Da Medellín e Puebla, un passo in avanti

 

 

Verso Santo Domingo '92

 

 

di Costanzo Donegana

 

Come si sta articolando la preparazione della conferenza generale dei vescovi latinoamericani che si riunirà a Santo Domingo  nell'ottobre prossimo e che è stata definita l'avvenimento ecclesiale più importante dell'anno? Da un dialogo schietto e attento fra le diverse tendenze della Chiesa latinoamericana emergono indicazioni utili anche ad altre latitudini ecclesiali. Soprattutto il nodo centrale delle discussioni: la necessità di tener presenti con lucidità gli aspetti socio-economico-politici nell'evangelizzazione delle culture.

 

 

Mi   è   stato   detto,   negli    ambienti   del CELAM, che in vista della IV Conferenza generale dei vescovi dell'America Latina, è in atto una preparazione molto più lunga e accurata di quella di Puebla. In quell'occasione durò solo due anni, mentre per Santo Domingo è iniziata già dal 1987. Penso che può essere utile accennare brevemente all'iter metodologico e tematico che essa sta percorrendo.

 

 

 

Primi lavori, tante critiche

 

Nella prima tappa è stato effettuato un sondaggio, fra tutte le conferenze episcopali del continente, sui temi da affrontare. Nel 1988 si sono svolte quattro riunioni regionali, con più di cento partecipanti fra vescovi e altri responsabili del CELAM e delle conferenze episcopali dei vari paesi. Si è raccolto un certo consenso attorno a due temi fondamentali: nuova evangelizzazione e nuova cultura.

Attorno a questa tematica è stato elaborato il primo documento, chiamato Strumento preparatorio. Esso ha ricevuto molte critiche di diverso tipo. La principale si riferisce al fatto che, affrontando centralmente il tema dell'evangelizzazione della cultura, si stava producendo un'involuzione nei riguardi di Medellín e Puebla, perché di fatto si deviava l'attenzione dalla scelta preferenziale dei poveri e dalle problematiche sociali così pesanti, improrogabili e massive nell'America Latina.

Tanti altri furono i punti criticati. Ad esempio, a livello storico si è giudicato il documento troppo apologetico, in quanto non riconosceva oggettivamente gli errori degli uomini di Chiesa; in ecclesiologia si faceva notare che nonostante si utilizzasse il concetto così ricco e fondamentale di chiesacomunione, gli si assegnava però una connotazione prevalentemente amministrativopiramidale. Si avvertiva una Chiesa un po' timorosa e diffidente verso certe realtà interne (comunità ecclesiali di base, scelta dei poveri, teologia della liberazione), senza senso ecumenico, e nel suo rapporto col mondo - contrariamente alla Gaudium et Spes - troppo estranea alla storia e alle sue contraddizioni.

Comunque il CELAM aveva segnalato chiaramente sin dall'inizio che si trattava di un testo transitorio, con l'obiettivo soprattutto di stimolare ricerche storiche, studi sulla realtà sociale ed ecclesiale e riflessioni teologico-pastorali.

 

 

 

Altri contributi e intervento del Papa

 

Infatti durante tutto il 1990 furono inviati un buon numero di commenti e contributi da parte di conferenze episcopali nazionali, di singole diocesi, di conferenze di religiosi, di università, di comunità, di gruppi indigeni, di istituzioni e organismi internazionali con sede in America Latina, come anche di singole persone. Così ad esempio la conferenza episcopale dell'Ecuador promosse una consultazione nel paese coinvolgendo la base e gli stessi gruppi indigeni; quella della Bolivia ha fatto altrettanto, giungendo all'elaborazione di un documento critico nei confronti dello Strumento preparatorio, chiedendo che nel successivo si desse priorità ai poveri e alle culture indigene. E così via.

A questo punto è intervenuto personalmente il Papa che, con lettera del card. Gantin (12.12.90) al presidente del CELAM, ha aggiunto la dimensione sociale e un testo cristologico (Eò 13, 8) al tema centrale di Santo Domingo. In questa maniera sono rimaste fissate quelle che saranno le tre coordinate della tematica della conferenza: «Nuova evangelizzazione, promozione umana, cultura cristiana», accompagnate dal motto: «Gesù Cristo ieri, oggi e sempre».

