Un'intervista
a Pasquale Foresi
a
cura di Enrique Cambón
La fiducia nella
Provvidenza, il cercare il Regno e la sua giustizia che provoca il «centuplo»
di cui parla il vangelo, il distacco dai beni, l'unità frutto della carità
reciproca che sfocia come logica conseguenza nella comunione di beni, erano
vita quotidiana, già dagli inizi, nell'esperienza pluridecennale del Movimento
dei Focolari.
Recentemente, in
occasione di una sua visita, in Brasile, alla «Mariapoli Araceli» (una delle
«cittadelle pilota» che ha espresso il Movimento dei focolari), Chiara Lubich
ha avviato una comunione dei beni ugualmente totalitaria, ugualmente libera,
però non soltanto tra singoli, ma anche tra aziende che mettono i loro utili a
disposizione dei poveri e della formazione di «uomini nuovi». Per l'originalità
della proposta, per le conseguenze sociali sia a livello teoretico che
strutturale a cui può condurre questa iniziativa, abbiamo pensato di
intervistare don Pasquale Foresi su alcuni risvolti di questa «economia di
comunione», della quale egli, assieme a Chiara Lubich, è protagonista in prima
persona.
Abbiamo conservato il carattere parlato dell'intervista.
GEN'S: Durante gli ultimi mesi la vita dell'Opera di Maria si è espressa in una nuova realtà chiamata poi «economia di comunione». Quali sono state le circostanze esterne che ne hanno offerto lo spunto?
Sono state soprattutto tre
realtà.
Da una parte non a caso
tutto questo progetto è nato in Brasile la povertà esistente in quelle terre,
di fronte alla quale c'è nel Movimento una forte esigenza di espressione
sociale, unita alla scelta dei poveri fatta dalla Chiesa in Brasile; dall'altra
la recente enciclica Centesimus Annus, che Chiara aveva letto con grandissimo
piacere ed interesse e che tutti dovremmo studiare e meditare.
Contemporaneamente c'era
stato da poco il crollo del comunismo in Europa. Io penso che tale coincidenza
non sia casuale. Spero che si sviluppi questa economia di comunione anche per
venire incontro a quelle esigenze sane che c'erano nel comunismo europeo.
GEN'S: Quali sono state
le ispirazioni fondamentali che hanno condotto Chiara a lanciare questo
progetto di una economia di comunione?
Penso che Chiara durante
quel viaggio abbia avuto tante ispirazioni, ma tre mi sembrano quelle
fondamentali.
La prima è venuta dopo che
avevamo visitato, in uno dei primi giorni, le aziendine che già funzionavano
nella Mariapoli Araceli. Chiara ha visto che esse funzionavano bene, ma le è
venuto in rilievo come le nostre cittadelle potevano essere arricchite da vere
aziende, fatte nascere da parte dei focolarini sposati, dei volontari, dei
gen... Chiara si è ricordata come a Einsiedeln, quando nel '61 ebbe
l'intuizione di una cittadella nuova, aveva pensato ad una cittadella vera e
propria, persino con ciminiere. Ora, naturalmente, nelle nostre cittadelle le
ciminiere non ci possono essere, anche per motivi urbanistici. Però si pub
trovare, a distanza di poche centinaia di metri da esse, del terreno dove si
possa fabbricare e far nascere quindi delle aziende animate dal principio della
carità. Esse darebbero un significato particolare alla vita delle cittadelle.
Questa è stata una prima ispirazione.
Una seconda è stata quella
di domandarsi, davanti agli immensi problemi di indigenza: «I primi cristiani,
come facevano?»: Come si sa, nelle prime comunità esistevano forme di comunione
di beni. Allora Chiara ha detto: «Perché non proporre la comunione dei beni non
soltanto su un piano personale come già avviene nell'Opera in tutto il mondo ma
anche alle aziende?». Non certo mettere in comune le aziende, né farle
appartenere all'Opera perché tra l'altro si cadrebbe in una forma di
collettivismo e si andrebbe incontro a un fallimento economico, ma mettere in
comune, liberamente, gli utili dell'azienda, per poter dar vita a una
cittadella modello.
