Tre
risposte, con la vita, al mistero della morte
Verso l'incontro
di
Chiara Lubich
«Riguardo alla morte ci ho pensato
tutta la vita», ha detto recentemente Chiara Lubich in un'intervista ad una
rete televisiva inglese. Per la fondatrice dei Focolari, il pensiero della
morte non è stato soltanto di costante stimolo nel cammino nuovo da lei
intrapreso, ma anche oggetto di riflessione proposto frequentemente ai membri
del Movimento in tutto il mondo. L'occasione è stata spesso offerta dalla
partenza di qualche membro del Movimento per l'altra vita; partenza che,
vissuta comunitariamente, in un intenso clima di donazione ed unità, si è
rivelata non di rado una vera lezione di vita. Abbiamo raccolto qualcuno di
questi pensieri, già pubblicato nel volume «In cammino col Risorto».
E' così
recente il passaggio
di Luminosa all'altra vita, che
non posso questa volta non parlare di lei.
Ne parlo anche perché la sua vita ha
tali cose da dirci (e noi ne stiamo raccogliendo molte) che non è difficile
cogliere, dallo scrigno della sua meravigliosa anima, qualche splendido
gioiello.
Uno degli insegnamenti che questa
focolarina d'eccezione ci lascia è quello d'un Santo Viaggio condotto e
concluso - vorrei dire - alla perfezione. Anche concluso, perché Luminosa è
ormai una maestra per tutti noi sul come un membro del nostro Movimento deve
affrontare la morte e viverla secondo il nostro grande ideale.
Quando nel settembre dell'84, pensando,
secondo il parere dei medici, che il male precipitasse da un giorno all'altro,
ho dovuto avvertirla della fine ormai prossima, le raccontai di san Luigi, al
quale mentre stava giocando, fu chiesto: «Cosa faresti, se tu sapessi ora di
dover morire?». Egli aveva risposto: «Continuerei a giocare».
Ebbene, a queste mie parole Luminosa,
abituata com'era a fare - come noi diciamo - perfetta unità a chi le
rappresentava la volontà di Dio, fissò nel suo cuore questa frase: «continuare
a giocare», che visse alla lettera, giorno dopo giorno, ora dopo ora, e non se
la tolse più dall'anima. Me la ripeteva ogni volta che la visitavo: «Io
continuo a giocare, vero?», come per avere da me un'ulteriore conferma. (...)
«Continuare a giocare» significava per lei continuare
a vivere le sue giornate come focolarina, anzi con l'anima di chi sa di avere
una particolare responsabilità nell'Opera, senza attendere a prepararsi
particolarmente alla morte, senza metodi speciali; significava continuare a
seguire l'Opera con tutte le sue forze. Aveva in stanza i video, le
registrazioni, e seguiva ogni corso come fosse perfettamente sana. Riceveva
posta, scriveva, faceva doni, mandava fiori, dava consigli se richiesti, anche
sul piano d'Opera; godeva delle nostre gioie, soffriva dei nostri dolori.
Faceva le sue pratiche di pietà con regolarità. E, naturalmente, ma in maniera
che nessuno s'accorgeva, abbracciava i suoi guai fisici. Ma lo faceva in tale
modo da farci pensare che non soffrisse tanto, mentre si sa che altri, nelle
sue condizioni, si lamentano continuamente. Lei no: era tutta sana nell'anima e
così, sembrava, nel corpo, anche se il respiro si faceva sempre più difficile.
Ma «questa è la mia vita» - affermava - e su quel Gesù Abbandonato
perfettamente amato, sicché il Risorto irradiava da lei, “continuava a
giocare”, ad interessarsi di tutto. E così fino alla fine. E' morta viva,
verrebbe da dire; è morta perfettamente sana.
Sembrò
modificare questo suo atteggiamento le ultime ore, quando - e qui si vede che
in pratica nulla modificò - sentendo che non poteva più ricominciare perché il
respiro si spegneva, chiese alle focolarine di fare un patto, come a dire: «Io
ho concluso (era il suo “consummatum est”), ora andate avanti voi!» E così
continuava a «giocare» ed invitava tutti a «giocare».
Carissimi, questa è la lezione che oggi
Luminosa ci fa. Questo lo slogan della meravigliosa ascesa nell'ultimo tratto
del suo Santo Viaggio. Questa una sua eredità come Dio vuole, come Maria, la
Madre dolce, insegna a noi suoi figli: «continuare a giocare», continuare a
vivere la nostra vita soprannaturale, senza preoccupazione alcuna del nostro
futuro (anche se significa la morte), tutti concentrati nel presente con le sue
gioie, coi suoi dolori, con l'Opera da costruire, che è Opera di Dio, che si fa
di qua e si troverà di là, perché è il nostro grande atto d'amore valevole per
l'esame finale.
E allora? Cogliamo la proposta di
Luminosa, aderiamo al suo patto. Lei ha concluso. Ora tocca a noi! Nulla ci
freni nel vivere pienamente, col Risorto splendente nel nostro cuore, la nostra
vita di membri di quest'Opera. Accumuleremo grazie su grazie, come si è
costatato in Luminosa, e fra queste anche la grazia di far un volo verso il
Paradiso, verso il grande incontro con Gesù e con Maria.
