Evangelizzazione
e discernimento
di
Emilio Olzeri
Formazza
è una valle alpina ai confini con la Svizzera, ultimo lembo del territorio
italiano, abitato dall’antico popolo dei Walser. Da alcuni anni vi è in atto un
cammino di evangelizzazione che, senza alcun programma fatto in anticipo e al
tavolino, ha portato al rinnovamento della vita cristiana e al progressivo
stagliarsi di prospettive globali per lo sviluppo di questa comunità montana.
Val
Formazza è una valle alpina
attraversata da una lunga e stretta striscia di terra verde di prati; ai
suoi lati, più o meno ripidi, fanno ala distese di boschi ombrosi con i loro
alberi che si ergono tra le rocce fino al punto in cui il clima lo permette;
poi riprendono vita i verdi prati montani e quindi la nuda roccia spesso
coperta di neve. E’ un paesaggio stupendo che alla genuinità della natura
unisce anche la sua maestosità ed incute simpatia e rispetto.
Al centro della valle scorre il fiume Toce
alimentato continuamente da ripidi canaletti laterali con cascatelle
spumeggianti di acqua limpida proveniente dai ghiacciai. A metà della valle il
fiume aprendosi a ventaglio e rimbalzando sui sassi per 146 metri forma una
delle cascate più suggestive della catena alpina.
In
Val Formazza o Pomat, come la chiamano nella antica lingua, si arriva da sud
attraverso la rete autostradale italiana, costeggiando il Lago Maggiore e
seguendo il nastro della strada statale del passo San Giacomo, che nei suoi
ultimi 20 chilometri unisce ben 12 borgate dai nomi italo-germanici che formano
la località chiamata appunto Formazza. Al primo villaggio siamo già a 900 metri
di altezza, ma proseguendo il cammino si giunge ad un altipiano verso il
confine svizzero al disopra dei 2100 metri, dove puoi ammirare stupendi
laghetti alpini, verdi balconate erbose di origine morenica che d’estate offrono
fiori dai vivi colori, candidi ghiacciai perenni: il tutto protetto all’intorno
da monti maestosi che si innalzano oltre i 3000 metri.
La
popolazione di Formazza fa parte di una minoranza etnica di ceppo germanico
denominata «popolo Walser», che nella sua lunga storia ha colonizzato località
alpine le più impervie dalla Val d’Aosta al Liechtenstein e alle limitrofe
terre austriache. E’ una popolazione sorella degli abitanti svizzeri del vicino
Vallese.
Collegata
alla Svizzera attraverso il passo San Giacomo, valico un tempo importante fra
il nord e il sud dell’Europa, transitabile, oggi come allora, solo a piedi,
Formazza conserva ancora il suo dialetto riecheggiante il tedesco antico e
valorizza la sua cultura che riemerge nei nomi delle località, delle persone e
delle famiglie, nonché nell’architettura delle case, nella mentalità della
gente e nell’arte. Una cultura che suscita ai nostri giorni l’interesse di
studiosi.
Mi
sono soffermato a lungo a descrivere questo territorio di 13041 ettari di
superficie e i suoi 450 abitanti sia per porli nel cuore del lettore, sia
perché l’opera dell’evangelizzazione deve tener conto dei luoghi concreti in
cui si svolge da secoli la vita quotidiana di questa gente particolarmente
ospitale per capirne il cammino nella storia e l’apporto che può dare alla
comunità umana di oggi.
La
popolazione di questa valle ha conservato infatti i grandi valori spirituali
maturati dalla sua appartenenza alla Chiesa da circa 1500 anni, prima ancora
del suo insediamento a Formazza che risale al secolo XII. Sono valori che
un’adeguata rievangelizzazione riesce a ripulire da incrostazioni storiche,
rimettendoli in piena luce quali germi fecondi di ulteriore progresso.
Storia
di un cammino
Negli
ultimi venticinque anni è in atto nella valle, ad opera della spiritualità del
Movimento dei focolari, un’esperienza di ascolto della Parola di Dio, di amore
scambievole e di unità con la Chiesa che ha portato nuova vita nel nostro
ambiente. Un’esperienza che ha avuto e potrà avere ancora momenti di crisi per
una crescita più autentica e più profonda, ma che ha manifestato in questi anni
tutta la sua potenzialità di rinnovamento di una comunità cristiana che si
rievangelizza e, a sua volta, diventa evangelizzatrice e costruttrice di
progresso sociale, perché forma uomini aperti al bene comune, al servizio, alla
solidarietà.
