Testimonianze e impressioni di giovani non cristiani al Genfest '90

 

 

Dio ci fa capire
che siamo tutti fratelli

 

a cura di Michele Gatta

 

 

Tra gli oltre 16.000 giovani di tutto il mondo venuti lo scorso anno a Roma per il Genfest '90 c'è stato un buon numero di giovani non cristiani. I loro contributi e le loro impressioni testimoniano come il dialogo interreligioso, nel rispetto della diversità, può sfociare in una forte esperienza d'unità, grazie a quello spirito d'amore e di donazione nel quale si riconoscono, in maniera sorprendente, appartenenti alle religioni più diverse.

 

 

E' stato  veramente  così  il  Genfest '90:  il mondo unito in uno stadio!

I sedicimila che sono arrivati al Palaeur di Roma per il 1o aprile, venuti da 86 paesi d'Europa e d'oltreoceano, erano solo una piccola rappresentanza: infatti in diretta via satellite e tramite collegamento telefonico ogni parte del mondo è stata raggiunta da questo straordinario evento.

 

Giovani di ogni derivazione politica e religiosa, lavoratori e studenti, idealisti e pratici, tutti hanno trovato, stando insieme, il coraggio di credere che il mondo unito è davvero un ideale che si fa storia.

 

Molto si è parlato di quell'evento, durante i mesi che nel frattempo sono trascorsi. Quello che qui ci preme sottolineare, e proprio in un momento che ha visto dolorosamente mettere in pericolo non solo la pace nel mondo ma anche l'intesa che faticosamente si va costruendo fra le grandi religioni, è il fatto che, in quell'occasione, buddisti, ebrei, cristiani, musulmani, si sono potuti scoprire pienamente fratelli. Nessuno si è sentito escluso o messo da parte, ognuno ha contribuito in prima persona a fare di quel giorno quel vortice d'amore che si prolunga per ciascuno nel proprio ambiente. Senza dubbio questa presenza di giovani di altre religioni è stato uno degli aspetti più significativi di quel grande incontro.

 

 

 

Atmosfera d'amore
che ha la sua origine in Dio

 

Ormai nel Movimento gen, la seconda generazione del Movimento dei focolari, sono un buon numero i giovani che appartengono ad altre religioni. Sentiamo insieme attraverso una testimonianza offerta appunto al Genfest, cosa significhi questo fatto per uno di essi:

 

Io sono Mehmet. Sono turco, ma vivo in Germania da quando avevo 3 anni, con la mia famiglia ormai ben integrata. Sono musulmano, ma da bambino la fede non aveva grande importanza per me. A 12 anni ho scoperto la preghiera. Ho frequentato regolarmente la moschea ed osservavo il ramadam.

 

Circa quattro anni fa è successa una cosa importante nella mia vita. Avevo un'amica che era una gen. Avvertivo, ogni volta che tornava dai suoi incontri, che era cambiata, più libera. Non capivo come mai. Un giorno a casa sua, di nascosto, presi un libro che parlava della vita gen. L'aveva scritto Chiara Lubich. Rimasi affascinato: si apriva per me una dimensione nuova. Ho capito che una vita nell'amore è possibile, che si può costruire l'unità con tutti gli uomini al di là delle diverse nazioni, razze o ideologie.

 

Fino a quel momento il mio rapporto con Dio era solo un'affare fra Lui e me: ora avevo trovato la strada per poter dare agli altri quell'amore che Dio aveva per me. Tutta la mia vita è cambiata.

 

Potete immaginare che essendo straniero, in Germania, non è facile. Spesso mi sono sentito oltraggiato pubblicamente, trattato da nemico.

 

Una sera tornavo a casa in treno. Entra un uomo nello scompartimento e senza rendersi conto che io sono turco incomincia a parlare male degli stranieri. Dice che in particolare i turchi sono un peso per i tedeschi, che dovrebbero essere banditi dal paese. Mi fa molto male, mi sento discriminato. Però so che al suo odio posso rispondere con l'amore. Gli offro una sigaretta, cerco di ascoltarlo. Alla fine tra noi si crea un dialogo e posso anche esprimere una visione diversa del rapporto con gli stranieri.

 

Sono dovuto andare più volte all'ufficio stranieri dove gli impiegati mi trattavano bruscamente. Mi sono trovato nella situazione tipica della mia gente che spesso si sente vessata dalle autorità e non sa esprimersi bene. Allora un giorno mi sono detto: Vado lì e non desidero altro che amare queste persone, qualunque cosa succeda!. Entro nell'ufficio, consegno le mie carte e mancano altri documenti importanti. L'impiegato mi dovrebbe mandare via, invece mi sorride e dice: Va bene, glielo preparo, ma quando trova l'occasione mi porti il resto. Sono rimasto sbalordito da come l'amore suscita amore.

