Importante ricorrenza nel rapporto cattolici ortodossi
Venticinque anni
dall'abrogazione delle scomuniche
del Metropolita Bartolomeo di Calcedonia
Per iniziativa del “Centro Uno” del Movimento dei focolari, il Centro Mariapoli di Castelgandolfo il 12 maggio scorso ha accolto una visita d'eccezione. Accompagnato dal vescovo Spiridione di Apamea, è venuto a parlare, alla quarta “Scuola ecumenica” dei focolari, il metropolita Bartolomeo di Calcedonia, rappresentante di primo piano del Patriarcato di Costantinopoli. Era presente, oltre a lui, anche mons. Eleuterio F. Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio per l'Unione dei Cristiani. Pubblichiamo qui di seguito un'ampia sintesi dei loro due interventi che costituiscono un significativo bilancio dei rapporti attuali fra cattolici e ortodossi e che si sono inseriti nel programma più ampio dell'incontro il quale, con il valido contributo della teologa Joan Back e del teologo Jesus Castellano Cervera ocd, era dedicato quest'anno ad una maggiore conoscenza delle Chiese ortodosse.
Cari uditori,
Sorelle e fratelli nel nostro comune Signore,
Cristo è risorto!
La storia della Chiesa ha molte
tappe. Alcune di queste sono fasi che ricordiamo con riconoscenza e di cui
rendiamo gloria al Signore. Altre sono oscure macchie sul corpo della Chiesa e
il loro ricordo ci fa vergognare e rammaricare, poiché per gli errori dei
nostri progenitori il corpo di Cristo, cioè la Chiesa, porta su di sé queste macchie.
Una scura macchia sul corpo della Chiesa e una triste tappa è stato lo scambio
delle scomuniche tra le Chiese di Roma e di Costantinopoli nell'anno 1054.
Allora la vita della Chiesa si è fermata ed è accaduto qualcosa di
profondamente tragico. L'oriente e l'occidente si separarono ed ognuno di essi
seguì la sua strada. E ancor peggio: queste due parti avviarono una polemica
l'una contro l'altra e l'abisso si ampliò in modo pericoloso. Solo il nemico di
Dio e dell'uomo, il diavolo, potrebbe rallegrarsi di questa situazione.
Passarono secoli senza speranza di cicatrizzazione dello scisma, cui portarono
tali anatemi. Con la Riforma del XVI secolo la Chiesa occidentale si divise
ancor più, e così giungemmo alla triste divisione odierna del cristianesimo.
Gli anatemi tra Roma e Costantinopoli si dimostrarono in tal modo fonte di
molte sventure per la Chiesa di Cristo e per l'uomo in genere, così come la
loro revoca si dimostrò motivo di molte evoluzioni propizie. Nessuno ebbe il
coraggio di capovolgere tale situazione giacché, infatti, sarebbero occorsi
molto coraggio e grande forza spirituale per capovolgerla tanto era
profondamente radicata e consolidata, e per chiudere un capitolo ed aprirne un
altro nella vita della Chiesa.
I due protagonisti:
Paolo VI e il Patriarca
Atenagora
Di questo coraggio, di
questa audacia, di questa forza spirituale dettero prova venticinque anni fa
Papa Paolo VI ed il Patriarca Ecumenico Atenagora, ambedue di beata memoria. Il
primo, ispirato dallo spirito del predecessore Giovanni XXIII, credeva
fermamente nella necessità di cicatrizzare le ferite della divisione del
cristianesimo. Ha dato una particolare importanza alla Chiesa ortodossa, che
rispettava profondamente. Con grandi teologi come consiglieri, quali p. Yves Congar
ed altri, credeva che la Chiesa di Roma e la Chiesa ortodossa dovessero
comunque riavvicinarsi, poiché hanno la tradizione comune dei primi mille anni
della Chiesa con i grandi Concili ecumenici e i Padri della Chiesa. Con la
profonda umiltà e spiritualità che lo distinse, compì passi di riavvicinamento
verso la Chiesa ortodossa, che capovolsero tradizioni secolari.
D’altra parte il memorabile
Patriarca Atenagora, avendo per consigliere il metropolita Melitone di
Calcedonia, di felice memoria, uomo di rara perspicacia, visione e vigore
d’animo, comprese i segni dei tempi e, trascurando le reazioni di uomini che
desideravano la prosecuzione della divisione tra la Chiesa ortodossa e quella
cattolica, tese anch’egli la mano della riconciliazione. E così il grande
evento si compì. La prima azione che portò alla divisione tra oriente e
occidente, lo scambio degli anatemi tra Roma e Costantinopoli, fu eliminata. Il
conto alla rovescia iniziò. Il male fu colpito alla radice. Una nuova epoca si
iniziò. Un’epoca di dialogo d’amore e di verità. L’epoca che viviamo oggi. Sia
eterna la memoria dei promotori di questo grande cambiamento, della grande
riconciliazione.
