Da Medellín e Puebla, un
passo in avanti
di Costanzo Donegana
Come si sta articolando la
preparazione della conferenza generale dei vescovi latinoamericani che si
riunirà a Santo Domingo nell'ottobre
prossimo e che è stata definita l'avvenimento ecclesiale più importante dell'anno?
Da un dialogo schietto e attento fra le diverse tendenze della Chiesa
latinoamericana emergono indicazioni utili anche ad altre latitudini
ecclesiali. Soprattutto il nodo centrale delle discussioni: la necessità di
tener presenti con lucidità gli aspetti socio-economico-politici nell'evangelizzazione
delle culture.
Mi è stato detto,
negli ambienti del CELAM, che in vista della IV Conferenza
generale dei vescovi dell'America Latina, è in atto una preparazione molto più
lunga e accurata di quella di Puebla. In quell'occasione durò solo due anni,
mentre per Santo Domingo è iniziata già dal 1987. Penso che può essere utile
accennare brevemente all'iter metodologico e tematico che essa sta percorrendo.
Nella prima tappa è stato
effettuato un sondaggio, fra tutte le conferenze episcopali del continente, sui
temi da affrontare. Nel 1988 si sono svolte quattro riunioni regionali, con più
di cento partecipanti fra vescovi e altri responsabili del CELAM e delle
conferenze episcopali dei vari paesi. Si è raccolto un certo consenso attorno a
due temi fondamentali: nuova evangelizzazione e nuova cultura.
Attorno a questa tematica è
stato elaborato il primo documento, chiamato Strumento preparatorio. Esso ha
ricevuto molte critiche di diverso tipo. La principale si riferisce al fatto
che, affrontando centralmente il tema dell'evangelizzazione della cultura, si
stava producendo un'involuzione nei riguardi di Medellín e Puebla, perché di
fatto si deviava l'attenzione dalla scelta preferenziale dei poveri e dalle problematiche
sociali così pesanti, improrogabili e massive nell'America Latina.
Tanti altri furono i punti
criticati. Ad esempio, a livello storico si è giudicato il documento troppo
apologetico, in quanto non riconosceva oggettivamente gli errori degli uomini
di Chiesa; in ecclesiologia si faceva notare che nonostante si utilizzasse il
concetto così ricco e fondamentale di chiesacomunione, gli si assegnava però
una connotazione prevalentemente amministrativopiramidale. Si avvertiva una
Chiesa un po' timorosa e diffidente verso certe realtà interne (comunità
ecclesiali di base, scelta dei poveri, teologia della liberazione), senza senso
ecumenico, e nel suo rapporto col mondo - contrariamente alla Gaudium et Spes -
troppo estranea alla storia e alle sue contraddizioni.
Comunque il CELAM aveva
segnalato chiaramente sin dall'inizio che si trattava di un testo transitorio,
con l'obiettivo soprattutto di stimolare ricerche storiche, studi sulla realtà
sociale ed ecclesiale e riflessioni teologico-pastorali.
Infatti durante tutto il
1990 furono inviati un buon numero di commenti e contributi da parte di
conferenze episcopali nazionali, di singole diocesi, di conferenze di
religiosi, di università, di comunità, di gruppi indigeni, di istituzioni e
organismi internazionali con sede in America Latina, come anche di singole
persone. Così ad esempio la conferenza episcopale dell'Ecuador promosse una
consultazione nel paese coinvolgendo la base e gli stessi gruppi indigeni; quella
della Bolivia ha fatto altrettanto, giungendo all'elaborazione di un documento
critico nei confronti dello Strumento preparatorio, chiedendo che nel
successivo si desse priorità ai poveri e alle culture indigene. E così via.
A questo punto è intervenuto
personalmente il Papa che, con lettera del card. Gantin (12.12.90) al
presidente del CELAM, ha aggiunto la dimensione sociale e un testo cristologico
(Eò 13, 8) al tema centrale di Santo Domingo. In questa maniera sono rimaste
fissate quelle che saranno le tre coordinate della tematica della conferenza:
«Nuova evangelizzazione, promozione umana, cultura cristiana», accompagnate dal
motto: «Gesù Cristo ieri, oggi e sempre».
