Nella parrocchia cattolica della città cosmopolita di Koper (Slovenia) un'esperienza di ecumenismo con gli ortodossi e di dialogo con i musulmani

 

 

Operatori di pace

tra cittadini diversi per fede ed etnia

 

 

a cura di Darja Licen

 

La città di Koper - 27.000 abitanti - in pochi anni ha subito un cambiamento radicale e da città tradizionalmente cattolica è divenuta cosmopolita non solo per la diversità di provenienza dei suoi abitanti, ma anche per la presenza di diverse credenze e di non-credenza che essi vi hanno portato. La parrocchia cattolica, che prima comprendeva la quasi totalità dei cittadini, ora si è venuta a trovare in una situazione completamente nuova e si è chiesta quale tipo di rapporto deve stabilire con i nuovi concittadini.

 

Koper,   antica  sede  episcopale,  ha avuto una storia molto movimentata lungo i secoli per la sua posizione strategica sulle sponde dell'Adriatico e ai confini con l'Italia. Alla fine della seconda guerra mondiale passò a far parte della Iugoslavia e acquistò un'importanza socio-politica non indifferente, estendendosi lungo la spiaggia e vedendo triplicato, in breve tempo, il numero dei suoi abitanti, nonostante il forte esodo degli italiani e di altre etnie. I nuovi abitanti, provenienti in maggioranza dalle varie regioni iugoslave, hanno introdotto, in una città tradizionalmente cattolica, costumi, lingue e religioni diverse. In pochi decenni la città ha cambiato la sua fisionomia socio-religiosa non solo per il fenomeno dell'immigrazione, ma anche per l'influsso del governo marxista. Infatti non pochi dei suoi abitanti si sono dichiarati atei per convinzione o per opportunismo.

In un  tale ambiente non è stato facile per i cattolici e per gli altri credenti rimanere coerenti con le proprie convinzioni religiose e praticare apertamente la loro fede. I cattolici conservavano i luoghi di culto, le antiche chiese, ma erano particolarmente presi di mira dal regime comunista; gli altri credenti non avevano edifici per il culto, ma in compenso erano meno malvisti dal regime.

Guardando oggi la storia di questi anni si può dire che la parrocchia cattolica ha attinto la sua forza per andare avanti dalla spiritualità dei focolari. Il tipico carisma di questo Movimento, l'unità, da una parte ha alimentato la comunione tra i cattolici e dall'altra li ha aperti all'ecumenismo con i cristiani delle altre Chiese, al dialogo con i fedeli di altre religioni e a un rapporto sincero anche con coloro che si professavano atei e persino con quelli che li perseguitavano.

Essendo qui la Chiesa cattolica la comunità più numerosa e meglio organizzata, ad essa si rivolgevano coloro che erano in situazione di bisogno, come gli operai immigrati con le proprie famiglie. La comunità cattolica ha accolto tutti, senza distinzione di fede, vedendo in ogni uomo bisognoso la presenza del Cristo che bussa alla porta. Questo modo di agire ravvivava la fede tra i cattolici e li rendeva simpatici agli occhi di tutti e, naturalmente, più perseguitati dal regime comunista.

 

 

 

Comunione e collaborazione

tra cattolici ed ortodossi

 

Ad un certo punto la comunità cattolica ha notato che non bastava soddisfare i bisogni materiali: i fedeli della Chiesa ortodossa desideravano un luogo per il culto e nel 1977 la parrocchia ha potuto offrire una chiesetta. Da quel momento le due comunità gioivano insieme nelle occasioni liete delle festività fortificandosi mutuamente nella fede e confortandosi con l'amore fraterno. L'anno seguente il vescovo ortodosso, venuto a visitare i fedeli e ad inaugurare una nuova parrocchia, constatava insieme al vescovo cattolico che un legame fraterno univa le due parrocchie nel rispetto delle differenze.

Negli anni successivi la comunità ortodossa crebbe e si pensò di mettere a sua disposizione un'altra chiesa, più spaziosa. Così il 12 maggio 1986 veniva consegnata la chiesa di santa Marta.

La notizia della collaborazione tra cattolici e ortodossi suscitò l'interesse della stampa e della televisione e un'intervista ai due parroci, cattolico ed ortodosso, divulgata in varie città e persino a Belgrado, contribuiva a migliorare i rapporti tra le due comunità nel paese.

 

 

 

Rapporti amichevoli e fraterni

con i musulmani

 

Anche la crescente presenza di musulmani in cerca di lavoro ha attirato l'attenzione dei cattolici. Inizialmente i contatti sono stati difficili. Dapprima è stata offerta loro una sala parrocchiale, dove potevano incontrarsi e pregare. Essi hanno accettato, ma era talmente incredibile che dei cattolici potessero far questo senza secondi fini che rimanevano sempre sulle difensive, temendo una manovra astuta di proselitismo. Nel 1984 è stata data in uso una sala rotonda - l'antico battistero della città -, che dava un po' l'idea della moschea. Era il mese del ramadan, mese di digiuni e preghiere in preparazione alla grande festa del Bajram. Era bello vedere ogni sera un via vai di uomini di tutte le età che venivano a pregare nella rotonda.

