Formazione sacerdotale in chiave comunitaria in un paese dell'Africa Occidentale

 

 

Per una chiesa famiglia

 

di Lambert Konaté ed Emile Simboro, Burkina Faso

 

 

Nel contesto di una scelta pastorale, operata dall'episcopato del Burkina Faso, fortemente improntata sulla “communio” ecclesiale, acquista particolare rilievo l'impostazione dei seminari basata sul “Vivere insieme”, come dice il titolo del regolamento. La testimonianza di un sacerdote formatore e di un seminarista.

 

Lambert  Konaté: Église-famille - chiesa- famiglia: così si chiama l'opzione preferenziale della conferenza episcopale del Burkina Faso (ex Alto Volta). Con essa i vescovi intendono promuovere una pastorale rinnovatrice in fedeltà allo spirito del Vaticano II. Anima ispiratrice della chiesa-famiglia è la vita delle prime comunità cristiane che a sua volta trova la sua misura nell'altissima comunione delle tre Persone della SS. Trinità. Suo fondamento antropologico è la realtà della famiglia come è vissuta e concepita in Africa e specialmente nel Burkina Faso.
Come si sa, la famiglia africana è una realtà quanto mai ampia, articolata a mò di cerchi concentrici secondo un legame di filiazione e di relazione fraterna. Dalla comune relazione col padre scaturisce l'unità della famiglia e si stabiliscono fra i membri rapporti di responsabilità e di donazione per promuovere i beni comuni, la pace e l'onore della famiglia.

E' appunto su quest'esperienza umana che si innesta la realtà della chiesa-famiglia. Come primogenito di molti fratelli, Cristo ci introduce nella “famiglia” del Padre facendo nascere tra noi rapporti di amore trinitario, in virtù dello Spirito Santo.

Prima attuazione della chiesa-famiglia sono i nuclei familiari dove i coniugi applicano gli insegnamenti e le esortazioni dei vescovi, come è successo ad esempio con il tema di quest'anno: l'educazione dei giovani alla vita cristiana. Altra realizzazione fondamentale sono le comunità di base le quali dal livello nazionale si ramificano fino ai villaggi. Grazie ad esse le comunità cristiane dei villaggi si esprimono nella vita di fede ma anche in azioni concrete: campi coltivati in comune per il beneficio della comunità, attività sociali, costruzioni di scuole e dispensari, formazione agricola, scavi per trovare l'acqua e così via. Possiamo dire con gioia che quest'impostazione sta influendo molto positivamente sulla vita della nostra chiesa suscitando un'ampia partecipazione dei laici al grande compito dell'evangelizzazione.

Per sostenere questa vita cristiana ed inserirsi anch'essi nel progetto della chiesa-famiglia, i sacerdoti nel nostro Paese fanno vita comune, svolgendo insieme i programmi pastorali. Diventa così molto viva la vita del presbiterio che da noi ormai ha preso il nome di “Fraternità sacerdotale” riunita attorno al vescovo quale fratello maggiore.

Émile Simboro: Tutto ciò si ripercuote evidentemente sui seminari. Anch'essi sono impostati in maniera fortemente comunitaria, e questo vale in un modo tutto particolare per il seminario nazionale di filosofia nel quale ho vissuto per due anni.                                                                   

Per realizzare un'autentica vita comunitaria il seminario è suddiviso in sei gruppi chiamati “fraternità” in ciascuna delle quali vivono seminaristi di varie diocesi, insieme ad un sacerdote che li accompagna ed assume, anche lui, il ruolo di fratello maggiore.

All'inizio dell'anno ogni fraternità elabora un programma di vita in accordo con quello di tutta la comunità: un tema cui ispirarsi nella vita quotidiana, un orario e un calendario che prevedono momenti di preghiera, la Messa, raduni ed escursioni, “pasti in famiglia”, incontri con le altre fraternità... Ci sono poi diversi altri compiti da svolgere, come momenti e serate ricreative, competizioni sportive e culturali fra le fraternità.

Durante il primo semestre il rettore spiega ai seminaristi questa impostazione commentando il regolamento del seminario suggerito dai vescovi ed intitolato “Vivere insieme”. Ogni tanto poi egli incontra i seminaristi responsabili delle fraternità e quelli incaricati dei vari servizi. Esistono infatti, dei gruppi di servizio nei quali ogni fraternità è rappresentata da due suoi membri per un migliore svolgimento della vita comunitaria.