Un anniversario che
interpella
Mentre rammentiamo l’evento
della revoca degli anatemi oggi, venticinque anni dopo il grande avvenimento,
quale specie di pensieri e quali sentimenti sorgono in noi? Quali
responsabilità e quali doveri ci stanno davanti? Quale è il significato di
questo evento per il passato ed il futuro della Chiesa di Cristo?
Il primo pensiero che
viene in mente oggi è che la divisione colpisce profondamente il corpo di
Cristo e costituisce un grandissimo male ed un peccato. Nulla giustifica la
nostra inerzia per il ristabilimento dell’unità della Chiesa. Non basta pregare
per l’unità, si deve anche operare per essa. L’unità della Chiesa è tanto
connessa con il volere del Signore, quanto la nostra inerzia in merito
costituisce un grande errore dinanzi a Dio. Oggi in particolare, mentre il
mondo intero si muove impetuosamente verso l’unità, mentre cadono muri divisori
in tutti i campi della vita ed in tutti i paesi, l’inerzia per l’unità della
Chiesa è imperdonabile.
Quanto di rivelatore avviene
oggi intorno a noi costituisce una grande sfida per la Chiesa di Cristo, per
noi cristiani divisi. La Chiesa di Cristo deve dare l’esempio dell’unità,
invece di esserne un impedimento, e non solo seguire la scia di movimenti
analoghi di carattere secolare miranti all’unità, alla pace ed alla
collaborazione. L’abolizione degli anatemi venticinque anni fa è per noi più
giovani un’eredità, eredità di amore, ed un incitamento a non cessare mai di
operare per la restaurazione dell’unità della Chiesa, specialmente dell’unità
tra due Chiese che hanno una comune tradizione di interi secoli, quali sono le
Chiese romano-cattolica e ortodossa.
In secondo luogo, il
ricordo di questo evento ci rammenta il nostro dovere di conservare vivo il
clima della riconciliazione e dell’amore tra le nostre Chiese, iniziato con
l’abolizione degli anatemi. Ogni nube che oscura i rapporti tra le Chiese
romano-cattolica e ortodossa deve essere allontanata prima che pregiudichi
irreparabilmente l’atmosfera dell’amore. Così, azioni di proselitismo o di
violenza, o altre attività che creano sfiducia e diffidenza tra le Chiese,
saranno un tradimento del grande evento della riconciliazione. Venticinque anni
di vita delle due Chiese sono un lasso di tempo sufficiente per dimostrare la
resistenza di cui dispone lo spirito inaugurato dall’abolizione degli anatemi.
Da noi dipende il mantenimento di questo spirito anche nel futuro...
In terzo luogo,
questo anniversario ci rammenta che abbiamo il dovere di proseguire il dialogo
teologico tra le nostre due Chiese con serietà, sincerità e andando a fondo.
L’abolizione degli anatemi
non ha significato sfortunatamente anche l’eliminazione dello scisma. Le nostre
due Chiese non si trovano ancora in piena comunione, e addirittura in comunione
nella divina Eucaristia, che è il culmine dell’unità ecclesiale. L’abolizione
degli anatemi ha significato l’inizio di un nuovo periodo d’amore, di rispetto
reciproco e di fiducia tra le due Chiese, cosicché si realizzi e fruttifichi il
dialogo della verità, il dialogo teologico. A questo dialogo dobbiamo
attribuire grande importanza, poiché solo allora si compirà lo scopo
dell’abolizione degli anatemi, quando constateremo con il dialogo teologico che
nulla ci separa nella fede e in ciò che riguarda la struttura della Chiesa.
Nostro scopo deve essere l’unità finale nella fede e nei sacramenti e non
semplicemente la promozione di buoni
rapporti tra noi. La
concezione che basti avere buoni rapporti e una certa collaborazione, per avere
un’unità, è un intendimento secolare e non ecclesiastico. Per la Chiesa l’unità
si esprime principalmente nella comunione del Corpo e del Sangue del Signore,
nella comune divina Eucaristia. Per questo dobbiamo operare ed a questo
dobbiamo guardare. A questo mirava anche la revoca degli anatemi ed a questo
mira anche il dialogo teologico. Senza questo scopo l’abolizione degli anatemi
perde il suo significato. Per tutto ciò, prima che non sia raggiunta l’unità
nella fede, l’intercomunione è rigettabile e inammissibile, poiché muta lo
scopo in mezzo; mezzo che
non può portare al raggiungimento dello scopo finale.