Documento di
consultazione:
luci e ombre
Con il tema chiaramente
enunziato e i contributi pervenuti, una commissione di esperti ha elaborato
allora il Documento di consultazione, consegnato alle conferenze episcopali
durante la XXIII assemblea ordinaria del CELAM tenutasi a Buenos Aires
nell'aprile '91
E' diviso in cinque parti:
prospettive storiche; premesse su Vangelo e cultura; promozione e formazione
della comunità umana nell'America Latina; riflessione biblico-teologica; linee
pastorali.
Il testo è senz'altro
migliore, anche se da più parti si è fatto notare che non si è tenuto conto di
tutta la ricchezza dei contributi provenienti dalle varie Chiese particolari.
Può interessare qualche
cenno generale su ognuna delle parti, senza entrare nei dettagli.
La parte storica ha perso un
po' del tono apologetico dello Strumento preparatorio e riconosce gli errori
del passato anche se cerca di attenuarne il peso.
La seconda parte si dilunga
soprattutto nello studio della terminologia: quale differenza c'è tra cultura e
culture, cos'è evangelizzazione della cultura, nuova evangelizzazione, inculturazione,
nuova cultura, ecc. Anche se è stato giudicato piuttosto accademico, contiene
dei chiarimenti importanti, come ad esempio la precisazione sul significato di
cultura cristiana, che altrimenti potrebbe prestarsi a equivoci, in quanto
evoca il fantasma di un ritorno alla cristianità: «Non si tratta - si dice - di
una forma o modello di società (il che le è estraneo), ma di uno spirito che la
anima, criticando i controvalori (antiumani e antietici) e rispettando quello
che di autenticamente umano c'è nella cultura» (n. 101).
Tutta la realtà
dell'evangelizzazione viene letta alla luce della cultura, anche la
problematica sociale. Si parla infatti di cultura del lavoro, cultura di
partecipazione, cultura della convivenza, ecc.
Da un lato questo appare positivo, perché introduce un elemento nuovo
(anche se sulla scia di Puebla), cercando di superare un'interpretazione della
realtà in chiave esclusivamente strutturale, e questo può aprire prospettive
nuove per la soluzione dei problemi. Dall'altro, tuttavia, rischia di cadere in
una visione forzatamente totalizzante, dentro la quale si vuole far rientrare
tutta la realtà.
Mentre a Puebla si parlava
di una cultura che sopraggiunge da fuori (cultura adveniente) - cioè secolarizzata,
consumistica, edonista, idolatra, post-moderna, che pure cresce in America
Latina -, in questo documento si parla per la prima volta di cultura emergente,
che sorge dal popolo ed è caratterizzata da forme comunitarie.
Si tratterebbe di un
fenomeno nuovo, che nasce dalla «cultura sapienziale, umanista e solidale,
influenzata dal vangelo» (J. C. Scannone). Fiorisce nelle associazioni di
quartiere, cooperative popolari di costruzione, comitati di disoccupati, clubs
di mamme, stazioni radio popolari, comunità di base, circoli biblici, gruppi di
preghiera e così via. Esse offrono un'alternativa e una nuova sintesi, che
possono servire come modelli per cammini diversi nell'organizzazione della
società e possono costituire nuovi aspetti della cultura latinoamericana che la
Chiesa deve accompagnare.
Scelta dei poveri e
democrazia;
CEBs e Movimenti
E' pure chiara nel documento
la sottolineatura della scelta preferenziale per i poveri e la promozione di
una visione della democrazia di tipo partecipativo, che superi la dimensione
puramente formale presente in molti governi del continente.
Importante anche la
valorizzazione delle culture nella loro varietà e identità, con riferimento
particolare a indios e afroamericani.
L'immagine di Chiesa è più
equilibrata che nei documenti precedenti, dà spazio a varie forme di
partecipazione nell'evangelizzazione, non si limita a una pastorale di
conservazione e promuove un'autentica inculturazione.
Le comunità ecclesiali di
base sono riconosciute, ma si chiede loro che correggano le deviazioni alle
quali sono andate incontro nel loro cammino. Accanto ad esse vengono collocati
i nuovi movimenti ecclesiali. Essi sono visti positivamente, ma vengono
invitati «a fare uno sforzo di inculturazione nei nostri paesi... (inserendosi)
nelle chiese particolari» (n. 577).
