L'esperienza di un seminario maggiore del Nord America

 

 

Costruire la comunità

a partire dalla Parola

di Michael Mulvey e Clint Ressler, USA

 

 

Come instaurare, fra formatori e seminaristi, un rapporto che vada oltre il distacco o il cameratismo? Come vivere da fratelli, pur ricoprendo ruoli diversi nella comunità? L'esperienza di un seminario del Texas testimonia come sia possibile realizzare rapporti profondi fra tutti, se insieme ci si lascia mettere in discussione e poi trasformare dalla Parola di Dio. Una comunità viva che non ha mancato di esprimersi in iniziative originali.

 

Michael Mulvey: Da quattro anni sono direttore spirituale in un seminario maggiore nel Texas. Sin da quando ho iniziato questo lavoro ho notato una difficoltà che purtroppo si riscontra spesso nei seminari: la fatica di instaurare un rapporto vero, profondo tra seminaristi e formatori e fra gli stessi studenti.
Evidentemente nessuno desidera una tale situazione; anzi, tutti in qualche modo ne soffrono. Ed allora ho capito che il mio lavoro in seminario doveva contribuire primariamente a realizzare fra tutti rapporti autentici. Non avevo un programma. Sapevo solo che io per primo dovevo stabilire con ciascuno un rapporto in Dio. Dall'altra parte ero convinto che la comunione cristiana non è primariamente un'opera nostra, ma frutto del vangelo vissuto.

Verso la fine del primo anno alcuni seminaristi e io abbiamo quindi cominciato ad incontrarci ogni quindici giorni, per scambiarci le esperienze su come avevamo vissuto la “Parola di vita” commentata da Chiara Lubich.

Visto l'entusiasmo con cui questa proposta era stata accolta, l'anno successivo, d'accordo con il rettore e gli altri sacerdoti, ho esteso a tutti i seminaristi l'invito a partecipare a questi raduni. Lo hanno accolto in dodici.

Clint Ressler: Io sono uno di quei dodici seminaristi. L'idea di puntare a vivere ogni mese una frase del vangelo mi aveva attirato, dal momento che sentivo una certa difficoltà a concretizzare la Parola di Dio nella mia vita. I frutti di questa esperienza non sono mancati e grazie ad essa poco a poco ho cominciato a vedere la mia vita in seminario in una luce diversa. Fino a quel tempo, infatti, il programma di formazione mi era parso più che altro come una violazione della mia libertà personale: non capivo perché farmi guidare da altri. Per noi negli Stati Uniti la libertà è forse il valore più alto. A contatto con il vangelo vissuto ho capito che Dio mi voleva far perdere una certa idea di libertà, per donarmi l'esperienza di una libertà ancora più grande. Da quel momento in poi ho cominciato a vedere il programma di formazione come un'occasione per donarmi maggiormente a Dio e capivo che non era la formazione che doveva cambiare, ma io.

Michael Mulvey: Esiste nel nostro seminario un consiglio degli studenti di cui anche Clint in quell'anno faceva parte. Un giorno il presidente di questo consiglio, che partecipava regolarmente ai nostri incontri, mi ha detto che lui e gli altri rappresentanti desideravano ritrovarsi tutti insieme per un week-end di preghiera e anche per vedere come migliorare la vita di seminario.    

Così all'inizio del secondo trimestre, siamo andati a trascorrere insieme un week-end in una casa di campagna, cercando di stabilire un'atmosfera di famiglia. Ognuno, a turno, si è dato da fare per cucinare, lavare i piatti, pulire la casa, preparare le preghiere comuni e la S. Messa e organizzare la ricreazione della sera. Quando ci ritrovavamo poi insieme per parlare della vita di seminario venivano in rilievo soprattutto due argomenti: il comandamento nuovo di Gesù e la sua preghiera sacerdotale per l'unità. Il colloquio era molto aperto e positivo. Alla fine abbiamo deciso di tornare in seminario come testimoni vivi del rapporto nuovo sperimentato durante quei giorni.

