Come concorre il Movimento dei focolari alla nuova evangelizzazione

 

 

Prima «essere» e poi «parlare»

 

 

di Chiara Lubich

 

Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari, in sintonia con l'invito della Chiesa nella Redemptoris Missio, svolge il tema dell'evangelizzazione, rivisitando la storia del Movimento e cogliendone le linee che lo Spirito le ha suggerito per contribuire a diffondere un'autentica vita evangelica tra gli uomini del nostro tempo.

 

Il tema che  vorremmo trattare e che  verrà approfondito anche quest'anno in tutto il Movimento ha questo titolo: «Come concorre il Movimento dei focolari alla nuova evangelizzazione».

 

         Oggi si parla dovunque di «nuova evangelizzazione». Così nella Chiesa cattolica, dove sono in corso iniziative e studi  da parte di ecclesiastici e di laici. Un approfondimento della Bibbia è in programma - per quanto so - per l'anno prossimo anche in altre Chiese.

         L'espressione «nuova evangelizzazione» è stata coniata anni fa dal Santo Padre Giovanni Paolo II, che l'ha ripetuta più volte nei suoi discorsi, attribuendo al termine «nuova» significati diversi: egli la vorrebbe «nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni».

         E avverte pure che occorre evangelizzare non solo i non cristiani, ma anche, nuovamente, i cristiani travolti, specialmente nel primo mondo, dal secolarismo, dal materialismo o da un totale indifferentismo; e, in Asia, Africa e America Latina, quelli esposti all'influsso delle sette.

         Di tale «nuova evangelizzazione» si sente talmente bisogno nel mondo cristiano che moltissimi si sono sentiti interpellati in prima persona e chiamati a questo compito.

         Così è stato per noi, per il nostro Movimento: avvertiamo forte la necessità di concorrere alla nuova evangelizzazione.

         Per darvi però un'attuazione, la più perfetta e completa possibile, secondo quindi la volontà di Dio, ci siamo chiesti anzitutto: un Movimento come il nostro è in grado di rispondere a questo appello? Ne ha la vocazione?

         Ci è parso di cogliere una risposta in un brano della lettera apostolica Redemptoris Missio, nella quale, dopo aver ricordato il grande sviluppo dei «movimenti ecclesiali» quale «novità» emersa nella Chiesa, Giovanni Paolo II prosegue dicendo che essi, i movimenti, «rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l'attività missionaria propriamente detta».

         E per noi ciò è sufficiente per prendere la spinta decisiva.

         Ma c'è di più: è l'analisi stessa del nostro Movimento, della sua realtà e della sua storia, che dice quanto noi siamo chiamati a tale compito.

         Se si riflette, infatti, soprattutto sull'inizio della nostra Opera e poi sul suo sviluppo ulteriore in tutti e cinque i continenti, si può affermare, con tutta verità, che essa è stata suscitata dallo Spirito Santo come una proposta - una delle nuove proposte - di evangelizzazione per il nostro tempo.

 

 

 

«Una polla d'acqua viva

scaturita dal vangelo»

 

         E' noto come tutto cominciò con una nuova manifestazione, ai primi membri del Movimento, di Dio come Amore, quasi una folgorante rivelazione dell'infinito amore che Egli aveva per essi, rivelazione che ha conquistato in pieno i loro cuori.

         E come, subito dopo, circostanze, senz'altro previste da Dio (la guerra, la vita nei rifugi), hanno fatto terra bruciata d'ogni cosa attorno ad essi e hanno lasciato loro in mano solo il vangelo.

         Era lì, infatti, in quel testo, che essi avrebbero potuto trovare come corrispondere col loro amore all'amore di Dio, onde fare di Dio l'ideale della loro vita.

         Ed hanno fatto proprio il vangelo, soprattutto il vangelo, tanto che il Movimento si poté  definire (e lo fece una personalità anglicana): «una polla d'acqua viva scaturita dal vangelo».

         Naturalmente, essendo intervenuto - come si sa - un carisma dello Spirito Santo, quei primi membri non lo hanno letto solo con la propria mente, con la propria intelligenza, né hanno messo in atto le parole ivi contenute con la sola loro volontà.

