La Chiesa cattolica
e il dialogo interreligioso

 

 

del Card. Francis Arinze

 

Proponiamo ai nostri lettori, quale sfondo e inquadratura di questo numero della nostra rivista, l'autorevole sintesi sul dialogo interreligioso proposta dal Card. Francis Arinze, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ad un incontro formativo su questa tematica promosso dal Movimento dei focolari (Opera di Maria) e svoltosi nel maggio del 1987 al Centro Mariapoli di Castelgandolfo. Sotto forma di sintetici appunti, uno stringato vademecum assai utile e chiarificante.

 

 

1. Introduzione. Voi dell'Opera di Maria  siete ben noti per il vostro ideale dell'unità. Voi volete incontrare ogni persona umana nel nome di Gesù Cristo. Voi volete costruire ponti. Volete aiutare a far cadere le barriere costruite dagli uomini. Lavorate per far crescere, e dove non esiste, per far nascere, l'unità fra i popoli, cosicché da un mondo diviso si possa giungere a formare una sola famiglia. E tutto questo nel nome del nostro unico Salvatore e con la grazia di Lui.

Perciò l'apostolato del dialogo tra i credenti delle grandi religioni del mondo vi è molto caro. Voi siete promotori di questa missione della Chiesa in modi diversi. Per questa ragione il Segretariato per i non cristiani1 ha un rapporto speciale con voi. Siamo entrambi impegnati nello stesso apostolato.

Voglio proporvi sei spunti di riflessione:

I. Che cosa è il dialogo interreligioso?

II. Le forme di questo dialogo.

III. Il perché di questo dialogo.

IV. La Chiesa vuole questo dialogo.

V. Problemi e sfide.

VI. Che cosa può fare l'Opera di Maria?

 

 

 

La natura del dialogo interreligioso

 

2. Ciò che non è. Il dialogo interreligioso non è la tolleranza o la co-esistenza pacifica tra i seguaci di diverse religioni. Non è l'informarsi sulla credenza dell'altro. Non è uno studio accademico delle religioni. Non è uno sforzo per fondare una nuova religione come sintesi di tutte le religioni.

 

3. Ciò che è. Il dialogo interreligioso è un incontro di cuore e di mente tra i seguaci di diverse religioni. E' una comunicazione tra due credenti a livello interreligioso. E' un camminare insieme verso la verità e un lavorare insieme in progetti comuni. Il cristiano che incontra i credenti delle altre religioni lo fa da cristiano, da membro della comunità di fede che è la Chiesa, da testimone di Cristo.

 

4. Requisiti. Il dialogo interreligioso, per essere fruttuoso, esige dai partecipanti rispetto, sincerità e il voler ascoltare, ricevere, dare e cooperare. E' necessario che ogni interlocutore si mantenga aperto e disponibile all'azione di Dio per una più profonda conversione al volere di Dio nei suoi confronti. Nella società, questo dialogo presuppone la libertà di praticare la propria religione, di proporla agli altri, di discuterla e di cambiare religione se si è convinti che questa è la volontà di Dio.

 

 

 

Forme di dialogo interreligioso

 

Questo dialogo prende diverse forme. Possiamo distinguerne cinque.

 

5. Il dialogo di vita. Al livello della vita quotidiana, i seguaci delle diverse religioni possono vivere e lavorare e arricchirsi l'un l'altro attraverso la pratica fedele dei valori delle loro religioni, senza la necessità di una discussione formale sulla religione. Questo può verificarsi nella famiglia, scuola, esercito, ospedale, industria, servizio civile e paese.

 

6. Il dialogo di opere sociali. I credenti delle diverse religioni possono collaborare per la promozione umana e per la liberazione integrale dell'umanità, per esempio, in progetti di sviluppo, nella difesa della famiglia e dei suoi valori, in progetti volti ad aiutare le popolazioni che soffrono la fame o la povertà, i rifugiati, e specialmente nella promozione della giustizia e della pace. Tale dialogo può essere l'introduzione ad una comunicazione più profonda.

 

7. Il dialogo dell'esperienza religiosa. Questa forma di dialogo è più esigente. Si tratta della comunicazione dell'esperienza religiosa, della preghiera, della meditazione e dell'ascesi. Il raccoglimento, il silenzio, il digiuno e altri esercizi per il controllo di sé, il pellegrinaggio, l'esperienza di Dio, la contemplazione e il misticismo possono essere materie per la comunicazione. Monaci cattolici e bonzi buddisti lo fanno da dieci anni con visite degli uni ai monasteri degli altri.