La terza ispirazione è nata
dalla considerazione che in fondo, la dottrina sociale della Chiesa esprime
quello che in qualche modo già vive la comunità cristiana. Se la comunità
cristiana vivesse di più, la dottrina sociale potrebbe spingersi oltre. Veniva
quindi da pensare che queste cittadelle che nascono, con questa esperienza di
una comunione degli utili, in qualche maniera potrebbero in un domani influire
sulla dottrina sociale della Chiesa e quindi sulla società in genere. Per cui
si è parlato sia pure sotto voce di una
possibile terza via per il rinnovo della società.
Comunione
e rinnovamento delle
strutture
GEN'S: Come si
utilizzeranno gli utili che le industrie metteranno in comune?
Si è pensato di dividerli in
tre parti: una parte la più importante per sollevare i poveri; una parte per lo
sviluppo dell'azienda; e una parte per rinforzare e aumentare strutture come
appunto le cittadelle, i Centri Mariapoli e la stampa che servono per la
formazione di uomini «nuovi» senza i quali questa nuova impostazione
dell'economia è impossibile.
GEN'S: Un tale obiettivo appare rivoluzionario all'interno della comunità ecclesiale perché cerca di risolvere il problema dei poveri sul modello dei primi cristiani («Nessuno infatti tra loro era bisognoso» Atti 4, 34), e c'è da augurarsi che esso possa costituire un «grido» ed una testimonianza profetica. Non c'è però il rischio di apparire come un «ghetto» che guarda soprattutto se stesso? In quali orizzonti ci si muove, verso quale meta ultima si punta?
La vocazione dell'Opera di
Maria è portare l'ideale dell' «ut omnes unum sint» in tutta la Chiesa, a tutti
i cristiani, in tutte le religioni, a tutte le persone di buona volontà.
Ma non ci si pub limitare a
questo: la vocazione del cristiano è anche operare per l'avvento di «cieli
nuovi e terre nuove», e ciò implica il rinnovare dal profondo, nell'amore, le
strutture, sulle quali si regge attualmente la società umana, arrivando al
contempo a salvaguardare anche il mondo della natura.
Per cui, quello che è
cominciato in Brasile e che adesso sta avendo un influsso in tutto il
Movimento, vogliamo sperare che darà un contributo fondamentale anche ad un
rinnovamento delle strutture sociali.
GEN'S: Come si sta
estendendo questa iniziativa nel mondo?
Un primo sviluppo immediato
è stato il fatto che hanno aderito a questa iniziativa anche delle aziende che
si trovano lontane dalle nostre cittadelle. Mentre eravamo ancora in Brasile,
ad esempio, i responsabili di una fonderia hanno detto: «Vorremmo anche noi
partecipare a questo progetto, ma non possiamo trasferirci nella cittadella.
Non c'è una via per partecipare anche noi a questa realtà nuova?». Si è capito
allora che oltre alle aziende che saranno territorialmente inserite nella
cittadella ci potevano essere anche delle aziende collegate.
Ma è importante il seguito
che ha avuto tutto ciò. Perché noi pensavamo che quanto stava avvenendo valesse
soprattutto per il Brasile, invece... Proprio in quei giorni si teneva a Roma
il convegno dei bureaux dell'economia del nostro movimento «Umanità nuova».
Quando seppero di questa iniziativa vi hanno aderito con immediatezza e hanno
avviato un ufficio per potersi dedicare a questa attività, dando subito un
contributo notevole in denaro per l'attuazione delle iniziative in Brasile.
Poco dopo, Chiara ha inviato
in Argentina Vera Araujo, una focolarina sociologa brasiliana, per mettere il
Movimento di quella zona al corrente degli sviluppi ormai in atto. E gli
effetti si sono rivelati della stessa portata di quelli del Brasile.
A più riprese si sono poi
aggiornati anche i responsabili del
Movimento di tutte le altre parti del mondo. E nella misura in cui questa
realtà arrivava nelle zone, benché si trattasse di un discorso molto esigente,
molto forte, l'effetto è stato straordinario. E non solo tra industriali o persone che hanno dei particolari
incarichi o qualità nel mondo del lavoro e dell'economia, ma nelle persone
semplici. Tantissimi, insomma, in tutto il mondo hanno cominciato a mettere in
comune terreni, case, gioielli...