Per la grande festa hanno invitato anche i cattolici. La rappresentanza cattolica, con l'autorizzazione del vescovo e con la presenza del parroco, si è seduta per terra ed ha ascoltato con rispetto i canti e le preghiere, ha seguito con attenzione la lettura di alcuni passi del Corano, che esaltavano il grande Dio, «Signore dell'universo, buono e misericordioso», al quale chiedevano aiuto per avviarsi e perseverare nel «giusto cammino».

Era questo  il punto alto in cui tutti potevano ritrovarsi: Dio misericordioso, Padre di tutti gli uomini. In seguito i musulmani non finivano di ringraziare i cattolici per il clima di comprensione dimostrato verso la comunità islamica.

Non molto tempo dopo due signori della Presidenza Suprema Musulmana in Iugoslavia, che da Sarajevo erano andati a Lubiana per trattare della possibilità della costruzione di una moschea, sono venuti a Koper solo per ringraziare i cattolici di tutto quello che avevano fatto per loro. Essi sottolineavano che la loro religione insegna che tutti i credenti sono fratelli e concludevano dicendo che in questa città, dove si trovano come stranieri, hanno potuto sperimentare la fratellanza con i cattolici.

Il parroco li ha rassicurati dicendo che anche noi cristiani ci sentiamo chiamati da Dio a vivere la fratellanza universale nel rispetto della fede di ognuno. Essi hanno poi voluto regalare una copia del Corano con la firma del Presidente Supremo e con questa dedica: «Per la vostra comprensione fraterna verso la comunità islamica». Seguiva una lettera dove tra l'altro si leggeva: «Ringraziamo sinceramente il buon Dio che vi ha donato un cuore cristiano così aperto e caloroso da farvi trovare un posto anche per noi nella vostra casa. Dio, ricco di misericordia, vi colmi di ogni bene».

I rapporti amichevoli e fraterni continuano. In occasione delle varie festività dell'una e dell'altra comunità ci si scambiano gli auguri. Ogni tanto la parrocchia offre anche una saletta dove possono insegnare la religione ai bambini e ai giovani. Quasi non riescono a credere che i cattolici siano disposti a ordinare diversamente i programmi per venire incontro ai loro bisogni. In più hanno trovato la sala tutta rinnovata e abbellita. A questo punto anch'essi hanno voluto contribuire alle spese.

Quando, poi, dopo anni di attesa la comunità cattolica ha finalmente ottenuto il permesso di costruire una chiesa in una zona nuova della città, i musulmani hanno fatto una colletta tra loro per contribuirvi. Ringraziati per questo gesto concreto di solidarietà, hanno risposto che quel denaro era stato dato dai fedeli musulmani a Dio e non lo si poteva usare per altri scopi: costruire una moschea o costruire una chiesa - dicevano -, si tratta sempre di mura sacre. Non contenti delle offerte sono venuti anche a dare il loro lavoro.

 

 

 

Una testimonianza per i lontani

 

Questa fraterna collaborazione è stata una testimonianza positiva anche per coloro che si sentono lontani dalla religione. Lo testimonia un fatto: il 15 maggio scorso l'amministrazione comunale ex-comunista ha voluto dare un pubblico riconoscimento alla comunità cattolica assegnando al parroco, in una seduta solenne, presente il presidente della Repubblica, il premio della città «alla persona più benemerita dell'anno» con queste motivazioni: «per il lungo lavoro tra i giovani, per la sua premura nell'assistere gli ammalati e gli anziani, per il suo impegno nel conservare il patrimonio culturale della città e infine per il grande contributo nel campo dell'ecumenismo, avendo intessuto instancabilmente rapporti nuovi e concreti con gli ortodossi e con i musulmani».

In quell'occasione molte persone estranee alla Chiesa hanno voluto congratularsi ed hanno espresso soddisfazione.

 

 

 

Un rapporto che ha retto

anche alla prova della guerra

 

Costruiti durante anni, i rapporti tra cattolici, ortodossi e musulmani a Koper si sono dimostrati particolarmente proficui nell'ultimo periodo così difficile a causa dell'assurda guerra fraticida che semina dovunque odio e disperazione.

Proprio in questo momento, che favorisce i sospetti e le diffidenze, è venuto maggiormente in rilievo il valore straordinario della fratellanza. Nella città tra i profughi, in maggioranza croati e cattolici, ci sono anche serbi ortodossi ospiti dei loro parenti, ma tutti vengono accolti e aiutati senza distinzione.

Un momento particolarmente significativo è stato il Natale, celebrato in date diverse dai cattolici e dagli ortodossi. La disparità del calendario liturgico ha fatto sì che gli uni potessero più facilmente prendere parte alla festa degli altri. Nel Natale ortodosso il loro sacerdote, un serbo, alla presenza di una rappresentanza di cattolici, compresi il vescovo e il parroco, e - per la prima volta - di una rappresentanza anche musulmana, ha potuto esprimere l'augurio di una pace vera e duratura tra le varie etnie, ricordando che Gesù era venuto su questa terra per portare a tutti gli uomini l'amore scambievole e l'unità.

Invitando i presenti a concorrere alla realizzazione di questo grande disegno, concludeva dicendo che «la storia appartiene a coloro che amano. E anche se l'amore in giorni come i nostri può sembrare un sassolino gettato in mare, la forza delle sue onde concentriche non può non spingersi verso nuove sponde».

 

a cura di Darja Licen