In quarto luogo,
considerando quest’anniversario nella sua profondità teologica, osserviamo che
la grazia di Dio è capace di dissolvere anche le più solide costruzioni degli
uomini. Anche se il termine “anatema” ha perso nel medioevo l’originario
carattere escatologico e assoluto, che aveva ai tempi del Nuovo Testamento e
nei primi secoli della Chiesa, ed aveva assunto piuttosto il senso di pena
ecclesiastica, che poteva avere un carattere provvisorio, tuttavia il peso
ecclesiologico dell’anatema era anche allora molto grande. Con lo scambio degli
anatemi divenne evidente l’intenzione di rottura della comunione ecclesiale in
modo tale che avrebbe inciso profondamente sul fondamento della Chiesa. Gli
anatemi avrebbero potuto portare un profondo e irreparabile danno al corpo
della Chiesa, se fossero rimasti in vigore per sempre. La loro abolizione diede
al corpo della Chiesa un soffio di vita e dimostrò che il loro carattere era
temporaneo, o piuttosto si
dimostrò alla fine
temporaneo. La grazia di Dio ruppe i vincoli che per secoli interi avevano
imposto alla Chiesa gli anatemi. Ciò che appariva permanente, si dimostrò
temporaneo, anche se servirono molti secoli perché ciò accadesse. Questo fatto
accresce la nostra fede nella grazia divina e la nostra speranza che infine si
compirà il volere di Dio “che tutti siano una sola cosa”.
Un messaggio di ottimismo e
di fede: per Dio “tutto è
possibile”
Molte sono le conclusioni
che si possono trarre dall’anniversario dell’abolizione degli anatemi, ma ciò
che maggiormente domina la mente e i nostri cuori è il messaggio di ottimismo e
di fede. Molti uomini si interrogano se sarà mai possibile che si realizzi
l’unità della Chiesa, e poggiano il loro dubbio sul fatto che si è ormai
consolidata la divisione e le diversità si sono stabilizzate. Ma come gli
anatemi, che hanno tenuto legate le due Chiese per oltre 900 anni, sono stati
tolti con l’intervento della grazia di Dio, così anche tutti gli altri
impedimenti, umanamente insormontabili per il ristabilimento della piena unità
tra le due Chiese, si trovano infine sotto il potere della grazia del Signore e
non degli uomini. Nostro dovere è pregare e operare per la rimozione di questi
ostacoli. Il risultato è nelle mani di Dio,
per il Quale “tutto è
possibile”.
Questo anniversario testimonia
anche qualcos’altro che come presule del Patriarcato Ecumenico sento in modo
particolare. Si tratta del ruolo della Chiesa di Costantinopoli nel cammino
verso l’unità della Chiesa. Il Trono di Costantinopoli ha responsabilità come
trono primaziale nel sistema canonico dell’ortodossia, ma dispone anche, con la
grazia del Signore, di prudenza e audacia, immaginazione e coraggio
nell’assumere iniziative che segnano la storia. Non è facile quest’opera, ma la
Chiesa di Costantinopoli ha una ricca
tradizione di fiducia nella
grazia del Signore ed un’esperienza sufficiente per distinguere i segni dei
tempi ed essere di guida in ogni epoca per il bene dell’uomo. Così, mentre
siamo, e dobbiamo essere, riconoscenti a singole persone che hanno guidato
questo grande cammino nella storia, dobbiamo riconoscere che anche le
istituzioni dispongono di forze capaci di correggere errori del passato ed
aprire nuove epoche. La Chiesa di Costantinopoli ha dimostrato anche con
l’evento dell’abolizione degli anatemi di essere un’istituzione con forze vive,
e che dispone di grande sensibilità e considerevole sollecitudine per le
necessità dell’uomo in ogni tempo. Al
riguardo non è inutile ricordare che dal Patriarcato Ecumenico provennero
l’iniziativa e la proposta di abrogare le scomuniche, questo “problema
canonico che da nove secoli
contribuiva a rendere più difficili e ad avvelenare i rapporti tra la Chiesa
romano-cattolica ed il Patriarcato di Costantinopoli”.
