La dimensione umana del
vangelo
e trasformazioni sociali
di Chiara Lubich
Il Movimento dei focolari,
ispirandosi a Maria che è laica, non si interessa solo della vita spirituale e
personale dell'uomo, ma affronta anche i problemi politici, economici e
sociali. Trascriviamo al riguardo due pensieri di Chiara Lubich che ci sembrano
particolarmente adatti alle tematiche affrontate in questo numero.
E' stato lanciato da qualche
anno nella nostra Chiesa cattolica e anche fuori di essa, nelle altre Chiese,
un imperativo insistente che esprime un'esigenza imprescindibile: urge
evangelizzare o, meglio, rievangelizzare. (...)
I principi evangelici sono
sempre meno considerati, seguiti; la
vita religiosa è spesso ignorata, abbandonata e anche Cristo oggi - come ha
detto un religioso-poeta - «non è più comprato (da molti cuori) nemmeno per
trenta denari».
Sembra che tutto debba
ricominciare da capo.
Come ci sentiamo noi, membri
del Movimento dei focolari, di fronte a questo vastissimo problema? Come essere
autentici figli della Chiesa oggi, quand'essa quasi implora d'incamminarci
tutti nella linea di una nuova evangelizzazione? (...)
Per rispondere bene a questo
quesito dobbiamo riandare alla nostra storia e vedere cosa Dio ha chiesto da
noi proprio in questo secolo così scristianizzato.
Ricordate i primi tempi.
Egli non ha permesso che
avessimo nulla in mano se non il piccolo libro del vangelo.
Per una grazia speciale
dello Spirito Santo, abbiamo compreso parole fondamentali di quel libro in
maniera completamente nuova. (...)
Nel vangelo trovavamo tutto.
In esso confluiva l'Antico
Testamento; in esso era contenuta la legge della vita, la stessa legge della
vita della Trinità partecipata da Gesù agli uomini; nel vangelo si rivedeva
scaturire dal cuore di Cristo la Chiesa, la sua gerarchia e, illuminato dalla
promessa dello Spirito da Lui fatta agli apostoli, il pieno senso del suo
magistero; di esso erano applicazioni e quindi spiegazioni ed ampliamenti, gli
altri libri del Nuovo Testamento. Dunque il Movimento aveva trovato! Vivere il
vangelo, diffondere il vangelo era la sua vocazione.
Pensiamo un po': non è
questa autentica evangelizzazione, anzi nuova evangelizzazione e in più di un
senso?
Poi, si sa, sono emersi dal
vangelo alcuni punti che hanno dato origine alla nostra spiritualità
evangelica. Ma essi vanno capiti, interpretati nel contesto dell'intero vangelo
e di tutto ciò che è connesso al vangelo. Sarebbe miseramente riduttivo,
sarebbe grave errore, vederli diversamente.
Sì, perché il vangelo è come
una grande rete. Noi la solleviamo con le mani inserendoci in dodici suoi
anelli (i punti della nostra spiritualità), ma così è l'intera rete che
solleviamo. Perciò si può dire che la nostra spiritualità poggia senz'altro sui
dodici punti sottolineatici dallo Spirito nel vangelo, ma anche che la nostra
spiritualità è il vangelo.
E tutto ciò è accaduto - io
penso - affinché, mentre la Chiesa avrebbe sentito l'urgenza d'una rievangelizzazione
e l'avrebbe intrapresa poi in molti modi, lo Spirito Santo suscitava delle
forze (e fra queste la nostra) in grado di attuarla.
Cosa rispondiamo allora alla
domanda: che cosa dobbiamo fare? Come inserirci in questa nuova
evangelizzazione?
Dobbiamo rispondere essendo
maggiormente coscienti di ciò che Dio ci ha donato e vivendolo con maggiore
pienezza.
Dio non ha chiesto a noi per
prima cosa di costruire lebbrosari, orfanotrofi, scuole ed altre opere di bene
(queste le abbiamo anche noi, ma vengono dopo). Dio ci ha messo in mano il
vangelo, ci ha dato una nuova luce sul vangelo, un modo di vedere e di capire
il vangelo adatto proprio a questi tempi. Nostro primo compito è donare questo
vangelo agli altri, annunziarlo, diffonderlo.
«Guai a me se non evangelizzassi»
(cf 1Cor 9, l6), diceva san Paolo perché apostolo.
«Guai a noi se non
evangelizziamo», dobbiamo ripetere noi.
E come? Con la vita e con la
parola. (...)
Forse dobbiamo sottolineare
il parlare, dopo che si è vissuto, s'intende, ma parlare. (...) La fede arriva
alle persone perché hanno udito la Parola di Dio. (...)
C'è dunque, molto,
moltissimo da fare.
Cerchiamo di chiederci
allora ad ogni azione che compiamo: sto evangelizzando? E parlare un po' di
più.
(«Mariapoli », n.10/11, nov. '89)
Spesso il vangelo non è
veramente capito. Perché, se lo fosse, non occorrerebbe altro anche per la
rivoluzione sociale. Ma occorre avere il coraggio di impiantare una rivoluzione
sulla Parola di Dio. Si direbbe che le sue parole finora non sono state capite.
Il fatto è che si dà al vangelo solo la dimensione spirituale, mentre esso ha
anche la dimensione umana perché Gesù è uomo-Dio. Verrebbe da dire che non è
capito Gesù. Un Dio infatti che si fa uomo e viene sulla terra, volete che non
risolva tutti i problemi? Non è venuto solo per salvarci l'anima e portarci in
Paradiso! E' venuto anche per sfamarci. Anzi, metà della sua vita l'ha passata
a guarire gli ammalati, a risanare i lebbrosi, persino a risuscitare i morti...
Il Paradiso terrestre di cui
parlavano i primi cristiani è possibile costruirlo. Se non l'abbiamo fatto
nascere è perché non abbiamo creduto al vangelo. E' colpa nostra, non del
vangelo. Siamo noi cristiani che non abbiamo voluto far vedere al mondo che la
società cristiana è completamente diversa da qualsiasi altra società. Tocca a
noi cristiani quindi mostrare al mondo, mostrare ai popoli, che dove passiamo
possiamo suscitare il Paradiso terrestre, far vedere che esso non è un'utopia.
Un'utopia è piuttosto il Paradiso terrestre che gli uomini ci promettono,
perché le parole dell'uomo vengono dalla terra, alla terra appartengono ed
hanno il destino della terra, mentre le parole di Dio vengono dal cielo ed
hanno la potenza di Dio.
(«Mondo e Missione», ago./sett. '89, pp. 7-8)
Chiara Lubich