 

8. Il dialogo dell'essere insieme per pregare. La celebrazione della giornata di preghiera per la pace ad Assisi il 27 ottobre 1986, ha mostrato un'altra forma di dialogo interreligioso. I credenti di diverse religioni si sono riuniti per pregare per la pace. Non potevano pregare insieme perché la preghiera è basata sulla fede e le rispettive fedi sono diverse. Ogni famiglia religiosa ha pregato da sola. Il motivo era lo stesso: la pace. Ogni gruppo ha rispettato l'identità degli altri gruppi ed il loro sforzo di mettersi in contatto con Dio o con l'Assoluto.2

 

9. Il dialogo degli esperti. C'e infine il dialogo a livello di esperti, sia per confrontare, approfondire e arricchire i rispettivi patrimoni religiosi, sia per applicarne le risorse ai problemi che si pongono all'umanità nel corso della sua storia.3

 

10. Non ogni forma di dialogo si adatta ad ogni persona e ad ogni determinata circostanza. Ogni forma ha la sua importanza.

Una conclusione è che il dialogo interreligioso non è riservato solo agli esperti e ai professori. E' una attività normale d'ogni credente che si trova davanti ad un credente di un'altra religione.

 

Per il cristiano, è uno degli elementi della missione della Chiesa.

 

 

 

Il perché del dialogo interreligioso

 

Consideriamo prima le ragioni sociologiche e umane, e poi le ragioni teologiche per il dialogo interreligioso.

 

11. Il pluralismo religioso. Ci sono infatti molte religioni nel mondo. I cristiani formano solo il 33% della popolazione mondiale, i cattolici il 19%. Ci sono poi l'ebraismo, l'islam, l'induismo, il buddismo, le religioni tradizionali, i sikh, shinto, jain, baha'i, zoroastriani, ecc. Queste religioni hanno guidato e guidano ancora miliardi di uomini nella loro vita. La Chiesa cattolica non può non tener conto di loro e quindi deve mettersi in relazione con essi.

 

12. Comunicazione e cooperazione. C'è nel mondo un crescente desiderio di comunicazione. La scienza e la tecnologia, specialmente attraverso i mass media e i jet, promuovono il senso di unità con informazioni istantanee, intercontinentali e con veloci mezzi di viaggio. I popoli e i credenti sulla terra si incontrano e si conoscono di più.

Inoltre, il dialogo interreligioso aiuta a promuovere la cooperazione tra i cittadini nel rispetto mutuo, nella giustizia e nella pace, e nella collaborazione fraterna per costruire una società e una nazione unite. Le alternative sono l'ignorarsi a vicenda, la rivalità, l'oppressione delle minoranze, e, nei casi peggiori, l'abuso della religione come motivo o scusa per le tensioni o le guerre. Come disse il Santo Padre ad Assisi il 27 ottobre 1986, se non impariamo a camminare insieme nella pace e nell'armonia, noi andiamo alla deriva e ci roviniamo.4

 

13. Arricchimento mutuo. Il dialogo interreligioso aiuta ogni partecipante a crescere nella propria fede quando incontra un credente di diversa convinzione religiosa e confronta la propria fede con quella dell'altro. Qualche volta la verità viene meglio posseduta, studiata, approfondita, apprezzata, capita e vissuta quando viene confrontata con le altre esperienze religiose.

Il cristianesimo può dare alle altre religioni valori come l'universalità, il senso della promozione umana come parte della religione, il rispetto per la persona umana e specialmente per la donna, per il bambino, per il debole, e la rivelazione di Dio come nostro Padre e perciò di noi come veri fratelli. Dalle altre religioni e dalle culture dei popoli che le praticano, il cristianesimo può ricevere le ricchezze e doni peculiari dei diversi popoli e portarli tutti a Cristo. Dice il Concilio Vaticano II: Siccome dunque il regno di Cristo non è di questo mondo (cf. Gv 18,36), la Chiesa, cioè il popolo di Dio, introducendo questo regno nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce e accoglie tutte le ricchezze, le risorse e le forme di vita dei popoli in ciò che esse hanno di buono e accogliendole le purifica, le consolida ed eleva. Essa si ricorda infatti di dover far opera di raccolta con quel Re, al quale sono state date in eredità le genti (cf. Sal 2,8), e nella cui città queste portano i loro doni e offerte (cf. Sal 71(72), 10; Is 60, 4-7; Ap 21, 24) (Lumen Gentium, n. 13).

14. Piano divino. Unico Salvatore. Chiesa sacramento. La ragione più profonda che spinge la Chiesa a promuovere il contatto con altri credenti è la seguente. Dio ha creato tutta l'umanità. Ha un unico piano di salvezza per tutti. Ha mandato il suo Unico Figlio come Salvatore di tutto il mondo. E il fine ultimo di ogni persona umana è la visione beatifica di Dio in cielo.