 

Da un po' di tempo abito con altri gen a Colonia per gli studi. Abbiamo preso in affitto un appartemento. Loro sono cristiani. Ci siamo accorti subito che le nostre culture sono molto diverse, perfino in cose semplici. Per me è stato strano, ad esempio, trovare carne di maiale nel nostro frigo. A casa mia, da musulmani, non la prendiamo mai. Ora quando vado a far la spesa ricordo di comprarla per loro. Ma loro hanno pensato di lasciare nel frigo, per me, una zona libera da carne di maiale. Un giorno per uno di noi che arrivava stanco, ho preparato la cena. Un altro giorno lui ha cercato un libro di cucina turca per prepararmi una pietanza tipica... Così, con piccole azioni, si è creata tra noi un'atmosfera d'amore che ha la sua origine in Dio. E Lui ci fa capire che siamo tutti fratelli.

 

Sono molto contento di aver conosciuto questa vita e di poterla vivere anch'io. E sono contento di aver conosciuto dei cristiani e di essere stato accettato pienamente come musulmano. Ricordate quel libro di Chiara? Dopo questi anni posso dire che ciò che allora avevo letto è tutto vero: l'unità tra noi, tra gli uomini, è possibile. Anch'io voglio vivere per testimoniarla.

 

 

 

Possiamo essere uniti
nello spirito di donazione

 

Uno dei momenti culmine del Genfest è stato senz'altro l'abbraccio del Papa a un giovane buddista che, dopo aver raccontato la sua esperienza di vita assieme ai gen, è andato a inginocchiarsi davanti al Papa. Prima di avviarsi, inizialmente con un po' di esitazione, verso il S. Padre, Somjit, il giovane buddista, aveva detto: L' ideale di un mondo unito è ormai diffuso dovunque, persino nel noto triangolo d'oro al nord della Thailandia da dove provengo. Un paio di anni fa ho incontrato un gruppo di gen nel mio villaggio: rimasi così preso dall'atmosfera d'amore e di unità che notavo tra loro che non mi accorsi neppure che loro erano cattolici ed io buddista.

 

Siccome ero cresciuto in una famiglia buddista tradizionale, ero abituato ad avere delle riserve nei confronti di persone di altre fedi; ma non con i gen. Infatti la più bella esperienza della mia vita è stata quando ho avuto la possibilità di vivere insieme ad alcuni gen cristiani in Bangkok, la capitale della Thailandia. L'amore ci ha spinti a mettere in comune tutto quello che avevamo: i nostri soldi, talenti, problemi. Anche nelle più piccole cose della vita quotidiana potevamo volerci bene concretamente. Vivendo così, ho sperimentato che noi siamo veramente fratelli gli uni degli altri e che possiamo essere uniti nello spirito d'amore e di donazione di noi stessi.

 

Il Papa, nel suo discorso, non ha mancato di sottolineare ed incoraggiare la presenza di questi giovani non cristiani. A tutti i vostri fratelli e sorelle che, non essendo cristiani, sono già focolarini, gen o almeno simpatizzanti, voglio indirizzare un saluto specialmente cordiale, ha detto aggiungendo queste parole improvvisate al discorso ufficiale.

 

 

 

Il modo comune del nostro vivere
si può ridurre a questo: amare tutti, amare per primi, amare sempre

 

Accanto a rappresentanti del buddismo classico, era presente al Genfest anche una delegazione ufficiale della Rissho Kosei-kai, un moderno movimento buddista nato e diffuso soprattutto in Giappone. A capo della delegazione, la nipote del fondatore si è rivolta ai giovani con questo significativo messaggio: Carissimi fratelli! Mi chiamo Ryoko Niwano. Con grandissima gioia vi saluto a nome di tutta la delegazione della Rissho Kosei-kai, mandata dal Giappone, rispondendo al vostro gentile invito.

 

La vostra stimatissima presidente Chiara Lubich e il nostro Nikkyo Niwano, che è anche il mio nonno, si sono incontrati per la prima volta nel 1979. E' stato un avvenimento di grande significato che ha aperto la nostra collaborazione a favore dell'unità di tutta la famiglia umana.