 

 

 

Documento di consultazione:

luci e ombre

 

Con il tema chiaramente enunziato e i contributi pervenuti, una commissione di esperti ha elaborato allora il Documento di consultazione, consegnato alle conferenze episcopali durante la XXIII assemblea ordinaria del CELAM tenutasi a Buenos Aires nell'aprile '91

E' diviso in cinque parti: prospettive storiche; premesse su Vangelo e cultura; promozione e formazione della comunità umana nell'America Latina; riflessione biblico-teologica; linee pastorali.

Il testo è senz'altro migliore, anche se da più parti si è fatto notare che non si è tenuto conto di tutta la ricchezza dei contributi provenienti dalle varie Chiese particolari.

Può interessare qualche cenno generale su ognuna delle parti, senza entrare nei dettagli.

La parte storica ha perso un po' del tono apologetico dello Strumento preparatorio e riconosce gli errori del passato anche se cerca di attenuarne il peso.

La seconda parte si dilunga soprattutto nello studio della terminologia: quale differenza c'è tra cultura e culture, cos'è evangelizzazione della cultura, nuova evangelizzazione, inculturazione, nuova cultura, ecc. Anche se è stato giudicato piuttosto accademico, contiene dei chiarimenti importanti, come ad esempio la precisazione sul significato di cultura cristiana, che altrimenti potrebbe prestarsi a equivoci, in quanto evoca il fantasma di un ritorno alla cristianità: «Non si tratta - si dice - di una forma o modello di società (il che le è estraneo), ma di uno spirito che la anima, criticando i controvalori (antiumani e antietici) e rispettando quello che di autenticamente umano c'è nella cultura» (n. 101).

Tutta la realtà dell'evangelizzazione viene letta alla luce della cultura, anche la problematica sociale. Si parla infatti di cultura del lavoro, cultura di partecipazione, cultura della convivenza, ecc.  Da un lato questo appare positivo, perché introduce un elemento nuovo (anche se sulla scia di Puebla), cercando di superare un'interpretazione della realtà in chiave esclusivamente strutturale, e questo può aprire prospettive nuove per la soluzione dei problemi. Dall'altro, tuttavia, rischia di cadere in una visione forzatamente totalizzante, dentro la quale si vuole far rientrare tutta la realtà.

 

 

 

Una cultura «emergente»?

 

Mentre a Puebla si parlava di una cultura che sopraggiunge da fuori (cultura adveniente) - cioè secolarizzata, consumistica, edonista, idolatra, post-moderna, che pure cresce in America Latina -, in questo documento si parla per la prima volta di cultura emergente, che sorge dal popolo ed è caratterizzata da forme comunitarie.

Si tratterebbe di un fenomeno nuovo, che nasce dalla «cultura sapienziale, umanista e solidale, influenzata dal vangelo» (J. C. Scannone). Fiorisce nelle associazioni di quartiere, cooperative popolari di costruzione, comitati di disoccupati, clubs di mamme, stazioni radio popolari, comunità di base, circoli biblici, gruppi di preghiera e così via. Esse offrono un'alternativa e una nuova sintesi, che possono servire come modelli per cammini diversi nell'organizzazione della società e possono costituire nuovi aspetti della cultura latinoamericana che la Chiesa deve accompagnare.

 

 

 

 

Scelta dei poveri e democrazia;

CEBs e Movimenti

 

E' pure chiara nel documento la sottolineatura della scelta preferenziale per i poveri e la promozione di una visione della democrazia di tipo partecipativo, che superi la dimensione puramente formale presente in molti governi del continente.

Importante anche la valorizzazione delle culture nella loro varietà e identità, con riferimento particolare a indios e afroamericani.

L'immagine di Chiesa è più equilibrata che nei documenti precedenti, dà spazio a varie forme di partecipazione nell'evangelizzazione, non si limita a una pastorale di conservazione e promuove un'autentica inculturazione.

Le comunità ecclesiali di base sono riconosciute, ma si chiede loro che correggano le deviazioni alle quali sono andate incontro nel loro cammino. Accanto ad esse vengono collocati i nuovi movimenti ecclesiali. Essi sono visti positivamente, ma vengono invitati «a fare uno sforzo di inculturazione nei nostri paesi... (inserendosi) nelle chiese particolari» (n. 577).