         Ha agito lo Spirito sprigionando luce sotto quelle parole, facendole penetrare profondamente, per cui sono loro apparse diverse da tutte le altre.

         Infatti, come scrive Anselmo D'Aosta, dottore della Chiesa: «Altro è avere facilità d'eloquio e splendore di discorso, altro è entrare nelle vene e nelle midolla delle parole celesti (...): questo non lo potrà dare in alcun modo né la dottrina dell'uomo, né la erudizione del mondo; lo darà solo la purezza della mente mediante l'illuminazione dello Spirito Santo».

         E', appunto, quanto è successo a quei primi membri del Movimento.

         Sotto l'azione dello Spirito le parole di Dio, pur tanto conosciute prima, sono apparse nuove, universali (fatte per tutti), eterne (per ogni epoca), da potersi mettere in pratica.

         E sotto l'azione dello Spirito si è avuta una forza nuova per tradurle in vita. Si è cercato quindi di viverle con intensità così come si capivano e di irradiarle nel loro splendore. E basterebbe ciò, penso, per affermare che, nella mente di Dio, il nostro Movimento era visto come uno strumento di evangelizzazione di se stessi e degli altri.

 

 

 

Dall'annuncio di Dio come Amore

alla vita della Parola come risposta

 

E - come sappiamo - se il Movimento visse così i suoi primi giorni, non molto dissimile è la sua vita attuale.

         Anche adesso si annuncia anzitutto che Dio è amore, si annuncia che non siamo soli in questa terra, che tutti abbiamo un Padre, il quale con un amore infinito ci avvolge e conta persino i capelli del nostro capo.

         E, anche adesso, a quest'annuncio i cuori si aprono, perché sapere di essere amati, guardati, seguiti è sempre una cosa immensa per il cuore umano e viene spontaneo voler conoscere come corrispondere a questo amore.

         Perciò anche ora come allora si insegna che per amare Dio, per metterlo - come va messo - al primo posto nel nostro cuore, nella nostra mente, per amarlo con tutte le forze, occorre vivere la parola di Dio. Gesù infatti afferma che chi lo ama osserva i suoi comandamenti (cf Gv 14,15). Occorre dunque mettere la parola di Dio in cima a tutti i nostri pensieri.

         E anche ora, continuando una tradizione dei primi tempi, ogni mese prendiamo in rilievo particolare una frase compiuta della Scrittura, scelta in genere dalla liturgia del tempo, la commentiamo, la traduciamo in 80 lingue circa e la facciamo conoscere a milioni di persone...

         In questo modo si ripresenta il vangelo tutto intero, parola per parola, a noi e agli altri, cominciando dai già cristiani, e si invita a viverlo.

         E questa è evangelizzazione: una nuova evangelizzazione che si opera nella Chiesa.

         Tuttavia, per spiegare la nuova evangelizzazione che opera il Movimento, occorre aggiungere dell'altro.

 

 

 

La potenza apostolica

dell'essere uno

 

         La nostra è una nuova evangelizzazione per il modo tipico in cui il Movimento è chiamato a vedere, vivere e far conoscere il vangelo.

         Infatti, il carisma dell'unità, caratteristico del Movimento, ha avuto ed ha la proprietà di comprendere e far comprendere il vangelo da un'angolazione ben precisa.

         Come in altre epoche san Francesco vedeva il vangelo soprattutto attraverso la lente della povertà e san Benedetto attraverso l'orazione e il lavoro, o sant'Ignazio attraverso l'obbedienza e la violenza evangelica, ecc., così a noi è stato dato di vederlo attraverso quella parola che Paolo VI ha definito sintesi del vangelo, riassunto dei divini desideri del Cristo, e che è il culmine dell'amore: l'unità. Unità che si raggiunge attraverso quell'altra parola che è il culmine del dolore di Gesù, cioè: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34; Mt 27,46)

         Noi, dunque, portiamo il vangelo attraverso l'unità. Come è noto, la pagina di Giovanni sulla preghiera per l'unità è la «magna charta» del Movimento.

