte le cose» (Ef 1, 23). Se l'evangelizzazione non si dà senza Cristo, Cristo non si dà senza la Chiesa.

La nuova evangelizzazione, perciò, non è altro che il libero coinvolgimento dell'uomo nell'autocomunicazione della vita trinitaria dell'Amore, che si fa evento nella Chiesa per la salvezza di tutti gli uomini. Proprio come scrive l'evangelista Giovanni: «come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17, 21). Questa autocomunicazione ha il suo centro e il suo strumento nell'evento pasquale di Cristo, in cui la Chiesa è inserita, e rivivendo il quale la Chiesa, come Gesù e in Lui, può donare la salvezza agli uomini.

Tutto ciò è espresso nella Dichiarazione finale in un denso passaggio che costituisce, senza dubbio, il centro di tutto il documento e la chiave di lettura nella cui luce vanno lette non solo le prospettive riguardanti la nuova evangelizzazione, ma tutte le tematiche fondamentali affrontate dal Sinodo.

«Per parteciparci la vita divina (cf 2 Pt 1, 4), Gesù Cristo ha svuotato se stesso assumendo nell'incarnazione la condizione di servo e si è fatto obbediente fino alla morte di croce (Fil 2, 7 ss). Questa vita divina è la comunione delle tre divine Persone. Il Padre genera eternamente il Figlio consostanziale e il loro amore reciproco è lo Spirito Santo. Il Dio dei cristiani non è perciò un Dio solitario, ma il Dio vivente nella comunione di carità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E tale carità si è rivelata in modo supremo nell'auto-annullarsi (kenosi) del Figlio» (n. 4).

L'unità trinitaria e la kenosi rappresentano dunque il centro del vangelo come oggi, sotto la guida dello Spirito Santo, la Chiesa lo comprende, e come lo deve annunciare e testimoniare - come contenuto e anche come metodo - alla cultura del nostro tempo. «Per questo - precisa infatti il Documento - la comunione nella carità e la kenosi appartengono al cuore del vangelo, che deve essere predicato all'Europa e a tutto il mondo, perché si realizzi il nuovo incontro tra la Parola di vita e le varie culture» (ibid.).

 

La sintesi del vangelo

Mi permetto di fare due annotazioni. In primo luogo, mi pare impressionante la consonanza tra questa puntualizzazione del centro della nuova evangelizzazione per l'Europa di oggi, e quanto, ad esempio, Chiara Lubich ha recentemente affermato in un suo tema sul contributo del Movimento dei focolari - a partire dal suo specifico carisma - alla nuova evangelizzazione: «Come in altre epoche san Francesco vedeva il vangelo soprattutto attraverso la lente della povertà e san Benedetto attraverso l'orazione e il lavoro, o sant'Ignazio attraverso l'obbedienza e la violenza evangelica, ecc., così a noi è stato dato di vederlo attraverso quella parola che Paolo VI ha definito sintesi del vangelo, riassunto dei divini desideri del Cristo, e che è il culmine dell'amore: l'unità. Unità che si raggiunge attraverso quell'altra parola che è il culmine del dolore di Gesù, cioè: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15, 34; Mt 27, 46)»5.

 

Per attendere alle esigenze del nostro tempo

In secondo luogo, è importante sottolineare che questa focalizzazione del centro del vangelo e questa proposta di esso attraverso l'evangelizzazione vengono incontro alle più profonde esigenze dell'umanesimo europeo moderno e contemporaneo. Esso - come abbiamo già sottolineato - ha spesso disgiunto, almeno in alcune delle sue più fondamentali espressioni, la «causa di Dio» dalla «causa dell'uomo», ricercando però degli autentici valori, molti dei quali hanno la loro radice e la loro consistenza nella fede evangelica. «In realtà - sottolinea in proposito la Dichiarazione finale - la ricerca della libertà, della verità e della comunione costituisce l'istanza più profonda, più antica e più durevole dell'umanesimo europeo, che continua ad operare anche nella sua fase moderna e contemporanea.

Perciò, la proposta della nuova evangelizzazione, lungi dall'opporsi allo sviluppo di questo umanesimo, lo purifica piuttosto e lo rafforza nel momento in cui rischia di perdere la sua identità e la sua speranza di futuro, a causa di spinte irrazionalistiche e di un insorgente nuovo paganesimo.

Infatti - continua - la sintesi della verità, della libertà e della comunione, attinta dalla testimonianza della vita e del mistero pasquale di Cristo, in cui Dio uno e trino si è rivelato a noi, costituisce il senso e il fondamento di tutta l'esistenza cristiana e dell'agire morale (...). Da questa fonte può nascere una cultura del dono reciproco e della comunione» (n. 4).