Il documento parla anche delle teologie della liberazione, alcune delle quali «hanno meritato gravi riserve da parte del magistero della Chiesa», mentre esiste una forma - come ha detto Giovanni Paolo II all'episcopato brasiliano - «non solo opportuna, ma utile e necessaria», purché si eviti il ricorso all'analisi marxista e non si faccia una lettura riduzionista del vangelo (n. 559).

In sintesi, il Documento di consultazione, sebbene sotto alcuni aspetti attenui la forza profetica e la chiarezza nelle scelte di fondo di Medellín e Puebla, si pone in una prospettiva di continuità con esse.

Il passo successivo, con le modifiche che si aggiungeranno in base ai contributi e alle osservazioni che sono arrivate al CELAM entro il 15 novembre 1991, sarà il Documento di lavoro vero e proprio, ultima fase del cammino di preparazione, che servirà di base per la discussione durante la conferenza.

Si attende la sua pubblicazione in questi primi mesi del '92.

 

 

 

Inculturazione o giustizia sociale?

 

Ho l'impressione che in questo travagliato cammino di preparazione, caratterizzato soprattutto da un dialogo schietto ma attento e ricco, si stia facendo strada una prospettiva che tiene conto dei valori contenuti nelle due posizioni fondamentali, sviluppatesi in questi anni in America Latina.

La prima è quella che pone la scelta preferenziale dei poveri come punto di partenza, interpretandola prevalentemente secondo la dialettica oppresso-oppressore e da lì leggendo la realtà e cercandone le soluzioni.

La seconda è la posizione - con accentuazioni diverse - di coloro che privilegiano la cultura come elemento chiave o essenziale accanto ad altri, fra cui la scelta dei poveri. Questi si attendono da Santo Domingo una ripresa missionaria della Chiesa, per rinnovare i cristiani, evangelizzare la cultura della modernità, rispondere alla sfida dei nuovi movimenti religiosi (popolarmente chiamati sette), e promuovere una nuova cultura ispirata ai valori del vangelo, che si traduca in una società rispettosa della giustizia partecipativa.

Sta di fatto che queste correnti, sia quella che sottolinea la dimensione della cultura, sia quella che dà la priorità all'aspetto economico sociale e politico, camminavano praticamente su due binari paralleli, senza incontrarsi. Adesso si sta operando un avvicinamento che arricchisce entrambe e, ciò che è più importante, può costituire un notevole contributo per la Chiesa e per i popoli latinoamericani.

Una cosa si dimostra certa in questa tappa: si fa strada con sempre maggiore chiarezza una convinzione, così espressa dal card. Etchegaray nell'inaugurazione in Cile del recente  congresso latino-americano sulla dottrina sociale della Chiesa: «Non c'è niente di più debilitante e disonorevole per i cristiani, che il sospetto, le etichette e la disputa a forza di brani del vangelo».

E' molto indicativo infatti che da una parte il Documento di consultazione sottolinei che nessuna opportunità è «migliore di questa di Santo Domingo per riaffermare la nostra opzione per i poveri» (n. 424), e per «esprimere la nostra volontà di apertura a tutto ciò che di positivo si trova nelle teologie della liberazione» (n. 558); e dall'altra i teologi della liberazione, a loro volta, sono in fase di «revisione delle categorie di interpretazione della realtà, principalmente quelle legate alla matrice marxista» (C. Boff), vogliono approfondire i valori della religiosità popolare prima trascurata, cercano il dialogo e la convergenza fra dottrina sociale della Chiesa e teologia della liberazione, che prima sembravano antitetiche, e danno più attenzione alla classe media precedentemente poco considerata.

Le cause di questo avvicinamento sono certamente molteplici. Tra l'altro, lo scambio di informazioni e studi interdisciplinari che si vanno producendo nell'America Latina e altrove, la verifica pastorale di questi anni dopo Medellín e Puebla che ha messo in discussione analisi e prassi semplificatrici, e gli stessi mutamenti politici in corso nel mondo.

A Santo Domingo guarda con speranza non solo il continente latinoamericano, ma l'intera Chiesa che vede in questo avvenimento uno stimolo per la nuova evangelizzazione.

 

Costanzo Donegana