         Perciò siamo chiamati anzitutto ad essere uno con Cristo nel compimento della sua volontà e nella preghiera, e ad essere uno con Lui nei fratelli: cioè ad amare Lui in tutti, a farci uno con tutti, anzi a vivere gli altri, a essere gli altri.

         Essere uno, dunque, con Gesù e con Lui nei fratelli.

         Cioè «essere», che non è ancora parlare, ma è già testimoniare e perciò evangelizzare.

         E questo, fra il resto, è più che mai esigito oggi. Si ascoltano più i testimoni che i maestri.

         Ed è un essere uno con i fratelli che si concretizza in fatti. Come Gesù, si deve cominciare col fare e poi insegnare (cf At 1,1).

         Commenta in proposito Giovanni Crisostomo: «Gesù dice che dobbiamo prima fare e poi insegnare a fare: Egli colloca la pratica del bene prima dell'insegnamento, mostrando che si potrà utilmente insegnare soltanto avendo messo prima in pratica quanto si insegna e mai altrimenti».

         Essere uno, dunque, essere amore concreto verso gli altri e, solo dopo, parlare.

         Un amore concreto che, se nei primi tempi era fatto di azioni di singoli e di piccoli gruppi, ora è fatto di azioni e di opere anche di vasta dimensione.

         E poi dobbiamo essere uno fra noi. Anche questo esige la preghiera di Gesù sull'unità.

         Essere uno fra noi, che è il «dover-essere» dei cristiani, porta in sé già una potenza apostolica: «Che siano uno - dice Gesù - affinché il mondo creda» (cf Gv 17,21).

         Dunque, due i modi nostri di «essere»: essere uno con Dio e per Lui con i fratelli. E essere uno fra noi.

 

 

 

«Predicare dai tetti»

 

         Tali modi di essere non si fermano qui, ma passano, anche spontaneamente, spesso perché richiesto, all'annuncio. E solo con l'annuncio abbiamo un'evangelizzazione completa. Annuncio che va fatto sempre secondo i canoni del vangelo che domanda, fra il resto, di non dare «le cose sante ai cani» (Mt 7,6).

 

         Sì, occorre anche parlare. Hanno parlato gli apostoli. E ciò si può capire per la speciale consegna data loro da Gesù: «Andate e predicate...» (cf Mc 16,15).

         Ma hanno parlato anche i primi cristiani, se, pure per essi, spesso semplici laici, il mondo allora conosciuto è stato informato del vangelo.

Abbiamo parlato anche noi sin dai primi tempi. E quanto! Si parlava, si scriveva a tutti: amici, parenti...

Anche oggi sentiamo in modo tutto particolare di dover parlare.

         Ed è ciò che ci viene suggerito proprio in quest'ora dai nostri vescovi.

         Uno di essi recentemente ci ha invitato con insistenza a «parlare - diceva - di quello che abbiamo ascoltato in Mariapoli, parlare, parlare del vostro ideale, parlare della comunione dei beni, (...) parlare con franchezza come gli apostoli. Non parlarne solamente con le persone con cui si ha confidenza nelle nostre riunioni, ma parlarne tutte le volte che capita; parlare, parlare di Gesù in mezzo a noi, (...) parlare dell'unità, parlare (...) magari con gente che non ha ancora la fede, con gente che non avrà voglia di starvi tanto a sentire...».

         Sì, siamo convinti di dover parlare ed è ciò che ci sproniamo a fare. Soprattutto nelle zone (vedi Europa dell'Est) dove per decenni c'è stata  la Chiesa del silenzio, occorre parlare, anzi rimparare a parlare.

         E anche nell'Ovest, perché, alle volte, coperti da molte valide e non valide motivazioni, si pensa di non doverlo fare. Spesso è il rispetto umano che frena, oppure la paura di prendersi critiche o derisioni; altre volte la poca voglia di compromettersi.

         No: dobbiamo parlare, se si vuole seguire Gesù; anzi «predicare dai tetti» (cf Mt 10,27).

         Parlare, che è sempre annuncio del vangelo o preparazione ad esso nei vari dialoghi che sempre, dopo la testimonianza della vita, dobbiamo aprire con i non cristiani e con i non credenti.

