Un approccio nuovo alla pastorale

 

 

Con la propria vita

 

di Stefan Wigger e Matthias Hembrock, Germania

 

 

Prepararsi alla catechesi o all'omelia in modo veritiero e teologico non mancando di agganci con le altre discipline come la psicologia, la filosofia, la pedagogia...: ma è proprio questo quello che la gente si attende dai preti? Nel Nord della Germania un gruppo di sacerdoti, di fronte all'indifferenza religiosa dilagante, ha avuto il coraggio di lasciar da parte la mole di libri e di carte, che riempiva le loro case e talvolta anche i loro cuori, ed hanno cominciato a comunicare la fede attraverso la vita. L'effetto che ne è seguito invita a pensare.

 

Siamo circa 25 sacerdoti della nostra regione che da vari anni si incontrano regolarmente per approfondire il carisma dell'unità e per rivedere in questa luce la loro vita. Uno di questi nostri incontri circa un anno fa ha profondamente trasformato il nostro modo di far pastorale. Tutto nacque da uno scambio quanto mai sincero di idee ed esperienze che ha gettato una forte luce sulla nostra vita e sul nostro ministero.

A far da sfondo alle comprensioni di quel giorno era la situazione della Chiesa in Germania come noi la sperimentavamo.
Come si sa, il nostro è un paese piuttosto ricco. Non meraviglia perciò che tanti cristiani dispongono di notevoli risorse economiche. Con esse in molti sostengono le famose opere di aiuto come la Adveniat, la Misereor, la Missio, la Caritas e così via. Purtroppo a questa generosità nel donare un proprio contributo materiale non sempre corrisponde una disponibilità altrettanto grande a donare sé stessi. Sono infatti pochissime le vocazioni alla vita consacrata e non meno raro è trovare delle coppie cristiane realizzate. Il fatto è che a tanti sembra mancare un rapporto vero e profondo con Dio.

Un'altra caratteristica della Chiesa nel nostro paese sono le numerose strutture, associazioni, istituzioni e commissioni che certamente hanno il loro valore. Stupisce però il fatto che tanti, pur essendo impegnati fino al collo, non sanno spiegare la motivazione del loro agire né lo scopo che con esso perseguono. Sembra loro mancare la freschezza e lo slancio evangelico, e così le molte attività rischiano di girare a vuoto.

Parlando di questo ed altro, costatavamo pure come noi sacerdoti, in questa situazione, raramente riusciamo a suscitare o risuscitare nelle persone la fede e a farla poi maturare a tal punto che inizino a vivere il vangelo. E pensare che lavoriamo tanto ed a volte anche troppo! Non pochi sacerdoti infatti sono ammalati a causa della loro febbrile attività.

Il fatto è - ci veniva da dire in quel giorno - che spesso ci appoggiamo su illusorie ricchezze. Abbiamo tanti libri e riviste, disponiamo di programmi pastorali concepiti ottimamente, abbiamo materiale in abbondanza, riceviamo addirittura ogni mese dalla diocesi il materiale per la predica e la liturgia domenicale. Facciamo quindi ricorso a tutti questi aiuti e ci buttiamo in innumerevoli attività, ma alla fine sembra che non ci sia granché di frutti.

Rendendoci conto di tutto questo, sentivamo di dover operare una svolta. Non bastano - ci dicevamo - i libri e i programmi. E' troppo facile riproporre una predica prefabbricata o una catechesi sviluppata da altri. Dobbiamo essere vangelo noi stessi e comunicare agli altri ciò che abbiamo vissuto.

In concreto questo ha significato per noi rimuovere tanti libri dai nostri scaffali. Vi abbiamo lasciato solo i libri di esegesi, qualche catechismo, i libri liturgici, i dizionari e i classici di teologia. Fattici così più poveri, non ci è rimasta che la nostra vita vissuta e questo ci “costringeva” a risalire sempre di nuovo alla fonte, cioè al vangelo. Inutile dire che abbiamo immediatamente dovuto ridurre le nostre attività; fare cioè meno cose ma con profondità ben diversa.

Non abbiamo però eliminato soltanto un eccesso di libri. Abbiamo pure costituito delle équipes che cercano di elaborare nuovo materiale che nasca dalla fede vissuta. E' già stato sviluppato da due équipe un corso in preparazione alla cresima e un'altro per la comunione. Una terza équipe raccoglie materiale per la pastorale giovanile. C'è però una novità che caratterizza questo materiale: esso richiede ai catechisti e ai sacerdoti di fare innanzi tutto loro stessi esperienza con i contenuti da proporre, per poi offrirli agli altri assieme alla testimonianza della propria vita.

Siamo ancor molto all'inizio con questo nuovo stile di pastorale. Spesso non riusciamo a tenervi fede. Ma le esperienze fatte ci convincono che vale la pena insistere. Eccone una, piccola ma significativa.

Uno di noi - parroco - in quaresima aveva preparato un incontro di preghiera. Quando arrivò in chiesa si accorse di aver dimenticato a casa i fogli con i suoi appunti. Non avendo il tempo per tornare a prenderli, si mise a svolgere la funzione spontaneamente e al momento di parlare raccontò semplicemente un'esperienza fatta il giorno precedente con una Parola del vangelo. Immediatamente si è creato un clima molto intenso ed alla fine le persone sono venute da lui e gli hanno detto: “E' stato molto bello. Non potremmo fare sempre come oggi?!”

Dopo un anno di sperimentazione costatiamo un fatto molto incoraggiante: chi viene a contatto con questo “metodo” pastorale non impara solo delle cose con la testa ma comincia a vivere. E allora abbiamo capito che evangelizzare significa innanzitutto essere cristiani realizzati e comunicare il vangelo attraverso la vita.

 

Stefan Wigger

Matthias Hembrock