 

 

 

Vita comunitaria in seminario:

un'anima per le strutture

Senza dubbio questa impostazione, se ben vissuta, crea in seminario un vero clima di famiglia. E parlare di unità, di comunione, in questo nostro contesto non è una novità. La novità sta semmai nel saper dare un'anima a queste strutture, nello scegliere ogni momento con radicalità Dio-Amore, nell'anteporre la sua volontà a qualunque cosa, nel vedere sempre Gesù nel fratello e attuare il Comandamento Nuovo, per stabilire la presenza stessa di Gesù nella comunità. Senza questo continuo sforzo da parte di tutti la vita di comunità rimane ancora una realtà soltanto umana se non addirittura un'utopia.

Per una felice coincidenza, prima di entrare in questo seminario, insieme a due altri compagni ho avuto modo di approfondire durante tre settimane la spiritualità dell'unità a contatto con il focolare sacerdotale di Man, in Costa d'Avorio. Abbiamo così potuto prendere maggiormente coscienza della radicalità della vita cristiana e di ciò che comporta la vocazione al sacerdozio ministeriale.

Entrati in seminario, questa esperienza ci ha portato a sforzarci a vivere giorno dopo giorno ora l'una ora l'altra Parola di Dio e a ritrovarci ogni venerdì per uno scambio di esperienze. E' nata così fra noi un'unità tale da renderci capaci di mettere in comune anche i nostri beni materiali. Il rettore aveva sempre suggerito una tale comunione tra i seminaristi, ma fino a quel momento nessuno era giunto a realizzarla, anche se in seminario tutti sono pronti ad aiutarsi a vicenda. Ognuno infatti ha i suoi bisogni e le sue esigenze. E non di rado i seminaristi sono coinvolti nei problemi economici della loro famiglia. Ma proprio qui la comunione dei beni è stata una soluzione liberante: ci ha permesso di affrontare questi problemi insieme. Mettendo in comune i nostri soldi, abbiamo potuto ovviare con serenità a tutte le spese, contribuire al pagamento delle cure mediche di mio padre malato e costruire per due di noi le abitazioni necessarie nei nostri villaggi. Non solo: la comunione dei beni, liberandoci da tante preoccupazioni di ordine materiale, ci ha permesso di dedicarci più pienamente alla vita di seminario assumendo vari compiti al servizio della comunità.

Toccati dalla nostra vita, altri seminaristi hanno cominciato a vivere con noi la spiritualità dell'unità. Nel secondo anno eravamo 26 su 68 seminaristi ed il rettore ha ufficialmente accolto in seminario questa spiritualità dando il permesso di stabilire, per quelli che vi aderivano, un programma di vita.

 

 

 

Una formazione spirituale

adeguata alle esigenze della vita sociale

Vivendo la mia formazione con questa nuova radicalità, dopo qualche tempo, mi sono accorto che la mia scelta di Dio, pur essendo sincera, non era ancora totalitaria. Mi accorgevo, ad esempio, che lo studio in qualche modo nel mio cuore occupava troppo posto, impedendomi di donare a Dio ed agli altri tutto me stesso. Ma soprattutto avvertivo che la vita sociale nel mio paese è tale da richiedere una formazione spirituale molto profonda per poter essere veramente fedele, come sacerdote, agli impegni assunti. Tutto ciò mi ha spinto a chiedere al mio vescovo un anno libero per fare un'esperienza ancora più profonda di Dio. Pensavo in un primo momento di recarmi in un monastero, ma poi mi si è offerta la possibilità di venire a Loppiano nei pressi di Firenze, dove si trova la cosiddetta “Scuola sacerdotale” del Movimento dei Focolari.

Con la grazia di Dio e l'aiuto dei fratelli là ho potuto vivere giorno dopo giorno un'autentica iniziazione alla vita cristiana come vita d'unità trinitaria. Ho imparato cioè a vivere in unione con Dio vivendo in comunione ed unità con i fratelli. Ho conosciuto il frutto dell'amore reciproco - la presenza viva del Risorto fra noi - ma anche il suo prezzo: la morte a se stessi per amore degli altri, l'offerta della propria vita. E così quei mesi sono stati un profondo incontro con il mistero di Gesù in croce che mi ha fatto capire che una sola cosa importa: votare tutta la mia vita a Lui affinché, se tale è la sua volontà, Lui stesso viva il suo sacerdozio sul mio nulla.

 

Lambert Konaté

Emile Simboro