 

 

 

Le «cattedre» e i metodi

che il Signore ci ha suggerito

 

Come luoghi dell'annuncio noi dobbiamo prediligere quelle cattedre che - pensiamo - lo Spirito Santo ci ha suggerito: le nostre tipiche attività apostoliche: le Giornate, i Congressi, i Convegni per «mondi» del vivere civile o sacerdotale e religioso, le Mariapoli, i Genfest, ecc.

         Attività apostoliche che devono svolgersi in perfetta coerenza con quanto abbiamo imparato, seguendo quegli accorgimenti che abbiamo appreso e attuato non solo dai primi tempi, ma fin dai primi giorni, tanto - pensiamo - erano essenziali alla nostra evangelizzazione!

         Non è - ad esempio - una nostra Giornata quella che si fa senza aver prima preparato e poi immesso fra le persone il cosiddetto «lievito», cioè persone con Gesù fra loro perché unite nel suo nome, tese ad accogliere e servire tutti i partecipanti.

         Così non è Giornata nostra quella in cui si parla senza aver ascoltato lo Spirito Santo nel prepararsi, lo Spirito che parla in noi e fra di noi uniti; né quella per la quale non si prepara lo svolgimento perfetto.

         Non è Mariapoli quella in cui non si richieda a tutti, come tessera di partecipazione, l'amore agli altri. E così via.

         Abbiamo ormai, dedotti dall'esperienza, i clichés di come devono svolgersi tutte le nostre attività. E dobbiamo esservi fedeli.

         E' con questi metodi, con queste precise maniere che il Movimento ha camminato fin qui portando avanti con frutto il Regno di Dio. Sono queste, dunque, le possibilità principali che il Signore ha offerto a noi, per la nostra evangelizzazione.

         Così dobbiamo far uso dei mass media (giornali, libri, documentari, radio, TV), impostando sempre questi vari modi di «parlare» sulla base del «vivere».

         Del resto «vivere» e «parlare» è la linea dell'evangelizzazione della Chiesa.

         Dice Giovanni Paolo II: «La vocazione della Chiesa all'evangelizzazione significa soprattutto vivere il vangelo più profondamente. (...) Una tale testimonianza vissuta ogni giorno è un iniziale atto di evangelizzazione».

 Ma - continua - «la testimonianza cristiana attraverso l'esempio personale ha anche bisogno di essere accompagnata dalla proclamazione di Gesù Cristo».

 

 

 

Le verità cristiane

unite al racconto di esperienze

 

         Gli argomenti principali che vanno trattati in queste nostre manifestazioni si conoscono. Anzitutto un aspetto della spiritualità, la quale - sappiamo - è un compendio di tutte le verità cristiane: Dio amore, la volontà di Dio, l'amore al prossimo, l'amore reciproco, l'unità, Gesù crocifisso e abbandonato; la Parola, l'Eucaristia, Maria, lo Spirito Santo.

         Poi un aggiornamento sullo sviluppo dell'Opera in zona o nel mondo, che è come la narrazione degli atti dei nostri apostoli.

         Ancora: l'esposizione di esperienze, dove un membro vivo della Chiesa, o un gruppo, può dare l'idea stessa della vita della Chiesa.

         E non può mancare un'informazione illuminata e approfondita sugli ultimi documenti della Chiesa, sulla vita della cristianità, su quella dei fedeli di altre religioni e di altre culture.

 

 

 

Animate dalla carità reciproca,

anche le strutture evangelizzano

 

Ma c'è ancora un modo di evangelizzare nel Movimento ed è attraverso tutte le sue strutture.

Essendo il reciproco amore (che porta con sé la presenza di Gesù tra i fratelli) la norma delle norme di tutto l'edificio dell'Opera, la regola che viene prima di ogni altra regola, l'Opera, dovunque è presente, evangelizza col suo stesso essere.

Così è dei centri dell'Opera, degli stessi focolari, dei nuclei, delle unità Gen, delle opere, ecc., e in modo particolare delle cittadelle, le quali - per il numero degli abitanti tutti così uniti - sono potenti mezzi di apostolato.