In sintesi, il centro della nuova evangelizzazione - sia a partire dal cuore del vangelo di Cristo, sia a partire dalle esigenze e dalle caratteristiche della cultura europea - è l'uomo compreso e «vissuto» come libertà e comunione nella luce della verità che ci è dischiusa nella rivelazione trinitaria di Dio come Amore.

 

 

 

5. Le vie della nuova evangelizzazione

 

Circa le vie della nuova evangelizzazione mi pare che, al di là di alcune indicazioni concrete che pure vengono offerte, la prospettiva centrale sottolineata dal Sinodo è che la missione evangelizzatrice ad extra deve avere il suo presupposto in una costante opera di ri-evangelizzazione ad intra. È vero che si dicono alcune cose sulle singole vocazioni ecclesiali (alla luce del Concilio e degli ultimi Sinodi), ma l'accento prevalente è sull'impegno comune di tutta la comunità cristiana, prima delle pur necessarie distinzioni.

 

Vivere la Parola come Maria

La Parola di Dio viene vista, in questo senso, come lo specifico e indispensabile strumento di questa continua ri-evangelizzazione, e Maria viene presentata come il modello di questa «meditazione assidua» della Parola e dello «sforzo quotidiano di metterla in pratica» (n. 59), anzi come la «Stella dell'evangelizzazione da rinnovare sempre» - secondo l'espressione di Paolo VI (EN, 82), e - secondo il titolo caro alla tradizione orientale - come l'Odighitria, colei che «ci indica la via per giungere a Cristo e alla piena unità tra i suoi discepoli, “affinché il mondo creda”(Gv 17, 21)» (Conclusione).

 

In comunione fraterna

Importante anche il richiamo al fatto che la Parola dev'essere vissuta in un clima di comunione. «Quanto più - si afferma - è radicata nelle persone l'esperienza dell'amore di Dio trasmessa dalla Parola e vissuta nella comunione fraterna, tanto più si svilupperà in loro la disponibilità e la capacità di accogliere tutte le esigenze del messaggio di Cristo» (n. 5). Questa, mi sembra, è un'importantissima indicazione pastorale perché sottolinea che le esigenze spirituali ed etico-antropologiche che scaturiscono dal vangelo - e verso cui tanta difficoltà viene espressa nella cultura di oggi - possono essere comprese e vissute solo grazie a un autentico coinvolgimento in un'esperienza di Chiesa in cui siano centrali il credere all'Amore di Dio, il mettere in pratica la Parola e l'esperienza dell'unità. Anche per questo, penso, i Padri sinodali affermano di «riporre grande fiducia in una nuova pastorale della famiglia come “Chiesa domestica”, e nel moltiplicarsi, negli ambienti più diversi della società, di piccole comunità di vita cristiana» (ibid.).

 

Cristiani insieme, testimoni fino al martirio

Riguardo all'impegno propriamente missionario si afferma il primato dell'essere cristiani insieme e della testimonianza, riscoperta nella sua radicalità come disponibilità anche al «martirio», e nell'esercizio concreto della carità - anche alla luce della splendida esperienza di fedeltà a Cristo delle Chiese dell'Est in quella che è stata, probabilmente, una delle più drammatiche prove vissute dalla Chiesa nel corso della sua bimillenaria storia. «È necessario - si afferma - che la testimonianza dei singoli e delle comunità accompagni di continuo e confermi l'annuncio della Parola di Dio, manifestandone tutta la verità e la forza divina. In fedeltà ai tanti nuovi martiri del nostro tempo, questa testimonianza deve trarre la propria efficacia dalla santità della vita, rendendo visibile nell'esistenza quel mistero di comunione con Dio e fra gli uomini che la Chiesa celebra nell'Eucaristia» (ibid.). In questa prospettiva si conclude dicendo che c'è «una via dell'evangelizzazione che eccelle fra tutte (...), la fecondità del mistero della croce e della resurrezione di Cristo», per cui oggi «sentiamo la necessità di scegliere nuovamente colui col quale, nel battesimo, siamo morti e siamo risuscitati a vita nuova (cf Rm 6, 3-5; Gal 2, 19-20): in Lui radicati e fondati vogliamo essere per l'Europa autentici testimoni della fede» (ibid.).