In un'occasione successiva questo week-end si è ripetuto, questa volta però assieme al rettore e a tutti i formatori. Visto il felice esito anche di questo incontro, l'iniziativa ha poi coinvolto tutta la comunità del seminario che ha potuto vivere questa esperienza in piccoli gruppi.

 

 

 

Uscire dall'isolamento

 

Clint Ressler: Mi ricordo ancora bene come in uno di questi week-end ci siamo resi conto che buona parte dei nostri problemi era dovuta al fatto che vivevamo troppo isolatamente l'uno dall'altro. In quel week-end abbiamo deciso di lasciare in futuro le porte delle nostre stanze aperte in segno della nuova apertura verso gli altri e della prontezza di portare l'uno i pesi dell'altro.

Michael Mulvey: In questo clima rinnovato di comunione è successo un interessante episodio verso la fine dell'anno. Eravamo ormai vicini agli esami. Tutti i seminaristi erano così presi da questo impegno che non restava il tempo per prestare servizio nel loro bar, anche se in quei giorni sarebbe stato un ottimo luogo di incontro e di distensione. Subito ho pensato: “Perché non lo facciamo noi formatori?” Ho fatto la proposta agli altri sacerdoti e, con il consenso comune, a turno ci siamo messi a lavorare nel bar per la gioia degli studenti. Non è mancato neppure il riscontro economico: l'incasso ottenuto ha superato ogni record.

 

 

 

Lasciare che la Parola rinnovi tutta la vita

 

Clint Ressler: Il confronto continuo con la Parola di Dio ci ha spinti a dare l'avvio anche ad una certa comunione di beni. Avevamo in quel mese come Parola di Vita: “Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. Stimolati da questa parola, studenti e sacerdoti hanno messo a disposizione vestiti, libri e altre cose che potevano donare, affinché se ne potessero servire liberamente quanti ne avevano bisogno. La risposta è stata così viva che si è destinata un'apposita stanza a questo scopo di cui io sono divenuto responsabile.

Michael Mulvey: Un altro sviluppo riguarda la liturgia. Questo aspetto, che dovrebbe essere l'espressione dell'unità di una comunità, nel passato purtroppo era stato spesso occasione di discordia: si criticava la musica o l'arte o l'omelia e via dicendo. In questi ultimi due anni, a mano a mano che diventavamo una comunità sempre più viva, le celebrazioni si sono andate facendo più armoniose, riuscendo ad esprimere un'atmosfera di comunione e di preghiera. Tutto ciò è culminato nella settimana santa dell'89, quando abbiamo deciso di trascorrere il triduo tutti insieme in seminario. Cercando di improntare i nostri rapporti ad una mentalità evangelica si sono superati bene i momenti critici, come è successo quando, poche ore prima della liturgia del sabato santo, ho fatto cadere il cero pasquale, che è restato piuttosto malconcio. Subito alcuni, senza perdere la calma e recriminare, si son dati da fare per rimetterlo a posto. Particolarmente commovente è stata la lavanda dei piedi il giovedì santo. Tutti sono rimasti profondamente toccati perché stavolta quel gesto più che mai esprimeva la realtà che cercavamo di vivere e il modello del sacerdozio che avremmo voluto realizzare.

Clint Ressler: Ormai il nostro seminario sta diventando sempre più sensibile ai valori dell'unità e della comunione. Ne abbiamo avuto conferma ancor recentemente quando noi due, ad un incontro a Houston, abbiamo raccontato della nostra avventura in seminario. Alla fine, inaspettatamente, una signora che studia teologia ha chiesto la parola ed ha detto:       

“E' da quattro anni che frequento questo ambiente. Ero arrivata al punto di rifiutare il contatto con i seminaristi, perché li sentivo parlare sempre poco bene l'uno dell'altro e dei loro responsabili. Negli ultimi due anni ho però notato un cambiamento radicale. Posso assicurarvi che quello che avete sentito è vero!”. Certo, siamo ancora all'inizio. Ma sono sicuro che basando la nostra vita sulla Parola e dando spazio alla presenza di Gesù fra noi, la nostra sarà sempre più un'autentica comunità di discepoli.

 

Michael Mulvey

Clint Ressler