         La nostra evangelizzazione si rivolge ad ogni tipo di persone di qualsiasi età, razza, popolo, vocazione, lingua...

         Si arriva ad esse, attraverso le varie diramazioni dell'Opera: ai consacrati, agli sposati, alle famiglie come tali, ai laici impegnati, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai giovani, ai ragazzi, ai bambini, agli aderenti ed ai simpatizzanti di qualsiasi categoria sociale o religiosa sia nella Chiesa cattolica come nelle altre Chiese o comunità ecclesiali; e, in certo modo  - in forma di dialogo -, anche ai non cristiani e ai non credenti.

 

 

 

Alcuni effetti di questo modo

di vivere e far conoscere il vangelo

 

L'evangelizzazione del Movimento porta innumerevoli frutti. Ne elenco alcuni.

 

Animazione cristiana del mondo

         Primo effetto. Anzitutto, avendo il Movimento in prevalenza membri laici, illumina con la sua spiritualità evangelica il lavoro dell'uomo, il suo trattare con le realtà terrene, e lo aiuta ad instaurare tutto in Cristo. Il Movimento si presenta perciò come uno strumento per portare Cristo nel mondo e nelle sue strutture.

 

Espansione rapida del regno di Dio

         Un secondo effetto è una espansione rapida e continua del Regno di Dio, mediante il Movimento stesso, che, ora presente in tutto il mondo, manifesta anche esso quella nota caratteristica della Chiesa che è l'universalità.

         Questo si è notato già pochi mesi dopo il suo inizio: 500 persone circa avevano fatto proprio il suo annuncio e formavano una vivissima comunità, tanto da richiamare alla mente quelle delle Lettere e degli Atti degli Apostoli.

         E tuttora il Movimento, perché così evangelizza, non conosce stasi, cresce ogni anno ed è divenuto, si può dire, un popolo.

         Ciò si deve anche al fatto che la sua tipica nuova evangelizzazione suscita chiamate particolari e totalitarie che permettono al Movimento d'essere sempre in moto, in missione, sì da riflettere quell'altra nota della Chiesa che è la missionarietà.

 

Conversione e santificazione delle persone

Un terzo effetto sono le conversioni, come primo passo per molti verso la santificazione personale.

Sono conversioni da una vita senza Dio ad una vita cristiana; da una vita  allontanatasi da Dio ad un ritorno a Lui; da una vita tiepida ad una fervente e da una vita fervente a una perfetta e santa.

Infatti, è proprio per l'incontro col vangelo, per la parola di Dio accolta e vissuta che le persone si santificano. Gesù ha detto: «Santificali nella verità. La tua parola è verità.» (Gv 17,17)

Succede da noi quanto dice Clemente Alessandrino: «Chi obbedisce al Signore e segue la Scrittura (...) viene trasformato pienamente a immagine del Maestro: egli giunge a vivere come Dio in carne. Ma questa altezza non la possono raggiungere coloro che non seguono Dio che conduce: ed Egli conduce per le Scritture divinamente ispirate».

         Lo possiamo dire con sincerità e a sola gloria di Dio: quanti piccoli o meno piccoli santi, ora in Paradiso, ha formato il Movimento! Tanto che esso si potrebbe vedere e definire come un'Opera per la santificazione delle persone.

         Vi sono anche conversioni alla Chiesa da parte di fedeli di altre religioni o, in molti casi, l'aprirsi di un dialogo in cui emergono, a suo sostegno e progresso, gli elementi di verità insita nelle altre fedi.

         E infine si conoscono moltissime conversioni di atei a Cristo ed alla Chiesa o almeno all'ideale di fratellanza umana, con l'aprirsi anche qui di un dialogo costruttivo.

 

Pace e salvaguardia della natura

Questa evangelizzazione - e sarebbe un quarto effetto - porta la pace, che è dono di Cristo, la pace degli uomini con Dio, fra loro e con la natura, creatura dello stesso loro Creatore.

         Per cui il nostro Movimento si può definire come un'Opera che dona pace al mondo e si pone a salvaguardia del nostro pianeta.