Riferendosi oggi al
compimento di venticinque anni dall’abrogazione delle scomuniche, non è
possibile non fare menzione anche della coraggiosa e storica azione di Paolo VI
compiuta nel corso della celebrazione del 10 anniversario di quell’avvenimento,
del fatto cioè che improvvisamente si inchinò e baciò i piedi del delegato
patriarcale, il metropolita Melitone. E’ stata un’azione di grande umiltà,
colma di insegnamento, costruttiva, tanto che il metropolita, quando fu
invitato a commentarla, disse che solo un santo avrebbe potuto compierla. E
quando poi gli fu chiesto perché non avesse fatto anch’egli la stessa cosa nei
confronti del
Papa, ha risposto che le
grandi azioni sono irripetibili, uniche.
Quest’azione di Papa Paolo
VI è stata importante quanto la revoca stessa delle scomuniche ed è stata un
ulteriore contributo al consolidamento dello spirito e della felice situazione
che la revoca degli anatemi aveva creato. Ricorda anche la genuflessione, otto
anni prima, di Paolo VI nel punto in cui stava il sacro altare di Santa Sofia,
genuflessione anche questa che aveva un simbolismo profondo. Ambedue furono le
azioni di pentimento per il passato infelice e di edificazione di un presente e
di un futuro veramente cristiani.
Inoltre, come conseguenza
della revoca delle scomuniche, si devono considerare anche le visite di due
papi alla sede del Patriarcato Ecumenico e di due patriarchi ecumenici a Roma.
Durante queste visite si
offrì loro l’occasione di palesare la loro determinazione di promuovere il
nuovo clima di riconciliazione e di collaborazione per l’unione finale; nel
contempo si offrì anche al popolo di Dio l’opportunità di ricevere la
benedizione comune dei capi delle Chiese dell’oriente e dell’occidente e di
convincersi del loro sincero desiderio di rimuovere gli ostacoli frapposti
all’unione delle loro Chiese sorelle.
L’urgenza della piena
comunione nell’ora
in cui nasce un mondo nuovo
Amici uditori,
L’abrogazione delle
scomuniche fu un atto di ristabilimento della pace e dell’amore tra l’Antica e
la Nuova Roma, il quale ha inaugurato una nuova epoca.
Quest’atto fu definito un
eccezionale successo del Concilio Vaticano II. E fu veramente tale.
Però, al contempo, è stato
anche il culmine massimo, la sua conclusione più felice, poiché esprimeva tutto
il suo spirito, spirito di rinnovamento interiore, abbandono di vecchi modelli
e antiche mentalità e ancora spirito di riconciliazione e di unità.
Senza dubbio abbiamo bisogno
anche di altri simili atti coraggiosi e di altri passi decisivi sul cammino
della perfetta unione e della piena comunione delle nostre due Chiese sorelle.
Siamo già entrati
nell’ultimo decennio del secolo e fra poco ci troveremo nel terzo millennio
dopo Cristo. Questo deve essere anche il terzo periodo della storia della
Chiesa di Cristo, dopo il primo della Chiesa indivisa e dopo il secondo periodo
delle divisioni cristiane, periodi che coincidono rispettivamente con il primo
ed il secondo millennio.
“Oggi il Regno di Dio soffre
violenza ed i violenti se ne impadroniscono”. Oggi è un tempo benvenuto, è un giorno di
salvezza. Tutto il cristianesimo deve proclamare una campagna di pace e di
amore. “Chiediamo, quindi, e preghiamo di ritornare a quel tempo in cui,
essendo uniti, affermavamo tutti la stessa cosa e non vi era tra di noi
divisione”, come dicevano i Padri del Concilio di Ferrara-Firenze. Marco di
Efeso, uno dei Padri di tale Concilio definiva divina l’opera dell’unione.
Dobbiamo, perciò, divenire collaboratori di Dio per rispondere alla nostra
chiamata in quanto cristiani nella presente ora storica, in cui nasce un nuovo
mondo e inizia una nuova era.
Ringrazio il caro movimento
dei Focolari per l’onore fattomi con il loro invito. Ringrazio per l’occasione
di questo nostro contatto. Ringrazio per aver organizzato questo incontro di
tre giorni dedicato alla Chiesa ortodossa. Ciò dimostra il vostro desiderio di
conoscere meglio una Chiesa con cui la vostra Chiesa ha tanti punti comuni.
Meglio ci conosciamo, più ci amiamo, più ci comprendiamo l’un l’altro, più
facilmente possiamo servire il Signore, la Sua Chiesa e l’unità di questa.
Cristo è risorto!
Metrop. Bartolomeo di
Calcedonia