 

Lo scambio tra voi e la Rissho Kosei-kai, fondata nel 1938 come movimento laico buddista in Giappone, non si limitava nei paesi asiatici, ma si è sviluppato in ogni parte dell'Europa, negli Stati Uniti, in Brasile, e anche in Australia e in Africa.

 

Attraverso questi contatti, è cresciuta in noi non solo la comprensione e la fiducia reciproca, ma anche la certezza che siamo amati da Dio-Budda, e di conseguenza, il desiderio di compiere la comune missione come figli Suoi, nell'ambiente in cui ognuno di noi si trova.

 

Noi, giovani della Rissho Kosei-kai, svolgiamo da 16 anni la Campagna di donare un pasto, un'attività che è iniziata quando ci siamo accorti che la nostra ricchezza è costruita sul sacrificio di numerosi fratelli nel mondo. Essa consiste nel rinunciare a un pasto ogni 10 giorni con lo spirito di compassione, di preghiera e di donazione per tutti i bisognosi. Il denaro risparmiato viene raccolto in un 'Fondo per la pace', che viene utilizzato in vari progetti per aiutare i fratelli in Asia, in Africa e in Australia, in collaborazione con i volontari e i fedeli del posto.

 

Chiara Lubich, nel messaggio all'assemblea della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace, a Nairobi, nel 1984, ha detto: ... che l'uomo si decida per quell'atteggiamento verso ogni altro uomo che si chiama 'amore' ... che questo amore si traduca in servizio.

 

Come mia esperienza personale, ho imparato il significato di questa frase dall'atteggiamento concreto che ho trovato a Loppiano, la cittadella del vostro movimento, dove sono stata per due mesi. Lì mi sono convinta che il modo comune del nostro vivere si può ridurre a questo: amare tutti, amare per primi, amare sempre, amare come se stessi, e avere sempre il coraggio di 'ricominciare'.

 

Quando mettiamo in pratica la volontà di Dio, quando viviamo secondo l'insegnamento di Budda, la nostra vita stessa testimonia a tutti che siamo veri 'fratelli'.

 

Anch'io, come una buddista e una sorella vostra, seguirò con tutta la mia forza la volontà di Dio-Budda mettendola in pratica nella mia vita quotidiana.

 

Con questo, vorrei concludere il mio saluto di cuore a tutti voi, fratelli. Grazie dell'ascolto.

 

 

 

I giovani di tutte le nazioni
possono essere uniti
nell'insegnamento di Dio

 

Il nostro piccolo reportage non sarebbe completo, senza gli echi degl'altri componenti della delegazione che vivono tutti quanti nel seminario Gakuru della Rissho Kosei-kai.

 

Il Genfest ha detto uno dei giovani è iniziato con mio stupore e commozione. Sempre più, vedendo l'unità di tutti, mi veniva voglia di viverla anch'io! Solo a guardare il Papa sentivo qualcosa di ardente e commovente. Tornando in Giappone, vorrei far tesoro di quest'esperienza per poterla vivere nel buddismo.

 

E una giovane: Al Genfest ho sperimentato la bellezza dell'unità. Ho pensato che quest'unità di diverse razze e religioni, come noi, non è un'opera umana ma deve essere di Dio.

 

Come erano luminosi il Papa e la signorina Lubich! ha detto un altro . Davanti a queste persone meravigliose mi veniva di prostrami, affidando tutto, oltre la diversità della religione, come ha fatto quel giovane buddista tailandese. Il Papa era così luminoso che mi sembrava di vedere il Budda. Per loro è il massimo.

E' la prima volta che nella mia vita ho sperimentato cosa voglia dire l'unità (...) I giovani di tutto il mondo erano uniti nell'insegnamento di Dio superando ogni frontiera. Ho capito che i giovani di tutte le nazioni possono comprendersi ed essere in comunione.

Assieme alle altre, questa testimonianza conferma con quale profondità avesse inciso in tutti l'invito lanciato da Chiara Lubich, nel suo messaggio d'apertura del Genfest, di farsi dei piccoli eroi quotidiani che guardano al di là della propria storia limitata:

Andate, dunque, avanti senza esitazione. La giovinezza, che possedete, non fa calcoli, è generosa: sfruttatela. Andate avanti voi cristiani che credete in Cristo. Andate avanti voi di altre religioni, sostenuti dai nobilissimi principi su cui poggiate. Andate avanti voi di altre culture, che magari non conoscete Dio, ma sentite nel cuore l'esigenza di porre tutti i vostri sforzi per l'ideale d'un mondo unito. Tutti, mano nella mano, state certi: la vittoria sarà vostra.

 

a cura di Michele Gatta