«Completo
nella mia carne
quello che
manca...»
«In
un tempo in cui “gli uomini - come scriveva Pascal - non avendo potuto guarire
da morte, si sono messi d'accordo a non pensare e a non parlare più di morte
per essere felici”, fa bene sentire un vescovo, un cristiano, che davanti alla
morte non finge, ma che attribuisce ad essa tutta la potenzialità di
glorificare Dio, per l'ultima volta, sulla terra».
Così
il cardinale Virgilio Noè, il 27 agosto 1991, ricordava nella basilica di san
Pietro, nel corso dei funerali, la figura dell'arcivescovo Cesare Zacchi, già
nunzio apostolico a Cuba e responsabile poi della scuola che forma i
diplomatici della Santa Sede, la Pontificia Accademia Ecclesiastica.
Da
diversi mesi Mons. Zacchi soffriva di una grave forma di malattia tumorale. «Al
Signore che lo chiamava sulla strada della sofferenza - continua il cardinale
Noè - egli diede la sua risposta di adesione con realismo sereno. Conosceva il
suo male, accettò le battute di arresto che esso imponeva, ne controllava il
progresso. Convisse coi suoi dolori, in pace. Al medico che gli domandava: -
Come è il morale? - rispondeva: - Comunque appaia il mio volto (spesso era
sconvolto dalla sofferenza e con tracce visibili di notti insonni), c'è molta
serenità nel mio spirito! -. Il segreto di questa sua serenità era la certezza
di stare nelle mani di Dio, e di farne la volontà». Umanamente sono stati
giorni molto difficili, ma Mons. Zacchi amava ripetere che si stava preparando
«a fare un balzo nella misericordia di Dio».
L'Osservatore
Romano ha ricordato «l'esempio di virtù» e «la grandezza della statura umana e
spirituale» del sacerdote schietto che si ispirava sempre al vangelo, del
pastore e consigliere discreto, dell'uomo del dialogo, sempre giovane di
spirito ed entusiasta di servire la Chiesa. Per questo fu ammirato da credenti
e non-credenti. Non per nulla tra le numerose corone di fiori ve n'era una
particolare, quella fatta pervenire personalmente dal presidente cubano, Fidel
Castro.
Il
Papa, che qualche giorno prima si era recato a visitarlo, in un messaggio letto
durante i funerali ha voluto menzionare tra l'altro «la fede testimoniata in
modo edificante soprattutto nelle prove della lunga malattia».
Il
ricordo di un cristiano e vescovo nel quale lo Spirito Santo ha portato a
compimento la sua opera, ci può ben introdurre al tema di questo numero della
nostra rivista.
La
Redazione