A un certo momento, ad
esempio, una famiglia spagnola poco agiata ha deciso di mettere in comune mille
pesetas al mese; sono diecimila lire, una cifra piccolissima. Però si vedeva
come lo Spirito Santo agiva in persone che erano appena al di sopra della
povertà. «Questa parte dei poveri è molto importante», diceva Chiara: è
importante non solo chi può dare un capitale o il gruppo dirigente, ma anche
chi mette a disposizione un piccolo gruzzolo, il suo tempo, il suo lavoro, le
sue capacità. Tutti sono chiamati ad essere attori e protagonisti.
Ricordo una zona che stava
anch'essa per essere aggiornata del nuovo progetto. In quel posto non ci sono
industrie né grandi ricchezze. Per cui dissi dentro di me: «Che cosa pub venir
fuori da questa zona?». In realtà si vide anche lì l'azione di Dio, e tra
l'altro una delle famiglie del posto diede una grossa somma di denaro per poter
sviluppare questa economia di comunione.
Quindi noi abbiamo assistito
ad un'azione che Dio ha incominciato in Brasile e si P immediatamente propagata
in tutto il mondo.
Cittadelle pilota
che si vanno
moltiplicando
GEN'S: Pub essere
considerata una conseguenza indiretta di tutto questo il fatto che si stiano
moltiplicando le cittadelle nel mondo?
In effetti uno dei compiti
di questa economia di comunione è come abbiamo accennato aiutare lo sviluppo
delle strutture che possono contribuire alla formazione di uomini «nuovi». Per
cui è venuto spontaneo dire: «Ma allora, forse, di queste cittadelle dobbiamo
farne nascere altre, oltre a quelle che già ci sono».
All'inizio del Movimento noi
pensavamo di fare una cittadella per tutto il mondo, e nacque Loppiano, vicino
Firenze. Poi si vide che queste cittadelle si stavano moltiplicando in altre
grandi zone, per esempio in Brasile, in Argentina, negli Stati Uniti, a Fontem
in Africa, a Tagaytay in Asia. E allora abbiamo pensato che forse queste
cittadelle avevano un significato continentale.
Ad un certo momento ci siamo
accorti che ne nascevano altre, per esempio in Belgio, in Spagna, in
Portogallo. Ultimamente in Iugoslavia, Polonia, Cecoslovacchia... E allora
abbiamo pensato che probabilmente queste cittadelle dovevano nascere in ogni
grande nazione. Ma poi abbiamo visto, ad esempio in Svizzera, stagliarsi due
cittadelle. Per cui pensiamo che con i decenni ci potrà essere una cittadella
in ogni zona della nostra Opera. Cosa succederà allora? Lo vedremo. Noi
seguiamo il piano di Dio, seguiamo la vita così come Dio ce la fa comprendere.
Sicuramente tutto questo avrà un significato di carattere ecclesiale e di
carattere sociale.
GEN'S: Infine, un'impressione personale, di fronte a queste realtà che vanno nascendo...
Quando Chiara cominciò a
parlare dell'attuazione dell'economia di comunione, ebbi la netta impressione
che si trovasse sotto una forte ispirazione dello Spirito Santo.
La mia esperienza è che
quando lei ha di queste ispirazioni, a me viene da tremare perché le vedi come
un'onda potente e meravigliosa, che ti fa mancare il respiro. Senti che è Dio
che ispira, ma non vedi ancora tutti i contorni ben delineati, e pensi
all'attuazione tecnica...
E' vero che Chiara non di
rado, pur non avendo una competenza particolare in un certo campo, ha delle
intuizioni che fanno ammutolire le persone più esperte. Anche in questo caso
concreto, non è che possiede una conoscenza specifica dei meandri e della
complessità della vita economica. Però, quando ha lanciato questa idea, la fece
subito poggiare su due principi: la libertà nella conduzione dell'azienda e il
fatto che liberamente i proprietari avrebbero potuto mettere in comune gli
utili. Allora mi sono detto: «Forse è proprio lo Spirito Santo che la
illumina», pensando che lei, proprio perché non è addentro agli aspetti tecnici
dell'economia, era più libera nell'ascoltare la voce di Dio.
Insomma, io penso che questa
pub essere una soluzione veramente grandiosa anche per tutte le implicazioni
che comporterà su un piano non solo nostro, ma anche della Chiesa e della
società civile.
a cura di Enrique Cambón