Dio
qui ha voluto cominciare con la mia persona già nel lontano 1962 quando ebbi i
primi contatti col Movimento dei focolari. Ne seguirono altri: piccoli,
preziosi tasselli di un’opera di rievangelizzazione che Dio operava in me, anno
dopo anno, nella pace, nella serenità, nella perseveranza.
Questa fase si conclude agli inizi degli anni
’70 con la mia partecipazione alla scuola sacerdotale del Movimento. Con altri
sacerdoti di varie nazionalità e continenti si impara a leggere i disegni di
Dio nella nostra vita e nelle nostre comunità cristiane.
Ritorno
a Formazza. Cosa fare perché un soffio di vita nuova possa penetrare nella
parrocchia? Ricordo una data e un luogo: Pentecoste del 1971 nel santuario di
Maria in Antillone-Formazza, ore 15.30 di una domenica di maggio. Sono venuti
nella chiesetta-santuario altri cinque membri della comunità parrocchiale: due
uomini e tre donne. Apro il mio cuore per confrontare con loro ciò che mi
sembra il progetto di Dio sulla nostra comunità. Mi ascoltano con profondo e
partecipe silenzio, che permane dopo il mio dire. Su quel silenzio fiorisce una
preghiera ispirata così ci sembra oggi a distanza di tempo dallo Spirito.
Chiediamo all’eterno Padre in nome del suo figlio Gesù che Formazza per i doni
naturali del suo ambiente e l’animo ospitale dei suoi abitanti diventi il luogo
di riposo per tanti membri del Movimento dei focolari e per quanti altri lo
vorranno.
Perché
abbiamo chiesto che Formazza fosse luogo di vacanze innanzi tutto per i membri
di questo Movimento ecclesiale? Forse così ci ha ispirato Dio in quel momento
perché voleva che a Formazza ci fosse un modo diverso di far vacanza: con
persone che si amano e diffondono tutt’intorno una vita limpida e gioiosa
coinvolgendo in questa esperienza turisti e abitanti del posto, che riscoprono
così la bellezza della convivenza umana.
Oggi,
guardando all’indietro, ho l’impressione che quella preghiera fu largamente
accolta. Infatti un mese dopo cominciò un flusso di persone che non si è più
fermato. Iniziarono le persone del Movimento, seguirono anche altre e Formazza
è andata qualificandosi sempre più come «comunità di accoglienza» che prende la
sua ispirazione da questa parola del vangelo: «Se darete un bicchier d’acqua ad
uno solo di questi miei discepoli, non perderete la vostra ricompensa» (cf. Mt
10, 42). Ci siamo così riallacciati alla nostra più sana tradizione: a san
Bernardo d’Aosta, patrono della valle, che nella sua vita mise in atto sulla
montagna un particolare carisma di accoglienza; e a santa Elisabetta, che,
raffigurata nel santuario di Antillone mentre riceve nella sua casa Maria, ci
ricorda anch’ella il dono dell’accoglienza.
Ormai
a Formazza si susseguono le presenze più varie: famiglie, gruppi giovanili o di
seminaristi dall’Italia e dai vari paesi europei, comunità parrocchiali e, per
cinque anni consecutivi, un centinaio di sacerdoti diocesani del Movimento dei focolari
per il loro convegno estivo. Infine, due anni fa, una manifestazione tipica dei
focolari: la Mariapoli-vacanze.
L’influsso
sulla comunità locale
Gli
influssi sulla comunità locale sono molteplici, i più, noti soltanto a Dio. Si
vede nelle persone una progressiva rievangelizzazione, una nuova sete di Dio.
Lo si avverte nelle celebrazioni liturgiche, nella gioia che traspare dai
rapporti quotidiani tra le persone, nella disponibilità dei bambini, nella
ripresa di una fede più convinta tra i giovani.