La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano (Lumen Gentium n. 1). Il Concilio vede tutta l'umanità come orientata verso la Chiesa. Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale; a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiama alla salvezza (Lumen Gentium, n. 13). Attraverso il dialogo interreligioso la Chiesa si mette, come strumento, nelle mani della divina provvidenza nella attuazione del piano divino, cioè del mistero della salvezza. Si vede perciò che tale dialogo è una parte della missione della Chiesa.

 

 

 

La Chiesa vuole questo dialogo

 

La Chiesa cattolica ha dimostrato in diversi modi e circostanze di volere il dialogo con i seguaci di altre religioni.

 

15. Il Concilio Vaticano II. Il Concilio presenta la Chiesa come una madre con le braccia aperte verso tutti i popoli, le culture, le religioni. Nella Lumen Gentium, n. 16, dice che il disegno divino di salvezza si estende anche agli ebrei, ai musulmani, agli altri credenti, e ad ogni persona umana. Nell'Ad Gentes, n. 11, dice che Dio dà ricchezze a tutte le nazioni. Nell'Apostolicam Actuositatem, n. 14, esorta i laici a dare testimonianza a Cristo tra gli altri credenti. Nella Gaudium et Spes, nn. 21, 22, 92, asserisce che il desiderio della Chiesa di incontrare gli altri credenti è senza esitazione. E la Nostra Aetate è completamente dedicata a tale dialogo.

 

16. Paolo Vl. Il Papa Paolo VI parla diffusamente sul dialogo nella sua prima lettera enciclica Ecclesiam Suam. Nel 1964 visita l'India e la Terra Santa e dichiara il desiderio di dialogare con gli altri credenti. Lo stesso anno istituisce il Segretariato per i non cristiani.

 

17. Giovanni Paolo II. Il Papa Giovanni Paolo II dice nella sua prima lettera enciclica Redemptor Hominis che l'uomo è la prima e fondamentale via della Chiesa. Ha fornito un abbondante insegnamento sul dialogo interreligioso. Ha ricevuto rappresentanti di altre religioni moltissime volte in Vaticano e durante i suoi viaggi apostolici. Il suo approccio cordiale è più eloquente delle parole. Il 19 agosto 1985 parla a 80.000 giovani musulmani a Casablanca. Il 13 aprile 1986 visita la sinagoga di Roma. Il 27 ottobre 1986 invita i rappresentanti di tutte le grandi religioni del mondo a venire ad Assisi per pregare e digiunare per la pace. Questi sono eventi pieni di significato, di simbolo, di storia e di impegno.

 

18. Il Segretariato per i non cristiani. Questo dicastero della Curia romana è stato istituito dal Papa Paolo VI il 19 maggio 1964 per promuovere la mutua conoscenza, stima e collaborazione tra cristiani e non cristiani. Attualmente ha 31 membri (cardinali e vescovi) e 46 consultori (vescovi, sacerdoti. religiosi-e, laici) e uno staff di dieci collaboratori provenienti da molte parti del mondo.

Il Segretariato promuove visite, conferenze e seminari di studio. Partecipa anche a incontri organizzati da altri, sempre in favore del dialogo interreligioso. Per esempio, negli ultimi tredici anni ha organizzato tali incontri al Cairo, Lussemburgo, Bangkok, Bamako, Abidjan, Kampala, Niamey, Tripoli, Yaoundé, Kyoto, Vienna, Praglia, Nemi, Roma, Nairobi e Bobodioulasso. Ha partecipato a incontri a Kinshasa, Bangkok, Kualalumpur, Taipei, Arras, Madras, Colombo, Varanasi, Nairobi, Sikasso, Lussemburgo, Cordova, Dallas, Assisi, Cochin, Cairo, Padova, Windsor, Amman, Palermo e Tunisi. Il Segretariato per i non cristiani collabora anche con le diocesi e le conferenze episcopali e con altri dicasteri della Curia romana in tutto ciò che riguarda l'apostolato del dialogo interreligioso. Ogni anno ha una adunanza con lo staff dell'ufficio corrispondente del Consiglio mondiale delle Chiese.

 

 

 

Problemi e sfide

 

Il dialogo interreligioso non è senza problemi e sfide. Ne menziono alcuni.

 

19. Problemi riguardanti la comunicazione. Ci sono parole che hanno significati diversi nelle diverse religioni, per esempio Dio, anima, cielo, salvezza, perfezione, grazia, merito, carità, culto. Nel dialogo, tali parole non necessariamente dicono la stessa cosa a un cristiano, a un musulmano, a un buddista, a un induista e a un seguace delle religioni tradizionali.