Ricordiamo: anche se ci avvertissero
che la morte sta lì per venire, noi dobbiamo continuare a «giocare». E allora
continuiamo a «giocare» anche in qualsiasi altra circostanza, che per grave che
sia (dal punto di vista umano) è sempre meno della morte.
Continuiamo a «giocare», sapendo che fa
parte di questo gioco anche ricominciare sempre. Siamo gli emblemi di questo
ricominciare! E' una parola che piace a Dio ed a Maria, che sempre, quando si
mostra su questa terra chiede conversione. E ricominciare sempre è
costantemente convertirsi. Continuiamo allora a «giocare», continuiamo a ricominciare.
Riconciliati con la morte
Come sapete, il pensiero che vi trasmettiamo ha lo
scopo di farci percorrere un tratto del nostro Santo Viaggio della vita nel
miglior modo possibile. Ma chi può istruirci meglio sulla maniera di camminare
lungo il corso della nostra esistenza se non chi l'ha conclusa splendidamente?
Ecco perché questa volta vorrei
parlarvi di Margrit, la nostra focolarina sposata per la quale si sta già
pregando in tutto il mondo.
Voi sapete come Luminosa resterà sempre
per noi quella creatura che ci ha insegnato a prepararci a morire o meglio a
vivere per sempre «continuando a giocare». Ebbene, Margrit resterà, invece,
nella nostra memoria come colei che ci ha «riconciliati con la morte».
La morte, si sa, è un fatto sempre molto
grave, temuto, misterioso. Si può parlare spesso di questo oscuro passaggio, ci
si può preparare ad esso per tutta la vita, ma non mancano mai i momenti in cui
lo si teme. La morte, infatti, non si armonizza bene con la vita che viviamo
perché è una dura, ineluttabile conseguenza del peccato.
Ebbene, Margrit ci ha lasciato con la
sua morte questo ineffabile dono: ha fatto sgorgare dal nostro cuore una frase:
se la morte è questa, ben venga! E' meraviglioso morire! Ci ha, insomma,
riconciliati pienamente con la morte.
Avevo seguito Margrit durante l'anno
scorso, quando la sua anima era attraversata da prove, anche spirituali,
durissime, che non potevano non far pensare alle notti oscure dei santi. Chi ne
era al corrente, se non avesse conosciuto Gesù Abbandonato, avrebbe forse
commentato: ma questo è troppo!
Sono andata a trovarla, l'ultima volta,
pochi giorni prima che spirasse. Era lì nel suo lettino, ridotta ormai a pelle
ed ossa coi suoi due occhioni vivi, bellissimi, che apriva e chiudeva per l'inizio
d'un sonno che preludeva alla morte. Dopo averle assicurato di tenere viva con
lei, in mezzo a noi, la presenza di Gesù, le ho chiesto: «Margrit, sei
contenta?»; e lei: «Sono felice, felice!». Poi, chiudendo e riaprendo gli
occhi, ha soggiunto: «Io non ho problemi. Sono felicissima, felicissima».
Vistala con nel cuore tanta pienezza,
le ho detto: «Tu andrai da Gesù e Maria. Mi vorrai salutare Gesù e la Madonna
anche a nome di tutta l'Opera di Maria?». E lei: «Certo, certo». E, conoscendo
quanto era stata purificata, ho aggiunto: «Pensa, Margrit, andrai in Paradiso e
sarà un gran festa». E lei: «E' incredibile!»; come a dire: «E' superlativo, è
troppo bello!».
Guardandomi quindi con un sorriso
splendido: «Sono come Gesù» - dice. «Come Gesù Abbandonato» dico io, vedendola,
come Lui, moribonda. «Sì, - risponde - ma felicissima».
E lì mi sono resa conto coi miei occhi
di un fenomeno straordinario: il fenomeno del Risorto che irradia piena vita in
un corpo ridotto a nulla, il fenomeno della grazia di Dio che sprigiona tutta
la sua potenza. Mentre infatti la vita umana di Margrit, come la fiamma di una
candela si andava spegnendo, un'altra fortissima fiamma, un'altra Vita era
accesa in lei potente, luminosissima, amorevolissima: la Vita eterna. Sì, posso
dire d'aver contemplato l'esistenza della Vita eterna. (...)
Carissimi, Margrit ci ha dunque riconciliati
pienamente con la morte. Morire può diventare un avvenimento d'una felicità
inenarrabile.
Viviamo in maniera da arrivare anche noi a quel
momento con le stesse disposizioni di Margrit, e da meritare le stesse grazie.
Ma ci riconcilieremo domani con la
morte se oggi sappiamo riconciliarci con la vita, con i suoi problemi, con i
suoi dolori, con gli sforzi per vivere le virtù che ci domanda, con la tensione
ad abbracciare sempre ciò che è più difficile. In pratica, con il preferire
Gesù Abbandonato.
Margrit ci aiuti a far la sterzata, che
occorre sempre rinnovare, verso la morte del nostro io perché Cristo, il
Risorto, viva sin d'ora in noi.