In una parola, la nuova evangelizzazione nasce là dove la Parola è accolta comunitariamente e comunitariamente vissuta «qual è veramente, come Parola di Dio e non come parola degli uomini» (cf 1 Ts 2, 14), là dove, di conseguenza, l'Eucaristia può fare dei credenti il «corpo di Cristo», attualizzando la presenza del Risorto grazie all'amore dei discepoli fra loro e verso tutti, nella misura del dono radicale di sé testimoniato da Gesù sulla croce. Parola, Eucaristia e amore nella forma e nella misura del Crocifisso attualizzano la vita della Chiesa nel suo essere profondo di partecipazione alla Vita trinitaria, attualizzando allo stesso tempo la presenza salvifica di Cristo in mezzo agli uomini.

 

 

 

6. Alcune componenti essenziali della nuova evangelizzazione

 

A questo punto sarebbe importante ed anzi essenziale trattare delle molte componenti che la nuova evangelizzazione deve oggi avere in tutto il mondo, e in particolare in Europa: dall'impegno ecumenico, al dialogo inter-religioso, all'impegno nel sociale e nel politico. Di tutti questi temi la Dichiarazione finale tratta in modo sintetico e appropriato, sempre nella luce di quel significato e di quel centro della nuova evangelizzazione di cui abbiamo detto. Non essendoci lo spazio per esaminare in dettaglio questi temi, offro soltanto qualche spunto.

 

Ecumenismo e dialogo interreligioso

Innanzi tutto, in rapporto all'ecumenismo, che non è stato soltanto un tema su cui si è riflettuto, ma un'esperienza profonda che si è vissuta. Come noto, nell'intenzione di Giovanni Paolo II, il Sinodo doveva avere una precipua finalità ecumenica. Il fatto stesso che si fossero invitati a partecipare ai lavori i rappresentanti delle altre Chiese e confessioni cristiane con il titolo di «delegati fraterni», sottolineava questa concreta volontà. Ma non si può passare sotto silenzio né sottovalutare la sofferenza vissuta, sin dall'inizio, per la mancata partecipazione dei delegati di alcune Chiese ortodosse, che ha reso a tutti percepibile ancora una volta, e con particolare evidenza, che, «dal secondo millennio, diversamente dal primo, il cristianesimo esce diviso», ma, allo stesso tempo, - è sempre stato Giovanni Paolo II a sottolinearlo - «desideroso di una nuova unità»6. Anche in questo caso occorre però saper leggere gli avvenimenti alla luce del mistero di Cristo, che è mistero di resurrezione ma anche di croce. Il Papa, dopo una meditazione certamente non facile su ciò che era accaduto, ha fatto notare a tutti che «l'assenza di alcuni delegati fraterni è stata per il Sinodo una kenosi (...), ma vissuta e sentita in tale spirito, può servire alla causa per la quale il Sinodo si è impegnato».

In questo stesso spirito vanno lette le affermazioni contenute nel Documento finale sullo «speciale rapporto con gli Ebrei» (n. 8), sulla necessità del dialogo pur difficile con l'Islam, e in genere con le altre religioni (n. 9), e sul dovere della solidarietà nei confronti di coloro che vivono in numero sempre maggiore l'esperienza traumatica dell'immigrazione, soprattutto dai Paesi del Sud del mondo (cf n. 9 e 11).

 

La cultura del dare

Anche sul piano dell'impegno culturale, sociale, economico e politico in vista dell'edificazione della nuova Europa, l'elemento fondamentale che viene sottolineato è che «il rinnovamento dell'Europa deve partire dal dialogo col vangelo» (n. 3). Un principio, questo del dialogo, che non riguarda soltanto l'impegno dei singoli cristiani, soprattutto laici, ma anche il rapporto della Chiesa nel suo insieme con la comunità politica: «sotto l'impulso della rivelazione cristiana e attraverso lunghe vicissitudini storiche - si afferma -, la civiltà europea ha raggiunto quella distinzione senza separazione dell'ordine religioso e dell'ordine politico, che tanto contribuisce al progresso dell'umanità» (n. 10).

In una parola, se, come missione propria della Chiesa nell'ordine specificamente religioso e spirituale, la nuova evangelizzazione significa annuncio esplicito e integrale della persona di Gesù Cristo in vista dell'edificazione della Chiesa come avvento della vita trinitaria nella storia; come presenza nelle realtà temporali, essa implica la testimonianza dei valori evangelici e l'impegno a edificare, attraverso la libera formazione del consenso, strutture di vita sociale, economica e politica che rispettino e promuovano l'autentica dignità umana nella prospettiva di quella «cultura del dono reciproco e della comunione», che è lo specifico apporto della fede cristiana anche nel campo sociale, politico ed economico. In questo senso, va intesa l'affermazione della Centesimus annus, secondo cui «la nuova evangelizzazione deve annoverare tra le sue componenti essenziali la dottrina sociale della Chiesa» (n. 5. 54), e una specifica «scelta preferenziale per i poveri», sia in rapporto alla situazione interna dell'Europa, sia in relazione al Sud del mondo.