 

20. Il sospetto. Alcuni credenti delle altre religioni temono che nel dialogo interreligioso la Chiesa cattolica abbia come motivo nascosto la conversione degli interlocutori al cristianesimo. Perciò non si aprono.

La risposta è che il vero motivo del dialogo è l'incontro, il mutuo arricchimento e un serio impegno di conversione di ogni partecipante alla volontà di Dio. Questa apertura alla volontà divina può condurre al cristianesimo. Ma anche se l'interlocutore non vuole farsi cristiano, il dialogo interreligioso mantiene e raggiunge il suo scopo.

 

21. La mancanza di interesse. Ci sono cristiani che non si interessano molto del dialogo perché lo considerano un affare di professori e di esperti che hanno molto tempo. E ci sono sacerdoti che dicono che tutto il loro tempo è assorbito dall'opera della conversione. La risposta è che il dialogo è dovere di ogni cristiano che si incontra con un altro credente, e che anche nell'apostolato che mira alla conversione, si deve fare attenzione al contesto religioso e culturale della persona che riceve il vangelo.

 

22. La paura di danno alla fede. Alcuni cristiani si oppongono al dialogo perché temono che ne venga un danno alla vera fede in Cristo. Hanno paura che il dialogo possa introdurre il sincretismo o il relativismo religioso. Dobbiamo ammettere che questi rischi esistono. Ma si possono evitare. Il cristiano che dialoga deve conoscere bene la propria fede, amarla e viverla. Nessuno può essere un buon ambasciatore del suo paese se non è per primo un buon cittadino.

 

23. Resistenza al dialogo da parte di altri credenti. Ci sono musulmani e buddisti che identificano la loro religione con la cultura del loro popolo e che riguardano i cristiani come cittadini di secondo grado. Per loro, gli sforzi dei cristiani per l'inculturazione vengono considerati come invasioni di cittadelle musulmane o buddiste. Ci sono musulmani e seguaci delle religioni tradizionali che dicono che il cristianesimo è una religione straniera ed europea. E ci sono alcuni credenti che non accettano il principio della libertà religiosa. Di più, alcuni governi pongono problemi politici.

 

24. Le sette e i fondamentalisti. Alcune sette o cosiddette nuove religioni non rispettano la libertà umana e sono intolleranti. Alcune religioni hanno fondamentalisti che esagerano quello che a loro sembra la lealtà e il ritorno allo stato originale della loro religione, anche non esclusa la violenza contro altre famiglie religiose.

 

25. ll cristianesimo diviso. Il cristianesimo non parla con una voce sola. Ci sono molte divisioni nel cristianesimo. Questo non facilita il dialogo interreligioso.

 

26. La paura che il dialogo sminuisca lo slancio missionario. Alcuni cristiani temono che il dialogo possa nuocere allo sforzo di annunciare il vangelo e cercare le conversioni al cristianesimo. La risposta è che le due attività sono elementi della missione della Chiesa. Non sono la stessa cosa. Ma non si oppongono l'una all'altra. Chi fa il dialogo deve avere il coraggio e la lealtà di confessare la propria fede in Cristo. E chi predica il Vangelo deve tener conto del contesto religioso e culturale dell'ascoltatore. Perciò tra il dialogo e l'annuncio del vangelo c'è distinzione ma non opposizione.

 

 

 

Che cosa può fare l'Opera di Maria?

 

27. E ora se mi domandate: che cosa dobbiamo fare per promuovere il dialogo interreligioso? Rispondo: conoscere, amare e vivere la nostra fede, testimoniare Cristo, incontrare gli altri credenti. La nostra fede si può sempre conoscere di più, amare con più impegno, vivere con più generosità. Nell'incontrare i seguaci delle altre religioni possiamo sempre testimoniare meglio il nostro Salvatore Gesù Cristo.

 

28. Prendo questa opportunità per ringraziare Chiara e le prime focolarine, e voi tutti nelle diverse mansioni dell'Opera di Maria, per tutto quello che fate per costruire ponti tra i cristiani e gli altri credenti. Continuate. Rimanete sempre fedeli al vostro ideale. Certo camminate contro corrente, ma un forte vento di speranza passa in mezzo a voi e distrugge le barriere costruite dagli uomini. Non è il vostro complesso Gen Rosso che canta:  E' già nata l'unità fra i popoli generata da uomini nuovi ed il mondo diviso da secoli una sola famiglia sarà?

 

29. Che Maria Santissima, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, ci aiuti a incontrare gli altri credenti. Che ci guidi a essere strumenti docili di Cristo nella costruzione dell'unità fra i credenti e i popoli.

La nostra terra senza frontiere è una speranza che sarà realtà quando ogni uomo si sentirà figlio di una sola umanità e difatti figlio di un solo Dio.

 

Francis Card. Arinze