 

Un'economia di comunione

Questa evangelizzazione, perché sottolinea l'amore reciproco, porta - ecco un quinto effetto - anche alla comunione dei beni. Così è stato sin dai primi tempi. In seguito l'abbiamo vissuta in modo vario nelle diverse branche. Ed ora con la nascita dell'economia di comunione - di cui si potrà parlare a parte - si vive in tutto il Movimento.

         Il nostro Movimento ha insito, infatti, anche un aspetto economico-sociale, per cui lo si può vedere come un'Opera sociale.

 

Una dottrina che amplia le conoscenze già acquisite

Questa evangelizzazione, tutta basata sull'amore, dona - come sesto effetto - la sapienza. Dice Gesù: «A chi mi ama mi manifesterb» (cf Gv 14,21).

         E san Beda: «A chi ha amore per la parola - scrive - sarà data anche l'intelligenza per comprendere la parola che ama, mentre chi non ama la parola non gusterà affatto le delizie della vera sapienza, anche se crede, per le sue doti naturali o per i suoi studi, di possederla».

         Il Movimento è visto anche come una scuola, come la fonte di una nuova dottrina che amplia le conoscenze già acquisite.

 

Unità della Chiesa e fraternità universale

Questa evangelizzazione ancora, incentrata sull'unità, crea - è il settimo effetto - la comunità: per essa,  cattolici prima indifferenti gli uni verso gli altri si ritrovano compaginati in comunità, vivendo così la Chiesa nella sua essenza più profonda. Movimenti che badavano ognuno a se stesso trovano una base comune nel lavorare per la Chiesa. Le parrocchie, le diocesi evidenziano l'unità fra loro; gli Ordini religiosi scoprono di essere organi diversi ma di un solo corpo e vivono come tali.

         Ma questa evangelizzazione fa nascere anche la comunità fra cristiani di diverse Chiese e suscita una certa unità con persone di altre religioni e una fraternità - come s'è detto - con non credenti.

         Per cui il nostro Movimento si può vedere anche come un'Opera ecumenica nel senso più vasto.

 

 

 

Altri frutti

 

Molti altri effetti si potrebbero ricordare.

Ad esempio, questa evangelizzazione fa conoscere la gioia promessa a chi vive l'unità. Come dice Paolo VI: «Il vangelo garantisce la felicità», ma «cambia la natura della felicità. Questa non consiste nei beni effimeri, ma nel Regno di Dio: nella comunicazione vitale con lui».

         E ancora: questo modo di evangelizzare, che sottolinea la realtà di Gesù crocifisso e abbandonato (cf Mt 27,46; Mc 15,34), suscita opere di carità e opere sociali.

         Conosciamo quello che dice Giovanni Damasceno: «Come un albero piantato lungo il corso delle acque, così l'anima, irrigata dalle divine Scritture (...), va adorna di verdi foglie, cioè di opere belle dinnanzi a Dio».

         Questa evangelizzazione fa sperimentare inoltre le promesse evangeliche: fa sì che si riceva ad esempio il centuplo o quanto si chiede.

Questa la nostra esperienza quotidiana. Del resto l'ha detto Gesù: «Se (...) le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato» (Gv 15,7).

         Il Movimento è quindi un esempio della tipica vita dei figli di Dio sulla terra.

         La Parola, infine - se di «fine» si può parlare -, suscita anche l'odio del mondo: ma ciò era previsto (cf Gv 17,14) ed è il prezzo per tutto il resto.

 

Maria come modello

L'Opera di Maria, edificata dallo Spirito ad immagine di Maria, anche per l'evangelizzazione, come per tutte le altre sue finalità,  vuol rispecchiarsi in Lei ed essere quasi una sua continuazione.

         Per questo, conserva nel suo cuore la Parola e la medita, come Maria (cf Lc 2,51), e la dona, come Lei che, Regina degli Apostoli, ha dato Gesù, la Parola, al mondo. Ogni membro la dona a se stesso fatta vita, la dona in mezzo agli uomini e l'annuncia a quanti più può.

Chiara Lubich