La «Parola di vita», vale a dire la frase
della Sacra Scrittura commentata mensilmente da Chiara Lubich, penetra ormai in
quasi tutte le famiglie e sta operando una evangelizzazione silenziosa e
costante. Sono nati intanto ministeri laicali, specialmente per portare
l’eucarestia ai malati e agli anziani, mentre altri laici si sono impegnati
nelle strutture sociali della valle per il bene comune.
La
diocesi ci guarda con interesse e con affetto, come pure le altre parrocchie
vicine con le quali sono sorte attività concrete di collaborazione per la
formazione degli adulti.
Il
momento della prova
e l’impegno nel sociale
Un
fatto doloroso del 28 agosto 1985 ha minacciato di porre termine al nostro
vivere per l’accoglienza. Una frana causa morti e feriti e, demolendo la
carrozzabile, isola l’abitato dal suo retroterra verso nord. Nell’aprile
dell’anno seguente cadono rovinose valanghe, minacciando borgate e distruggendo
boschi. E quasi non bastasse, il 24 agosto 1987 si abbatte su Formazza una
pioggia insistente e scrosciante per tutta una notte provocando un’allucinante
alluvione. Il Toce straripa in vari punti coprendo di detriti le borgate e i
prati circostanti e travolgendo l’unico ponte che a sud ci mette in contatto
con il resto del mondo. E’ stato forse il momento più duro per noi. Ci siamo
ritrovati scoraggiati e tristi. Chi verrà più a passare le vacanze tra noi? Di
cosa potremo vivere in futuro? Chi si ricorderà di noi per aiutarci a
ricominciare?
Dopo
il primo momento di smarrimento abbiamo rinnovato la nostra fede in Dio che è
Padre e, rimboccate le maniche, ci siamo messi al lavoro. Il Movimento dei
focolari, che tanto ci aveva ispirato nel nostro cammino, ce lo siamo ritrovato
al nostro fianco, con i suoi giovani, venuti per ripulire il paese e per dirci
con i fatti che siamo veramente fratelli sempre, ma soprattutto nel dolore.
Nel
fervore della ricostruzione nasce l’idea di costituire una cooperativa senza
fine di lucro denominata «Nuova Formazza». E’ il 13 settembre, appena tre
settimane dopo l’ultima immane sciagura. L’articolo terzo dello statuto dice:
«Il fine della cooperativa è quello di promuovere e gestire lo sviluppo della
Valle Formazza, nella solidarietà e nel rispetto gli uni degli altri e della
natura, valorizzando le disponibilità e le capacità di ciascuno».
La
comunità si sforza di tradurre il messaggio evangelico nell’ambito economico e
sociale, e così vengono i primi frutti: si costruisce una stalla dal costo di
circa un miliardo per cento capi di bestiame con la lavorazione e la vendita
diretta dei prodotti ricavati, un laboratorio di confezioni per ragazze, una
iniziale attività edilizia anch’essa in forma cooperativistica e infine i primi
passi verso il mondo del turismo.
Sognando
il futuro
Un
canto, che ci piace ripetere spesso nelle nostre assemblee, dice: «Fra le città
della terra sei nata anche tu, città di vita, ma il progetto di te è scritto
nei cieli, disegno d’amore». Ci pare che esso esprima molto bene quanto abbiamo
vissuto finora e come vogliamo guardare al futuro: lo mettiamo nelle mani del
Padre, mentre ci adopereremo con tutte le nostre forze per salvaguardare quella
che ci sembra la più genuina vocazione della nostra valle. Per questo non
vorremmo che la direttissima Genova-nord Europa attraversasse la Val Formazza,
ma semmai la raggiungesse al suo lato sud, permettendo così che essa, insieme
ad altre zone limitrofe italiane e svizzere, concorra a costituire uno stupendo
e provvidenziale polmone verde europeo, riposo e salute per gli europei del
domani.
Anche
in campo ecclesiale stiamo facendo i nostri progetti d’accordo con la diocesi
per creare un centro di comunione interecclesiale sulla montagna, dove la
natura, il silenzio e l’armonia dell’ambiente sono elementi che aiutano la
comunione fra le persone. E a questo scopo ci sono già strutture disponibili
proprio presso la chiesa di una delle frazioni, dedicata a san Bernardo
d’Aosta, che a suo tempo fu uno dei campioni dell’unità europea.
Emilio Olzeri