Il documento parla anche
delle teologie della liberazione, alcune delle quali «hanno meritato gravi
riserve da parte del magistero della Chiesa», mentre esiste una forma - come ha
detto Giovanni Paolo II all'episcopato brasiliano - «non solo opportuna, ma
utile e necessaria», purché si eviti il ricorso all'analisi marxista e non si
faccia una lettura riduzionista del vangelo (n. 559).
In sintesi, il Documento di
consultazione, sebbene sotto alcuni aspetti attenui la forza profetica e la
chiarezza nelle scelte di fondo di Medellín e Puebla, si pone in una
prospettiva di continuità con esse.
Il passo successivo, con le
modifiche che si aggiungeranno in base ai contributi e alle osservazioni che
sono arrivate al CELAM entro il 15 novembre 1991, sarà il Documento di lavoro
vero e proprio, ultima fase del cammino di preparazione, che servirà di base
per la discussione durante la conferenza.
Si attende la sua
pubblicazione in questi primi mesi del '92.
Ho l'impressione che in
questo travagliato cammino di preparazione, caratterizzato soprattutto da un
dialogo schietto ma attento e ricco, si stia facendo strada una prospettiva che
tiene conto dei valori contenuti nelle due posizioni fondamentali, sviluppatesi
in questi anni in America Latina.
La prima è quella che pone
la scelta preferenziale dei poveri come punto di partenza, interpretandola
prevalentemente secondo la dialettica oppresso-oppressore e da lì leggendo la
realtà e cercandone le soluzioni.
La seconda è la posizione -
con accentuazioni diverse - di coloro che privilegiano la cultura come elemento
chiave o essenziale accanto ad altri, fra cui la scelta dei poveri. Questi si
attendono da Santo Domingo una ripresa missionaria della Chiesa, per rinnovare
i cristiani, evangelizzare la cultura della modernità, rispondere alla sfida
dei nuovi movimenti religiosi (popolarmente chiamati sette), e promuovere una
nuova cultura ispirata ai valori del vangelo, che si traduca in una società
rispettosa della giustizia partecipativa.
Sta di fatto che queste
correnti, sia quella che sottolinea la dimensione della cultura, sia quella che
dà la priorità all'aspetto economico sociale e politico, camminavano
praticamente su due binari paralleli, senza incontrarsi. Adesso si sta operando
un avvicinamento che arricchisce entrambe e, ciò che è più importante, può
costituire un notevole contributo per la Chiesa e per i popoli latinoamericani.
Una cosa si dimostra certa
in questa tappa: si fa strada con sempre maggiore chiarezza una convinzione,
così espressa dal card. Etchegaray nell'inaugurazione in Cile del recente congresso latino-americano sulla dottrina
sociale della Chiesa: «Non c'è niente di più debilitante e disonorevole per i
cristiani, che il sospetto, le etichette e la disputa a forza di brani del
vangelo».
E' molto indicativo infatti
che da una parte il Documento di consultazione sottolinei che nessuna
opportunità è «migliore di questa di Santo Domingo per riaffermare la nostra
opzione per i poveri» (n. 424), e per «esprimere la nostra volontà di apertura
a tutto ciò che di positivo si trova nelle teologie della liberazione» (n.
558); e dall'altra i teologi della liberazione, a loro volta, sono in fase di
«revisione delle categorie di interpretazione della realtà, principalmente
quelle legate alla matrice marxista» (C. Boff), vogliono approfondire i valori
della religiosità popolare prima trascurata, cercano il dialogo e la
convergenza fra dottrina sociale della Chiesa e teologia della liberazione, che
prima sembravano antitetiche, e danno più attenzione alla classe media
precedentemente poco considerata.
Le cause di questo
avvicinamento sono certamente molteplici. Tra l'altro, lo scambio di
informazioni e studi interdisciplinari che si vanno producendo nell'America
Latina e altrove, la verifica pastorale di questi anni dopo Medellín e Puebla
che ha messo in discussione analisi e prassi semplificatrici, e gli stessi
mutamenti politici in corso nel mondo.
A Santo Domingo guarda con
speranza non solo il continente latinoamericano, ma l'intera Chiesa che vede in
questo avvenimento uno stimolo per la nuova evangelizzazione.
Costanzo Donegana