Se la nostra coscienza di oggi potrà
assicurarci in ogni momento che il Risorto vive in noi, domani in quel momento
estremo qualcuno ce lo confermerà, e non ci sarà morte per noi: si passerà
dalla vita alla Vita.
Perché
aspettare che ci sia annunziata la morte?
Pasqua è passata e per essa è stata
viva in tutti - penso - la meditazione sul Risorto che deve vivere in noi e fra
noi.
Anche per il nostro Movimento, come per
Gesù, questo evento straordinario è stato preceduto da una meditazione profonda
sulla morte. Ce ne ha dato l'occasione Marilen5, partita da questa terra
quattordici giorni fa.
Vi arriveranno notizie sulla sua vita
ricchissima e sulla sua morte altrettanto ricca, ma sin da oggi voglio
comunicarvi almeno qualche pensiero.
Marilen ad un dato punto della sua esistenza aveva
chiesto a Gesù la grazia di fare il purgatorio in terra, e sembra proprio che
sia stata esaudita.
Pareva infatti, in questi ultimi mesi,
che Dio le domandasse, come a Giobbe, una cosa dietro l'altra di quante le
aveva donato con la vita. Aveva perso l'uso delle gambe (non si reggeva più in
piedi), l'uso delle mani (non poteva più afferrare), l'uso della parola (non
poteva quasi comunicare), respirava con estrema difficoltà, anche la memoria le
veniva meno e alla fine non poteva più inghiottire. Si stava dunque avvicinando
l'ultimo giorno.
Quando si accorse di questo - era la
sera prima che si assopisse profondamente - aveva chiesto alla focolarina che
l'assisteva di avvertirmi della situazione estrema in cui si trovava e io le
avevo risposto: «Marilen, Gesù ti chiede molte cose; dagliele tutte
generosamente». E lei: «Sì». E ancora: «Marilen, ama Gesù Abbandonato alla
follia». E lei: «Sì». Era riuscita a dire sì anche in quel momento perché
l'aveva fatto in tutte le richieste precedenti.
Quello proprio che più impressionava in
quest'ultimo periodo della vita di Marilen era il fatto che Dio possa chiedere
ad una persona una cosa dietro l'altra senza tregua, e che ella possa aver la
grazia di dire sempre di sì.
Tale costatazione faceva nascere nel
cuore di chi la visitava dei desideri ardenti e delle domande: anche se non
siamo nelle condizioni di Marilen, perché aspettare che ci sia annunziata la
morte per metterci sul serio ad amarlo? Perché non incominciare subito a farlo,
dicendo sì senza tregua a tutte le richieste del suo amore? Perché attendere di
amarlo per timore della morte vicina e non amarlo subito per amore? Non
dobbiamo un giorno tutti noi, anziani o giovani, morire? Non è meglio tener
presente subito questa realtà e lanciarci in una salita senza soste?
Sì, carissimi, questo ci chiedevamo in cuor nostro
mentre Marilen, inchiodata in croce, ci trascinava dietro di sé.
E a queste domande volevamo e vogliamo tuttora
rispondere anche assieme a voi, per farvi partecipi del grande dono che abbiamo
avuto di vivere un po' assieme a Marilen la conclusione della sua avventura
terrena.
Sappiamo del resto per chi dobbiamo spenderci.
Sappiamo dove possiamo trovare Gesù Abbandonato da amare.
Egli
è lì: in tutte le circostanze dolorose della vita, nei sacrifici che comporta
la carità fraterna, nelle mortificazioni implicite alla vita cristiana e
ideale, nel lavoro per l'Opera, che è tutta protesa ad alleviare il dolore di
Gesù Abbandonato nell'umanità di oggi. Troviamo Gesù Abbandonato dovunque ci è
richiesta fatica, ci è domandata sofferenza.
Come Marilen, dobbiamo sempre
accoglierlo con un grande sì. E accoglierlo senza porre tregua al nostro amore.
Marilen, nella sua dolcezza e nella sua
umiltà, diceva di non aver teso alla santità precedentemente con sufficiente
slancio. Ora quindi era impegnata a rifarsi, e i suoi atti d'amore, che contava
su una coroncina, salivano ogni giorno di numero, un numero impressionante.
Tutto il giorno era un continuo: «Per te», un «sì» quasi continuato.
Anche noi, anche noi dobbiamo fare
così. Promettiamolo a Gesù: ti amerò d'ora innanzi senza mettere sosta al mio
amore. Farò in un giorno quello che avrei fatto in tre, per quantità di atti
d'amore, per qualità di atti d'amore. E se un giorno la tensione calasse,
ricominceremo il giorno dopo. Allora, se così sarà, succederà anche a noi
quanto è successo a Marilen all'ultimo momento: il suo volto pallido, tirato,
distrutto e dolorante s'è ad un tratto illuminato, rasserenato, addolcito e
pacificato. Che Gesù o Maria le si siano in qualche modo manifestati? Che siano
venuti a prenderla?
Succederà anche a noi che, dopo aver
tanto amato, egli si manifesterà con il suo amore grande, immenso. E tutto sarà
compiuto, avremo raggiunto la santità.
Chiara Lubich