 

Unità nel rispetto delle diversità

Un tema particolare, sul versante politico, cui il Sinodo ha consacrato una speciale attenzione è stato quello del rapporto tra le varie identità nazionali: «dopo il crollo del regime marxista, che era collegato a una forzata uniformità dei popoli e all'oppressione delle piccole nazioni, non di rado insorge il pericolo che i popoli dell'Europa dell'Est e dell'Ovest ritornino a suggestioni nazionalistiche» (n. 10). L'impegno della Chiesa e dei laici operanti nelle strutture socio-culturali ed economico-politiche dev'essere ispirato da due principi: da un lato, la giusta valorizzazione, il mantenimento e l'incremento delle singole identità, dall'altro, la pacifica convivenza, la solidarietà e il reciproco scambio di doni nella prospettiva di un'unità molteplice e sinfonica. Anche in questo senso la realtà stessa della Chiesa, «in quanto comunità che si compone di molti popoli e che trascende allo stesso tempo tutti i particolarismi» (ibid.), deve fungere da segno profetico e da strumento di attuazione di questo impegnativo obiettivo. «In Cristo - scrivono i Padri sinodali, riecheggiando la Lumen gentium - la Chiesa è un solo corpo di molte membra (1 Cor 12, 12), “sacramento ossia segno e strumento, dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano”(LG 1). Da questo mistero derivano insieme l'unità e la cattolicità della Chiesa di Dio, che, come un solo popolo adunato “dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (LG 4), è presente fra tutte le genti della terra, raccogliendo nella comunione reciproca le ricchezze delle diverse nazioni (LG 13)» (n. 6).

 

Umiltà e apertura al mondo

Infine, il riconoscimento delle pecche di imperialismo, oppressione, sfruttamento sistematico ed eurocentrismo, di cui si è macchiata nei secoli la civiltà europea, e la sollecitazione ad accogliere il grido di sofferenza e la richiesta di giustizia che viene dal Sud del mondo, sono un invito a dischiudere l'Europa che si va costruendo, nel suo spirito e nelle sue concrete strutture, a un reale rapporto di reciprocità con le culture e le società degli altri continenti: l'Europa non ha soltanto molto da dare, ma anche «può attingere molte ricchezze dai tesori degli altri popoli e delle altre culture» (n. 11).

 

 

 

Conclusione

 

Nel pranzo conclusivo, al quale sono stati invitati nell'atrio dell'aula Paolo VI tutti i partecipanti l'ultimo giorno del Sinodo, Giovanni Paolo II ha rivolto un breve saluto spontaneo. Tra le altre cose ha sottolineato quella che, a suo parere, è la condizione fondamentale perché il dialogo ecumenico possa proseguire e indirizzarsi decisamente verso la meta dell'unità.

Si tratta della preghiera, intensa e potente quando non è vissuta come un esercizio individuale, ma, secondo l'insegnamento di Gesù, in spirito di concordia tra coloro che credono in Lui: «se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 19-20). Là dove si prega così, Gesù, il Risorto, è realmente presente - ha sottolineato decisamente il Papa - e Lui ci fa nuovi, fa diverso il nostro rapporto, ci fa percepire le difficoltà e le opportunità del dialogo con occhi nuovi.

Questo, penso, vale anche come discorso più generale per ciò che concerne ogni aspetto della vita della Chiesa, il vivere in essa in comunione, la sua missione di nuova evangelizzazione, il dialogo con tutti coloro che credono in Dio e che cercano sinceramente le vie della verità, della libertà e della giustizia. La verità dell'esistenza umana è là dove l'io e il tu (a livello personale ma anche collettivo) si guardano l'un l'altro lasciandosi interpellare e modificare da quel Terzo che vive tra loro - il Cristo risorto che dona il suo Spirito -, diventando così realmente Uno nella libertà, a immagine e somiglianza del Dio Amore trinitario.

Questa, in fondo, è la chiave di volta della nuova evangelizzazione così come emerge dal Sinodo sull'Europa: e significa, in una parola, che il futuro dell'Europa, in se stessa e allo stesso tempo nel suo rapporto col resto dell'umanità, si gioca tutto nella capacità - che è anche e prima di tutto grazia - di vivere e rinnovare in questa Luce ogni realtà.

 

Piero Coda